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Cancellazione di società e sorte dell´attivo sopravvissuto
Antonio Bernardi
Il presente lavoro analizza con sguardo critico la sentenza della Corte d’Appello di Bari del 5 luglio 2017 riguardante la sorte delle poste attive “sopravvissute” alla cancellazione della società dal registro delle imprese. Si sostiene, in particolare, che dalla mancata riscossione di poste attive iscritte in bilancio non risulta possibile dedurre una rinuncia al credito a seguito della cancellazione societaria ex art. 2495 c.c.; si ritiene, infatti, che tali cespiti “sopravvissuti” confluiscano nel patrimonio dei soci.
In ultimo, si rileva che il dedurre una rinuncia al credito nell’ipotesi citata comporterebbe una deresponsabilizzazione dei soci, emergendo, di contro, profili di responsabilità dei liquidatori.
This work analyzes critically the judgment of the Court of Appeal of Bari of 5 July 2017 concerning the assets that “survived” the cancellation of the company from the commercial register.
It is argued, in particular, that from the lack of collection of credits recorded in the financial statements, it is not possible to deduct a waiver of credit following the cancellation of the company under Article 2495 of the Italian Civil Code; in fact, these “surviving” assets are considered to be part of the shareholders’ asset.
In conclusion, it is argued that a waiver of credit would result in the deresponsibility of the shareholders and, on the other hand, would involve the liability of the liquidators.
Keywords: Removal of company from the commercial register – Joint-stock companies – Art. 2495 c.c. – Fate of assets – Liability of shareholders – Liability of liquidators.
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Sommario:
1. Il caso - 2. Normativa di riferimento e problematiche di rilievo - 3. Giurisprudenza di riferimento - 4. Commento: la rinuncia delle attività a seguito della cancellazione societaria - 5. Segue: responsabilità dei soci, ultrattività del vincolo patrimoniale e la tutela dei creditori nell’art. 2495 c.c. - 6. Segue: rinuncia al credito, deresponsabilizzazione dei soci e responsabilità dei liquidatori - NOTE
1. Il caso
La sentenza in commento si pone in linea con la più recente, e consolidata, giurisprudenza in tema di cancellazione di società [1], la quale conferma gli effetti estintivi dell’evento cancellazione. Nel caso di specie, parte attrice cita in giudizio l’ex socio unico di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese ex art. 2495 c.c., chiedendo, in qualità di creditore sociale, il pagamento della somma riscossa da quest’ultimo a seguito dell’estinzione dell’ente. Rigettata in primo grado la domanda attorea, questi propone Appello; anche in questo caso, però, i giudici ritengono infondata la richiesta da parte dell’attore di dichiarare la responsabilità del socio in merito ai crediti in oggetto. A detta di costoro, le somme in questione non sarebbero mai state riscosse dalla società, al tempo interamente posseduta dal convenuto. La Corte d’Appello di Bari sostiene che non avendo la società esperito le opportune azioni rivolte al recupero di tali somme, contabilizzate in bilancio, queste devono ritenersi oggetto di rinuncia cosicché da non potersi concretizzare gli effetti lato sensu successori in capo ai soci, propri della cancellazione ex art. 2495 c.c.
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2. Normativa di riferimento e problematiche di rilievo
L’art. 2495 c.c. al 1° comma conferisce ai liquidatori l’obbligo di chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione. A seguito della novella nata dalla riforma del 2003, al 2° comma sempre dell’art. 2945 c.c. si ritrova l’inequivocabile espressione «Ferma restando l’estinzione della società […]» la quale fuga ogni dubbio per l’interprete circa la natura costitutiva di tale vicenda societaria [2]. Prima della riforma del 2003, infatti, la giurisprudenza riteneva che la cancellazione di un ente dal registro delle imprese non fosse sufficiente affinché si concretizzasse la sua estinzione, bensì, occorresse la definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo ad essa, sia sostanziali che processuali [3]. Sempre al 2° comma si disciplina quella che è la responsabilità sia dei soci che dei liquidatori nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti. I primi risponderanno delle obbligazioni sociali «fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione», i secondi, invece, solo nel caso in cui la mancata soddisfazione dei creditori sia dovuta ad una loro negligenza. Nel caso in esame, la società di cui il convenuto era socio unico è stata cancellata dal registro delle imprese; dal [continua ..]
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3. Giurisprudenza di riferimento
L’art. 2495 c.c. nulla disciplina circa la sorte delle attività sopravvissute o sopravvenute [4] alla cancellazione societaria. Le sentenze nn. 6070, 6071, 6072 delle sez. un. della Corte di Cassazione del 2013 [5] hanno tentato di colmare questo vuoto normativo. Così, “qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio [6], in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato” [7]. La Cassazione, al fine di definire quali sono le poste [continua ..]
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4. Commento: la rinuncia delle attività a seguito della cancellazione societaria
Come detto, nella fattispecie affrontata dalla Corte d’Appello di Bari, i crediti contenuti nel bilancio finale di liquidazione sono stati ritenuti giuridicamente rinunciati, al pari di mere pretese o di diritti di credito illiquidi o incerti non iscrivibili in bilancio. Occorre, quindi, domandarsi se, effettivamente, dalla mancata riscossione è possibile dedurre una rinuncia al credito, una vera e propria dichiarazione di remissione del debito ex art. 1236 c.c. Il problema della rinuncia alle attività, deve necessariamente essere affrontato tramite una sistematica analisi delle singole tipologie di attivo sopravvissute alla cancellazione. Si dovrà distinguere fra: 1) poste iscrivibili nel bilancio finale di liquidazione ma non in concreto iscritte; 2) poste attive non iscrivibili; 3) poste iscritte ma non riscosse [10]. La rinunzia è un negozio abdicativo, una dichiarazione unilaterale del titolare di un diritto soggettivo, volta a dismettere il diritto stesso senza trasferirlo ad altri. [11] Affinché sussista la rinuncia, vi dovrà essere una dichiarazione di volontà anche tacita; per quest’ultima dovrà sussistere un comportamento assolutamente incompatibile con l’esercizio del diritto in oggetto [12]. Ci si chiede se tale voluntas sia rinvenibile nei tre casi succitati. Prima di rispondere a tale quesito e, quindi, di procedere all’analisi delle singole ipotesi, occorre [continua ..]
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5. Segue: responsabilità dei soci, ultrattività del vincolo patrimoniale e la tutela dei creditori nell’art. 2495 c.c.
Per addivenire ad una soluzione in merito alla problematica che ci riguarda, è necessario risolvere un quesito a monte: sono i soci responsabili per crediti non riscossi? L’art. 2495 c.c. al 2° comma stabilisce che a seguito della cancellazione «i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione». Dal tenore letterale della norma, quindi, sembrerebbe che taluni creditori possano soddisfarsi sugli ex soci di una società estinta solo se vi sia attivo da questi effettivamente riscosso. Nonostante ciò, un’interpretazione estensiva della norma sembra dovuta. Difatti, in dottrina [22] emergono autorevoli opinioni le quali senza alcun dubbio ritengono errato un approccio letterale alla norma. Si ritiene che i soci rispondano dei debiti sociali anche in ipotesi di (a) mancata riscossione di somme già contabilmente ripartite, (b) in caso di distribuzione di acconti di liquidazione percepiti prima del bilancio finale, (c) o nel caso di attivi non assegnati o assegnati benché non ancora convertiti in danaro [23]. Interpretazione che ritrova la sua ratio nella ultrattività di un vincolo patrimoniale, che sopravvive in capo ai soci in funzione della tutela dei creditori sociali. Difatti, grazie al tenore dell’art. 2495 c.c., si potrebbe descrivere la [continua ..]
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6. Segue: rinuncia al credito, deresponsabilizzazione dei soci e responsabilità dei liquidatori
Grazie ad un’interpretazione estensiva dell’art. 2495 c.c., come suddetto, i soci si considerano responsabili verso i creditori sociali attraverso tutte le poste attive di cui la società è titolare, che siano iscritte in bilancio o meno, che siano illiquide o, semplicemente, non riscosse. Al contrario, dedurre all’interno del procedimento di cancellazione un atto di rinuncia implicito verso determinate poste attive comporta una vera e propria deresponsabilizzazione dei soci verso i creditori sociali; ossia, i primi non risponderanno verso i secondi dei cespiti oggetto di rinuncia, poiché mai confluiti nelle loro “tasche”. Così, ultimo interrogativo di questo lavoro sarà domandarsi se, dedotto l’atto di rinuncia, i creditori possano agire nei confronti dei liquidatori ex art. 2495 c.c. per la mancata soddisfazione del credito. Innanzitutto, occorre rilevare che mentre l’azione nei confronti dei soci discende dalla ultrattività del vincolo sociale, l’azione nei confronti dei liquidatori deriva da un titolo differente: questi, infatti, rispondono del mancato pagamento di un debito della società la cui esistenza conoscevano o avrebbero potuto conoscere usando la dovuta diligenza; vi sarebbe, in sostanza, la violazione di un obbligo di professionalità, desumibile dalla regola generale dettata dagli artt. 2489 e 2394 c.c. [29]. Il disegno della disciplina risulta [continua ..]
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NOTE