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La liquidazione controllata delle società sovraindebitate
Pietro Paolo Ferraro
Il saggio approfondisce il tema dell’applicazione alle società sovraindebitate della liquidazione controllata disciplinata dal codice della crisi d’impresa, la quale, sebbene riguardi soltanto alcune società che beneficiano di uno specifico regime di favore (anzitutto, società agricole, società minori e start-up innovative), presenta significative implicazioni sistematiche in merito alla dibattuta questione del rapporto tra diritto concorsuale e diritto societario.
A questo proposito, l’Autore evidenzia come la liquidazione controllata determini una mera liquidazione collettiva del patrimonio, che interessa solo marginalmente la fattispecie societaria. Difatti, la relativa disciplina, oltre a non prevedere alcunché in merito alla sorte dell’impresa, non contempla neppure poteri di ingerenza nell’organizzazione societaria equivalenti a quelli accordati al curatore nella liquidazione giudiziale.
In questa prospettiva, nell’ottica degli interessi proprietari della compagine sociale, assume importanza centrale l’esdebitazione di diritto della società in liquidazione controllata, sia in relazione alle potenzialità di sopravvivenza dell’ente una volta chiusa la liquidazione concorsuale, sia sul piano della governance societaria in pendenza della procedura, in coerenza con l’indirizzo debtor-oriented della recente direttiva europea insolvency.
The paper examines the issue of the application to over-indebted companies of the controlled liquidation procedure governed by the Corporate Crisis Code, which, although it concerns only some companies that benefit from a specific more favorable discipline (first of all, agricultural companies, minor companies and innovative start-ups), has significant systemic implications regarding the debated issue of the relationship between bankruptcy law and company law.
In this regard, the Author highlights how controlled liquidation procedure results in a merely collective liquidation of assets, which only marginally affects the corporate entity. In fact, the related discipline, in addition to not providing for anything regarding the fate of the business, does not even foresee powers of interference in the corporate organization that would be equivalent to those granted to the trustee in bankruptcy procedure.
In this perspective, from the point of view of the shareholders’ owners’ interests, the legal discharge of the company subject to controlled liquidation assumes central importance, both in relation to the survival potential of the company once the liquidation procedure is completed, and in terms of corporate governance while the procedure is pending, in line with the debtor-oriented approach of the recent European Insolvency Directive.
Keywords: Controlled liquidation procedure – Company – Over-indebtedness – Powers of the liquidator – Corporate governance – Principle of organizational neutrality – Corporate bodies – Closure of insolvency proceedings – Interests of shareholders – Discharge.
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Sommario:
1. Introduzione - 2. Il perimetro di applicazione della disciplina sul sovraindebitamento - 2.1. Società e presupposto soggettivo - 2.2. Lo stato di sovraindebitamento della società - 2.3. La posizione del socio illimitatamente responsabile - 3. L’impianto normativo della liquidazione controllata - 4. Accesso alla procedura e rapporti con il concordato minore - 5. Caratteristiche strutturali e funzionali della liquidazione controllata - 6. I compiti istituzionali del liquidatore - 7. Gli effetti della liquidazione controllata sulla società debitrice - 7.1. Spossessamento coattivo e attività d’impresa - 7.2. Liquidazione patrimoniale e neutralità organizzativa - 7.3. Chiusura della procedura e sopravvivenza della società - 8. L’esdebitazione della società in liquidazione controllata - 8.1. Sull’esdebitazione di diritto della società sovraindebitata - 8.2. La rilevanza sistematica dell’esdebitazione delle società - NOTE
1. Introduzione
La riforma organica della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza, realizzata con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (come integrato e modificato dal d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147), ha innovato in maniera significativa le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento [[1]], con l’obiettivo specifico di valorizzarle e assicurarne una più ampia ed agile fruizione [[2]], in coerenza con i principi recentemente affermati dall’Unione europea [[3]]. La disciplina relativa al sovraindebitamento, che è stata pensata, sin dalla sua introduzione nel nostro ordinamento con la legge 27 gennaio 2012, n. 3 [[4]], per il “debitore civile”, e quindi per persone fisiche, a cominciare dai consumatori, si applica anche ad alcune categorie di imprenditori, che possono essere organizzati in forma societaria, per i quali non operano altri istituti concorsuali. Tale regime giuridico, che trova quindi impiego residuale in ambito societario, quando è destinato ad operare nei confronti di una società, pone anzitutto l’esigenza di chiarire alcuni aspetti ricostruttivi, anche problematici, che investono, tra l’altro, il delicato rapporto tra diritto della crisi d’impresa e diritto societario [[5]], il quale risente tuttora di una persistente “impostazione antropomorfica” della normativa concorsuale, sia pur meno accentuata che in passato. Anzi, [continua ..]
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2. Il perimetro di applicazione della disciplina sul sovraindebitamento
Assodato che gli istituti di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in quanto interessano prevalentemente “debitori civili” e operatori economici minori o soggetti a regime speciale, sono destinati ad avere un impiego circoscritto nei confronti dell’imprenditore organizzato in forma di società, al quale si applicano il concordato minore e la liquidazione controllata (ma non il piano di ristrutturazione dei debiti che riguarda esclusivamente il consumatore [[8]]), occorre anzitutto delimitare il perimetro di operatività della relativa disciplina con specifico riguardo alla fattispecie societaria. Per individuare le società alle quali si applica il comparto normativo dedicato al sovraindebitamento è necessario fare riferimento all’art. 2 cod. crisi, relativo alle «Definizioni», il quale al comma 1, lett. c), delinea, tanto il presupposto soggettivo, quanto il presupposto oggettivo delle procedure di regolazione delle crisi da sovraindebitamento. In particolare, l’art. 2, comma 1, lett. c), definisce il «sovraindebitamento» come lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi [continua ..]
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2.1. Società e presupposto soggettivo
Con riguardo al presupposto soggettivo, in relazione alla fattispecie societaria, le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, ed in particolare la liquidazione controllata (ed il concordato minore), possono interessare anzitutto le società agricole, le società sottosoglia e le start-up innovative, cui si aggiungono ulteriori società genericamente evocate, le quali, in base alla previsione di chiusura della disposizione definitoria, non sono assoggettate ad altre procedure concorsuali [[10]]. Le società agricole, tradizionalmente destinatarie di un regime di favore (sebbene oggi ridimensionato e in buona parte meno giustificato che in passato), sono individuate in base alla natura dell’attività imprenditoriale esercitata, in quanto hanno ad oggetto un’attività agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c., secondo quanto previsto dalla riforma relativa all’imprenditore agricolo realizzata dal d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, che ha notevolmente ampliato la relativa fattispecie normativa [[11]]. Tuttavia, con riguardo alle società, è tuttora controverso se, ai fini del regime concorsuale applicabile, la qualifica di imprenditore agricolo ex art. 2135 c.c. debba essere verificata in base a un criterio formale, considerando in primis l’oggetto sociale contenuto nell’atto costitutivo, oppure secondo un criterio sostanziale, valutando l’attività [continua ..]
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2.2. Lo stato di sovraindebitamento della società
Spostando l’attenzione sul presupposto oggettivo delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, va rilevato che il codice della crisi ha in buona parte risolto il problema definitorio che si è posto in passato in relazione alla legge n. 3/2012, la quale all’art. 6, comma 2, lett. a), adottando una terminologia estemporanea, stabiliva che, ai fini della disciplina (contenuta nel capo II) relativa al procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, si intende «per «sovraindebitamento»: la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni» [[24]]. Rinunciando ad un’apposita descrizione di un presupposto oggettivo che sia maggiormente calibrato su soggetti diversi dagli imprenditori (specie i consumatori) [[25]], il codice della crisi, secondo un’impostazione senz’altro più coerente con l’assetto complessivo della disciplina riformata, all’art. 2, comma 1, lett. c), chiarisce in maniera tranchant che per sovraindebitamento si intende «lo stato di crisi o di insolvenza» [[26]]. La riforma Rordorf ha inteso così adottare una formulazione a vocazione onnicomprensiva, [continua ..]
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2.3. La posizione del socio illimitatamente responsabile
Un discorso specifico va fatto per quanto concerne l’applicazione della disciplina del sovraindebitamento al socio illimitatamente responsabile di società con soci a responsabilità illimitata. In passato la questione era molto dibattuta, in quanto la legge n. 3/2012 nulla prevedeva al riguardo, anche se tendeva a prevalere l’orientamento contrario all’applicazione del medesimo regime del fallimento in estensione ex art. 147 l. fall. [[35]], in mancanza di un affidabile supporto normativo [[36]]. Viceversa, la legge n. 155/2017, nel dettare i principi e criteri direttivi della recente riforma organica, all’art. 9, dedicato al sovraindebitamento, ha richiesto espressamente, nella lett. a), di «comprendere nella procedura i soci illimitatamente responsabili». In attuazione della legge di delega, il legislatore delegato ha inizialmente inserito la norma nell’art. 65 cod. crisi, il quale delimita in generale l’«Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento», stabilendo al comma 4 che, nel caso considerato, «la procedura produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili» [[37]]. Successivamente, per evitare incertezze sul piano interpretativo, il decreto correttivo n. 147/2020, con un intervento additivo, recuperando la regola in origine inserita nell’art. 65 cod. crisi, ha previsto [continua ..]
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3. L’impianto normativo della liquidazione controllata
Definito il perimetro di applicazione alle società della nuova disciplina del sovraindebitamento, è possibile passare ad esaminare le caratteristiche della liquidazione controllata rapportandola all’ipotesi in cui il debitore rivesta la forma societaria. Prima di procedere in questa direzione, va preliminarmente evidenziato che, da un punto di vista strutturale, la liquidazione controllata si configura come una “procedura concorsuale espropriativa” molto più snella della liquidazione giudiziale, alla quale il codice della crisi dedica poche norme, oltre a prevedere una serie di disposizioni di raccordo interno che rinviano, per lo più nei limiti di compatibilità, alla disciplina della procedura liquidatoria “maggiore” (vedi, in particolare, artt. 270, commi 1 e 5, 271, comma 2, 272, comma 2, 273, comma 7, 275, commi 2 e 6, 276, comma 2, cod. crisi [[48]]). Inoltre, l’art. 270, comma 5 (dopo avere precisato che «si applicano l’articolo 143 in quanto compatibile e gli articoli 150 e 151»), contempla una formula più ampia, secondo cui «per i casi non regolati dal presente capo si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III» [[49]]. Previsione questa che presenta una certa incongruenza rispetto a quanto stabilito dall’art. 65, comma 2, cod. crisi, il quale, per tutte le procedure di [continua ..]
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4. Accesso alla procedura e rapporti con il concordato minore
Per quanto riguarda la legittimazione ad avviare la liquidazione controllata, l’art. 268 cod. crisi, in attuazione del principio affermato nell’art. 9, comma 1, lett. h), della legge delega n. 155/2017, stabilisce che l’apertura della procedura può avvenire non più soltanto su istanza del debitore [[58]] (come per la liquidazione del patrimonio regolata dalla legge n. 3/2012 [[59]]), ma anche, in caso d’insolvenza del debitore, su domanda dei creditori, pur in pendenza di procedure esecutive individuali, e, qualora l’insolvenza riguardi un imprenditore, per iniziativa del pubblico ministero. Questo ampliamento dei soggetti legittimati, rispetto alla precedente disciplina, segna il passaggio della liquidazione concorsuale “minore” da strumento di espropriazione collettiva di portata residuale (a disposizione del debitore e solo eccezionalmente attivabile in via sanzionatoria dai creditori) a procedura concorsuale ordinaria di più ampia fruizione, che tuttavia conserva una “vocazione volontaria”. D’altra parte, a differenza della liquidazione del patrimonio, per l’attivazione della liquidazione controllata non vi sono cause ostative, che viceversa sono previste per l’accesso alle diverse procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (artt. 69 e 77 cod. crisi), così come per consentire al debitore in liquidazione concorsuale di beneficiare [continua ..]
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5. Caratteristiche strutturali e funzionali della liquidazione controllata
Sull’iter procedimentale della liquidazione controllata non ci si soffermerà analiticamente in questa sede [[65]], se non per evidenziare quei profili regolativi che richiedono particolare approfondimento con riferimento alle strutture societarie, da esaminare in confronto sincronico con la parallela procedura di liquidazione giudiziale: ciò sia al fine di segnalare gli elementi di convergenza e quelli di difformità di due procedure comunque contigue (seppure con equilibri interni differenti), sia nell’ottica di conferire un significato coerente ai rinvii che si rintracciano nella disciplina della liquidazione controllata, sia, e più in generale, per rimarcare i tratti di una complessiva ricostruzione sistematica altrove più compiutamente sviluppata in relazione alla liquidazione giudiziale [[66]]. Come subito rilevato dai primi commentatori, la specifica disciplina della liquidazione controllata, piuttosto che essere inserita nella parte del codice della crisi dedicata agli strumenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento (come avveniva in passato per la liquidazione del patrimonio di cui alla legge n. 3/2012), è collocata nel capo IX (artt. 268-277), ossia nella parte che riguarda le liquidazioni concorsuali, subito dopo la liquidazione giudiziale [[67]], con la quale condivide le medesime fasi essenziali, che vanno dall’apertura della procedura all’accertamento del passivo e alla [continua ..]
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6. I compiti istituzionali del liquidatore
Tra le varie incombenze del liquidatore, vi è quella di redigere, entro novanta giorni dall’apertura della procedura, il programma di liquidazione in ordine a tempi e modalità della liquidazione, per il quale, a norma dell’art. 272, comma 2, cod. crisi, si applica, nei limiti di compatibilità, quanto prescritto relativamente alla liquidazione giudiziale dall’art. 213, commi 3 e 4, cod. crisi. Mediante il rinvio a queste norme, anche il programma di liquidazione relativo alla procedura in questione – oltre ad assicurarne la ragionevole durata (art. 272, comma 3, cod. crisi) [[77]] – deve essere suddiviso in sezioni in cui sono indicati separatamente criteri e modalità della liquidazione dei beni e della riscossione dei crediti, con indicazione dei costi e dei presumibili tempi di realizzo; deve inoltre indicare le azioni giudiziali e il subentro nelle liti pendenti, con i costi per il primo grado di giudizio, nonché gli esiti delle liquidazioni già compiute. Tra i compiti del liquidatore v’è anche quello di indicare nel programma di liquidazione gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, quali l’esercizio dell’impresa del debitore e l’affitto di azienda, ancorché relativi a singoli rami d’azienda, nonché le modalità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici [continua ..]
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7. Gli effetti della liquidazione controllata sulla società debitrice
A questo punto, delineati i tratti essenziali della liquidazione controllata, è possibile soffermare l’attenzione sugli aspetti peculiari che presenta tale procedura qualora abbia come soggetto passivo una società. Prima di procedere in questa direzione, va ancora una volta ricordato che la liquidazione controllata, pur essendo una procedura di natura esecutivo-satisfattiva, è stata concepita, fin dalla sua origine, come alternativa alle procedure di composizione (negoziale) della crisi da sovraindebitamento, alla quale può accedere il debitore al fine di conseguire l’esdebitazione [[83]]. Pertanto, tenuto conto che tale procedura, a parte l’ipotesi di conversione di un concordato minore non andato a buon fine (art. 83 cod. crisi), rappresenta prioritariamente una opportunità per il debitore nell’ottica della liberazione dai debiti [[84]], occorre considerare che, in relazione alla società (così come in generale per l’imprenditore), si è in presenza di una legittimazione attiva (per così dire) a “geometria variabile”, dal momento che – come già accennato – il debitore può assumere la relativa iniziativa anche sulla base del semplice presupposto della crisi, mentre i creditori e il pubblico ministero possono attivarla soltanto in caso di insolvenza (art. 268 cod. crisi). Nonostante la riforma Rordorf abbia ridimensionato la natura [continua ..]
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7.1. Spossessamento coattivo e attività d’impresa
Partendo da quest’ultimo profilo, l’effetto più significativo che determina la liquidazione controllata è rappresentato dallo spossessamento patrimoniale del debitore, il quale, con l’apertura della procedura, come avviene per la liquidazione giudiziale, è privato del potere di amministrazione e di disposizione del suo patrimonio, che viene attribuito al liquidatore nominato dal tribunale affinché venga liquidato per il soddisfacimento delle pretese del ceto creditorio secondo le regole del concorso. Al riguardo, tuttavia, sono dettate poche norme non molto esplicite, specie se rapportate alla disciplina più articolata dettata in materia di liquidazione giudiziale. In particolare, l’art. 275, comma 2, cod. crisi si limita a stabilire che «Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione» [[91]]. Inoltre, può essere preso in considerazione quanto previsto dall’art. 270 cod. crisi, il quale dispone al comma 2, lett. e) che la sentenza di apertura della liquidazione controllata «ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio» [[92]] (salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi), per poi specificare che tale «provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del liquidatore», [continua ..]
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7.2. Liquidazione patrimoniale e neutralità organizzativa
La liquidazione controllata, quale procedura concorsuale che si colloca in una posizione intermedia tra esecuzione ordinaria e liquidazione giudiziale, determina una mera esecuzione collettiva e globale sul patrimonio, che evidentemente interessa solo in modo marginale la fattispecie societaria. In primo luogo, in base al sistema normativo delineato dalla recente riforma, l’apertura della liquidazione controllata, così come l’apertura della liquidazione giudiziale, costituisce causa di scioglimento della società, e ciò vale tanto per le società di persone (art. 2308 c.c.), come in passato, quanto per le società di capitali [art. 2484, comma 1, lett. 7-bis) c.c.], avendo il codice della crisi ripristinato una regola comune a tutte le società, che operava anteriormente alla riforma societaria del 2003 [[103]]. Coerentemente con il nuovo regime concorsuale, poi, il decreto correttivo n. 147/2020 ha previsto altresì l’obbligo di nomina del liquidatore, ma soltanto per le società di capitali e non anche per le società di persone, operando così una nuova distinzione, che appare poco comprensibile in relazione alla formale consacrazione dello “stato liquidativo” riguardante entrambe le classi di società. A parte tale profilo, è agevole rilevare, alla luce del diritto positivo, che la liquidazione controllata non ha una significativa incidenza [continua ..]
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7.3. Chiusura della procedura e sopravvivenza della società
Neppure è dato rinvenire, con riguardo alla fase terminale della liquidazione controllata, una previsione normativa analoga a quella contemplata dall’art. 233, comma 2, cod. crisi, la quale, in relazione alla chiusura della liquidazione giudiziale di una società, attribuisce al curatore, per le società di capitali, il potere di convocazione dell’assemblea dei soci, nonché, per tutte le società, il potere di cancellare la società dal registro delle imprese in caso di incapienza patrimoniale. Al riguardo, la nuova disciplina relativa alla composizione delle crisi da sovraindebitamento, come introdotta dal d.lgs. n. 14/2019, in principio si limitava a prevedere, in termini generali, all’art. 276, comma 1, cod. crisi – rubricato «Chiusura della procedura» – che «La procedura si chiude con decreto», oltre a disporre nel secondo comma in merito al compenso del liquidatore e allo svincolo delle somme accantonate. Successivamente, il d.lgs. n. 147/2020 ha integrato il primo comma dell’art. 276 cod. crisi, stabilendo – con una formula, tanto ermetica quanto ambigua – che «Si applica l’art. 233, in quanto compatibile», ossia la norma che riguarda la chiusura della liquidazione giudiziale. Questo rinvio, al di là dall’apparente semplicità, si rivela oltremodo problematico, non solo in relazione alle consistenti differenze [continua ..]
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8. L’esdebitazione della società in liquidazione controllata
Nella prospettiva degli interessi corporativi dei soci, assume un’importante rilevanza sistematica l’estensione dell’esdebitazione alle società, da parte del codice della crisi, che rileva sia in relazione alle potenzialità di sopravvivenza dell’ente una volta chiusa la liquidazione concorsuale, sia sul piano della governance societaria in pendenza della procedura [[118]]. Ciò è tanto più evidente per la liquidazione controllata, rispetto alla quale la liberazione dai debiti pregressi rimasti insoddisfatti costituisce l’obiettivo prioritario cui aspira il debitore (come si evince chiaramente dai lavori preparatori della relativa disciplina [[119]]) e rappresenta un effetto naturale della chiusura della procedura [[120]]. Com’è noto, l’esdebitazione è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla riforma della legge fallimentare realizzata con il d.lgs. n. 5/2006 (come modificato dal d.lgs. n. 169/2007), che ha inserito la relativa disciplina negli artt. 142-144 l. fall., prevedendone l’applicazione, in presenza di specifici requisiti di meritevolezza, soltanto al fallito persona fisica [[121]]. L’istituto, dopo essere stato previsto anche per soggetti non fallibili dalla disciplina relativa alle crisi da sovraindebitamento contenuta nella legge n. 3/2012 [[122]], è stato ora rilanciato dalla riforma Rordorf, che gli ha dedicato l’art. [continua ..]
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8.1. Sull’esdebitazione di diritto della società sovraindebitata
Il codice della crisi detta nella sezione II del capo X specifiche «Disposizioni in materia di esdebitazione del soggetto sovraindebitato» [[134]], contenute nell’art. 282, relativo all’«Esdebitazione di diritto», che interessa maggiormente in questa sede in quanto riguarda anche il debitore organizzato in forma societaria, e l’art. 283, rubricato «Esdebitazione del sovraindebitato incapiente» [[135]], il quale invece è rivolto soltanto al debitore persona fisica [[136]], per cui esorbita dall’oggetto della presente indagine dedicata alle società, sebbene possa accedere autonomamente a tale istituto anche il socio illimitatamente responsabile. Come anticipato, in base all’art. 282, comma 1, cod. crisi, in caso di liquidazione controllata di una società, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre (o due [[137]]) anni dalla sua apertura, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale, iscritto al registro delle imprese su richiesta del cancelliere [[138]]. Tuttavia, l’esdebitazione non opera qualora ricorrano le preclusioni previste dal secondo comma dell’art. 282, rispetto alle quali rilevano, sotto il profilo della meritevolezza, non solo i requisiti previsti in generale dall’art. 280, ma anche che il debitore non abbia determinato la situazione di [continua ..]
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8.2. La rilevanza sistematica dell’esdebitazione delle società
Le novità introdotte dalla recente riforma in materia di esdebitazione presentano implicazioni significative sul doppio versante relativo alla società in liquidazione concorsuale e alla condizione giuridica dei suoi soci. Come già detto, l’operatività generalizzata dell’esdebitazione, la cui efficacia è correlata a un mero dato temporale (in presenza di requisiti di meritevolezza, melius di correttezza), proietta la società in una prospettiva di sopravvivenza, una volta chiusa la procedura liquidativa, e di possibile ripresa dell’attività sociale. In quest’ottica, viene in qualche modo compromesso il “naturale” effetto estintivo che determina la (chiusura della) procedura di liquidazione concorsuale sulla società (priva di attivo). Ciò può avvenire soltanto sulla base dell’implicito riconoscimento – come rilevato da attenta dottrina – che l’organizzazione societaria assume un valore in sé, indipendentemente dalla consistenza del patrimonio sociale, anche nel corso di una procedura concorsuale liquidativa. Quand’anche l’attivo patrimoniale sia completamente azzerato e non vi sia alcuna possibilità di soddisfare il ceto creditorio, la struttura organizzativa continua ad avere una sua rilevanza giuridica, ed anche un valore economico, segnatamente per le potenzialità future di ripresa dell’attività [continua ..]
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NOTE