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1. Il fatto - 2. Un lungo percorso - 3. La configurazione di una responsabilità solidale - 4. Considerazioni conclusive - NOTE
Nella fattispecie concreta la società capogruppo M. A. s.p.a. aveva designato la sua controllata A. s.r.l. alla carica di amministratore unico di un’altra controllata: la E. s.r.l. La controversia scaturiva dall’originaria azione del fallimento della E. s.r.l., poi attratto dalla liquidazione coatta amministrativa della capogruppo, per l’accertamento della responsabilità dell’amministratore per la causazione di un danno che ha condotto alla dispersione del patrimonio sociale della E. s.r.l. Unica convenuta in giudizio era la sig.ra M.M., coamministratore di A. s.r.l., nell’interesse della quale avrebbe compiuto gli atti da cui sarebbe derivato il pregiudizio oggetto di causa. La principale eccezione della parte convenuta consisteva nella negazione della titolarità, in capo a se stessa, della situazione giuridica soggettiva dedotta dall’attrice, ritenendo che la responsabilità dovesse essere imputata alla A. s.r.l. in quanto amministratore unico, mentre la sig.ra M.M. sarebbe stata una mera delegata al compimento di singoli atti riguardanti la E. s.r.l. Tuttavia l’attore produceva in giudizio un atto iscritto nel Registro delle imprese nel quale si leggeva che: “la persona designata dalla società-amministratore A. s.r.l. affinché eserciti le funzioni di amministrazione della società E. s.r.l. è la sig.ra M.M. (…) che nella società A. s.r.l. ricopre la carica di amministratore”.
Volendo ripercorrere e approfondire l’iter interpretativo e normativo dal quale è scaturita la presente decisione è necessario partire dall’originario e predominante orientamento dottrinale che negava la possibilità per una persona giuridica di ricoprire la carica di amministratore di una società [1]. Tale posizione veniva argomentata avendo come riferimento la disciplina della società per azioni e aveva a suo fondamento tre motivazioni. In primo luogo si eccepiva l’incompatibilità tra la nomina di una società ad amministratore di un’altra e il dettato dell’art. 2383, 3° comma, c.c. laddove prevede che gli amministratori siano revocabili in ogni tempo dall’assemblea. Nel caso di una società-amministratore, la facoltà di designare la persona fisica fattivamente destinata a compiere gli atti connessi con la carica sarebbe di fatto rimessa all’assemblea della società amministrante, ovvero all’organo amministrativo di questa. Di conseguenza l’assemblea della società amministrata, pur mantenendo la facoltà di revocare la società amministrante e in tal senso preservando intatte le prerogative fissate dalla norma, perderebbe quel legame diretto con il soggetto fisico incaricato della gestione sociale. La dottrina in commento, infatti, interpretava la disciplina codicistica configurando il potere di revoca dell’amministratore quale esclusivo appannaggio dell’assemblea della società amministrata, la quale risulterebbe unica depositaria delle sorti dell’organo di gestione. In siffatto contesto, la provenienza dell’amministratore da un soggetto giuridico esterno, in grado anch’esso di revocarlo, potrebbe privare l’amministratore dell’imparzialità necessaria a porre in essere una gestione nell’esclusivo interesse comune dei soci [2]. In seconda battuta l’orientamento considerato riteneva che l’art. 2383, 1° comma, c.c. rappresentasse un ulteriore limite, in quanto è previsto che la nomina degli amministratori spetta all’assemblea dei soci, con le uniche eccezioni degli artt. 2458 e 2459 c.c., i quali prima della riforma del 2003 conferivano allo Stato e agli enti pubblici la facoltà di nominare amministratori e sindaci delle società da essi partecipate o [continua ..]
La sentenza in commento, riguarda una s.r.l. che ha ricoperto la carica di amministratore in un’altra s.r.l. Il Tribunale di Milano riprende il precedente pronunciamento del 2012 e ritiene ammissibile la circostanza che una società di capitali sia amministratore di un’altra società di capitali. Di più, dal caso di specie emerge come tale situazione fosse stata puntualmente pubblicizzata presso il Registro delle Imprese, mediante la registrazione di un atto dal quale risultava la designazione della persona fisica incaricata dell’esercizio concreto delle funzioni di amministratore. Di conseguenza la sentenza non si presenta in sé innovativa sul profilo dell’apertura alla persona giuridica amministratore di società, quanto per l’accento posto sui profili di responsabilità che coinvolgono sia detta persona giuridica che il proprio rappresentante preposto all’esecuzione degli atti di amministrazione. Per ciò che attiene alla posizione di quest’ultimo, applicando in via analogica la disciplina del G.E.I.E., il Tribunale ha stabilito che costui assuma gli stessi obblighi e le stesse responsabilità civili e penali previsti per gli amministratori persone fisiche, seppure in via solidale con la persona giuridica amministratore. Tale ultimo profilo, tuttavia, non ha avuto un seguito concreto nella controversia in commento, poiché solo la persona fisica incaricata è stata convenuta in giudizio e non anche la società-amministratore. Ad ogni modo ha ritenuto il Tribunale che il rappresentante designato dalla società-amministratore sia soggetto alle norme in tema di responsabilità contrattuale degli amministratori di s.r.l. ex art. 2476 c.c., avendo di conseguenza l’obbligo di gestire con diligenza professionale la società amministrata ai sensi dell’art. 1411, 2° comma, c.c., in virtù del contratto di mandato di fatto stipulato in favore di essa, che lo pone in una posizione di garanzia a cui corrisponde una responsabilità contrattuale. Nonostante la fattispecie concreta fosse riferibile a dinamiche interne a un gruppo di società, il Tribunale di Milano non ha preso in considerazione l’alternativa tra il regime di responsabilità dell’amministratore ex art. 2476 c.c. e la responsabilità da attività di direzione e coordinamento ai sensi [continua ..]
È stato prospettato che la nomina di un amministratore persona giuridica possa rivelarsi vantaggiosa per la società amministrata, immaginando la nascita di società dedite proprio a fornire un servizio di amministrazione a favore di altre, dotandosi del necessario know-how e delle risorse professionali e tecnologiche utili a tale scopo, sulla scorta di quanto avvenuto da tempo con le società specializzate nella produzione di servizi di controllo contabile. Con aderenza alla presente fattispecie, la dottrina ha peraltro rinvenuto una giustificazione alla nomina dell’amministratore persona giuridica nella necessità della capogruppo di assumere essa stessa la carica di amministratore delle proprie controllate al fine di ridurre i costi e neutralizzare il rischio di dover risarcire i danni al soggetto designato qualora si vedesse costretta a revocarlo senza giusta causa, in quanto insoddisfatta dell’attuazione data alle direttive impartite, ovvero in conseguenza delle mutate politiche interne al gruppo [44]. Tuttavia gli esempi forniti dall’esperienza conducono a considerazioni meno ottimistiche e la sentenza in commento è emblematica dei risvolti più problematici cui può condurre la possibilità di nominare una società di capitali quale amministratore di un’altra società. Infatti il caso di specie ha ad oggetto le vicende svoltesi all’interno di un gruppo, nel quale M. A. s.p.a. (capogruppo) deteneva il controllo totalitario sia di A. s.r.l., sia di E. s.r.l. In aggiunta, come anticipato nell’introduzione, A. s.r.l. era stata nominata amministratore di E. s.r.l. Nella cornice di un simile assetto la convenuta sig.ra M.M., dipendente della capogruppo, rivestiva il ruolo di coamministratore della A. s.r.l., incarico al quale sommava la designazione, da parte della stessa A. s.r.l., a soggetto delegato a compiere gli atti di amministrazione in E. s.r.l. con tanto di annotazione della nomina presso il Registro delle Imprese. Nel lasso temporale considerato e all’interno del medesimo gruppo societario la convenuta intratteneva un rapporto di subordinazione con la capogruppo mentre, almeno in apparenza, disponeva di consistenti poteri gestori nei confronti delle controllate. Da quanto si apprende dalla lettura della sentenza, la sig.ra M.M. non ha tardato a difendersi asserendo di aver operato quale semplice [continua ..]