Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Spossessamento dell'impresa e gestione giudiziale dell'azienda nella crisi di legalità (di Roberto Ranucci)


Italian laws provide a wide range of preventive criminal measures to fight against organised crime in order to avoid the reinvestment of such goods in economic activities and to prevent the infiltration of illegal organitions in the economy and in the political system. The seizure of shares and quotas, and of firm, is one of the most relevant measure (but not the sole). Neverthless, share, quotas and firms need to be administrated during the seizure to avoid lossing value. The article analizy the power of the administrator of these goods seized and the effects on the corporate governance. Infact some Courts – due to the art. 104 bis disp. att. c.p.p. – retain possible the seizure of the company, substituting the legal representative of the company with the appointed judicial administrator. The article reconstructs the regulatory system and concludes that the seizure of companies is not possible.

SOMMARIO:

1. Il problema: la crisi di legalità. Il sequestro come strumento di contrasto - 2. Il sequestro come vincolo di indisponibilità che determina la costituzione di un patrimonio separato. I patrimoni separati “coattivi” come sottocategoria della figura dei patrimoni separati - 3. Profili ricostruttivi del sequestro di azienda. La gestione del patrimonio separato coattivo e la tutela degli stakeholders - 4. La gestione dell’impresa societaria - 5. Misure alternative (o equipollenti?) al sequestro d’azienda. La gestione giudiziale dell’impresa - 6. Una misura a tutela del contratto: il commissariamento anticorruzione - 7. Dall’inquadramento logico delle misure a tutela dell’impresa all’inesistenza del sequestro di società. Conclusioni - NOTE


1. Il problema: la crisi di legalità. Il sequestro come strumento di contrasto

Nel corso degli anni, è emersa “una nuova categoria di “crisi dell’impresa”, che è la crisi di legalità” [[1]]. Infatti, si è assistito ad uno spostamento dell’asse del­l’ordinamento verso l’area penalistica, con una espansione di forme di misure cautelari reali, al fine di scoraggiare l’attività delinquenziale con misure di natura patrimoniale, oltre che personali [[2]]. Infatti, il legislatore ha preso coscienza della maggiore incisività di tali forme di prevenzione rispetto alle pene limitative della libertà personale. Ciò in quanto molto spesso le finalità del delinquere sono legate a fattori economici, quindi, la circostanza che l’accertamento della responsabilità, oltre a sanzioni personali, comporti sanzioni economiche, rappresenta un deterrente [[3]]. Pertanto, accanto ai sequestri previsti dal codice di procedura penale [[4]], si sono affiancate altre figure di sequestro, per lo più finalizzate alla confisca, tra le quali spicca – anche per l’organicità della disciplina – il sequestro contenuto nel c.d. codice antimafia (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159). L’emersione del lato economico della sanzione è confermata dalla diffusione di ipotesi di sequestro per equivalente e, dunque, svincolati dalla pericolosità in sé del bene [[5]] e dalla pertinenzialità del bene rispetto al reato; la confisca – dal canto proprio – rappresenta, oramai, uno strumento ordinario di intervento nel contrasto alla criminalità (anche) economica, con finalità sanzionatoria [[6]]. La confisca, cui il sequestro costituisce il prodromo [[7]], non è una misura cautelare ma una vera e propria sanzione con effetti ablatori definitivi [[8]] ed è sempre più diffusa tanto da presentare varianti ed “ipotesi speciali” così eterogenee da rendere impossibile una reductio ad unum [[9]]. In pendenza di sequestro, i beni oggetto della misura cautelare devono essere conservati in vista della riconsegna al prevenuto ovvero dell’assegnazione allo Stato, in forza del provvedimento di confisca. La conservazione assume connotazioni particolari e impone considerazioni altrettanto specifiche qualora il sequestro abbia ad oggetto [continua ..]


2. Il sequestro come vincolo di indisponibilità che determina la costituzione di un patrimonio separato. I patrimoni separati “coattivi” come sottocategoria della figura dei patrimoni separati

I patrimoni separati possono essere definiti come quelle masse patrimoniali, facenti capo allo stesso soggetto, diretto al perseguimento di finalità tipiche previste dall’ordinamento ovvero volte al soddisfacimento delle ragioni di un certo gruppo di creditori [[27]]. La definizione, peraltro, è estremamente ampia includen­do numerose ipotesi di separazione patrimoniale; pertanto, numerose sono state le soluzioni teoriche [[28]], il cui dato unificante è l’elemento teleologico della destinazione del patrimonio. La separazione del patrimonio costituisce una “tecnica di specializzazione della responsabilità dei beni destinati, in deroga al principio dell’illimitata responsabilità patrimoniale espresso dal primo comma dell’art. 2740 c.c.”, senza che vi sia una duplicazione soggettiva [[29]]. Infatti, la parte del patrimonio separato dal resto risponde soltanto di quelle obbligazioni “qualificate dalla relazione con la particolare destinazione cui questa parte del patrimonio è stata sottoposta” [[30]]. L’elaborazione dogmatica dei patrimoni separati è stata per lungo tempo limitata dalla codificazione civile che ha accolto, quale regola generale, il principio della responsabilità illimitata e dalla giurisprudenza, propensa a limitare la rilevanza dei fenomeni di autonomia patrimoniale che non avessero ricevuto la forma della personalità giuridica [[31]]. In effetti, il nostro sistema appare essere pervaso dalla dogmatica dell’unità e dell’indivisibilità del patrimonio, elaborata da Charles Marie Aubry e Charles Frédéric Rau [[32]]. D’altro canto, già la codificazione napoleonica con l’introduzione dell’art. 2092 del Code Napoléon del 1804 (oggi art. 2284 c.c.) a tenore del quale «[q]uiconque s’est obligé personnellement, est tenu de remplir son engagement sur tous ses biens mobiliers et immobiliers, présents et à venir» aveva affermato il principio dell’unità e dell’indivisibilità del patrimonio, quale reazione al preesistente sistema basato su una capacità giuridica differenziata in relazione allo stato delle persone e su una corrispondente frammentazione della nozione della disciplina dei relativi patrimoni [[33]]. Anche in Italia, [continua ..]


3. Profili ricostruttivi del sequestro di azienda. La gestione del patrimonio separato coattivo e la tutela degli stakeholders

Si ha sequestro di azienda quando il provvedimento cautelare abbia ad oggetto non il singolo bene ma tutti quei beni che siano funzionalmente destinati all’e­ser­cizio dell’attività di impresa [[71]], anche se non di proprietà dell’impren­ditore prevenuto, ma utilizzati nell’attività a vario titolo. Ed, infatti, è proprio l’in­sieme e l’organizzazione dei beni che caratterizzano l’azienda. Peraltro, di que­st’ultima fanno parte anche i rapporti giuridici che non sono beni materiali in senso stretto ma che vi rientrano comunque: si pensi ai contratti di lavoro e a qualunque vincolo negoziale, in generale [[72]]. Il sequestro di azienda impone riflessioni che travalicano l’aspetto meramente penalisitco e di tutela degli interessi sottesi all’emissione del provvedimento. Infatti, l’azienda rappresenta lo strumento di esercizio dell’impresa. Pertanto, accanto all’esi­genza di tutela delle pretese punitive devono essere tenuti in considerazione gli interessi di quei soggetti che, a vario titolo, sono entrati in contatto con l’im­presa e, dunque, verrebbero pregiudicati da una perdita di valore dell’azienda e della sua capacità produttiva [[73]]. Pertanto, il perseguimento delle finalità penal-preventive non può porre in secondo piano le esigenze di tutela di coloro che incolpevolmente siano entrati in contatto con l’imprenditore prevenuto e che da un provvedimento di sequestro, prima, e di confisca, poi, sarebbero irrimediabilmente pregiudicati [[74]]. Nel normare i patrimoni destinati ad uno specifico affare (artt. 2447 bis e ss. c.c.), il legislatore ha disciplinato in maniera espressa i diritti sia dei creditori volontari che di quelli involontari della società. I creditori volontari sono coloro i quali hanno rapporti contrattuali con la società in vista della realizzazione dello specifico affare e che, salvo diversa statuizione nella delibera costitutiva, possono aggredire soltanto il patrimonio destinato. I creditori involontari, invece, sono tutti coloro che hanno subito un danno dalla società nel corso della realizzazione dello specifico affare e a cui la legge riconosce il diritto di rivalersi sia sul patrimonio destinato che su quello della società. Dunque, la separazione patrimoniale cede il [continua ..]


4. La gestione dell’impresa societaria

In tema di custodia/amministrazione dell’azienda, qualora il sequestrato sia una persona fisica, non si pongono particolari questioni ricostruttive. Infatti, l’ammi­nistratore giudiziario, nel custodire il bene è tenuto ad amministrarlo e, dunque, nel caso di azienda a svolgere l’attività di impresa [[94]], sostituendosi all’imprenditore sequestrato senza assumerne la qualità in quanto il potere gestorio è esercitato in funzione della custodia dell’azienda [[95]]. Ipotesi differente e, apparentemente, più complessa, è quella in cui l’azienda appartenga ad una società [[96]]. La natura dinamica dell’azienda comporta che la custodia sia declinata in amministrazione e che, dunque, anche in pendenza di sequestro, continui ad essere esercitata l’impresa cui l’azienda sequestrata è destinata [[97]]. In tal caso l’attribuzione della gestione dell’azienda all’amministratore giudiziario, potrebbe indurre a ritenere che questi divenga amministratore volontario della società, con sostituzione degli amministratori sociali [[98]]; ed invero, l’attività gestoria della società spetta, inderogabilmente, agli amministratori sociali [[99]]. D’altro canto, l’apposizione del sequestro non può determinare la sostituzione surrettizia degli amministratori sociali [[100]]. Infatti, il sequestro di azienda, in quanto misura reale, non può avere effetti sull’organizzazione societaria, nel senso di sostituzione ovvero revoca dell’organo amministrativo [[101]], né può determinare un vincolo di indisponibilità sulle partecipazioni della società, né ancora il blocco dell’iscrizione del mutamento di cariche sociali [[102]]. L’attribuzione del potere di gestione dell’azienda sequestrata all’amministratore giudiziario, ma non la sostituzione di diritto (ovvero di imperio) degli amministratori volontari, è giustificata da due ordini di motivi che rispettano l’ordinamento corporativo capitalistico proprio delle società di capitali. Un primo argomento è rappresentato dalla ricostruzione dei poteri degli amministratori sociali. Infatti, è possibile cogliere due tipologie differenti di poteri del­l’organo amministrativo. La [continua ..]


5. Misure alternative (o equipollenti?) al sequestro d’azienda. La gestione giudiziale dell’impresa

Da quanto esposto si può affermare come il sequestro dell’azienda (o di un ramo di essa [[127]]) attribuisca all’amministratore giudiziario nominato dall’autorità, il potere/dovere di svolgere l’attività di impresa. Dunque, è stato dimostrato che il sequestro di azienda ha come oggetto mediato l’impresa. Tale affermazione è gravida di conseguenze. Infatti, ciò comporta che l’amministratore giudiziario di azienda abbia il potere di gestire anche i rapporti giuridici che ineriscono l’azienda, pur non essendo beni in senso stretto [[128]]. Di più. Quando l’azienda sequestrata appartiene ad una società, gli amministratori sociali sono sospesi dai loro poteri gestori che sono esercitati dall’amministratore giudiziario [[129]]. D’altro canto, l’at­ti­vità di impresa è, comunque, imputata all’imprenditore e le posizioni attive e passive sono ricomprese all’interno della massa patrimoniale formatasi in conseguenza della separazione operata dal sequestro. Nel nostro ordinamento, accanto a misure cautelari, quali il sequestro appunto, che solo mediatamente tangono l’impresa e gli organi sociali, esistono ipotesi di misure preventive che hanno come destinatario direttamente ed espressamente gli organi sociali ovvero l’impresa. Si fa riferimento all’ipotesi codicistica del controllo giudiziario disciplinata dal­l’art. 2409 c.c., ovvero la fattispecie dell’art. 185, 6° comma, legge fall. che ha riconosciuto al Tribunale il potere di revoca e contestuale nomina dell’amministra­tore della società ammessa alla procedura di concordato preventivo [[130]]. Accanto a tali ipotesi che intervengono direttamente sugli organi sociali, nel­l’or­dinamento si rinvengono ipotesi in cui oggetto della cautela è l’impresa. L’art. 15, 8° comma, legge fall., attribuisce al Tribunale il potere di «emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento». Tali provvedimenti possono «riguardare direttamente l’im­presa e non solo i beni e i diritti che la compongono» [[131]] avendo, quindi, ad oggetto l’impresa e non l’imprenditore [[132]]. La formulazione aperta [continua ..]


6. Una misura a tutela del contratto: il commissariamento anticorruzione

La sistemazione tipologica delle differenti misure, consente di ricostruire gli effetti anche di altre misure disciplinate da normative di settore. Ed, infatti, nell’ambito delle misure cautelari aventi ad oggetto l’impresa può essere ricompresa anche la «straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, limitatamente alla completa esecuzione del contratto d’appalto ovvero dell’accordo contrattuale o della concessione disciplinata» disciplinata dall’art. 32, 1° comma, lett. b), d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2014, n. 114 [[146]]. La norma disciplina tre ipotesi di intervento differenti e alternative da parte dell’autorità: la prima è rappresentata dall’ordine di rinnovazione degli organi sociali, mediante la sostituzione del soggetto coinvolto nei presunti illeciti (1° comma, lett. a), la seconda costituita dalla gestione straordinaria e temporanea gestione (1° comma, lett. b) ed infine, la terza – la più blanda – è il sostegno e il monitoraggio dell’impresa (8° comma). L’ordine di sostituzione costituisce una richiesta compiuta dalla pubblica autorità, in particolare il Prefetto, di sostituire uno degli amministratori in quanto coinvolto in uno dei reati indicati nel 1° comma. Qualora l’imprenditore (sia esso persona fisica ovvero giuridica) non adempia nel termine di 30 giorni [[147]] all’ordine di rinnovazione, nei successivi 10 giorni, il Prefetto deve disporre la misura della temporanea e straordinaria gestione. Tale ultima misura può essere anche disposta, nei casi più gravi, su iniziativa diretta del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione o del Prefetto competente [[148]]. Nel decreto con cui è disposta la temporanea e straordinaria gestione, il Prefetto nomina uno o più amministratori e stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell’opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto. L’invasività della misura è mitigata dalla limitata efficacia, sia da un punto di vista temporale che operativo. Infatti, l’art. 32, 1° comma, lett. b), d.l. 24 giugno 2014, n. 90 stabilisce che all’interno del decreto di nomina degli amministratori venga [continua ..]


7. Dall’inquadramento logico delle misure a tutela dell’impresa all’inesistenza del sequestro di società. Conclusioni

Anche se società, azienda e partecipazioni sociali ineriscono il medesimo fenomeno, ossia l’impresa, la loro diversità ontologica, attribuisce al soggetto nominato dall’autorità giudiziaria poteri differenti, oltre che avere effetti giuridicamente diversi [[162]]. D’altro canto, e in maniera non condivisibile, taluna giurisprudenza di merito ha ritenuto che il sequestro penale dell’azienda e di tutte le partecipazioni sociali abbia come effetto la temporanea rimozione ovvero sospensione dalla carica degli amministratori sociali e la contestuale sostituzione con l’amministratore giudiziario, il quale avrebbe assunto la carica di amministratore e rappresentante legale della società [[163]]. Si avrebbe, in altri termini, una sorta di sequestro della società, con effetti riconducibili all’art. 2409 c.c. [[164]]. Tale conclusione sarebbe avallata dal dato normativo contenuto nell’art. 104 bis disp. att c.p.p. [[165]] il quale statuisce la necessaria nomina di un amministratore giudiziario da parte dell’auto­rità giudiziaria «nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto […] società». Dunque, in ragione della norma, l’amministratore giudiziario nominato dovrebbe custodire la società come se fosse un bene, e, pertanto, ne acquisirebbe la rappresentanza legale e l’amministrazione, giungendo, quindi, ad un vero e proprio scavalcamentodell’organizzazione capitalistico-corporativa tipica delle società di capitali [[166]], fino al punto di ricomprendere, tra gli effetti del sequestro, la sospensione temporanea degli amministratori in carica e la sostituzione con l’am­mi­nistratore giudiziario nominato [[167]]. Invero, l’impianto dell’art. 2409 c.c. si discosta notevolmente dai sequestri penali. Infatti, il presupposto applicativo che legittima l’intervento del Tribunale è rappresentato dal «fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci». Il controllo giudiziario verte sulla regolarità della gestione e, dunque, può essere attivato solo in presenza di irregolarità gravi [[168]] inerenti l’operato degli amministratori e potenzialmente dannose per la società ovvero per le [continua ..]


NOTE