Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La liquidazione controllata delle società sovraindebitate (di Pietro Paolo Ferraro)


Il saggio approfondisce il tema dell’applicazione alle società sovraindebitate della liquidazione controllata disciplinata dal codice della crisi d’impresa, la quale, sebbene riguardi soltanto alcune società che beneficiano di uno specifico regime di favore (anzitutto, società agricole, società minori e start-up innovative), presenta significative implicazioni sistematiche in merito alla dibattuta questione del rapporto tra diritto concorsuale e diritto societario.

A questo proposito, l’Autore evidenzia come la liquidazione controllata determini una mera liquidazione collettiva del patrimonio, che interessa solo marginalmente la fattispecie societaria. Difatti, la relativa disciplina, oltre a non prevedere alcunché in merito alla sorte dell’impresa, non contempla neppure poteri di ingerenza nell’or­ganizzazione societaria equivalenti a quelli accordati al curatore nella liquidazione giudiziale.

In questa prospettiva, nell’ottica degli interessi proprietari della compagine sociale, assume importanza centrale l’esdebitazione di diritto della società in liquidazione controllata, sia in relazione alle potenzialità di sopravvivenza dell’ente una volta chiusa la liquidazione concorsuale, sia sul piano della governance societaria in pendenza della procedura, in coerenza con l’indirizzo debtor-oriented della recente direttiva europea insolvency.

 

The controlled liquidation procedure of over-indebted companies

The paper examines the issue of the application to over-indebted companies of the controlled liquidation procedure governed by the Corporate Crisis Code, which, although it concerns only some companies that benefit from a specific more favorable discipline (first of all, agricultural companies, minor companies and innovative start-ups), has significant systemic implications regarding the debated issue of the relationship between bankruptcy law and company law.

In this regard, the Author highlights how controlled liquidation procedure results in a merely collective liquidation of assets, which only marginally affects the corporate entity. In fact, the related discipline, in addition to not providing for anything regarding the fate of the business, does not even foresee powers of interference in the corporate organization that would be equivalent to those granted to the trustee in bankruptcy procedure.

In this perspective, from the point of view of the shareholders’ owners’ interests, the legal discharge of the company subject to controlled liquidation assumes central importance, both in relation to the survival potential of the company once the liquidation procedure is completed, and in terms of corporate governance while the procedure is pending, in line with the debtor-oriented approach of the recent European Insolvency Directive.

Keywords: Controlled liquidation procedure – Company – Over-indebtedness – Powers of the liquidator – Corporate governance – Principle of organizational neutrality – Corporate bodies – Closure of insolvency proceedings – Interests of shareholders – Discharge.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Il perimetro di applicazione della disciplina sul sovraindebitamento - 2.1. Società e presupposto soggettivo - 2.2. Lo stato di sovraindebitamento della società - 2.3. La posizione del socio illimitatamente responsabile - 3. L’impianto normativo della liquidazione controllata - 4. Accesso alla procedura e rapporti con il concordato minore - 5. Caratteristiche strutturali e funzionali della liquidazione controllata - 6. I compiti istituzionali del liquidatore - 7. Gli effetti della liquidazione controllata sulla società debitrice - 7.1. Spossessamento coattivo e attività d’impresa - 7.2. Liquidazione patrimoniale e neutralità organizzativa - 7.3. Chiusura della procedura e sopravvivenza della società - 8. L’esdebitazione della società in liquidazione controllata - 8.1. Sull’esdebitazione di diritto della società sovraindebitata - 8.2. La rilevanza sistematica dell’esdebitazione delle società - NOTE


1. Introduzione

La riforma organica della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza, realizzata con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (come integrato e modificato dal d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147), ha innovato in maniera significativa le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento [[1]], con l’obiettivo specifico di valorizzarle e assicurarne una più ampia ed agile fruizione [[2]], in coerenza con i principi recentemente affermati dall’Unione europea [[3]]. La disciplina relativa al sovraindebitamento, che è stata pensata, sin dalla sua introduzione nel nostro ordinamento con la legge 27 gennaio 2012, n. 3 [[4]], per il “debitore civile”, e quindi per persone fisiche, a cominciare dai consumatori, si applica anche ad alcune categorie di imprenditori, che possono essere organizzati in forma societaria, per i quali non operano altri istituti concorsuali. Tale regime giuridico, che trova quindi impiego residuale in ambito societario, quando è destinato ad operare nei confronti di una società, pone anzitutto l’esigen­za di chiarire alcuni aspetti ricostruttivi, anche problematici, che investono, tra l’al­tro, il delicato rapporto tra diritto della crisi d’impresa e diritto societario [[5]], il quale risente tuttora di una persistente “impostazione antropomorfica” della normativa concorsuale, sia pur meno accentuata che in passato. Anzi, occorre subito evidenziare che (anche) il legislatore della recente riforma, nel dettare la disciplina del sovraindebitamento, tendenzialmente trascura le società, salvo poi ricordarsene in via incidentale in alcune occasioni, come, ad esempio, nel momento in cui configura l’apertura delle procedure di liquidazione concorsuale come causa di scioglimento della società ovvero nel disporre la propagazione ai soci illimitatamente responsabili della procedura che riguarda la società. In questo contesto si colloca la questione relativa alle società sottoposte a liquidazione controllata, che presenta alcune importanti novità rispetto alla precedente liquidazione patrimoniale disciplinata dagli artt. 14-ter ss. della legge n. 3/2012 [[6]], sebbene conservi una rilevanza secondaria o complementare se messa a confronto con la liquidazione giudiziale rapportata alla fattispecie societaria, al punto da far pensare ad una sua declinazione [continua ..]


2. Il perimetro di applicazione della disciplina sul sovraindebitamento

Assodato che gli istituti di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in quanto interessano prevalentemente “debitori civili” e operatori economici minori o soggetti a regime speciale, sono destinati ad avere un impiego circoscritto nei confronti dell’imprenditore organizzato in forma di società, al quale si applicano il concordato minore e la liquidazione controllata (ma non il piano di ristrutturazione dei debiti che riguarda esclusivamente il consumatore [[8]]), occorre anzitutto delimitare il perimetro di operatività della relativa disciplina con specifico riguardo alla fattispecie societaria. Per individuare le società alle quali si applica il comparto normativo dedicato al sovraindebitamento è necessario fare riferimento all’art. 2 cod. crisi, relativo alle «Definizioni», il quale al comma 1, lett. c), delinea, tanto il presupposto soggettivo, quanto il presupposto oggettivo delle procedure di regolazione delle crisi da sovraindebitamento. In particolare, l’art. 2, comma 1, lett. c), definisce il «sovraindebitamento» come lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’im­prenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza [[9]].


2.1. Società e presupposto soggettivo

Con riguardo al presupposto soggettivo, in relazione alla fattispecie societaria, le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, ed in particolare la liquidazione controllata (ed il concordato minore), possono interessare anzitutto le società agricole, le società sottosoglia e le start-up innovative, cui si aggiungono ulteriori società genericamente evocate, le quali, in base alla previsione di chiusura della disposizione definitoria, non sono assoggettate ad altre procedure concorsuali [[10]]. Le società agricole, tradizionalmente destinatarie di un regime di favore (sebbene oggi ridimensionato e in buona parte meno giustificato che in passato), sono individuate in base alla natura dell’attività imprenditoriale esercitata, in quanto hanno ad oggetto un’attività agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c., secondo quanto previsto dalla riforma relativa all’imprenditore agricolo realizzata dal d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, che ha notevolmente ampliato la relativa fattispecie normativa [[11]]. Tuttavia, con riguardo alle società, è tuttora controverso se, ai fini del regime concorsuale applicabile, la qualifica di imprenditore agricolo ex art. 2135 c.c. debba essere verificata in base a un criterio formale, considerando in primis l’oggetto sociale contenuto nell’atto costitutivo, oppure secondo un criterio sostanziale, valutando l’at­tività effettivamente esercitata. La giurisprudenza di legittimità, pur essendo tradizionalmente indirizzata a dare rilevanza, in via di principio, all’oggetto sociale [[12]], nelle pronunce più recenti appare orientata a ritenere che debba essere presa in considerazione l’attività in concreto esercitata (anche secondo un criterio di prevalenza) [[13]]. Il discorso si pone in termini più articolati per le cooperative agricole, rispetto alle quali rileva l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 228/2001 [[14]], secondo cui – in coerenza con lo scopo mutualistico – «si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2135 c.c. (…) prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico» [[15]]. Le [continua ..]


2.2. Lo stato di sovraindebitamento della società

Spostando l’attenzione sul presupposto oggettivo delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, va rilevato che il codice della crisi ha in buona parte risolto il problema definitorio che si è posto in passato in relazione alla legge n. 3/2012, la quale al­l’art. 6, comma 2, lett. a), adottando una terminologia estemporanea, stabiliva che, ai fini della disciplina (contenuta nel capo II) relativa al procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, si intende «per «sovraindebitamento»: la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni» [[24]]. Rinunciando ad un’apposita descrizione di un presupposto oggettivo che sia maggiormente calibrato su soggetti diversi dagli imprenditori (specie i consumatori) [[25]], il codice della crisi, secondo un’impostazione senz’altro più coerente con l’assetto complessivo della disciplina riformata, all’art. 2, comma 1, lett. c), chiarisce in maniera tranchant che per sovraindebitamento si intende «lo stato di crisi o di insolvenza» [[26]]. La riforma Rordorf ha inteso così adottare una formulazione a vocazione onnicomprensiva, più confacente a concetti tradizionalmente appartenenti al mondo imprenditoriale, che tuttavia non presentano, in linea di massima, profili di incompatibilità rispetto ad altre tipologie di debitori, ponendosi piuttosto in continuità con l’elaborazione delle scienze economico-aziendalistiche, che può essere quindi agevolmente richiamata anche in relazione alle società sottoposte alle procedure concorsuali “minori”. Fermo restando, però, che, da un punto di vista empirico, per i “debitori civili” rileva maggiormente lo squilibrio patrimoniale, e quindi una situazione di “crisi statica” [[27]], mentre per gli imprenditori indebitati assume importanza una prospettiva dinamica, che attiene soprattutto allo squilibrio di tipo economico-finanziario. Pertanto, come per tutti gli istituti disciplinati dal codice della crisi, anche per delineare il concetto di sovraindebitamento rilevante ai fini qui [continua ..]


2.3. La posizione del socio illimitatamente responsabile

Un discorso specifico va fatto per quanto concerne l’applicazione della disciplina del sovraindebitamento al socio illimitatamente responsabile di società con soci a responsabilità illimitata. In passato la questione era molto dibattuta, in quanto la legge n. 3/2012 nulla prevedeva al riguardo, anche se tendeva a prevalere l’orientamento contrario al­l’applicazione del medesimo regime del fallimento in estensione ex art. 147 l. fall. [[35]], in mancanza di un affidabile supporto normativo [[36]]. Viceversa, la legge n. 155/2017, nel dettare i principi e criteri direttivi della recente riforma organica, all’art. 9, dedicato al sovraindebitamento, ha richiesto espressamente, nella lett. a), di «comprendere nella procedura i soci illimitatamente responsabili». In attuazione della legge di delega, il legislatore delegato ha inizialmente inserito la norma nell’art. 65 cod. crisi, il quale delimita in generale l’«Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento», stabilendo al comma 4 che, nel caso considerato, «la procedura produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili» [[37]]. Successivamente, per evitare incertezze sul piano interpretativo, il decreto correttivo n. 147/2020, con un intervento additivo, recuperando la regola in origine inserita nell’art. 65 cod. crisi, ha previsto all’art. 270, comma 1, cod. crisi, che la sentenza di apertura della liquidazione controllata della società con soci illimitatamente responsabili produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, con l’applicazione, nei limiti di compatibilità, dell’art. 256 cod. crisi, ossia la norma che disciplina la liquidazione giudiziale delle società con soci a responsabilità illimitata [[38]]. Pertanto, all’esito dell’evoluzione normativa, l’apertura della liquidazione controllata a carico di una società con soci illimitatamente responsabili determina, analogamente a quanto avviene per la liquidazione giudiziale, l’estensione della procedura nei confronti di tali soci, a prescindere dalla loro personale situazione di crisi o insolvenza [[39]]. Costituisce, quindi, una importante novità della riforma Rordorf la propagazione automatica al socio illimitatamente responsabile degli [continua ..]


3. L’impianto normativo della liquidazione controllata

Definito il perimetro di applicazione alle società della nuova disciplina del sovraindebitamento, è possibile passare ad esaminare le caratteristiche della liquidazione controllata rapportandola all’ipotesi in cui il debitore rivesta la forma societaria. Prima di procedere in questa direzione, va preliminarmente evidenziato che, da un punto di vista strutturale, la liquidazione controllata si configura come una “procedura concorsuale espropriativa” molto più snella della liquidazione giudiziale, alla quale il codice della crisi dedica poche norme, oltre a prevedere una serie di disposizioni di raccordo interno che rinviano, per lo più nei limiti di compatibilità, alla disciplina della procedura liquidatoria “maggiore” (vedi, in particolare, artt. 270, commi 1 e 5, 271, comma 2, 272, comma 2, 273, comma 7, 275, commi 2 e 6, 276, comma 2, cod. crisi [[48]]). Inoltre, l’art. 270, comma 5 (dopo avere precisato che «si applicano l’articolo 143 in quanto compatibile e gli articoli 150 e 151»), contempla una formula più ampia, secondo cui «per i casi non regolati dal presente capo si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III» [[49]]. Previsione questa che presenta una certa incongruenza rispetto a quanto stabilito dall’art. 65, comma 2, cod. crisi, il quale, per tutte le procedure di sovraindebitamento, rinvia più in generale (nei limiti di compatibilità) alle disposizioni contenute nel titolo III, e non solo a quelle sul procedimento unitario. Tuttavia, si può considerare la norma in materia di liquidazione controllata confermativa del più ampio rinvio alle regole contenute nel titolo dedicato alla disciplina trasversale delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza (artt. 26-55), ivi comprese quelle procedimentali [[50]]. Tutto ciò pone una questione preliminare di vertice sui rapporti tra la disciplina generale della liquidazione giudiziale e quella per così dire speciale relativa alla liquidazione controllata, anche al fine di affrontare eventuali lacune e antinomie [[51]]. Occorre allora subito rilevare che, diversamente dalla disciplina originaria in materia di sovraindebitamento [[52]], nel caso di specie viene inserita, nell’ambito dell’ampia regolamentazione degli [continua ..]


4. Accesso alla procedura e rapporti con il concordato minore

Per quanto riguarda la legittimazione ad avviare la liquidazione controllata, l’art. 268 cod. crisi, in attuazione del principio affermato nell’art. 9, comma 1, lett. h), della legge delega n. 155/2017, stabilisce che l’apertura della procedura può avvenire non più soltanto su istanza del debitore [[58]] (come per la liquidazione del patrimonio regolata dalla legge n. 3/2012 [[59]]), ma anche, in caso d’insolvenza del debitore, su domanda dei creditori, pur in pendenza di procedure esecutive individuali, e, qualora l’insolvenza riguardi un imprenditore, per iniziativa del pubblico ministero. Questo ampliamento dei soggetti legittimati, rispetto alla precedente disciplina, segna il passaggio della liquidazione concorsuale “minore” da strumento di espropriazione collettiva di portata residuale (a disposizione del debitore e solo eccezionalmente attivabile in via sanzionatoria dai creditori) a procedura concorsuale ordinaria di più ampia fruizione, che tuttavia conserva una “vocazione volontaria”. D’altra parte, a differenza della liquidazione del patrimonio, per l’attivazione della liquidazione controllata non vi sono cause ostative, che viceversa sono previste per l’accesso alle diverse procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (artt. 69 e 77 cod. crisi), così come per consentire al debitore in liquidazione concorsuale di beneficiare dell’esdebitazione (art. 282, comma 2, cod. crisi). Tale impostazione innovativa trova conferma anche mettendo a confronto la liquidazione controllata con gli altri strumenti concorsuali rientranti nell’area del sovraindebitamento. In questa prospettiva, con riguardo al debitore imprenditore, e quindi alla società debitrice, merita particolare attenzione il rapporto tra liquidazione controllata e concordato minore, che presenta caratteristiche in parte diverse rispetto a come si presentava nel sistema previgente il rapporto tra l’accordo del sovraindebitato e la procedura di liquidazione del suo patrimonio. Anzitutto, occorre considerare, in relazione al debitore che sia un imprenditore, l’eventuale passaggio da un concordato minore non andato a buon fine alla liquidazione controllata [[60]]. A questo proposito, l’art. 80, comma 5, cod. crisi, prevede che, in caso di mancata concessione dell’omologazione del concordato, il giudice, su istanza del [continua ..]


5. Caratteristiche strutturali e funzionali della liquidazione controllata

Sull’iter procedimentale della liquidazione controllata non ci si soffermerà analiticamente in questa sede [[65]], se non per evidenziare quei profili regolativi che richiedono particolare approfondimento con riferimento alle strutture societarie, da esaminare in confronto sincronico con la parallela procedura di liquidazione giudiziale: ciò sia al fine di segnalare gli elementi di convergenza e quelli di difformità di due procedure comunque contigue (seppure con equilibri interni differenti), sia nell’ottica di conferire un significato coerente ai rinvii che si rintracciano nella disciplina della liquidazione controllata, sia, e più in generale, per rimarcare i tratti di una complessiva ricostruzione sistematica altrove più compiutamente sviluppata in relazione alla liquidazione giudiziale [[66]]. Come subito rilevato dai primi commentatori, la specifica disciplina della liquidazione controllata, piuttosto che essere inserita nella parte del codice della crisi dedicata agli strumenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento (come avveniva in passato per la liquidazione del patrimonio di cui alla legge n. 3/2012), è collocata nel capo IX (artt. 268-277), ossia nella parte che riguarda le liquidazioni concorsuali, subito dopo la liquidazione giudiziale [[67]], con la quale condivide le medesime fasi essenziali, che vanno dall’apertura della procedura all’accertamento del passivo e alla liquidazione dei beni, per concludersi con la ripartizione dell’at­tivo e la chiusura della procedura, cui si aggiunge il subprocedimento relativo all’esdebitazione [[68]]. Il tribunale, in assenza di domande di accesso ad altre procedure concorsuali e verificati i presupposti di legge, dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione controllata (art. 270, comma 1, cod. crisi) [[69]]. Con la sentenza il tribunale provvede a nominare gli organi della procedura, ossia il giudice delegato [[70]] ed il liquidatore [[71]]; ordina al debitore il deposito entro sette giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie (che assume specifico rilievo in relazione agli imprenditori, specie se societari), nonché dell’elenco dei creditori; assegna un termine, non superiore a sessanta giorni, entro il quale i terzi che vantano diritti sui beni del debitore e i creditori, a pena di inammissibilità, devono presentare [continua ..]


6. I compiti istituzionali del liquidatore

Tra le varie incombenze del liquidatore, vi è quella di redigere, entro novanta giorni dall’apertura della procedura, il programma di liquidazione in ordine a tempi e modalità della liquidazione, per il quale, a norma dell’art. 272, comma 2, cod. crisi, si applica, nei limiti di compatibilità, quanto prescritto relativamente alla liquidazione giudiziale dall’art. 213, commi 3 e 4, cod. crisi. Mediante il rinvio a queste norme, anche il programma di liquidazione relativo alla procedura in questione – oltre ad assicurarne la ragionevole durata (art. 272, comma 3, cod. crisi) [[77]] – deve essere suddiviso in sezioni in cui sono indicati separatamente criteri e modalità della liquidazione dei beni e della riscossione dei crediti, con indicazione dei costi e dei presumibili tempi di realizzo; deve inoltre indicare le azioni giudiziali e il subentro nelle liti pendenti, con i costi per il primo grado di giudizio, nonché gli esiti delle liquidazioni già compiute. Tra i compiti del liquidatore v’è anche quello di indicare nel programma di liquidazione gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, quali l’esercizio dell’impresa del debitore e l’affitto di azienda, ancorché relativi a singoli rami d’azienda, nonché le modalità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco. Adempimenti, questi, particolarmente rilevanti in presenza di una realtà imprenditoriale in esercizio, che pone problematiche non difformi da quelle che si riscontrano nella liquidazione giudiziale in caso di “continuità aziendale”. La formazione del passivo, ai sensi dell’art. 273 cod. crisi, è affidata al liquidatore (come per la liquidazione del patrimonio di cui alla legge n. 3/2012), mentre l’intervento del giudice delegato è solo eventuale, qualora siano sollevate dagli interessati contestazioni non reputate superabili dal liquidatore. L’art. 274 cod. crisi, con riguardo alle azioni giudiziali del liquidatore, stabilisce che questi – su autorizzazione del giudice delegato rilasciata se tali iniziative sono utili per il miglior soddisfacimento dei creditori – può esercitare o proseguire ogni azione finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del [continua ..]


7. Gli effetti della liquidazione controllata sulla società debitrice

A questo punto, delineati i tratti essenziali della liquidazione controllata, è possibile soffermare l’attenzione sugli aspetti peculiari che presenta tale procedura qualora abbia come soggetto passivo una società. Prima di procedere in questa direzione, va ancora una volta ricordato che la liquidazione controllata, pur essendo una procedura di natura esecutivo-satisfattiva, è stata concepita, fin dalla sua origine, come alternativa alle procedure di composizione (negoziale) della crisi da sovraindebitamento, alla quale può accedere il debitore al fine di conseguire l’esdebitazione [[83]]. Pertanto, tenuto conto che tale procedura, a parte l’ipotesi di conversione di un concordato minore non andato a buon fine (art. 83 cod. crisi), rappresenta prioritariamente una opportunità per il debitore nell’ottica della liberazione dai debiti [[84]], occorre considerare che, in relazione alla società (così come in generale per l’imprenditore), si è in presenza di una legittimazione attiva (per così dire) a “geometria variabile”, dal momento che – come già accennato – il debitore può assumere la relativa iniziativa anche sulla base del semplice presupposto della crisi, mentre i creditori e il pubblico ministero possono attivarla soltanto in caso di insolvenza (art. 268 cod. crisi). Nonostante la riforma Rordorf abbia ridimensionato la natura volontaria della nuova liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati, la procedura in questione costituisce tuttora, essenzialmente, un potenziale vantaggio per il debitore (e così è percepita nell’immaginario collettivo sin dalla sua genesi), nel senso che è normalmente proiettata verso l’esdebitazione, che rappresenta un vero e proprio diritto del debitore, a meno che non ricorrano le cause ostative previste dalla legge [[85]]. Tale finalizzazione nel caso di specie è più accentuata di quanto lo sia rispetto alla liquidazione giudiziale, come attesta il fatto che la relativa verifica è diventata momento essenziale dell’espropriazione collettiva “minore”, dovendosi il tribunale comunque pronunciare entro una precisa tempistica, anche in caso di diniego, con un provvedimento motivato di accertamento o ricognitivo (che può essere impugnato dai soggetti interessati). In questa prospettiva, con [continua ..]


7.1. Spossessamento coattivo e attività d’impresa

Partendo da quest’ultimo profilo, l’effetto più significativo che determina la liquidazione controllata è rappresentato dallo spossessamento patrimoniale del debitore, il quale, con l’apertura della procedura, come avviene per la liquidazione giudiziale, è privato del potere di amministrazione e di disposizione del suo patrimonio, che viene attribuito al liquidatore nominato dal tribunale affinché venga liquidato per il soddisfacimento delle pretese del ceto creditorio secondo le regole del concorso. Al riguardo, tuttavia, sono dettate poche norme non molto esplicite, specie se rapportate alla disciplina più articolata dettata in materia di liquidazione giudiziale. In particolare, l’art. 275, comma 2, cod. crisi si limita a stabilire che «Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione» [[91]]. Inoltre, può essere preso in considerazione quanto previsto dall’art. 270 cod. crisi, il quale dispone al comma 2, lett. e) che la sentenza di apertura della liquidazione controllata «ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio» [[92]] (salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi), per poi specificare che tale «provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del liquidatore», ma si tratta di una disposizione indirizzata prioritariamente ad eventuali soggetti terzi in possesso di beni del debitore. L’articolato sulla liquidazione del patrimonio non contempla, invece, alcuna disposizione dedicata alle sorti dell’impresa una volta aperta la procedura, né tanto meno è previsto un rinvio agli artt. 211 e 212 cod. crisi che, in materia di liquidazione giudiziale, riguardano l’esercizio provvisorio dell’impresa e l’affitto di azienda o di suoi rami [[93]], nonostante l’art. 270 cod. crisi, da un lato, disponga l’applicazione (nei limiti di compatibilità) dell’art. 143 relativo ai rapporti processuali, che si correla logicamente alla perdita della disponibilità del patrimonio, dall’altro, detti un’apposita disciplina dei contratti in corso di esecuzione, rilevante in relazione alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale [[94]], sebbene molto sintetica [continua ..]


7.2. Liquidazione patrimoniale e neutralità organizzativa

La liquidazione controllata, quale procedura concorsuale che si colloca in una posizione intermedia tra esecuzione ordinaria e liquidazione giudiziale, determina una mera esecuzione collettiva e globale sul patrimonio, che evidentemente interessa solo in modo marginale la fattispecie societaria. In primo luogo, in base al sistema normativo delineato dalla recente riforma, l’apertura della liquidazione controllata, così come l’apertura della liquidazione giudiziale, costituisce causa di scioglimento della società, e ciò vale tanto per le società di persone (art. 2308 c.c.), come in passato, quanto per le società di capitali [art. 2484, comma 1, lett. 7-bis) c.c.], avendo il codice della crisi ripristinato una regola comune a tutte le società, che operava anteriormente alla riforma societaria del 2003 [[103]]. Coerentemente con il nuovo regime concorsuale, poi, il decreto correttivo n. 147/2020 ha previsto altresì l’obbligo di nomina del liquidatore, ma soltanto per le società di capitali e non anche per le società di persone, operando così una nuova distinzione, che appare poco comprensibile in relazione alla formale consacrazione dello “stato liquidativo” riguardante entrambe le classi di società. A parte tale profilo, è agevole rilevare, alla luce del diritto positivo, che la liquidazione controllata non ha una significativa incidenza sull’organizzazione e sul funzionamento della società debitrice [[104]]. Invero, l’apertura della procedura non implica la cessazione degli organi sociali, che conservano le loro competenze istituzionali e continuano ad operare, nell’interesse dei soci, compatibilmente con il concorso in atto sul patrimonio della società debitrice e con i correlativi poteri legali del liquidatore [[105]]. In particolare, quando la liquidazione controllata interessa una società, non è prevista la traslazione di poteri corporativi in capo al liquidatore di portata equivalente agli strumenti societari che sono a disposizione del curatore nella liquidazione giudiziale. Non vi è, infatti, una disciplina come quella contenuta nell’art. 264 cod. crisi (rubricato «Attribuzione al curatore dei poteri dell’assemblea») [[106]], il quale dispone, al primo comma, che «Il curatore può compiere gli atti e le operazioni riguardanti [continua ..]


7.3. Chiusura della procedura e sopravvivenza della società

Neppure è dato rinvenire, con riguardo alla fase terminale della liquidazione controllata, una previsione normativa analoga a quella contemplata dall’art. 233, comma 2, cod. crisi, la quale, in relazione alla chiusura della liquidazione giudiziale di una società, attribuisce al curatore, per le società di capitali, il potere di convocazione dell’assem­blea dei soci, nonché, per tutte le società, il potere di cancellare la società dal registro delle imprese in caso di incapienza patrimoniale. Al riguardo, la nuova disciplina relativa alla composizione delle crisi da sovraindebitamento, come introdotta dal d.lgs. n. 14/2019, in principio si limitava a prevedere, in termini generali, all’art. 276, comma 1, cod. crisi – rubricato «Chiusura della procedura» – che «La procedura si chiude con decreto», oltre a disporre nel secondo comma in merito al compenso del liquidatore e allo svincolo delle somme accantonate. Successivamente, il d.lgs. n. 147/2020 ha integrato il primo comma dell’art. 276 cod. crisi, stabilendo – con una formula, tanto ermetica quanto ambigua – che «Si applica l’art. 233, in quanto compatibile», ossia la norma che riguarda la chiusura della liquidazione giudiziale. Questo rinvio, al di là dall’apparente semplicità, si rivela oltremodo problematico, non solo in relazione alle consistenti differenze strutturali e funzionali che sussistono tra le due procedure, ancorché entrambe liquidative, ma anche perché si proietta in maniera semplicistica e comunque inadeguata nel cuore delle dinamiche che riguardano il complesso rapporto tra diritto concorsuale e diritto societario (che vedono gli studiosi schierati su posizioni divergenti e spesso contrapposte), demandando all’interprete il delicato compito ricostruttivo del regime giuridico del caso di specie. Ferme restando queste riserve di natura metodologica, da un primo esame del combinato disposto delle norme, si può ritenere che il rinvio in questione valga senz’altro rispetto ai casi di chiusura della liquidazione giudiziale di cui al primo comma dell’art. 233, che ben possono essere gli stessi per la liquidazione concorsuale “minore”, e cioè: 1) mancanza di domande di ammissione al passivo, 2) integrale soddisfacimento dei creditori concorrenti, 3) ripartizione finale [continua ..]


8. L’esdebitazione della società in liquidazione controllata

Nella prospettiva degli interessi corporativi dei soci, assume un’importante rilevanza sistematica l’estensione dell’esdebitazione alle società, da parte del codice della crisi, che rileva sia in relazione alle potenzialità di sopravvivenza dell’ente una volta chiusa la liquidazione concorsuale, sia sul piano della governance societaria in pendenza della procedura [[118]]. Ciò è tanto più evidente per la liquidazione controllata, rispetto alla quale la liberazione dai debiti pregressi rimasti insoddisfatti costituisce l’obiettivo prioritario cui aspira il debitore (come si evince chiaramente dai lavori preparatori della relativa disciplina [[119]]) e rappresenta un effetto naturale della chiusura della procedura [[120]]. Com’è noto, l’esdebitazione è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla riforma della legge fallimentare realizzata con il d.lgs. n. 5/2006 (come modificato dal d.lgs. n. 169/2007), che ha inserito la relativa disciplina negli artt. 142-144 l. fall., prevedendone l’applicazione, in presenza di specifici requisiti di meritevolezza, soltanto al fallito persona fisica [[121]]. L’istituto, dopo essere stato previsto anche per soggetti non fallibili dalla disciplina relativa alle crisi da sovraindebitamento contenuta nella legge n. 3/2012 [[122]], è stato ora rilanciato dalla riforma Rordorf, che gli ha dedicato l’art. 8 della legge delega n. 155/2017, per poi regolarlo negli artt. 278 ss. del d.lgs. n. 14/2019, ampliandone il raggio di incidenza sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo. L’evoluzione a livello nazionale di questo istituto, già presente da tempo in altri ordinamenti (a cominciare da quelli anglosassoni) [[123]], è correlata con l’impor­tanza che lo stesso ha acquistato, specie negli ultimi tempi, nell’ambito delle politiche normative dell’Unione europea in materia di crisi d’impresa, come risulta dalla direttiva 2019/1023/UE [[124]], che riguarda, tra l’altro, proprio il discharge (artt. 20 ss.) e individua, tra i suoi obiettivi prioritari, quello di offrire una second chance agli imprenditori assoggettati a procedura d’insolvenza (cfr. considerando n. 1). In via di principio, può suscitare qualche perplessità il vantaggio della liberazione dai debiti senza alcuna controprestazione, tanto [continua ..]


8.1. Sull’esdebitazione di diritto della società sovraindebitata

Il codice della crisi detta nella sezione II del capo X specifiche «Disposizioni in materia di esdebitazione del soggetto sovraindebitato» [[134]], contenute nell’art. 282, relativo al­l’«Esdebitazione di diritto», che interessa maggiormente in questa sede in quanto riguarda anche il debitore organizzato in forma societaria, e l’art. 283, rubricato «Esdebitazione del sovraindebitato incapiente» [[135]], il quale invece è rivolto soltanto al debitore persona fisica [[136]], per cui esorbita dall’oggetto della presente indagine dedicata alle società, sebbene possa accedere autonomamente a tale istituto anche il socio illimitatamente responsabile. Come anticipato, in base all’art. 282, comma 1, cod. crisi, in caso di liquidazione controllata di una società, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre (o due [[137]]) anni dalla sua apertura, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale, iscritto al registro delle imprese su richiesta del cancelliere [[138]]. Tuttavia, l’esdebitazione non opera qualora ricorrano le preclusioni previste dal secondo comma dell’art. 282, rispetto alle quali rilevano, sotto il profilo della meritevolezza, non solo i requisiti previsti in generale dall’art. 280, ma anche che il debitore non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode [[139]]. Sul piano rimediale, l’ultimo comma dell’art. 282 (come integrato dal d.lgs. n. 147/2020), stabilisce che non solo il provvedimento con cui il tribunale da atto dell’esdebitazione di diritto, ma anche quello con il quale dichiara sussistenti le suddette preclusioni, è comunicato al pubblico ministero, ai creditori e al debitore, i quali possono proporre reclamo ex art. 124 cod. crisi entro il termine di trenta giorni. La nuova disciplina dell’esdebitazione, specie per quanto concerne l’esdebi­tazione di diritto ex art. 282 cod. crisi, pone non pochi problemi ricostruttivi qualora la liquidazione controllata riguardi una società sovraindebitata. Innanzitutto, non è chiaro se la concessione del beneficio in corso di procedura divenga efficace soltanto alla sua chiusura, oppure se abbia subito efficacia, con la conseguenza che i beni acquisiti successivamente non sarebbero [continua ..]


8.2. La rilevanza sistematica dell’esdebitazione delle società

Le novità introdotte dalla recente riforma in materia di esdebitazione presentano implicazioni significative sul doppio versante relativo alla società in liquidazione concorsuale e alla condizione giuridica dei suoi soci. Come già detto, l’operatività generalizzata dell’esdebitazione, la cui efficacia è correlata a un mero dato temporale (in presenza di requisiti di meritevolezza, melius di correttezza), proietta la società in una prospettiva di sopravvivenza, una volta chiusa la procedura liquidativa, e di possibile ripresa dell’attività sociale. In quest’ottica, viene in qualche modo compromesso il “naturale” effetto estintivo che determina la (chiusura della) procedura di liquidazione concorsuale sulla società (priva di attivo). Ciò può avvenire soltanto sulla base dell’implicito riconoscimento – come rilevato da attenta dottrina – che l’organizzazione societaria assume un valore in sé, indipendentemente dalla consistenza del patrimonio sociale, anche nel corso di una procedura concorsuale liquidativa. Quand’anche l’attivo patrimoniale sia completamente azzerato e non vi sia alcuna possibilità di soddisfare il ceto creditorio, la struttura organizzativa continua ad avere una sua rilevanza giuridica, ed anche un valore economico, segnatamente per le potenzialità future di ripresa dell’attività sociale [[144]]. Quanto poi ai riflessi sulla posizione dei soci, una volta riconosciuto giuridicamente che l’organizzazione societaria ha un valore intrinseco, anche economico, che prescinde dalla massa patrimoniale attiva, i beneficiari di tale valore dovrebbero essere esclusivamente i soci della società in liquidazione concorsuale [[145]]. Si ritiene, infatti, in linea con un’impostazione tradizionale, che si tratti di un valore incorporato nella partecipazione sociale e indissolubile dallo status di socio, atteso che, anche nel corso della procedura, non può essere in alcun modo intaccato ed assorbito nella relativa massa attiva ai fini della soddisfazione dei creditori [[146]]. In questa prospettiva, tale valore può essere soltanto ceduto trasferendo la partecipazione sociale e dunque perdendo la qualità di socio. In siffatto contesto, si configura, tra l’altro, un interesse specifico dei soci al­l’evoluzione e [continua ..]


NOTE