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Recesso e modifica dei diritti patrimoniali dell'azionista

Sara Addamo

La sentenza del Tribunale di Bologna riconosce la legittimazione del socio all’esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, 1° comma, lett. g. c.c. in caso di modifica statutaria incidente sulle prerogative di carattere patrimoniale del socio, senza approfondirne le ragioni. La locuzione “diritti di partecipazione” deve intendersi limitata ai soli diritti di carattere patrimoniale in quanto quelli amministrativi, ad esclusione del diritto di voto, sono disciplinati da norme inderogabili. Dall’ambito applicativo del diritto di recesso debbono altresì escludersi le modifiche che incidono unicamente sulla sfera soggettiva del socio, come sul peso della relativa partecipazione, in conseguenza della posizione personale dell’azionista medesimo. Il commento prosegue aderendo alla pronuncia del Tribunale felsineo laddove afferma che la comunicazione del recesso non debba contenere le motivazioni alla base della volontà di uscire dalla società ed applica solo in via residuale il criterio di liquidazione delle azioni dell’“eventuale valore di mercato”, ovvero quando vi siano contrattazioni significative, idonee a definire un valore effettivo e reale dell’azione.

Right of withdrawal and shareholder’s profit rights amendment

The judgment of the Court of Bologna recognizes the shareholder legitimacy to exercise the right of withdrawal pursuant to art. 2437, 1st par., lett. g) c.c. in the event of an Articles amendment affecting the shareholder’s patrimonial prerogatives, without deepening the reasons. The term “participation rights” must be understood as limited only to the profit rights, as the administrative ones, with the exception of the right to vote, are governed by mandatory rules. The right of withdrawal also does not apply to amendments that affect the subjective sphere of the shareholder, like the ability to adopt a corporate resolution as a consequence of the number of shares owned by the individual shareholder. The paper continues by adhering to the decision of the Court of Bologna where it states that the withdrawal notice does not need to contain the reasons behind the will to leave the company and where it applies the redemption criterion of the “possible market value” only when there are significant negotiations, capable of defining an effective and real value of the share.

TRIBUNALE BOLOGNA, Sezione specializzata in materia di impresa, 28 dicembre 2018 – Florini Presidente – Rossi Relatore – Romagnoli Giudice – S. C. S.p.A. c. C.D.   (Artt. 2437, 1° comma, lett. g), 2437-bis, 2437-ter c.c.) La modifica dello statuto incidente sulle prerogative di carattere patrimoniale del socio, con particolare riguardo al momento della destinazione degli utili, rientra nell’ambito applicativo della norma di cui all’art. 2437, 1° comma, lett. g. c.c., configurandosi come condizione sostanziale idonea a giustificare l’exit del socio. La comunicazione di recesso non deve necessariamente indicare i diritti asseritamente incisi, né il punto specifico della delibera che ha indotto il socio a recedere. La liquidazione delle azioni del socio deve avvenire utilizzando il criterio più adatto a «catturare» il valore attuale della società e mediante il valore di mercato, solo in via residuale, allorquando gli scambi siano significativi e in grado di definire un valore oggettivo del titolo. (1)   Svolgimento del processo Con atto di citazione regolarmente notificato, la S. C. S.p.A. conveniva in giudizio il sig. C. D., ex dipendente ed ex presidente della medesima compagine societaria attrice, al fine di vedere accertata e dichiarata l’illegittimità del recesso esercitato dal convenuto in ragione delle modificazioni [continua ..]

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COMMENTO

Sommario:

1. Il caso e la normativa di riferimento - 2. L’interpretazione dei “diritti di partecipazione” in dottrina e nei precedenti giurisprudenziali - 3. Segue: modifiche dirette, indirette e di fatto - 4. Altre questioni attorno all’esercizio del diritto di recesso: il contenuto della comunicazione di recesso - 5. Segue: il criterio di liquidazione dell’eventuale valore di mercato delle azioni - NOTE


1. Il caso e la normativa di riferimento

La sentenza del Tribunale di Bologna del 28 dicembre 2018 è una delle poche, ma sempre più frequenti, pronunce aventi ad oggetto l’interpretazione della norma di cui all’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c. che riconosce il diritto di recesso a fronte di modificazioni dello statuto concernenti i di­ritti di voto o di partecipazione. Nel caso in esame l’assemblea straordinaria di una società per azioni aveva deliberato una modifica della clausola statutaria relativa alla distribuzione degli utili, sostituendo la precedente formulazione che prevedeva la destinazione ai soci di una percentuale fissa, pari all’ottanta percento, degli utili netti di bilancio in proporzione al valore delle azioni possedute, con un nuovo disposto che attribuiva al Consiglio di Amministrazione la facoltà di determinare l’entità di utili da distribuire. Pertanto, ferma la competenza dell’as­semblea ordinaria rispetto alla decisione finale in merito alla distribuzione degli utili maturati nel corso di un dato esercizio, la stessa non era più vincolata a distribuirli nella percentuale dell’ottanta percento, bensì nel diverso ammontare proposto dall’or­gano amministrativo. A seguito di tale modifica, un socio di minoranza aveva esercitato il diritto di recesso, ai sensi dell’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c., affermando la diretta ed effettiva incidenza della modifica statutaria [continua ..]

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2. L’interpretazione dei “diritti di partecipazione” in dottrina e nei precedenti giurisprudenziali

La decisione del Tribunale di Bologna si inserisce in un contesto di riscoperto interesse giurisprudenziale rivolto all’interpre­tazione della causa inderogabile di recesso contenuta nella lett. g) dell’art. 2437, comma 1, c.c., sviluppatosi dopo un decennio dall’introduzione della norma con la riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) [2]. Tale fenomeno manifesta una tendenza in ascesa rispetto al ricorso da parte dei soci di minoranza allo strumento del recesso a fronte di modifiche del contratto sociale decise dalla maggioranza, che alterino i diritti inerenti alla partecipazione sociale. A seguito della riforma del 2003, infatti, sono state definitivamente superate quelle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali che sostenevano l’esistenza di residue aree di modificabilità dello statuto all’unanimità [3], così risultando consolidato il principio mag­gioritario, il quale ha trovato un bilanciamento proprio nel rafforzamento del diritto di recesso, alla stregua di istituto posto a presidio degli interessi dei soci di minoranza [4]. Il legislatore non solo ha ampliato le ipotesi di recesso e la legittimazione ad esercitarlo, estesa anche ai soci astenuti, consentendo altresì l’introduzione in statuto di clausole convenzionali – quantomeno nelle S.p.A. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio – ma ha anche garantito una congrua [continua ..]

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3. Segue: modifiche dirette, indirette e di fatto

La pronuncia in commento precisa, senza particolare enfasi, che la modifica dello statuto in oggetto abbia investito direttamente i diritti di partecipazione dei soci. Il modo con cui la delibera genera degli effetti sulla posizione soggettiva dell’azio­nista, ovvero direttamente, indirettamente, o in via di mero fatto, apre il secondo fondamentale dibattito su cui la dottrina si è divisa in merito all’ambito applicativo della causa di recesso ex art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. Anche in questo caso gli orientamenti interpretativi possono essere schematicamente ricondotti a due poli, l’uno restrittivo e l’altro estensivo, ma bisogna essere consapevoli che le opinioni sono assai più diversificate e che, in particolare, le posizioni sulle modifiche dirette, indirette, o di fatto – di cui, peraltro, non vi è una definizione unanimemente condivisa – si combinano diversamente rispetto alla questione esaminata precedentemente in merito al significato dei “diritti di partecipazione” [21]. Ciò premesso, l’opinione maggioritaria adotta un atteggiamento restrittivo e ritiene che soltanto le modifiche che incidano direttamente e formalmente sui diritti di voto o di partecipazione legittimino l’esercizio del diritto di recesso [22], senza distinguere tra modifiche indirette e di fatto. Anche secondo la prevalente giurisprudenza il recesso sarebbe legittimato [continua ..]

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4. Altre questioni attorno all’esercizio del diritto di recesso: il contenuto della comunicazione di recesso

Dalla lettura della sentenza in commento emergono altre due questioni in tema di esercizio del diritto di recesso da società per azioni. La prima riguarda un aspetto formale, ovvero il contenuto della comunicazione di recesso, il quale desta interesse principalmente per la sua unicità, ovvero considerata la pressoché totale assenza di precedenti giurisprudenziali in merito. La società attrice, in particolare, ha sostenuto che la comunicazione di recesso fosse viziata e, quindi, invalida in quanto priva del­l’esatta indicazione del punto della delibera su cui si era fondata la determinazione a recedere, ovvero della modifica allo statuto e dell’indicazione dei diritti che avrebbe inciso. Tale vizio è invero insussistente, come correttamente rilevato dai giudici felsinei, in quanto non esiste a monte alcun obbligo del socio recedente, positivamente disciplinato, volto ad indicare le motivazioni, o comunque a giustificare le ragioni della propria volontà di uscire dalla compagine societaria. Infatti, l’art. 2437-bis c.c., che disciplina i termini e modalità di esercizio del recesso, richiede che la comunicazione avvenga tramite lettera raccomandata – o altri strumenti che garantiscano lo stesso, od un maggiore, grado di certezza della ricezione – sia spedita entro un dato termine e, dal punto di vista del contenuto, con formulazione insolitamente chiara e precisa, vi sia [continua ..]

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5. Segue: il criterio di liquidazione dell’eventuale valore di mercato delle azioni

La seconda questione trattata nella sentenza in commento, una volta accertata la legittimità dell’an del recesso, sia dal punto di vista sostanziale che formale dell’eser­cizio del diritto, riguarda la determinazione del valore della partecipazione del socio receduto. Tanto il procedimento di liquidazione della partecipazione del socio (art. 2437-quater c.c.), quanto i criteri di determinazione del valore delle azioni (art. 2437-ter c.c.), sono stati oggetto di rilevanti modifiche a seguito della riforma del diritto societario che, come più volte osservato, ha ampliato significativamente i presupposti di esercizio del recesso. Il recesso del socio è divenuto un’ipotesi di disinvestimento alternativa alla cessione delle azioni sul mercato anche grazie all’in­dividuazione di criteri di liquidazione delle azioni non più penalizzanti, quali, per le società per azioni non quotate (come quella in esame), la “consistenza patrimoniale della società”, le relative “prospettive reddituali” e “l’eventuale valore di mercato delle azioni”, così modificando il regime previgente, che prevedeva il rimborso delle azioni del socio receduto “in proporzione del patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio” [43]. È nella complessiva ottica di rafforzamento dell’istituto del recesso che occorre [continua ..]

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NOTE

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