Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La cogestione nella Società Europea (di Mathias Habersack )


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SOMMARIO:

I. Introduzione - II. Diffusione e ragioni della costituzione della SE - III. Piano della relazione - IV. Cogestione di gruppo - V. Accordo di cogestione. - VI. Uno sguardo al futuro - NOTE


I. Introduzione

Con il Regolamento relativo allo statuto della Società Europea (di seguito anche «SE») emanato in data 8 ottobre 2001 [[1]] (di seguito anche «Reg. SE») è stato possibile dare realizzazione a un’idea, che era stata concepita da Thibièrge al 57° Congresso del Notariato francese nel 1959 e subito recepita dalla Commissione [[2]]. Che siano dovuti trascorrere più di trent’anni dalla presentazione da parte della Commissione nell’ottobre 1970 – risalente dunque ormai a 38 anni fa – di una proposta preliminare di regolamento [[3]], è dovuto in gran parte alla problematica della cogestione. Essa ha rallentato in misura consistente il processo di produzione legislativo, soprattutto in ragione della presenza di differenti livelli di cogestione all’interno dell’Unione Europea: a un estremo della scala si pongono numerosi Stati membri (tra cui l’Italia) che non conoscono alcuna forma di cogestione [[4]], all’estremo opposto la Repubblica Federale di Germania con il suo sistema di cogestione variabile in funzione del numero dei lavoratori, che prevede la cogestione «paritetica in misura di un terzo» secondo la legge DrittelbG (un terzo dei seggi nel consiglio di sorveglianza spetta ai rappresentanti dei lavoratori) per le società con più di 500 dipendenti, la cogestione «quasi-paritetica» secondo la legge MitbestG (la metà dei seggi spetta ai lavoratori, l’altra metà, incluso il posto di presidente del consiglio con il diritto al doppio voto, ai rappresentanti della proprietà) per le società con più di 2000 dipendenti, e la cogestione paritetica in senso puro secondo le leggi Montanmitbestimmungsgesetzen (uguale numero di seggi per i rappresentanti dei lavoratori e dei proprietari e un ulteriore membro neutrale) per le società minerarie e siderurgiche. Come noto, solo al vertice di Nizza del 20 dicembre 2000 fu possibile sciogliere questo nodo gordiano e, in merito alla questione della cogestione, fu adottato un modello che si distanzia dall’idea della disciplina dello statuto della cogestione a livello comunitario [[5]], e che in luogo di questa si basa in via prioritaria sull’accordo degli interessati completando questa soluzione contrattuale con una disciplina residuale [continua ..]


II. Diffusione e ragioni della costituzione della SE

1. Società cogestite. – Nella prassi la Società Europea gode di una certa popolarità, soprattutto in Germania; delle 127 SE registrate al 10 gennaio 2008, ben 58 hanno origine tedesca [[13]]. Lo spettro delle SE costituite nel territorio nazionale (tedesco) si estende da società di comodo a società non quotate di media dimensione fino a celebri stars di borsa; e fu proprio una fusione italo-tedesca, in particolare quella tra l’italiana RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTÀ S.p.A. e la tedesca Allianz AG, che ha inaugurato la serie di costituzioni di SE note al pubblico. Mentre nel caso di Allianz la trasformazione della società incorporante in una SE fu in definitiva solo un meccanismo – assolutamente ben accolto – per una più sicura realizzazione della fusione transnazionale, nei casi di BASF, Fresenius, Porsche e Q-Cells furono decisive le ragioni di corporate governance. Queste e altre costituzioni di SE sono avvenute in forma di trasformazione per la semplice ragione che agli azionisti è apparsa più opportuna e attraente la forma giuridica della SE rispetto a quella della AG. Oltre al carattere internazionale della denominazione di Società Europea sono soprattutto motivi di corporate governance che hanno indotto al cambiamento della forma giuridica. Infatti, la trasformazione di Fresenius AG, BASF AG e Dr. Ing. h.c. F. Porsche AG in una SE è soprattutto da ricondurre all’obiettivo di mantenere il numero dei componenti del consiglio di sorveglianza pari a 12 (così nel caso di Frenesius e Porsche, per le quali altrimenti aumenterebbe o sarebbe aumentato in ragione del § 5, 1° comma, e del § 7, 1° comma, primo periodo, n. 3 MitbestG) o di ridurlo a tale numero (così nel caso di BASF AG, che – come la precedente Allianz AG – disponeva di un consiglio di sorveglianza in numero di 20 componenti). Si deve poi evidenziare – ciò al fine di evitare incomprensioni – che per il resto nessuna modifica è derivata alla cogestione paritetica di queste società. Le società sopra menzionate approfittano semplicemente della circostanza che la SE non rappresenta l’originaria forma giuridica soggetta a cogestione: la sua disciplina di cogestione deriva in effetti da una delle [continua ..]


III. Piano della relazione

Nel prosieguo desidero approfondire alcune specifiche questioni in materia di cogestione della SE [[26]]. Inizio dal tema della cogestione nel gruppo di imprese e con quello, ad esso strettamente connesso, della garanzia di cogestione secondo il § 18, 3° comma, SEGB. La SE, già in ragione della condizioni di costituzione regolate all’art. 2 Reg. SE, è tipicamente parte di un gruppo di imprese collegate e prevalentemente esercita attività di direzione e coordinamento o è almeno posta al vertice di un ramo del gruppo. In un successivo passaggio prenderò in considerazione l’accordo negoziale sulla cogestione. Una cogestione oggetto di trattativa è qualcosa di fondamentalmente nuovo dal punto di vista del diritto tedesco della partecipazione dei lavoratori. In particolare è stato ripetutamente scritto sugli spazi di autonomia privata nella regolamentazione di cogestione nel MitbestG, DrittelbG e Montanmit­bestimmung [[27]]. In primo piano si poneva la questione, essenzialmente di politica del diritto, circa la generale ammissibilità di corrispondenti accordi e regolamenti statutari. A tale questione per la disciplina della cogestione di origine comunitaria si dà ora risposta chiaramente in senso positivo, sicché si tratta ora di affrontare problemi conseguenti connessi con l’autonomia precritta nel diritto comunitario. Tra questi si deve annoverare anzitutto la questione della natura giuridica dell’accordo e – con questa strettamente connessa – la questione sull’ampiezza dell’autonomia nella trattativa degli organi di direzione di impresa e della delegazione speciale di negoziazione dei lavoratori (BVG – besonderes Verhandlungsgremium der Arbeitnehmer), nonché del rapporto con la competenza statutaria dell’assem­blea. Entrambe le questioni sono di interesse non meramente accademico, come non da ultimo ha mostrato la costituzione della Allianz SE, rispetto alla quale le proposte degli organi di direzione e quelle della delegazione speciale dei lavoratori differivano sulla dimensione dell’orga­no di sorveglianza (la cui composizione paritetica comunque era fuori discussione). In conclusione offrirò una valutazione riassuntiva e uno sguardo alla evoluzione della disciplina della tradizionale – vale a dire non europeizzata – cogestione tedesca.


IV. Cogestione di gruppo

1. Fondamenti.– La cogestione di gruppo secondo il § 5 MitbestG e il § 2 DrittelbG tiene conto dello spostamento delle decisioni di impresa al vertice del gruppo e dovrebbe pertanto fare in modo che i lavoratori delle società figlie del gruppo abbiano modo di partecipare nell’impresa ai processi decisionali anche per loro rilevanti [[28]] e i rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza della capogruppo ricevano legittimazione da tutti i dipendenti interessati [[29]]. Questo principio che informa il diritto tedesco tradizionale e trova realizzazione anche per l’ambito della Montanmitbestimmung [[30]] è peraltro diversamente conformato già nelle differenti discipline tedesche di cogestione. Nel SEBG esso trova applicazione solo sotto alcuni profili: a) § 5MitbestG.– Nell’ambito di competenza del MitbestG i lavoratori delle imprese figlie del gruppo [[31]] sono considerati ai sensi del § 5, 1° comma, primo periodo, al fine del­l’applicazione del MitbestG come lavoratori dell’ente vertice di gruppo organizzato nelle forme previste dal § 1, 1° comma, n. 1,  Essi rilevano sia ai fini dell’accertamento del numero dei lavoratori dell’ente di vertice del gruppo, sia hanno la legittimazione attiva e passiva nell’elezione dei rappresentanti del consiglio di sorveglianza. Condizione per l’applicazione delle disposizioni sulla cogestione di gruppo è semplicemente la presenza della direzione unitaria ai sensi del § 18, 1° comma, AktG; oltre al gruppo contrattuale e per incorporazione il § 5 MitbestG comprende anche il gruppo semplice (c.d. «di fatto») [[32]]. Impregiudicati da tale disciplina restano, peraltro, i diritti di voto attribuiti ai lavoratori dal MitbestG, dal DrittelbG e dal MontanMitbestG per la elezione dei rappresentanti nella società in cui sono assunti. Al pericolo di un potenziamento della cogestione pone però rimedio il § 32, 1° comma, MitbestG, il quale vincola l’esercizio degli essenziali diritti di partecipazione da parte dell’organo di rappresentanza della società madre a una decisione dei rappresentanti dei proprietari nel consiglio di sorveglianza della società [continua ..]


V. Accordo di cogestione.

1. Introduzione. – L’autonomia privata in materia di cogestione concessa alle società dal SEBG, di cui ho già fatto cenno nell’introduzione, è un’assoluta novità dal punto di vista della disciplina della cogestione di diritto tedesco. Per quanto riguarda l’iniziativa delle trattative, occorre anzitutto sottolineare che il SEBG segue il principio della obbligatorietà della negoziazione. In conformità a questo principio devono essere intraprese negoziazioni in relazione al coinvolgimento dei lavoratori nel caso della costituzione di una forma giuridica sopranazionale anche se le società di costituzione non sono soggette alla disciplina della cogestione [[54]]. Gli organi di direzione non hanno perciò alcun diritto al momento della costituzione della SE di optare per una diretta applicazione delle disposizioni di riferimento; viceversa la decisione di non intraprendere le trattative o di interromperle ha come conseguenza secondo il disposto del § 16, 2° comma, secondo periodo, SEBG [[55]] l’inapplicabilità delle disposizioni di riferimento e dunque dal punto di vista della disciplina della cogestione [[56]] una soluzione negativa. La concezione del SEBG è da ricondurre al fatto che la Direttiva SE, diversamente dall’art. 16 della direttiva in materia di fusione transnazionale, regola non solo la cogestione dei lavoratori, ma anche l’informazione e la consultazione come ulteriori caratteristiche della partecipazione dei lavoratori e prevede inoltre il procedimento di negoziazione laddove la delegazione speciale (BVG) non decide ai sensi del § 16 SEBG di non intraprendere le trattative o di interrompere quelle in corso [[57]]. Al contrario, nel caso di una fusione transnazionale trova applicazione direttamente l’EBRG [[58]], che certo parimenti prevede un procedimento di negoziazione, la cui conclusione però non costituisce condizione per l’iscri­zione al registro dell’atto di fusione. In collegamento con la soluzione negoziale del SEBG si è immediatamente presentata come particolarmente rilevante sia dal punto di vista dogmatico, sia da quello pratico, la questione circa l’ampiezza dell’autonomia negoziale. Essa ha trovato nel SEBG una disciplina solo imperfetta. Così il [continua ..]


VI. Uno sguardo al futuro

La disciplina della cogestione di diritto comunitario si differenzia in modo fondamentale dalla tradizionale disciplina tedesca della cogestione, nel fatto che concede autonomia in materia – nei limiti dell’autonomia statuaria e limitatamente agli aspetti rilevanti per la cogestione – ai lavoratori e agli organi di direzione, attribuisce, inoltre, valore anche nel caso del fallimento o della interruzione delle trattative al pari trattamento dei lavoratori nazionali e stranieri e sottopone al generale diritto azionario la delibera anche del consiglio di sorveglianza paritariamente cogestito (a prescindere dalle disposizioni che risolvono le situazioni di stallo). Esso pone così standards di politica del diritto, rispetto ai quali resta molto indietro l’anacronistico modello della disciplina tedesca della cogestione [[91]] che nega ai partecipanti ogni autonomia e priva di diritti di partecipazione i lavoratori stranieri e in luogo di questi in particolare nel MitbestG introduce deroghe al generale diritto azionario inutilmente complicate e ingiustificabili dal punto di vista della «buona» corporate governance. Alle società tedesche è però facilmente possibile sfilarsi il corsetto della disciplina tedesca della cogestione e scegliere un attraente vestito di cogestione, per esempio, per mezzo di una trasformazione in una SE (esempi: Fresenius, BASF, Porsche oder Q-Cells) o per mezzo di una fusione transnazionale (sia essa per lo scopo della costituzione di una SE – esempio: Allianz – o per rinuncia alla scelta di una forma giuridica di carattere sopranazionale). La inclusione di una società straniera in un procedimento di fusione offre specialmente almeno autonomia di negoziazione. In tal caso non si tratta certo di evitare come tale la cogestione attraverso la scelta di una forma giuridica sottratta all’ambito di applicazione delle leggi di cogestione [[92]]. L’aspirazione delle società già oggi chiaramente percepibile è piuttosto quello di realizzare un quadro giuridico che, mantenendo il precedente livello di cogestione, renda possibile la flessibilità e l’adeguamento a standards moderni non solo nelle questioni specificamente rilevanti sotto il profilo della cogestione, ma anche in questioni giuridiche organizzative (in particolare con riguardo alla dimensione dell’organo cogestito). La [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2009