Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Cancellazione di società e sorte dell´attivo sopravvissuto (di Antonio Bernardi)


Il presente lavoro analizza con sguardo critico la sentenza della Corte d’Ap­pello di Bari del 5 luglio 2017 riguardante la sorte delle poste attive “sopravvissute” alla cancellazione della società dal registro delle imprese. Si sostiene, in particolare, che dalla mancata riscossione di poste attive iscritte in bilancio non risulta possibile dedurre una rinuncia al credito a seguito della cancellazione societaria ex art. 2495 c.c.; si ritiene, infatti, che tali cespiti “sopravvissuti” confluiscano nel patrimonio dei soci.

In ultimo, si rileva che il dedurre una rinuncia al credito nell’ipotesi citata comporterebbe una deresponsabilizzazione dei soci, emergendo, di contro, profili di responsabilità dei liquidatori.

Cancellation of companies and fate of the surviving assets

This work analyzes critically the judgment of the Court of Appeal of Bari of 5 July 2017 concerning the assets that “survived” the cancellation of the company from the commercial register.

It is argued, in particular, that from the lack of collection of credits recorded in the financial statements, it is not possible to deduct a waiver of credit following the cancellation of the company under Article 2495 of the Italian Civil Code; in fact, these “surviving” assets are considered to be part of the shareholders’ asset.

In conclusion, it is argued that a waiver of credit would result in the deresponsibility of the shareholders and, on the other hand, would involve the liability of the liquidators.

Keywords: Removal of company from the commercial register – Joint-stock companies – Art. 2495 c.c. – Fate of assets – Liability of shareholders – Liability of liquidators.

CORTE D’APPELLO DI BARI, Sezione specializzata imprese, 5 luglio 2017, n. 755/2016 – Labellarte, Presidente – Grillo, Consigliere – Lenoci, Consigliere   (Art. 2495 c.c.) Nell’ipotesi in cui, a seguito di cancellazione di società dal registro delle imprese, non risulti che i crediti contenuti nel bilancio finale di liquidazione siano stati riscossi deve ritenersi che la società abbia inteso rinunziarvi. If, as a result of the company’s cancellation from the commercial register, it does not appear that the credits included in the final liquidation balance sheet have been collected, it must be considered that the company intended to waive them.   Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato in cancelleria il 29.6.2015 e notificato, unitamente al pedissequo decreto di fissazione di udienza, il 2.9.2015, C. M. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari P. A., chiedendo che fosse accertata e dichiarata la responsabilità illimitata del predetto P. per le obbligazioni di cui alla sentenza del Tribunale di Bari – articolazione di Altamura n. 1496/2014 del 21.3.2014, emessa in un giudizio tra C. M. e la C. C. s.r.l., di cui P. A. era socio unico, e per l’effetto che il convenuto fosse condannato al pagamento, in favore di esso ricorrente, della somma di € 11.362,81, o di quella ritenuta di giustizia, maggiorata di interessi legali, ovvero, in via subordinata, in ragione dell’intervenuta estinzione della società C. C. s.r.l. a seguito della sua cancellazione dal registro delle imprese, che sempre il P fosse condannato al pagamento, in favore di esso C., della somma di € 11.362,81, fino alla concorrenza delle somme riscosse dal socio in base al bilancio finale di liquidazione, e con il favore, in ogni caso, delle spese e competenze del giudizio, da distrarsi in favore del procuratore anticipatario. Instaurato il contraddittorio, si è costituito in giudizio P. A., il quale, nel contestare il ricorso, ha concluso chiedendone il rigetto, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese e competenze di giudizio. Con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. del 1.4.2016 il Tribunale di Bari, G.U. dott.ssa Marina Cavallo, ha rigettato la domanda proposta da C. M., condannando quest’ultimo alla rifusione delle spese e competenze di giudizio. Con atto di citazione notificato il 4.5.2016 C. M. ha convenuto in giudizio dinanzi a questa Corte P. A., proponendo appello avverso l’ordi­nanza ex art. 702-ter c.p.c. del Tribunale di Bari del 1.4.2016, sulla scorta dei seguenti motivi: a) errata interpretazione dei fatti di causa e falsa applicazione degli artt. 2462, 2470, 2043, 2050 e 2051 c.c.; b) erronea valutazione delle prove e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; c) violazione degli artt. 702-ter, com­mi 3 e 4, c.p.c. Tutto ciò esposto, pertanto, C. M. ha concluso, rassegnando le [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Normativa di riferimento e problematiche di rilievo - 3. Giurisprudenza di riferimento - 4. Commento: la rinuncia delle attività a seguito della cancellazione societaria - 5. Segue: responsabilità dei soci, ul­trattività del vincolo patrimoniale e la tutela dei creditori nel­l’art. 2495 c.c. - 6. Segue: rinuncia al credito, deresponsabilizzazione dei soci e responsabilità dei liquidatori - NOTE


1. Il caso

La sentenza in commento si pone in linea con la più recente, e consolidata, giurisprudenza in tema di cancellazione di società [1], la quale conferma gli effetti estintivi del­l’e­vento cancellazione. Nel caso di specie, parte attrice cita in giudizio l’ex socio unico di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese ex art. 2495 c.c., chiedendo, in qualità di creditore sociale, il pagamento della somma riscossa da que­st’ultimo a seguito dell’estin­zione dell’ente. Rigettata in primo grado la domanda attorea, questi propone Appello; anche in questo caso, però, i giudici ritengono infondata la richiesta da parte dell’attore di dichiarare la responsabilità del socio in merito ai crediti in oggetto. A detta di costoro, le somme in questione non sarebbero mai state riscosse dalla società, al tempo interamente posseduta dal convenuto. La Corte d’Appello di Bari sostiene che non avendo la società esperito le opportune azioni rivolte al recupero di tali somme, contabilizzate in bilancio, queste devono ritenersi oggetto di rinuncia cosicché da non potersi concretizzare gli effetti lato sensu successori in capo ai soci, propri della cancellazione ex art. 2495 c.c.


2. Normativa di riferimento e problematiche di rilievo

L’art. 2495 c.c. al 1° comma conferisce ai liquidatori l’obbligo di chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione. A seguito della novella nata dalla riforma del 2003, al 2° comma sempre del­l’art. 2945 c.c. si ritrova l’ine­qui­vocabile espres­sione «Ferma restando l’estinzione della società […]» la quale fuga ogni dubbio per l’in­terprete circa la natura costitutiva di tale vicenda societaria [2]. Prima della riforma del 2003, infatti, la giurisprudenza riteneva che la cancellazione di un ente dal registro delle imprese non fosse sufficiente affinché si concretizzasse la sua estinzione, bensì, occorresse la definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo ad essa, sia sostanziali che processuali [3]. Sempre al 2° comma si disciplina quella che è la responsabilità sia dei soci che dei liquidatori nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti. I primi risponderanno delle obbligazioni sociali «fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione», i secondi, invece, solo nel caso in cui la mancata soddisfazione dei creditori sia dovuta ad una loro negligenza. Nel caso in esame, la società di cui il convenuto era socio unico è stata cancellata dal registro delle imprese; dal bilancio finale di liquidazione, però, non si evince la riscossione dei due crediti oggetto di giudizio benché opportunamente in esso indicati. Secondo la Corte d’Ap­pello di Bari, dalla mancata riscossione si deduce la rinunzia da parte della società a taluni cespiti, seppur le poste attive in oggetto risultino iscritte contabilmente.


3. Giurisprudenza di riferimento

L’art. 2495 c.c. nulla disciplina circa la sorte delle attività sopravvissute o sopravvenute [4] alla cancellazione societaria. Le sentenze nn. 6070, 6071, 6072 delle sez. un. della Corte di Cassazione del 2013 [5] hanno tentato di colmare questo vuoto normativo. Così, “qualora al­l’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio [6], in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato” [7]. La Cassazione, al fine di definire quali sono le poste trasferibili in capo ai soci e quali, invece, possono ritenersi rinunciate da parte della società pone un distinguo essenziale: da un lato, vi sono i cespiti già riscossi, dall’altro, quelli non ricompresi in bilancio. Per la Suprema Corte solo i secondi e solo nel qual caso essi siano qualificabili come mere pretese, crediti illiquidi o incerti, dovranno essere reputati oggetto di rinuncia. In tal senso, le pronunce citate hanno senza dubbio registrato un cambio di rotta rispetto alla precedente impostazione giurisprudenziale sul punto [8], che sosteneva l’avvenuta rinuncia di tutti i cespiti del­l’at­tivo pendenti e non ripartiti in sede di liquidazione, senza distinguere né la natura né se tali poste attive siano o meno iscrivibili in bilancio. Le ragioni sottese ad una tale conclusione sembrano rinviare ai poteri di gestione e rappresentanza dei liquidatori, i quali, richiedendo la cancellazione ex art. 2495 c.c. alla [continua ..]


4. Commento: la rinuncia delle attività a seguito della cancellazione societaria

Come detto, nella fattispecie affrontata dalla Corte d’Appello di Bari, i crediti contenuti nel bilancio finale di liquidazione sono stati ritenuti giuridicamente rinunciati, al pari di mere pretese o di diritti di credito illiquidi o incerti non iscrivibili in bilancio. Occorre, quindi, domandarsi se, effettivamente, dalla man­cata riscossione è possibile dedurre una rinuncia al credito, una vera e propria dichiarazione di remissione del debito ex art. 1236 c.c. Il problema della rinuncia alle attività, deve necessariamente essere affrontato tramite una sistematica analisi delle singole tipologie di attivo sopravvissute alla cancellazione. Si dovrà distinguere fra: 1) poste iscrivibili nel bilancio finale di liquidazione ma non in concreto iscritte; 2) poste attive non iscrivibili; 3) poste iscritte ma non riscosse [10]. La rinunzia è un negozio abdicativo, una dichiarazione unilaterale del titolare di un diritto soggettivo, volta a dismettere il diritto stesso senza trasferirlo ad altri. [11] Affinché sussista la rinuncia, vi dovrà essere una dichiarazione di volontà anche tacita; per quest’ultima dovrà sussistere un comportamento assolutamente incompatibile con l’esercizio del diritto in oggetto [12]. Ci si chiede se tale voluntas sia rinvenibile nei tre casi succitati. Prima di rispondere a tale quesito e, quindi, di procedere all’analisi delle singole ipotesi, occorre svolgere alcune premesse. Innanzitutto, si rileva che nelle ipotesi sub 1 e sub 2 la soluzione potrà con certezza essere la medesima solo nel caso in cui i cespiti attivi in oggetto non siano conoscibili dalla società. Difatti, risulta impossibile rinunciare ad un diritto di cui non si conosce l’esistenza [13]. Occorre inoltre premettere che si reputa la richiesta di cancellazione quale un atto complesso posto in essere dai liquidatori per conto della società, sulla base dell’approvazione del bilancio finale com­piuta dai soci [14]. In tal senso, la volontà abdicativa dell’ente verrà dedotta dal­l’ope­razione nella sua totalità. Ci si domanda, quindi, se il volere della società debba ricondursi all’atteggiamento soggettivo dei soci o dei liquidatori; ossia, se l’atto di rinuncia all’attivo non iscritto (che sia o meno iscrivibile) o non riscosso sia precisamente riferibile [continua ..]


5. Segue: responsabilità dei soci, ul­trattività del vincolo patrimoniale e la tutela dei creditori nel­l’art. 2495 c.c.

Per addivenire ad una soluzione in merito alla problematica che ci riguarda, è necessario risolvere un quesito a monte: sono i soci responsabili per crediti non riscossi? L’art. 2495 c.c. al 2° comma stabilisce che a seguito della cancellazione «i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione». Dal tenore letterale della norma, quindi, sembrerebbe che taluni creditori possano soddisfarsi sugli ex soci di una società estinta solo se vi sia attivo da questi effettivamente riscosso. Nonostante ciò, un’in­terpreta­zione estensiva della norma sembra dovuta. Difatti, in dottrina [22] emergono autorevoli opinioni le quali senza alcun dubbio ritengono errato un approccio letterale alla norma. Si ritiene che i soci rispondano dei debiti sociali anche in ipotesi di (a) mancata riscossione di somme già contabilmente ripartite, (b) in caso di distribuzione di acconti di liquidazione percepiti prima del bilancio finale, (c) o nel caso di attivi non assegnati o assegnati benché non ancora convertiti in danaro [23]. Interpretazione che ritrova la sua ratio nella ultrattività di un vincolo patrimoniale, che sopravvive in capo ai soci in funzione della tutela dei creditori sociali. Difatti, grazie al tenore del­l’art. 2495 c.c., si potrebbe descrivere la vicenda post estinzione dell’ente, quale un riprodursi del rapporto fra società e creditore nel rapporto fra ex socio e creditore [24]. Così, sembra possibile ritenere che venuta meno la sovrastruttura società, i soci dovranno rispondere dei debiti sociali tramite l’attivo emergente nel bilancio finale di liquidazione, che sia riscosso o meno: “caduta la personalità [della società] o alteratene la struttura, i diritti dei terzi non possono riuscirne pregiudicati” [25]. L’estinzione comporta, cioè, la rimozione del vincolo patrimoniale preposto allo scopo d’impresa e il trasferimento in capo ai soci dei rapporti pendenti. Si tratterebbe, quindi, di una vera riallocazione dei rapporti attivi (o passivi), da un lato, e di modifica sulla imputazione finale del risultato, dal­l’altro; entrambi eventi demandati alla volontà della società, come, appunto, avviene nelle modifiche [continua ..]


6. Segue: rinuncia al credito, deresponsabilizzazione dei soci e responsabilità dei liquidatori

Grazie ad un’interpretazione estensiva dell’art. 2495 c.c., come suddetto, i soci si considerano responsabili verso i creditori sociali attraverso tutte le poste attive di cui la società è titolare, che siano iscritte in bilancio o meno, che siano illiquide o, semplicemente, non riscosse. Al contrario, dedurre all’interno del procedimento di cancellazione un atto di rinuncia implicito verso determinate poste attive comporta una vera e propria deresponsabilizzazione dei soci verso i creditori sociali; ossia, i primi non risponderanno verso i secondi dei cespiti oggetto di rinuncia, poiché mai confluiti nelle loro “tasche”. Così, ultimo interrogativo di questo lavoro sarà domandarsi se, dedotto l’atto di rinuncia, i creditori possano agire nei confronti dei liquidatori ex art. 2495 c.c. per la mancata soddisfazione del credito. Innanzitutto, occorre rilevare che mentre l’azione nei confronti dei soci discende dalla ultrattività del vincolo sociale, l’azione nei confronti dei liquidatori deriva da un titolo differente: questi, infatti, rispondono del mancato pagamento di un debito della società la cui esistenza conoscevano o avrebbero potuto conoscere usando la dovuta diligenza; vi sarebbe, in sostanza, la violazione di un obbligo di professionalità, desumibile dalla regola generale dettata dagli artt. 2489 e 2394 c.c. [29]. Il disegno della disciplina risulta così delineato al fine di tutelare i creditori sociali per l’attivo colposamente loro non assegnato e nemmeno confluito nel patrimonio degli ex soci, potendo essi richiedere il pagamento del debito verso i liquidatori. Posto che all’atto di rinuncia, naturalmente, consegue il non trasferimento del­l’attivo né nei confronti dei soci né nei confronti dei creditori, tale negozio abdicativo risulta essere l’atto a monte del mancato pagamento di questi ultimi, sussistendo, così, una responsabilità dei liquidatori ex art. 2495 c.c. Costoro, infatti, avrebbero preferito far rinunciare la società a taluni cespiti anziché terminare il processo di liquidazione che, al contrario, avrebbe comportato la soddisfazione (piena o parziale che sia) delle passività sociali.     Quindi, se è pur vero che dedurre automaticamente dalla mancata riscossione una rinuncia dell’attivo comporta una [continua ..]


NOTE