Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Osservatorio sulla Giurisprudenza del Tribunale di Roma (di Ignazio Cerasa, Marco Mercuri, Emanuele Stabile, Antonio Trillò)


(Art. 2320 c.c.) Sebbene sia stato sostenuto l’orientamento secondo il quale al socio accomandante spetterebbe un potere di controllo pieno, il Collegio ritiene di dovere preferire la ricostruzione secondo la quale i poteri riconosciuti all’accomandante non possono configurarsi alla stregua di quelli previsti dall’art. 2261 c.c. per i soci della società in nome collettivo. Gli accomandanti non hanno il diritto di avere dagli amministratori notizia circa la gestione dell’impresa sociale e nemmeno il diritto di consultare i libri ed i documenti nel corso dell’esercizio. (es) TRIBUNALE DI ROMA, 13 febbraio 2018 - Cardinali, Presidente – Gentili, Giudice – Romano, Relatore R.G. n. 60317/2017 * * * (Art. 5 d.l. 30 settembre 2003, n. 269; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179; artt. 2437, 2437-ter c.c.) L’accertamento, incidenter tantum, dell’invalidità di una clausola statutaria in deroga alla legge non è precluso dalla natura pubblicistica dell’atto con il quale è stato approvato l’originario statuto di una società di capitali a partecipazione pubblica, costituita per legge. Le clausole statutarie di una società di capitali a partecipazione pubblica – sia pure “di diritto singolare” e finalizzata ad una specifica missione di pubblico interesse – non possono derogare alle norme imperative di diritto comune dettate dal codice civile per il tipo sociale prescelto, in difetto di disposizioni derogatorie espressamente introdotte da fonti normative di rango primario in vigore alla data di applicazione delle previsioni statutarie che vi si conformino. In particolare, non può attribuirsi ad una disposizione statutaria di tal sorta un’efficacia normativa idonea a legittimare una deroga ai principi previsti per il recesso dei soci di società per azioni. Anche se riferita a ipotesi di recesso previste dallo statuto ed ulteriori alle ipotesi legali, è nulla per contrarietà a norma imperativa la clausola statutaria prevedente che il rimborso delle azioni debba aver luogo con riguardo al loro valore nominale, anziché alla reale consistenza patrimoniale della società, in contrasto con il disposto dell’art. 2437-ter c.c., indipendentemente dalla contrarietà o meno della previsione statutaria alla norma imperativa contenuta nell’art. 2437 c.c., che vieta ogni patto volto ad escludere o a rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso con esclusivo riferimento alle ipotesi di recesso legale previste dal primo comma dello stesso articolo. I “criteri diversi” di cui all’art. 2437-ter, comma 4, c.c., hanno una funzione integrativa dei principi indicati nel secondo comma, comunque diretta a pervenire ad una valutazione del valore reale della partecipazione, purché il risultato finale non sia del tutto avulso dal suo valore [continua..]