Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Il termine per l´esercizio del diritto di recesso nella società a responsabilità limitata (di Carlo Limatola)


Il saggio analizza criticamente la decisione della Cassazione, n. 28987/2018, che nel silenzio della legge (art. 2473 c.c.) e dell’atto costitutivo ha ritenuto che il diritto di recesso del socio dalla s.r.l. possa essere esercitato entro un congruo termine, da valutarsi alla luce del principio di buona fede, escludendo l’applicazione della disciplina della s.p.a. (art. 2437-bis c.c.). Si conclude, invece, che la lacuna debba essere integrata attingendo alle norme di diritto societario, ma l’applicazione analogica della disposizione in materia di s.p.a. può avvenire solo compatibilmente con la disciplina della s.r.l.

The deadline for exercising the appraisal right in limited liability company

The essay critically analyzes decision of Supreme Court, n. 28987/2018, which, in the silence of law (art. 2473 c.c.) and of statute, has held that appraisal right from l.l.c. (s.r.l.) can be exercised within a reasonable period, to be evaluated by good faith principle, excluding application of art. 2437-bis c.c. So, it concludes that this gap must be integrated by drawing on company law, but application of s.p.a. rules must be compatible with s.r.l. regulation.

Keywords: appraisal right – corporation – limited liability company – deadline

 

CORTE DI CASSAZIONE, I sezione civile, 12 novembre 2018, n. 28987 – Schirò, Presidente – Acierno, Estensore – H.C. s.r.l. c. A e G.H. (Artt. 1366, 1374, 1375, 2437-bis, 2473 c.c.) In assenza di una specifica regolamentazione da parte dell’art. 2473 c.c., nel caso in cui l’atto costitutivo di una s.r.l. non determini le modalità e, in particolare, il termine per l’esercizio del diritto di recesso, non opera per analogia la decadenza nei quindici giorni prescritta per la s.p.a. dall’art. 2437 bis c.c., ma si fa ricorso ai princìpi propri del diritto comune riguardanti l’interpretazione, l’esecuzione e l’integrazione del contratto secondo buona fede (artt. 1366, 1375 e 1374 c.c.). Occorre, pertanto, valutare di volta in volta le modalità concrete di esercizio del diritto di recesso e, in particolare, la congruità del termine entro il quale il medesimo è stato esercitato.  Fatti di causa La Corte d’Appello di Messina, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto dalla s.r.l. H.C. azienda agricola volto ad accertare l’illegittimità del recesso posto in essere dai soci H.G. e A. successivamente alla tra­sformazione della suddetta s.r.l. in s.p.a. La delibera assembleare di trasformazione, approvata a maggioranza in data 24/2/2004, era stata iscritta nel registro delle imprese di Messina in data 2/4/2004 e il recesso era stato comunicato dai soci H.G. e A. con lettere raccomandate spedite rispettivamente in data 29/4/2004 e 30/4/2004 e ricevute in data 5/5/2004 e 13/5/2004. Secondo la società appellante, il regime giuridico del recesso del socio, nella fattispecie dedotta nel presente giudizio deve essere quello riguardante le società per azioni, disciplinato dall’art. 2437 bis c.c. Tale conclusione si impone sia perché la nuova struttura organizzativa della società risultante dalla trasformazione è quella della s.p.a. sia perché non vi è una previsione statutaria in merito alle modalità di recesso dei soci, e ciò determina l’applicazione analogica della disciplina normativa dettata per le s.p.a. Anche sotto il profilo interpretativo deve ritenersi applicabile il termine di decadenza contenuto nell’art. 2437 bis c.c., dal momento che lo statuto sociale era stato approvato anteriormente alla riforma del 2003, in particolare nel 1987, e cioè in un periodo in un cui era pacifica l’in­tegrazione della disciplina della società a responsabilità limitata tramite l’applicazione di quella della società per azioni, la quale prevedeva per il recesso dei soci un termine di decadenza di 15 giorni. Contrariamente all’impostazione proposta dalla società ricorrente, la Corte d’Appello ha posto a fondamento della propria decisione l’orien­tamento della [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso e la normativa di riferimento - 2. Lo stato della questione - 3. L’esercizio del diritto di recesso del socio di s.r.l. in assenza di una disciplina convenzionale - 4. La determinazione della regola ap­plicabile - 5. La problematica applicabilità delle norme di diritto comune - 6. L’integrazione della disciplina attingendo alle norme di diritto societario - NOTE


1. Il caso e la normativa di riferimento

In seguito all’approvazione della delibera di trasformazione di una s.r.l. in s.p.a. due soci esercitano il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2473 c.c., ma la società ne contesta la tardività, sostenendo che, nel caso di specie, si applichi l’art. 2437-bis c.c., per cui l’exit avrebbe dovuto essere comunicato entro i quindici giorni dalla data della decisione, come prescritto da tale disposizione [1]. I giudici di merito respingono, in primo ed in secondo grado, le ragioni della società ricorrente, concludendo che, in seguito alla riforma del diritto societario, la disciplina della società a responsabilità limitata è regolata da un apparato normativo autonomo rispetto alla s.p.a., per cui non si giustifica l’estensione delle relative previsioni. L’art. 2473 c.c., tuttavia, non detta alcuna regolamentazione sul punto – a differenza di quanto indicato dalla previgente formulazione dell’art. 2494 c.c., che includeva un mero rinvio alla disciplina della s.p.a. [2] – ma lascia ogni determinazione allo statuto [3]; nel silenzio dell’atto costitutivo si è ritenuto allora incongruo applicare la regola prescritta per la società per azioni, in quanto ciò contrasterebbe con le indicazioni generali della riforma, volte ad allontanare il tipo s.r.l. dal modello azionario, per dettarne una disciplina autonoma [4]. La Corte di Cassazione ribadisce quasi tutte le argomentazioni dei giudici di merito e ne conferma la decisione, affermando che, nella mancanza di una specifica regolamentazione convenzionale, l’assenza di un termine di decadenza per l’esercizio del diritto di recesso non costituisce una lacuna da colmare con il ricorso alle norme della s.p.a. Il maggior grado di personalizzazione del tipo, secondo questa tesi, rende preferibile il riferimento ai princìpi posti in materia di contratti, con particolare riguardo al dovere di esecuzione secondo buona fede, mentre l’applicazione del termine di decadenza prescritto per la s.p.a. contrasterebbe con la scelta di un tipo societario più incline alle esigenze di personalizzazione. Di conseguenza, occorre valutare nel caso concreto se il momento nel quale il socio ha comunicato alla società la volontà di recedere sia congruo oppure eccessivamente lungo, così da legittimare eventualmente il rifiuto di operare la [continua ..]


2. Lo stato della questione

La soluzione prospettata dai giudici di legittimità si contrappone all’opinione espressa al riguardo da dottrina e giurisprudenza maggioritarie e tocca alcune que­stioni di vertice in tema di regolamentazione della s.r.l., quale risulta dalla riforma del diritto societario. L’allontana­mento del tipo dalla s.p.a. è evidente anche in materia di recesso [6], come si evince sin dalla determinazione delle cause di exit, dato che la vigente disciplina introduce una norma specifica, che però rinvia alle indicazioni dello statuto in relazione alle modalità di esercizio ed al momento entro il quale tale facoltà può essere esercitata. È, dunque, possibile prescrivere un termine più ampio rispetto a quello indicato per il tipo azionario, pur senza dilatarlo eccessivamente [7]. Difficilmente si può ritenere lecita, invece, l’indicazione di una scadenza più breve, in considerazione della necessità di assicurare al socio un minimo spatium deliberandi per assumere una decisione consapevole sulla volontà di uscire o meno dalla compagine sociale [8]. Quando, invece, l’atto costitutivo non indichi alcuna regola, occorre ricostruire la disciplina in via interpretativa. La dottrina prevalente reputa che in questa circostanza si applichi per analogia la disciplina della s.p.a. (art. 2437-bis c.c.), che prescrive il termine di quindici giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che legittima il recesso, oppure di trenta giorni dalla conoscenza del fatto, se diverso da una decisione [9]. L’opinione favorevole all’applicazione analogica dell’art. 2437-bis c.c. non è, tuttavia, unanime, in quanto in qualche occasione si è affermato che in mancanza di una puntuale clausola statutaria non si applichi alcun termine [10], ovvero che lo stesso coincida con quello per l’impugnativa della delibera legittimante l’exit [11]. In giurisprudenza, invero, non vi sono numerosi provvedimenti al riguardo, sebbene l’orientamento manifestato dai giudici di merito sia propenso ad estendere la regola prescritta in materia di s.p.a. [12]. In questa prospettiva, non sono mancate voci critiche nei confronti della decisione in commento, in considerazione delle incertezze che ne derivano [13]. La rilevanza della questione e la delicatezza di alcune argomentazioni addotte [continua ..]


3. L’esercizio del diritto di recesso del socio di s.r.l. in assenza di una disciplina convenzionale

L’assenza di una norma dispositiva in materia di termine per l’esercizio del recesso deriva dalla peculiare tecnica normativa adottata dal legislatore della riforma, che, nella disciplina della s.r.l., interviene solo nelle ipotesi in cui intende introdurre regole inderogabili, come per le cause ineliminabili di exit ed il procedimento di liquidazione della partecipazione, che richia­ma in buona parte quello prescritto per la società per azioni dall’art. 2437-ter c.c. [14]. Diversamente, in relazione ad altri profili, come quelli attinenti alle modalità ed al termine di esercizio del diritto di recesso, la legge non ha introdotto una regolamentazione tendenzialmente autosufficiente, come avviene anche nelle società di persone, ma ha preferito un mero rinvio alle indicazioni dell’atto costitutivo [15]. Que­sto aspetto rimarca uno dei principali limiti della disciplina del tipo, che, a fronte del riconoscimento di un’ampia autonomia statutaria, non prescrive un comparto di norme applicabili nell’ipotesi in cui, come spesso accade, non sia stabilita una regola convenzionale [16]. Al fine di ricavare la disciplina applicabile, allora, è indispensabile, in primo luogo, verificare se si sia o meno in presenza di una lacuna, atteso che soltanto in questo caso è possibile ricercare aliunde una norma giuridica cui fare riferimento nel caso di specie [17]. Va chiarito, in via preliminare, se l’as­sen­za di una puntuale regolamentazione, anche dispositiva, implichi che, in mancanza di una specifica clausola, il diritto possa essere esercitato sine die, come è stato talora sostenuto [18]. In senso contrario militano ragioni di certezza, dato che non può essere lasciata alle parti la possibilità di rendere del tutto indeterminato il momento entro cui è possibile permettere al socio di abbandonare la società [19]. La necessità di definire tale scelta in modo chiaro risponde ad esigenze connaturate sia all’appartenenza della s.r.l. alle società di capitali, che al maggior grado di personalizzazione del tipo, volto a valorizzare il rilievo dei singoli soci. Nella prima prospettiva, come è noto, l’esercizio del recesso determina l’attivazione del procedimento di liquidazione della quota ed implica l’assunzione di un onere economico, che può gravare sui soci o, in [continua ..]


4. La determinazione della regola ap­plicabile

Rilevata la presenza di una lacuna in punto di indicazione del termine per l’e­ser­cizio del diritto di recesso, occorre individuare la regola applicabile, muovendo dalla disciplina convenzionale, in considerazione del rinvio operato dalla legge alle scelte statutarie. È, infatti, possibile che, in assenza di una puntuale indicazione statutaria, sia possibile ricavare indicazioni utili da altre clausole. Non sono praticabili, invece, altri itinerari argomentativi, come la scelta di applicare il termine previsto per la s.p.a. a seconda della connotazione capitalistica o meno del concreto assetto statutario, poiché sicuramente si tratta di aspetto disciplinato in senso corporativo, al pari di quanto avviene per i profili oggetto di ade­guata considerazione legislativa, come dimostra la pedissequa replica di molte delle cause legali di recesso dell’azionista allo stesso modo per il socio di s.r.l. L’even­tuale accentuazione dei caratteri di personalizzazione in relazione ad altri istituti non esclude il tratto prettamente capitalistico del recesso del socio di s.r.l., vista la marcata affinità con l’omologa disciplina della s.p.a. e la distanza con l’art. 2285 c.c. [25]. Di conseguenza, anche là dove si ravvisasse nel concreto assetto statutario l’ac­centuazione dei profili personalistici, non sarebbe possibile estendere alla s.r.l. soluzioni che la legge prescrive per le società personali, in considerazione dell’af­ferenza del tipo alle società di capitali e quindi del preminente interesse all’inte­grità del patrimonio sociale [26]. In assenza di puntuali indicazioni statutarie occorre, allora, ricercare la regola applicabile nelle norme di legge, muovendo, in prima battuta, dalla disciplina del tipo, anche se è arduo individuare una disposizione nella regolamentazione della s.r.l., che possa sopperire all’assenza di un termine di decadenza. Al riguardo, non sembra potersi estendere la norma in materia di recesso nelle società a tempo indeterminato, in quanto tale disposizione introduce un arco temporale entro il quale permettere alla società di reperire le risorse finanziarie per liquidare la partecipazione del socio: non si tratta, dunque, di una modalità di esercizio del diritto, che stabilisce un momento certo oltre il quale il socio non può più esercitare tale [continua ..]


5. La problematica applicabilità delle norme di diritto comune

La ricostruzione proposta dalla Cassazione muove dalla considerazione che, in seguito alla riforma del diritto societario, la società a responsabilità limitata presenta caratteri autonomi dalla s.p.a., dalla quale è stata emancipata rispetto all’originario disegno del codice del 1942 [31]. Di conseguenza, non si è ritenuta giustificata, a parere dei giudici di legittimità, l’estensione del termine di decadenza previsto dall’art. 2437-bis c.c., in quanto, diversamente, si tradirebbe una delle indicazioni di fondo della nuova regolamentazione, appiattendo nuovamente la disciplina della s.r.l. su quella del tipo azionario [32]. In questa prospettiva, la Suprema Corte rileva che, nel silenzio dell’atto costitutivo, dovrebbero sopperire le norme di diritto comune, sicché il termine per l’esercizio del recesso sarebbe determinato in base al caso concreto, in applicazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, trovando temperamento nel divieto di esercizio strumentale di tale facoltà. Pertanto, in seguito all’eccessivo procrastinarsi della decisione del socio di uscire o meno dalla società, costui perderebbe tale facoltà, in quanto la medesima non può essere assunta dopo un tempo eccessivamente lungo dalla causa che lo legittima, tutelando l’affidamento della società sulla scelta di non avvalersene. La soluzione proposta non è del tutto convincente sia per le premesse da cui muove, che per gli esiti ai quali perviene. Nella prima ottica, non è sicuro che nel silenzio dell’atto costitutivo l’integrazione della disciplina debba avvenire ricorrendo a regole esterne al diritto societario. È vero che la disciplina della s.r.l. presenta caratteri autonomi rispetto alla s.p.a., dovuti alla chiusura del tipo rispetto al mercato ed al maggiore coinvolgimento del singolo nell’attività comune [33]. Nonostante la maggiore autonomia del tipo rispetto alla s.p.a., tuttavia, non si può svilire la permanenza del carattere organizzativo del recesso anche nella s.r.l., a prescindere dalle innovazioni normative apportate con la riforma [34]. I suoi connotati peculiari rispetto all’omologa fattispecie di diritto comune, infatti, emergono sul piano della molteplicità delle finalità perseguite, a fronte della regolamentazione dell’art. 1373 [continua ..]


6. L’integrazione della disciplina attingendo alle norme di diritto societario

Appurata la necessità di ricercare la regola sul termine per l’esercizio del recesso partendo dalle disposizioni in materia di società, occorre individuare il tipo da cui desumere la norma applicabile. Non sovviene, al riguardo, la disciplina delle società cooperative [49], atteso che l’art. 2532 c.c. non menziona alcuna indicazione sui termini per l’esercizio dell’exit ed, in ogni caso, in forza del rinvio operato dall’art. 2519 c.c., si applicano le disposizioni in materia di s.p.a. o, in alternativa, della società a responsabilità limitata. Del pari, è arduo ricorrere all’omologo istituto delle società di persone, in quanto l’art. 2285 c.c. non include un termine per il recesso, ma indica solo un preavviso nelle ipotesi di exit quando non sia previsto un termine di scadenza [50]. Diversi sono, invece, gli argomenti a favore dell’applicazione analogica dell’art. 2437-bis c.c. In questa direzione depone, in primo luogo, la circostanza che l’istituto presenta profili comuni a tutte le società di capitali, nelle quali, come si è rilevato, il recesso incide sull’organizzazione comune e su interessi molteplici, là dove nel diritto comune l’istituto determina lo scioglimento del vincolo contrattuale [51]. Inoltre, a fronte di una disciplina autonoma rispetto a quella della s.p.a., va rimarcato che le differenze più importanti rispetto alla società per azioni vanno ricercate nei profili organizzativi interni, dove maggiore spazio è lasciato alle libere determinazioni dei soci. In favore dell’applicazione analogica alla s.r.l. dell’art. 2437-bis c.c. muove, poi, il rilievo che la fissazione di un termine di decadenza per l’esercizio del diritto di recesso è prevista per legge in riferimento a tutte le società di capitali nel caso previsto dall’art. 34, 6° comma, d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, a mente del quale le modifiche dell’atto costitutivo che introducono o sopprimono clausole compromissorie attribuiscono il diritto di recesso ai soci assenti e dissenzienti entro i successivi novanta giorni. È, dunque, rinvenibile una disciplina in materia di decadenza per l’e­sercizio del diritto di recesso applicabile anche alla s.r.l. Da questo scenario si possono trarre due considerazioni. Da un lato, si ricava [continua ..]


NOTE