Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Sul trattamento concorsuale dei finanziamenti concessi dai soci du-rante il concordato preventivo (nota a Trib. Prato, 22 aprile 2014) (di Massimo Rossi)


TRIBUNALE DI PRATO, sez. fallimentare, 22 aprile 2014 (decr.) – Brogi Giudice delegato – X s.r.l. in liquidazione e in concordato.

Società – Concordato preventivo – Finanziamenti – Finanziamenti dei soci – Prededucibilità – Postergazione

(Artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.; artt. 111, 182-quater e 182-quinquies legge fall.)

Gli artt. 182-quater e 182-quinquies legge fall. disciplinano, in via speciale e, nel contempo, autonoma rispetto al diritto societario, i finanziamenti all’impresa nel­l’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, giacché la ratio di tali norme – a differenza dal­l’art. 2467 c.c. che intende sanzionare la condotta di sottocapita­lizzazione della società – è quella di favorire i predetti finanziamenti mediante l’espressa previsione della loro prededucibilità. (1)

Società – Concordato preventivo – Finanziamenti – Finanziamenti dei soci – Prededucibilità – Postergazione

(Artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., e artt. 111, 182-quater e 182-quinquies legge fall.)

Nonostante l’incipit della norma si riferisca all’art. 2467 c.c., l’art. 182-quater, 3° comma, legge fall. deroga in realtà alla disciplina generale dei crediti prededucibili, limitando il beneficio della prededucibilità riconosciuto al rimborso dei finanziamenti erogati dai soci alla misura dell’80% del loro ammontare. (2)

Società – Concordato preventivo – Finanziamenti – Finanziamenti dei soci – Prededucibilità – Postergazione

(Artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., e artt. 111, 182-quater e 182-quinquies legge fall.)

A differenza dell’art. 182-quater, l’art. 182-quinquies legge fall., concernente i cc.dd. finanziamenti interinali (ossia, quelli concessi all’impresa che chiede l’am­missione al concordato preventivo o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti), non differenzia la disciplina del rimborso a seconda che i finanziamenti siano erogati da soci o da terzi: sicché, per un verso, stante il predetto rapporto di genere a specie instaurato dalla legge fra la disciplina codicistica e le norme fallimentari, deve ritenersi che tali finanziamenti, quand’anche erogati dai soci, siano attratti all’ambito di applicazione dell’art. 182-quinquies e non già del­l’art. 2467 c.c., e, per altro verso, che la misura della loro prededuzione sia integrale. (3)

Società – Concordato preventivo – Finanziamenti – Finanziamenti in corso di procedura (c.d. interinali)

(Artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., e artt. 111, 161, 167 e 182-quinquies legge fall.)

La disciplina dell’art. 182-quinquies legge fall., concernente i finanziamenti “interinali”, trova applicazione anche successivamente alla ammissione dell’impresa al concordato. (4)

Il Giudice delegato, dr.ssa RAFFAELLA BROGI

rilevato che la X s.r.l. in liquidazione, al­l’udienza del 10 marzo 2014, ha depositato la seconda proposta modificativa del concordato preventivo. In precedenza era stata infatti già depositata una proposta modificativa, da intendersi come migliorativa, dato che il liquidatore della società in concordato, M. B., aveva proposto di garantire ai fornitori il pagamento del 25% dei crediti, impegnandosi ad aggiungere personalmente le risorse per coprire tale importo, rispetto a quanto prospettabile in base alla liquidazione dell’attivo concordatario (pari al 20%).

La nuova proposta migliorativa si incentra invece sul contenzioso con la XY s.r.l. La costituzione di tale società, nel 2011, è da ricondurre ad una operazione economica intrapresa dalla società in concordato con il Gruppo K. Difatti, è stato conferito nella new co. XY il ramo d’a­zien­da della X s.p.a., che ha acquisito il 25% delle partecipazioni, mentre il Gruppo K ha sottoscritto il 75%.

A seguito del deterioramento del rapporto tra i soci si è avuto un duplice contenzioso: da un lato la società in concordato ha esercitato il diritto di recesso, con l’intenzione di far liquidare la propria quota, in base al suo valore di mercato ai sensi dell’art. 2473, III comma, c.c., mentre dall’altro lato, il Gruppo K (come rilevato già titolare del 75%) ha contestato l’inadempi­men­to del patto parasociale stipulato con la società in concordato ed ha chiesto di riscattare il 25% di proprietà di quest’ultima al valore nominale.

Il Collegio arbitrale ha dato, tuttavia, ragione alla società in concordato, che può pertanto aspirare, allo stato, alla liquidazione della quota, ai sensi dell’art. 2373 c.c. Le vicende relative alla liquidazione di tale quota, sono tuttavia complicate dalle svalutazioni operate nel bilancio chiuso al 31/12/2012 della XY. Tali svalutazioni sono infatti tali da compromettere la liquidazione della quota di XY, già di proprietà di X s.r.l. in liquidazione, così come valutata non solo dalla società in sede di domanda di ammissione al concordato preventivo, ma anche dal perito nominato dal Tribunale, dr. L. M.

Il bilancio della XY s.r.l. è stato impugnato davanti al Tribunale di Milano.

A seguito dell’approvazione del bilancio, è stata chiesta un’integrazione della perizia redatta dal c.t.u. nominato dal Tribunale di Prato. Il dr. M. ha rilevato evidenti profili di criticità in relazione alle svalutazioni eseguite nella redazione del bilancio della XY.

Venendo al merito della modifica della proposta operata dalla parte ricorrente, occorre in primo luogo rilevare come la stessa scaturisca dall’esito del contenzioso arbitrale che ha visto X s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo vittoriosa a fronte della richiesta di riscatto al valore nominale della quota al valore nominale da parte del Gruppo K s.p.a.

A questo punto la parte ricorrente intende fare una proposta, a suo dire migliorativa, in relazione ad un’eventuale azione diretta nei confronti del Gruppo K e finalizzata ad ottenere il riscatto, al valore nominale, della quota detenuta da que­st’ultimo nella XY, in virtù della contestazione del­l’inadempimento al patto parasociale, già con­­­testato alla società in concordato dal Gruppo K ed escluso nel lodo arbitrale che ha respinto la domanda di riscatto di quest’ultimo nei confronti di X s.r.l.

In tal modo, mediante l’esercizio del diritto di riscatto del 75% della XY s.r.l. da parte della società in concordato, al valore nominale di Euro 75.000,00, si otterrebbe un asset dal valore effettivo di Euro 4.000.000,00 (considerata la valutazione prudenziale data dai commissari giudiziali al 25% della XY pari a Euro 1.000.000.00). Resta comunque l’alea relativa alle svalutazioni del bilancio di quest’ultima società al 31/12/2012, oggetto di impugnazione davanti al Tribunale di Milano e ritenute non condivisibili da parte del perito nominato dal Tribunale di Prato, dr. M.

Il contenzioso finalizzato a riscattare, al valore nominale, la quota di XY di proprietà del Gruppo K genera due ordini di problemi: il primo è costituito dalla dilatazione dei tempi di esecuzione del concordato, posticipato al 2017 (sulla convenienza dei quali la scelta è rimessa ai creditori, dato che l’attuazione del piano concordatario resta contenuta entro un limite temporale accettabile di cinque anni), mentre il secondo è costituito dalle spese necessarie a far fronte sia al nuovo contenzioso, che alla somma da erogare per il riscatto delle quote, che il liquidatore, M. B., si è impegnato ad erogare.

A tal proposito la società in concordato ha indicato un fondo rischi di Euro 1.027.757, dal quale – nell’intento della società ricorrente – si dovrà attingere la provvista per rifondere al sig. M. B. le somme anticipate, comprese quelle per il riscatto, mentre nulla sarà dovuto al liquidatore in caso di esito negativo del contenzioso. In ogni caso la società ha previsto che il rimborso delle spese sostenute dal liquidatore dovrà essere “antergato” rispetto agli altri creditori e quindi corrisposto immediatamente, attingendo alle risorse derivanti dalla vendita della quota riscattata ovvero dalla somma incassata da un’eventuale definizione transattiva.

In ordine alla presente proposta di modifica il giudice delegato rileva i seguenti profili di criticità, da segnalare alla parte ricorrente e suscettibili di rilievo anche ai fini dell’art. 173 l. fall.

  1. La X s.r.l. in liquidazione ha esercitato il recesso dalla XY s.r.l., al punto che è in attesa della liquidazione del valore effettivo della propria quota (sul quale incidono, come già rilevato, le svalutazioni del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31/12/2012, oggetto di contenzioso presso il tribunale di Milano). Si pone pertanto in rilievo un evidente profilo di criticità in ordine alla possibilità di esercitare il diritto di riscatto delle quote di una società dalla quale la stessa X s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo afferma di essere receduta. Si tratta di una questione attinente alla fattibilità giuridica della proposta di particolare rilievo, che richiede ulteriori precisazioni da parte della ricorrente;
  2. il fondo rischi di Euro 1.027.000,00 segnala un primo profilo di criticità in ordine alla genericità della sua descrizione da parte della società ricorrente: difatti le spese per il riscatto nominale della quota sono predeterminate (Euro 75.000,00) e anche le eventuali spese legali dovrebbero, quanto meno, essere determinate. Inoltre, la relazione del professionista attestatore è manifestamente lacunosa in merito alla descrizione di tale fondo.

Un ulteriore profilo di criticità attiene alla c.d. “antergazione” in favore del liquidatore M. B. delle somme anticipate per l’esercizio del diritto di riscatto. A prescindere dal fatto che l’anter­ga­zione sia istituto sconosciuto alla normativa relativa alla collocazione ed alla graduazione dei crediti, è evidente come la parte ricorrente intenda creare un fondo sul quale il liquidatore e socio B. possa prelevare le somme erogate per la gestione dell’ulteriore contenzioso con il Gruppo K s.p.a.

Nella specie è bene rilevare come il finanziamento da parte del socio sia inquadrabile tra i c.d. finanziamenti in corso di procedura. Le riforme apportate con il d.l. n. 83/2012 hanno riformato la materia dei finanziamenti distinguendo, in particolare, tra i finanziamenti in corso di esecuzione, quelli in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo e quelli in corso di procedura. Mentre le prime due tipologie di finanziamento sono disciplinate dall’art. 182-quater l. fall., la terza ipotesi (finanziamenti in corso di procedura) è stabilita dal­l’art. 182-quinquies l. fall.

Quest’ultima norma, sebbene non abbia colmato una lacuna, dal momento che prima della sua introduzione i finanziamenti in corso di procedura erano autorizzati, secondo un condivisibile orientamento (Trib. Pistoia, 24/10/2011), dal giudice delegato ai sensi dell’art. 167 l. fall., ha introdotto una nuova disciplina normativa dei finanziamenti in corso di procedura, richiedendo, oltre all’autorizzazione (già necessaria in precedenza per chi faceva rientrare tali finanziamenti nella previsione generale dell’art. 167 l. fall. in materia di atti di straordinaria amministrazione), l’attestazione da parte del professionista circa la funzionalità di tali finanziamenti alla miglior soddisfazione dei creditori. Tuttavia, l’art. 182-quinquies l. fall. non ha esteso ai finanziamenti in corso di procedura la disciplina stabilita dall’art. 182-quater, ultimo comma, l. fall. per i finanziamenti in sede di esecuzione e per quelli finalizzati alla presentazione della domanda erogati dai soci. In questi ultimi due casi, infatti, in deroga all’art. 2467 c.c. (che prevede infatti una postergazione dei finanziamenti erogati dai soci) è prevista la prededuzione fino all’80%.

La stessa regola non è, tuttavia, richiamata per i finanziamenti in corso di procedura dall’art. 182-quinquies l. fall. e si pone pertanto il problema della collocazione dei finanziamenti in corso di procedura erogati dai soci.

Le soluzioni ipotizzabili sono due.

Secondo la prima opzione interpretativa si applica la regola generale sulla postergazione di cui all’art. 2467 c.c.

Tale soluzione fa leva sul fatto che l’art. 2467 c.c., prescrivendo la regola della postergazione dei finanziamenti dei soci, costituisce norma di carattere generale, mentre la prededuzione di cui all’art. 182-quater, ultimo comma, l. fall. costituisce un’eccezione insuscettibile, come tale, di estensione analogica.

In base ad un’altra possibile interpretazione, invece, i rapporti tra l’art. 2467 c.c. e l’art. 182 quater e quinquies l. fall in materia di finanziamenti dei soci possono essere ricostruiti diversamente dal rapporto regola – eccezione. Gli artt. 182 quater e quinquies l. fall. sono, infatti, le norme che nell’ambito delle procedure concorsuali disciplinano i finanziamenti, dettando una disciplina speciale, ma al contempo autonoma rispetto a quella del diritto societario. In tal senso si è anche parlato di “diritto della crisi di impresa” come di un sistema tendenzialmente autonomo rispetto al diritto societario. Se si accede a tale ricostruzione sistematica è necessario verificare se l’ultimo comma dell’art. 182-quater l. fall. si ponga quale eccezione rispetto a quanto stabilito dal I e II comma della stessa norma o rispetto all’art. 2467 c.c.

La soluzione di tale questione ermeneutica deve poi tenere conto del fatto che l’art. 182-quater l. fall. stabilisce la regola della prededuzione per i finanziamenti c.d. in esecuzione mentre per i finanziamenti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo impone la necessaria inclusione nel piano e l’autorizzazione del tribunale in sede di decreto di ammissione alla procedura. L’art. 182-quin­quies l. fall., invece, per i finanziamenti c.d. interinali (in corso di procedura) prevede l’autoriz­zazione del tribunale, assunte se del caso sommarie informazioni, e l’attestazione di un professionista circa la funzionalità di tali finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori. In tale prospettiva il caso in esame potrebbe essere esemplificativo: una volta disposta l’ammis­sione al concordato preventivo si prospetta la possibilità di instaurare un giudizio dal quale può derivare l’incremento dell’attivo concordatario, ma la società è priva di risorse per poter far fronte alle spese legali. In tal caso il finanziamento può essere autorizzato, sempreché sussista l’attestazio­ne del professionista. È altresì possibile, stante l’assenza di una distinzione, tra finanziamenti erogati da terzi e finanziamenti erogati da soci che questi ultimi siano interamente prededucibili, ove autorizzati dal tribunale. D’altra parte, rispetto alle altre due ipotesi di finanziamenti (“in esecuzione” e “in funzione”) il quid pluris è costituito proprio dall’attestazione del professionista circa non tanto la mera utilità in favore della procedura (che di per sé potrebbe comportare anche degli oneri prededucibili), quanto in funzione della migliore realizzazione dell’interesse dei creditori, cosa che implica – stante l’immedia­tezza del significato letterale dell’espressione usata dal legislatore – la possibilità che dall’eroga­zione del finanziamento possano derivare delle maggiori utilità per i creditori, intese sia come incremento dell’attivo concordatario (come nel­l’ipo­tesi di azione dalla quale possa derivare un nuovo asset da liquidare) sia come mezzo per evitare la diminuzione di quest’ultimo (come nell’ipotesi di spese di mantenimento di un bene che deve essere liquidato).

In tale prospettiva se l’art. 2467 c.c. costituisce la regola generale che disciplina la postergazione dei finanziamenti erogati dai soci. L’art. 182 quater e l’art. 182 quinquies l. fall., a sua volta, costituiscono norme speciali che dettano la disciplina dei finanziamenti e delle regole che ne determinano la prededuzione nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Rispetto a tale normativa di carattere speciale, come tale astrattamente valida per tutti i finanziamenti erogati nell’ambito delle procedure concorsuali richiamate, il legislatore sente l’esigenza di limitare la prededucibilità all’80% per i finanziamenti erogati dai soci, solo per le ipotesi disciplinate dagli artt. 182 quater, I e II comma, l. fall., ma non per i finanziamenti indicati nell’art. 182 quinquies l. fall. In quest’ultimo caso, tuttavia, a differenza di quanto accade nelle prime due ipotesi il legislatore chiede l’atte­stazione di un professionista circa la funzionalità del credito alla miglior realizzazione dell’inte­resse dei creditori. Non è invece prevista alcuna precisazione o limitazione per i finanziamenti erogati dai soci. Tuttavia, questi ultimi, se erogati nell’ambito di una procedura di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti ricadono nell’ambito di applicazione del­l’art. 182 quinquies l. fall. e non già dell’art. 2467 c.c.

D’altra parte la ratio dell’art. 182 quinquies l. fall. è proprio quella di favorire i finanziamenti, anche in corso di procedura, ancorando la prededuzione alla loro funzionalità rispetto alla realizzazione del miglior interesse dei creditori. La stessa ratio di favorire i finanziamenti “in esecuzione” e “in funzione” della procedura ispira le ipotesi di cui all’art. 182 quater l. fall.

Ne consegue che l’art. 182 quater, III comma, l. fall. non deve essere visto, nonostante l’inciso iniziale (“In deroga agli articoli 2467 e 2497 quinquies c.c.”), come una deroga alla normativa societaria, quanto piuttosto una limitazione della prededuzione in favore dei soci che abbiano erogato i c.d. finanziamenti “in esecuzione” o “in funzione” della domanda di concordato preventivo.

In tal senso è bene sottolineare come l’art. 2467 c.c. detta la regola della postergazione dei finanziamenti dei soci, mentre l’art. 182 quater l. fall. stabilisce la regola della prededuzione per i finanziamenti in esecuzione e in funzione della domanda di concordato.

Mentre il presupposto fattuale dell’applica­zione delle due norme è parzialmente coincidente, posto che, come emerge dall’art. 2467, II comma, c.c. il finanziamento postergato viene erogato in presenza di uno squilibrio dell’indebi­tamento rispetto al patrimonio netto o in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, con la conseguenza si è in presenza in entrambi i casi di una crisi sotto il profilo finanziario, la ratio delle due norme è, tuttavia, diversa.

Nell’ambito dell’art. 2467 c.c. si ha, infatti, la degradazione ex lege del socio al rango di creditore postergato, finalizzata ad arginare il fenomeno delle società c.d. sottocapitalizzate, che operano cioè con ingenti finanziamenti a titolo di capitale di prestito da parte dei soci. Come è stato autorevolmente osservato, l’intento perseguito dal legislatore è pertanto quello di ristabilire un equilibrio finanziario, cioè una proporzione tra il capitale sociale e l’attività svolta dall’im­presa organizzata in forma societaria.

Nell’ambito degli artt. 182 quater e quinquies l. fall. sono, invece, disciplinate delle ipotesi di prededuzione in considerazione della funzionalizzazione dei finanziamenti all’esecuzione del concordato o di un accordo di ristrutturazione o della presentazione di una domanda di concordato preventivo o di omologa di un accordo di ristrutturazione (sempreché il finanziamento costituisca parte del piano e la prededuzione sia autorizzata dal tribunale con il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione, o in occasione di una procedura di concordato preventivo (purché un professionista in possesso dei requisiti ex art. 67 lett. d) l. fall. attesti che il finanziamento è funzionale alla miglior realizzazione dell’interesse dei creditori e il tribunale autorizzi il finanziamento).

È evidente come il diritto societario e quello fallimentare operino su due piani diversi. Nel­l’art. 2467 c.c. la degradazione ex lege del credito da finanziamento dei soci sanziona la condotta di sottocapitalizzazione, nella misura in cui il finanziamento viene trattato come il conferimento che avrebbe dovuto essere eseguito e non è stato fatto dal socio. Negli artt. 182 quater e quinquies l. fall. la logica è esattamente opposta: il finanziamento ha un trattamento preferenziale, nella misura in cui è posto fuori concorso e pagato in prededuzione, in quanto finalizzato a dare esecuzione al concordato, a presentare la domanda di concordato o funzionale al miglior interesse dei creditori (negli ultimi due casi non ex lege, ma previo controllo del tribunale).

La diversa ratio della normativa fallimentare di cui agli artt. 182 quater e quinquies l. fall. rispetto a quella dell’art. 2467 c.c. (che, ovviamente, opera anche in sede concorsuale per finanziamenti anteriori erogati dai soci), porta alla conclusione che, in mancanza di espresse limitazioni da parte del legislatore, non sussista alcun motivo per non riconoscere l’integrale prededuzione ai soci che abbiano effettuato un finanziamento in corso di procedura, sempreché un professionista munito dei requisiti di cui all’art. 67 lett. d) l. fall. ne abbia attestato la funzionalità alla miglior soddisfazione dell’interesse dei creditori ed il tribunale (e non già il solo giudice delegato) abbia dato la relativa autorizzazione. È proprio la ratio di favor per il concordato che presiede all’art. 182 quinquies l. fall. rispetto all’art. 2467 c.c. (che è invece sanzionatoria) a rendere applicabile al solo socio, in assenza di diversa previsione da parte del legislatore, la prededuzione in corso di procedura, purché l’attestazione del professionista confermi che il finanziamento sia funzionale ad assicurare la miglior soddisfazione dell’interesse dei creditori.

È pertanto necessario che nelle ipotesi in cui il finanziamento del socio sia finalizzato ad integrare l’attivo concordatario di un ulteriore bene, come nel caso in esame dove viene prospettata la possibilità del riscatto della quota della XY al valore nominale, per poi ricollocarla sul mercato al valore effettivo, con la conseguente distribuzione del ricavato in favore dei creditori, sia fatta, in primo luogo, l’attestazione del professionista in ordine alla funzione del finanziamento alla realizzazione del miglior interesse dei creditori e, in secondo luogo, l’autorizzazione da parte del Tribunale.

Alla luce di quanto esposto il Giudice delegato fissa pertanto alla parte ricorrente il termine di giorni 10 per il deposito di integrazioni o eventuali modifiche e differisce l’adunanza dei creditori al giorno 21 maggio 2014.

Si comunichi.

Prato, 22/04/2014

SOMMARIO:

Sul trattamento concorsuale dei finanziamenti concessi dai soci durante il concordato preventivo - 1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla c.d. “nuova finanza” apportata da soci e nel contesto dei gruppi - 4. Il commento - 5. Segue - 6. Segue - NOTE


Sul trattamento concorsuale dei finanziamenti concessi dai soci durante il concordato preventivo

1. Il caso

Il decreto che si commenta origina nel contesto di un concordato preventivo cui è stata ammessa una società a responsabilità limitata in liquidazione che, per il tramite del proprio liquidatore, ha depositato una (seconda) proposta di modificazione del piano di concordato, e il relativo contenuto dispositivo si riassume nell’assegnazione alla ricorrente di un termine di dieci giorni «per il deposito di integrazioni o eventuali modifiche» e nel conseguente differimento dell’adunanza dei creditori. Tale provvedimento “interlocutorio” si spiega per la presenza di numerosi profili problematici connessi con la proposta di modificazione, il cui chiarimento si renderebbe necessario anche in ordine alla valutazione della sua fattibilità. In particolare, la società a responsabilità limitata de qua, rappresentando di possedere una quota sociale pari al 25% del capitale di un’altra s.r.l., riferisce che il deterioramento dei rapporti con l’altro socio di siffatta società, titolare della quota del 75% del capitale, ha dato luogo a un duplice contenzioso: da una parte, quello concernente il diritto della società in concordato di recedere da tale s.r.l. e ottenere il valore reale della quota ai sensi dell’art. 2473 c.c., e, dal­l’altra, quello riguardante il preteso diritto della medesima ricorrente a riscattare al valore nominale la quota del socio di maggioranza, con la prospettiva, poi, di valorizzarla sul mercato e ottenerne così un rilevante plusvalore. Da entrambi i fronti contenziosi richiamati, la società in concordato confida di poter ritrarre risorse utili per alimentare una proposta migliorativa: nondimeno, si segnala che le esigenze della gestione di tale fase e dell’esercizio del riscatto richiedono che la società attinga a un finanziamento che il liquidatore (e socio) della società in concordato è disposto a erogare a condizione che, nel caso di esito favorevole delle controversie in discorso, esso gli sia rimborsato immediatamente, attingendo ai proventi «della vendita della quota riscattata ovvero dalla somma incassata da un’eventuale definizione transattiva» della vicenda. In relazione a tale proposta, come accennato, il giudice delegato chiede alcune precisazioni, indicando partitamente i profili problematici più rilevanti, a cominciare dal dubbio in ordine alla [continua ..]


2. La normativa di riferimento

In questa sede ci si concentrerà sul problema dei finanziamenti all’impresa in crisi, lasciando da parte il profilo concernente il recesso dalla società e il (tendenzialmente) contestuale riscatto della quota dell’altro socio, al quale del resto il decreto dedica poco più che un passaggio e che, per la verità, non sembra sollevare soverchi problemi, sol che si privilegi la prospettiva individuale dell’investimento. Infatti, osservando il problema dal punto di vista dell’investi­tore e considerando la vicenda sul piano squisitamente finanziario, si coglie come sia il recesso per la quota posseduta dalla società in concordato, sia il riscatto della quota dell’altro socio, di là dalle ragioni giuridiche che legittimano i due poteri, non presentino i profili di contraddittorietà che sembrano paventati nel decreto e che sono verosimilmente intravisti nel fatto che un medesimo soggetto, per un verso, cessi la propria partecipazione attuale alla società e, nel contempo, manifesti l’intenzione di acquisire la quota maggioritaria della medesima, allo stato nella titolarità dell’altro socio: al contrario, l’esercizio dei due poteri – l’uno d’origine organizzativa, l’altro contrattuale – risponde al medesimo disegno di massimizzazione dei valori di propria pertinenza che, mentre non sembra trovare limiti nella disciplina societaria, d’altra parte assume una precisa utilità per i creditori concorrenti. L’interesse per la presente decisione, del resto, riposa pressoché integralmente sugli esiti interpretativi cui il Tribunale di Prato perviene in ordine al trattamento concorsuale dei finanziamenti “interinali”, che nel 2012 si è arricchito di un ulteriore tassello normativo con l’introduzione dell’art. 182-quinquies. Com’è noto, infatti, dal 2010 a oggi il legislatore ha novellato più volte la legge fallimentare [2] e, in particolare, le norme dettate in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo, introducendo fra l’altro, con gli artt. 182-quater [3] e 182-quinquies [4], una dettagliata disciplina destinata a regolare la c.d. nuova finanza, vale a dire i finanziamenti funzionali ad agevolare le iniziative negoziate di superamento della crisi [5], e colmando in tal modo un “vuoto” [continua ..]


3. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla c.d. “nuova finanza” apportata da soci e nel contesto dei gruppi

La decisione del Tribunale di Prato costituisce il secondo intervento edito sul problema: si era già registrata, infatti, una prima pronuncia [30], di segno diametralmente opposto a quella dell’odierno decreto, da parte del Tribunale di Rimini, nella quale si rileva che la disciplina dei finanziamenti all’impresa societaria in crisi non sia omogenea, trovando emersione in termini non sovrapponibili negli artt. 182-quater e 182-quinquies; in particolare, il giudice romagnolo ha ritenuto che soltanto per l’ipotesi di finanziamenti erogati dai soci “in funzione” della presentazione della domanda di ammissione al concordato o di omologazione di un accordo di ristrutturazione, ovvero in loro “esecuzione” (art. 182-quater) sarebbe riconosciuto – peraltro nella misura dell’ottanta per cento del relativo ammontare – il beneficio della prededucibilità del rimborso, in deroga alla disciplina codicistica più volte richiamata; non anche nel contesto dei finanziamenti “interinali” del successivo art. 182-quinquies, ostando al­l’e­sten­sione analogica del principio appena indicato sia la natura eccezionale della relativa previsione [31], sia la circostanza che, a rigore, nell’art. 182-quinquies legge fall. non vi è alcuna lacuna da colmare con la norma contemplata nell’art. 182-quater, 3° comma [32]. La dottrina, invece, conta già numerosi contributi che possono isolarsi in almeno tre distinti orientamenti interpretativi. Una prima impostazione, valorizzando il tenore letterale dell’art. 182-quater, 3° com­­­ma e, in particolare, l’espressa deroga alla disciplina degli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. che compare nell’incipit della norma, suggerisce di ritenere che il rimborso dei finanziamenti erogati dai soci a norma dell’art. 182-quinquies debba essere postergato rispetto al pagamento di tutti gli altri crediti: e si rileva, al riguardo, che questa soluzione, oltre all’addentellato normativo appena segnalato, risulterebbe coerente alla circostanza che la prededuzione, peraltro integrale, sarebbe qui disposta per il rimborso di finanziamenti autorizzati dal tribunale, ma sui quali non si siano pronunciati i creditori, a differenza di quanto previsto per i finanziamenti “in funzione” e “in esecuzione” disciplinati nell’art. [continua ..]


4. Il commento

In vero, nell’impostare il problema, il Tribunale di Prato circoscrive il campo a due opposte scelte interpretative, vale a dire quella fatta propria dal Tribunale di Rimini nel summenzionato decreto, secondo cui la deroga al principio di postergazione dei finanziamenti dei soci e infragruppo prevista dall’art. 182-quater, 3° comma avrebbe natura eccezionale e, pertanto, non estensibile al di là del suo ambito di applicazione, e una seconda che, invece, consentirebbe, alle condizioni indicate nell’art. 182-quinquies, l’integrale prededucibilità del rimborso dei finanziamenti interinali, pur se erogati da soci. In particolare, nella prospettiva del giudice toscano, la seconda impostazione discenderebbe dall’idea che gli artt. 182-qua­ter e 182-quinquies siano “le norme che nell’ambito delle procedure concorsuali disciplinano i finanziamenti, dettando una disciplina speciale, ma al contempo autonoma rispetto a quella del diritto societario”. E riecheggiando un’espressione invalsa negli ultimi tempi, il giudice pratese segnala che quelle disposizioni apparterrebbero al c.d. “diritto della crisi dell’impresa” come sistema “tendenzialmente autonomo rispetto al diritto societario”, originando così l’in­terrogativo se la disciplina del 3° comma dell’art. 182-quater, che prevede la prededucibilità “attenuata” per il rimborso dei finanziamenti soci erogati ai sensi del 1° e del 2° comma del medesimo articolo deroghi a tali previsioni e non all’art. 2467 c.c. E al riguardo, una volta impostato il rapporto fra l’art. 2467 c.c. e le due predette norme fallimentari in termini di genere a specie, non è difficile per il Tribunale concludere che la disciplina codicistica appena richiamata, nonostante l’incipit dell’art. 182-qua­ter, 3° comma, non venga mai in considerazione: per quanto, infatti, i presupposti di applicazione di tali previsioni possano essere sovente “parzialmente coincidenti” [38], la ratio delle due discipline sarebbe tuttavia diversa, giacché le disposizioni del codice civile sono finalizzate “ad arginare il fenomeno delle società c.d. sottocapitalizzate” e l’intento del legislatore sarebbe “quello di ristabilire un equilibrio finanziario, cioè una proporzione tra il capitale sociale e [continua ..]


5. Segue

In contrario a quanto sinora affermato, non sembra decisivo richiamare l’ostacolo letterale frapposto dalla deroga espressa agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. recata per i soli finanziamenti concessi in funzione della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o in loro esecuzione: a ben vedere, infatti, essa non sembra assegnare alla fattispecie disciplinata la natura di previsione eccezionale, alimentando a contrario l’idea che l’art. 182-quinquies non trovi applicazione quando i sovventori siano soci di s.r.l. o società del gruppo cui la finanziata appartenga. Né, in secondo luogo, si può condividere l’obiezione di chi ha rilevato che, anche a voler riconoscere il beneficio della prededuzione indipendentemente dallo status soggettivo del sovventore, resterebbe oscura la ragione della sua limitazione sino alla soglia dell’ottanta per cento per le sole fattispecie previste dall’art. 182-quater, 3° comma, e non anche per quella dei finanziamenti “interinali” di cui al successivo e più recente art. 182-quinquies, 1° comma; il che suggerirebbe, secondo queste impostazioni, di ritenere più convincente l’applica­zione dell’ordinaria disciplina civilistica nel caso in cui i finanziamenti “interinali” siano erogati da soci: anche perché – talora si osserva – solo per le ipotesi previste nell’art. 182-quater i finanziamenti riceverebbero una valutazione da parte del ceto creditorio [80], e non invece nelle fattispecie previste nell’art. 182-quinquies, rispetto alle quali consterebbe soltanto l’attestazione del professionista – peraltro scelto dal debitore – e il decreto del tribunale. L’argomento da ultimo evocato, però, non convince: esso tralascia di considerare, infatti, com’è stato opportunamente notato [81], che, anche per l’ipotesi di finanziamenti in funzione della presentazione della domanda di concordato, la misura della prededuzione prescinde dal consenso dei creditori, essendo sufficiente che quel beneficio sia espressamente disposto nel provvedimento col quale il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato [82]: sì che, quand’anche i creditori non approvino la proposta loro rivolta, o sia revocata l’ammissione al [continua ..]


6. Segue

Il decreto, come si è anticipato, tocca anche profili di natura procedimentale, contribuendo a chiarire l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni in materia di finanza “interinale” che originano dalle difficoltà di coordinamento delle previsioni da ultimo ricordate con i tradizionali poteri autorizzatori del tribunale e, soprattutto, del giudice delegato, contemplati nell’art. 167: per quanto, infatti, la decisione in commento si sostanzi nel differimento della data originariamente fissata per l’adunanza dei creditori e nell’assegnazione di un termine breve «per il deposito di integrazioni o eventuali modifiche» del piano e della proposta, il giudice pratese sembra orientato a ritenere che, anche per l’ipotesi in cui la proposta di attingere a nuova finanza interinale sia successiva all’ammissione dell’im­pre­sa al concordato, in ogni caso debba trovare applicazione la disciplina dell’art. 182-quinquies e non quella dell’art. 167 che, come ricordato, si rivolge, fra l’altro, proprio a consentire all’impresa in concordato di contrarre mutui e, più in generale, di compiere atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione che risultino non solo efficaci nei confronti dei creditori anteriori al­l’ammissione alla procedura ma che, a norma dell’art. 111, 2° comma, originino crediti prededucibili nel­l’eventuale successivo fallimento. Il tema attiene, dunque, ai rapporti fra gli artt. 167 e 182-quinquies, e a esso non è estraneo il disposto dell’art. 161, 7° comma, che del resto è stato introdotto nella legge fall. in occasione del d.l. n. 83/2012, conv. con legge n. 134/2012, e dunque contestualmente alle previsioni in tema di finanza “interinale”. In particolare, a norma del­l’art. 161, 7° comma, nel tempo corrente tra il deposito del ricorso e il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo, il debitore può compiere atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione del tribunale, atti urgenti di straordinaria amministrazione, generando in entrambe le ipotesi, per espressa qualificazione di legge, crediti prededucibili. Si è subito notato che la previsione in parola mostri un margine di sovrapponibilità con quanto previsto dall’art. 182-quinquies, 1° comma [98], che rimane, tuttavia, [continua ..]


NOTE