Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Temi e problemi in materia di contendibilità del controllo, fondi sovrani e investimenti diretti stranieri nei settori strategici tra libera circolazione dei capitali e interesse nazionale (di Marco Lamandini)


SOMMARIO:

Alcuni dati quantitativi a modo di premessa - L’apertura dell’ordinamento europeo all’investimento diretto straniero - Contendibilità del controllo delle società quotate e revisione della direttiva OPA - Golden shares e contendibilità del controllo delle società operanti in settori strategici rilevanti - Fondi sovrani - NOTE


Alcuni dati quantitativi a modo di premessa

1. – A quanto pare viviamo tempi di grande e profondo cambiamento. Come sempre nella storia economica moderna, uno dei fattori che evidenzia e al tempo stesso determina questo cambiamento è il flusso internazionale degli investimenti. Esso offre indicazioni che costituiscono un utile “termometro” dello stato di salute delle nostre economie: registra l’andamento del processo di consolidamento industriale internazionale, la progressiva penetrazione dei mercati e al tempo stesso segnala i processi ri-allocativi in corso. Non segnala, ovviamente, né la felicità dei popoli né la giustizia distributiva da essi e tra essi applicata, non essendovi correlazione necessaria tra investimenti, crescita e effettivo benessere sociale (misurato su di una scala di valori ulteriore rispetto alla mera capacità di consumo) e soprattutto tra investimenti, crescita e distribuzione della ricchezza. Efficienza distributiva, giustizia sociale e sostenibilità del modello economico di riferimento restano tuttavia convenzionalmente al di fuori dell’analisi sui flussi di investimento e sui suoi riflessi sul consolidamento industriale, sull’efficienza produttiva e sulla crescita. Si tratta, d’altro canto, di temi che implicano scelte di politica economica più generale: scelte rispetto alle quali le istituzioni politiche locali, regionali e globali si sono, finora, dimostrate largamente incapaci di incidere con concreta efficacia. 2. – I flussi di investimento diretto, come è largamente noto, segnalano oggi – a seguito della profonda crisi economico-finanziaria manifestatasi a partire dal luglio 2007 – un progressivo, seppur inedito, spostarsi del baricentro del capitale finanziario, anche di comando. L’attività globale di M&A nel 2011 ha raggiunto il valore di circa 1 trilione di dollari. La maggioranza degli investimenti internazionali continua a provenire dal Nord America o dall’Eu­ropa. Tuttavia taluni paesi emergenti sono ora, crescentemente, non più solo destinatari dei flussi di investimento ma anche origine degli stessi. Questo è particolarmente vero per la Cina (comprensiva di Hong Kong) che nel 2010 è stata la seconda principale fonte mondiale di investimento diretto straniero (con una quota del 10% del totale) e nel 2011 la quarta (con una quota del 7% del totale), mentre solo nel 2007 dalla Cina non [continua ..]


L’apertura dell’ordinamento europeo all’investimento diretto straniero

– Uno dei tratti qualificanti del Trattato di Lisbona è stato quello di attribuire allacompetenza esclusivadell’Unione la materia dell’investimento diretto straniero riconoscendovi una componente essenziale della politica commerciale comune 2. L’art. 207 TFEU prevede in particolare che: “1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, in particolare per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, gli investimenti esteri diretti, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione e le misure di protezione commerciale, tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni. La politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione.” – È questo il punto di approdo di un lungo percorso di allargamento dell’ambito di operatività del principio di libera circolazione dei capitali3.   – Ed invero, dopo essere stata a lungo il “cugino povero”4delle altre libertà fondamentali, la libera circolazione dei capitali si è vista riconoscere, a seguito della direttiva sui movimenti di capitale del 1988, da un lato, l’efficacia diretta dalla sentenza della Corte di Giustizia nel caso Bordessa 5 e dall’altro lato, valore erga omnes, di libertà fondamentale, cioè, invocabile, a differenza delle altre libertà, anche da cittadini di Stati terzi. Quest’ultimo risultato, ancora espresso come un mero impegno politico di best effort degli Stati membri all’art. 7(1) della direttiva del 1988, veniva in particolare sancito dalla riforma di Maastricht del Trattato CE, dando così vita ad un diritto direttamente invocabile dai terzi 6. Esso trova conferma ora nell’art. 63 TFEU. È dunque convinzione diffusa e corretta che l’Europa e le economie degli Stati membri siano tra le più aperte, se non le più aperte in assoluto, ai flussi di investimento stranieri. Se ne ha, a ben vedere, riprova dall’indice di restrizione dell’investimento diretto straniero elaborato annualmente dall’OCSE, che illustra come gli Stati membri siano [continua ..]


Contendibilità del controllo delle società quotate e revisione della direttiva OPA

– La reciprocità (seppur in forme assai discutibili)24ha, d’altro canto, già fatto capolino nella disciplina europea degli investimenti diretti sia intra che extra comunitari, per effetto del c.d. “compromesso portoghese”, da cui trasse origine l’art. 12 della direttiva 2004/25/CE sulle offerte pubbliche di acquisto. Quel principio è servito appunto a rendere possibile, politicamente, l’adozione della direttiva, sostituendo al modello imperativo delle regole volte a favorire la contendibilità del controllo delle società quotate costituite negli Stati membri proposto dalla Commissione e dal Parlamento ma avversato dal Consiglio un modello opzionale “corretto”, nel quale le società che avessero aderito allo standardcomunitariamente preferito – quello che realizza il massimo di apertura alla contesa del controllo – potevano ciò non di meno opporre la reciprocità agli offerenti “meno virtuosi” sul piano del mercato del controllo, con l’effetto di poter in tal caso utilizzare ulteriori e maggiori misure difensive. Anche in questo caso, la reciprocità era dunque intesa come un meccanismo volto a “forzare” la chiusura protezionistica della controparte, nella convinzione (o forse meglio sarebbe dire, giudicando a posteriori, nella “illusione”) di poter in tal modo indurre un allineamento di mercato “verso l’alto” delle discipline nazionali e delle scelte individuali delle società quotate.   – L’esito applicativo degli articoli 9, 11 e 12 della direttiva OPA è ben noto e costituisce, a mio avviso, un caso emblematico di fallimento dell’esercizio armonizzatore, giacché esso ha complessivamente determinato non già un avanzamento bensì un arretramento del livello di adesione al principio di contendibilità del controllo, che pur costituiva l’obiettivo politico delle previsioni della direttiva. Ha avuto, ciò non di meno, il merito proprio della trasparenza, e cioè di rendere ben evidenti se non tutti almeno i principali tra i problemi di asimmetrica apertura nazionale al mercato del controllo societario e di dare l’innesco così una più consapevole, anche se complessivamente ancora protezionistica, risposta a tali problemi a livello [continua ..]


Golden shares e contendibilità del controllo delle società operanti in settori strategici rilevanti

– È noto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia sembra essere ormai pervenuta, in materia, ad un sicuro approdo valutativo là dove essa, con “martellante” ricorrenza e implacabile “monotonia”, considera incompatibili con il Trattato tutte le misure nazionali (siano esse di fonte legislativa o amministrativa, ivi comprese quelle che, pur assumendo laformadi previsioni statutarie, hanno tuttavia la sostanza di un potere speciale attribuito ad organi pubblici) 36 che (i) consentano di impedire o ostacolare l’acquisizione di partecipazioni da parte di investitori stranieri ovvero (ii) di limitare l’influenza gestoria degli stessi (iii) di impedire l’adozione di decisioni volte alla riorganizzazione societaria (scioglimento, fusione e scissione, trasferimento della sede all’estero, cambiamento dell’oggetto sociale) in società stabilite nello Stato membro, anche ove tali società operino in settori ritenuti di interesse strategico nazionale, a meno che: (a) tali poteri non siano giustificati dalle ragioni di cui all’art. 58 CE (ora 65 TFEU) o per ragioni imperative di interesse generale (c.d. interessi legittimi), e sempre che non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi 37; (b) gli interessi legittimi e le ragioni di loro protezione nazionale non siano analiticamente specificati (e non solo genericamente enunciati), individuando specificamente in presenza di qualiprecise circostanze concrete quali poteri speciali saranno esercitati a tutela di quali specifici interessi legittimi e (c) non ricorra un preciso nesso di proporzionalità tra le misure adottate e lo scopo di protezione degli interessi legittimi perseguiti, in modo tale da assicurare che le misure adottate siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento. Appare viceversa irrilevante la circostanza che la misura sia o meno indistintamente applicabile avendo la Corte ritenuto che la dottrina “Keck” enunciata in relazione alla libera circolazione delle merci non trovi qui corrispondente applicazione 38. È dunque proprio il caso di dire, come ha ironicamente osservato l’Avvocato Generale Ruiz-Jarabo Colomer, ricordando il Mercante di Venezia [continua ..]


Fondi sovrani

– Un terreno di particolare complessità rispetto alla questione delle restrizioni nei confronti dell’investimento straniero è, infine, quello che inerisce all’investimento da parte di particolari soggetti pubblici stranieri, che pur hanno talora forma privata: i fondi sovrani. Pur non essendovi dati del tutto condivisi, secondo stime della Commissione43i fondi sovrani gestiscono attivi di circa 2-2,5 trilioni di dollari, corrispondenti a circa la metà delle riserve ufficiali mondiali e al valore aggregato dei beni gestiti da fondi hedge e di private equity; ciò corrisponde ad alcuni punti percentuali della capitalizzazione delle borse mondiali. Talune stime predicono una crescita degli attivi dei fondi sovrani, entro il 2015, fino a circa 12 trilioni di dollari 44.   – Una recente mappatura45ha evidenziato come, dal punto di vista della forma giuridica, esistano: (i) sia fondi sovrani privi di un’autonoma personalità rispetto a quella dello Stato persona cui appartengono (quelli della Norvegia, dell’Arabia Saudita, dello stato del­l’Al­berta in Canada, della Russia, del Cile, del Messico) e che sono di conseguenza intrinsecamente governativi; (ii) sia fondi sovrani che hanno autonoma personalità giuridica di diritto pubblico (KIC per la Repubblica di Corea, KIA per il Kuwait; QUI in Qatar, ADIA negli Emirati Arabi Uniti) e (iii) sia fondi sovrani che hanno autonoma personalità giuridica di diritto privato (CIC in Cina, Temasek e GIC a Singapore). In genere, gli amministratori dei fondi sovrani che pur hanno autonoma personalità di diritto pubblico o privato sono, tuttavia, in tutto o in maggioranza espressione dell’esecutivo; solo in pochi casi vi sono regole organizzative che richiedono la nomina di amministratori indipendenti che riferiscono al Parlamento. L’oggetto sociale dei fondi sovrani è variamente declinato dagli strumenti istitutivi: sono infatti perseguite talora finalità di garanzia per la comunità nazionale – quali quelle di stabilizzazione 46 o di accumulazione di risparmio nella prospettiva di un patto intergenerazionale 47 – e talora finalità di diversificazione del rischio 48 o di massimizzazione della redditività 49 (in taluni casi anche con modulazioni diverse a seconda del settore [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2012