Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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L´informazione del socio (di Sabino Fortunato)


Il saggio delinea un quadro generale della evoluzione della disciplina sull’informazione societaria dalle disposizioni del Codicile civile del 1942 ai più recenti provvedimenti sui shareholder rights e sulle dichiarazioni non finanziarie connesse alla responsabilità sociale dell’impresa.

L’iniziale punto di riferimento è la contrapposta posizione fra i sostenitori dell’informazione quale diritto soggettivo del socio, sorretto dal principio di legalità e di autotutela (Bruno Visentini), e i sostenitori della trasparenza come strumento di democrazia azionaria e di legittimazione politica della grande impresa, per questo soggetta a controllo pubblico (Guido Rossi).

I due orientamenti hanno trovato entrambi sviluppi normativi successivi sia mediante il rafforzamento dei diritti degli azionisti nell’informazione preassembleare ed assembleare sia mediante la “mandatory disclosure” indirizzata al mercato e le dichiarazioni non finanziarie indirizzate ad una più ampia platea di “stakeholders”.

Tuttavia questi sviluppi non sono stati in grado di evitare le grandi crisi finanziarie di fine Novecento e dei primi decenni degli anni Duemila. Permane il dubbio che la filosofia della trasparenza non costituisca da sola strumento adeguato ad assicurare un corretto governo societario.

Shareholder Information

The essay outlines a general picture of the evolution of the discipline on corporate information from the provisions of the Civil Code of 1942 to the most recent provisions on shareholder rights and on non-financial declarations related to corporate social responsibility.

The initial point of reference is the opposing position between the supporters of information as the subjective right of the partner, supported by the principle of legality and self-protection (Bruno Visentini), and the supporters of transparency as an instrument of equity democracy and political legitimacy of the great company, therefore subject to public control (Guido Rossi).

The two guidelines both found subsequent regulatory developments through the strengthening of shareholders’ rights in pre-assembly and assembly information and through the “mandatory disclosure” addressed to the market and the non-financial declarations addressed to a wider audience of “stakeholders”.

However, these developments have not been able to avoid the great financial crises of the late twentieth century and the first decades of the 2000s. There is still doubt that the philosophy of transparency alone does not constitute an adequate instrument to ensure correct corporate governance.

Keywords: Company and shareholder information; shareholder right; public control; mandatory disclosure; non-financial declaration; corporate social responsibility.

SOMMARIO:

1. Il diritto di informazione del socio nell’impostazione originaria del Codice civile del 1942 - 2. Guido Rossi e Bruno Visentini nel Convegno di Venezia del 1981 sulla informazione societaria - 3. Gli sviluppi successivi. L’informazione oggettiva e la mandatory disclosure - 4. Il diritto soggettivo di informazione preassembleare e assembleare - 5. I limiti della filosofia della trasparenza - NOTE


1. Il diritto di informazione del socio nell’impostazione originaria del Codice civile del 1942

Sono passati ormai circa quarant’anni dal Convegno tenuto a Venezia nel novembre del 1981, organizzato dalla Rivista delle Società, sul tema de “l’informa­zione societaria”. Due corposi volumi raccolgono gli atti di quella significativa tre giorni di approfondimento, i cui ingenti sviluppi sia in termini normativi sia in termini dottrinari sono sotto gli occhi di tutti [[1]]. L’informazione societaria è divenuta un “mantra” ineludibile del moderno diritto societario e del diritto dei mercati finanziari, una espressione quasi magica cui dagli anni Trenta del secolo scorso, quantomeno nell’economia industriale degli Stati Uniti, si è ritenuto di poter affidare la soluzione dei maggiori problemi sollevati dal progressivo e inarrestabile affermarsi delle grandi società di capitali – perlopiù organizzate in gruppi anche multinazionali – che hanno dominato e continuano a dominare la scena e lo sviluppo economico dei nostri Paesi. Prima della introduzione del controllo pubblico sulle società e la borsa di metà degli anni Settanta, ancora nelle scarne disposizioni del codice civile del 1942 l’in­formazione societaria era relegata al ruolo di un diritto amministrativo del socio dagli imprecisati contenuti, altresì fortemente differenziato in termini di poteri e di estensione fra le società di persone e le società di capitali, e su cui si erano sviluppate le riflessioni di Marcello Foschini (nel tentativo di allargare gli spazi informativi dell’azionista) e di Renzo Costi (più legato alla impostazione restrittiva e maggioritaria) [[2]]. Nelle società di persone l’informazione del socio era ed è sorretto dal modello dell’art. 2261 c.c., in cui al socio non amministratore si riconosce da un canto un ampio “diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali” e “di consultare i documenti relativi all’amministrazione”, un diritto da esercitarsi evidentemente anche nel corso dell’esercizio alla stregua di un potere determinativo dell’obbligo di comunicazione degli amministratori da puntualizzare sul piano dei contenuti conformemente alla istanza del singolo socio nonché alla stregua di un potere ispettivo sull’intera documentazione gestoria; d’altro canto si attribuiva e si attribuisce [continua ..]


2. Guido Rossi e Bruno Visentini nel Convegno di Venezia del 1981 sulla informazione societaria

Certo è che la c.d. miniriforma del 1974, su cui si è accentrato il Convegno veneziano del 1981, ha segnato il vero spartiacque nello sviluppo dell’informazione societaria, uno spartiacque accentuatosi con l’ulteriore riforma del diritto delle società di capitali del 2003-2004 e con gli ulteriori sviluppi indotti dalle recenti profonde e durature crisi finanziarie. Le due relazioni di base di quel Convegno, affidate a Guido Rossi e a Bruno Visentini [[5]], pur nella comunanza di alcuni punti di fondo – soprattutto in merito alla irreversibilità della “sostituzione di contenuti” della s.p.a. nella distinzione sociologica (ma ormai anche giuridica) fra azionisti-imprenditori e azionisti-risparmiatori e nella concezione della azione (e dell’azionista) non più come mezzo di partecipazione all’impresa comune ma come strumento di investimento e finanziamento dell’impresa affidato alle cure del gruppo di controllo o dei manager –, denotano una differente impostazione anche e in particolare sulla informazione societaria e sul ruolo che all’organo pubblico di controllo si sarebbe dovuto affidare al riguardo, differente impostazione che affonda le proprie radici nella diversa formazione culturale dei due illustri Maestri oltre che (e più che) nella ripartizione dei compiti da svolgere per l’occasione. Bruno Visentini nella sostanza finiva per puntare ad un rafforzamento del­l’ob­bligo degli amministratori di informare i soci e dei contenuti della informazione oggettiva, sorretta dal principio di legalità inteso in senso stretto: certo non al diritto del singolo azionista, ma neanche alla discrezionalità della Consob doveva e poteva affidarsi la determinazione dei dati soprattutto contabili e comunque inerenti la gestione sociale da comunicare in assemblea e tramite di essa sostanzialmente al pubblico. Il tutto non poteva che essere affidato alla “legge”, dovendosi limitare il ruolo della Consob e della società di revisione a un controllo di completezza e di conformità al modello legale dell’informazione resa in maniera più ampia dalle società quotate che fanno appello al pubblico risparmio. L’ottica sembrava più prossima ad una implementazione della tradizionale autotutela, della democrazia azionaria attraverso lo strumento dell’informazione societaria, pur [continua ..]


3. Gli sviluppi successivi. L’informazione oggettiva e la mandatory disclosure

Dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso ne è passata di acqua sotto i ponti. Ma il problema politico della s.p.a. – come avverte Gustavo Visentini in una sua bella relazione tenuta ancora una volta a Venezia nell’ottobre del 2016 [[6]] – permane in tutta la sua estensione, forse ancor più accentuato dopo le recenti crisi finanziarie. Come egli ci ricorda, riportando l’espressione di M. Pescatore, la s.p.a. è un “istituto privato di ragione pubblica”, ovviamente volendosi con ciò riferire alla grande impresa azionaria; il suo finanziamento si nutre attraverso la raccolta del risparmio diffuso; essa concentra capitale in poche mani e ne genera potere che gli consente di “erigersi a forza nei riguardi dello Stato”. E l’informazione societaria? La democrazia interna e la democrazia esterna alimentate dall’informazione preassembleare e assembleare e dall’informazione diretta al mercato quale contributo hanno fornito alla tutela del risparmio e all’efficiente e corretto funzionamento del mercato? Al di là delle moderate radicalizzazioni delineate nelle due relazioni di Rossi e di Visentini padre che si sono appena sintetizzate, non v’è dubbio che l’informa­zione societaria è andata crescendo, sia pure in tempi diversi, lungo ambedue le linee che si sono ricordate. A fronte del diritto del singolo azionista all’informazione, lo sviluppo maggiore si è realizzato certamente sul piano degli obblighi di informazione oggettiva, perlopiù in documenti tipizzati, imposti agli amministratori. E qui in parte attraverso lo strumento legislativo – auspicato da Bruno Visentini – ma in buona parte attraverso lo strumento regolatorio demandato a pubbliche Autorità, innanzitutto alla Consob, ma altresì ad autorità private. Ricordo solo in via esemplificativa che in materia di bilancio d’esercizio e di bilancio consolidato lo strumento legislativo (attuativo peraltro di direttive comunitarie) è utilizzato per le società che non adottano i principi contabili internazionali e che perciò non sono quotate; laddove gli Ias/Ifrs che interessano quotate e società del settore finanziario, pur veicolati da Regolamenti comunitari, sono elaborati in solitaria e sostanziale autonomia dallo IASB che è autorità di diritto privato. E ancora [continua ..]


4. Il diritto soggettivo di informazione preassembleare e assembleare

Anche il diritto soggettivo di informazione dell’azionista ha ottenuto un rafforzamento, ma pur sempre e solo nel mondo delle società quotate e secondo l’opi­nione prevalente pur sempre nella prospettiva del consapevole esercizio del diritto di voto. E infatti com’è noto la c.d. direttiva azionisti (2007/36/CE) attuata con il d.lgs. n. 27/2010, ha attribuito ai soli azionisti con diritto di voto, e dunque non ad ogni azionista, il potere di porre “domande sulle materie all’ordine del giorno anche prima dell’assemblea”, cui gli amministratori hanno l’obbligo di rispondere, anche in maniera unitaria per le domande aventi lo stesso contenuto, al più tardi durante la stessa assemblea (art. 127-ter Tuf). È certamente un tentativo di rendere l’assemblea dei soci meno rituale e più partecipata, ma presumibilmente questo nuovo attivismo degli azionisti che l’Unione Europea intende favorire nelle società quotate è diretto a tutelare in particolare gli investitori professionali, che gestiscono gli investimenti dei risparmiatori e sono interessati a monitorare la gestione nella prospettiva non tanto in senso stretto partecipativa – il che non è da escludere – ma soprattutto di tutela dell’investimento, al fine di decidere se convenga mantenere l’investimento o esercitare l’exit vendendo le azioni sul mercato. Un diritto di informazione comunque delimitato alle materie poste all’ordine del giorno e non esteso a tutti gli affari sociali, e comunque suscettibile di una risposta negativa, non solo ove non connesso all’esercizio consapevole del voto sul tema specifico, ma anche ove possa arrecare pregiudizio agli affari sociali. Qualche ulteriore rafforzamento si attende dalla implementazione della Seconda direttiva del 2017 sui shareholders rights e che incentiva l’impegno a lungo termine degli azionisti, soprattutto degli investitori istituzionali, e una maggiore trasparenza verso il mercato delle strategie di investimento; introduce il diritto di richiedere l’identi­fi­ca­zione degli azionisti e la trasparenza delle politiche di remunerazione collegate a prospettive di medio-lungo periodo. Resta comunque prevalente, anche nelle società quotate, l’informazione oggettiva su quella provocata e provocabile tramite l’esercizio del diritto soggettivo [continua ..]


5. I limiti della filosofia della trasparenza

Senonché il sistema della democrazia di mercato, pur vigilato da numerosi gate­keepers, ha mostrato ben presto di non reggere agli urti della speculazione globale e alla moltiplicazione di prodotti finanziari tutt’altro che trasparenti. L’infor­ma­zione societaria è apparsa insufficiente, spesso manipolata, nonostante i molteplici controlli e le dettagliate regole di redazione dei relativi documenti. I risparmiatori/investitori/azionisti non sembrano aver compiuto scelte consapevoli nonostante le informazioni diffuse. Anche quando consapevoli, al momento della crisi – osserva Gustavo Visentini – essi reagiscono, si sentono comunque truffati ed invocano l’intervento pubblico. Ciononostante è pur sempre sulla mandatory disclosure che si registrano gli ultimi sviluppi dell’informazione societaria, all’insegna proprio di quella che Guido Rossi connotava come “fiacca letteratura sulla responsabilità sociale dell’impresa” e con una ulteriore deviazione – sembrerebbe – dalla democrazia interna verso una democrazia esterna, affidata a una dialettica che sembra andare oltre lo schema dell’ormai classica Agency Theory (del conflitto azionisti/managers) e involgere semmai più che il conflitto Principals vs Principals (Denozza-Stabilini), il conflitto Principals vs Stakeholders o addirittura Managers vs Stakeholders, in quest’ultima categoria riconducendovi gli stessi azionisti. Intendo ovviamente riferirmi alla direttiva 2014/95/UE relativa alla “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversita’ da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni” attuata nel nostro ordinamento con il d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254 [[10]]. La disponibilità di informazioni di carattere non finanziario sembra essere un elemento ormai ricercato dagli investitori o da parte significativa degli investitori per una più completa valutazione della capacità delle imprese di creare valore nel lungo termine, piuttosto che nel breve termine. Il che segnala che le società emittenti tendono a integrare la loro analisi di efficienza finanziaria dell’impresa con l’analisi ambientale, sociale e di buon governo (ESG – Environmental, Social, Governance Analisys), in considerazione dell’attenzione crescente degli investitori soprattutto [continua ..]


NOTE