Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Emergenza e crisi d'impresa: profili problematici e snodi interpretativi (di Ilaria Kutufà)


 La crisi economica provocata o aggravata dalla pandemia ha indotto i legislatori nazionali ad intervenire con misure emergenziali finalizzate a gestire le situazioni di dissesto. Il contributo si propone di esaminare – in chiave comparatistica – le principali soluzioni adottate in alcuni Paesi europei al fine di far emergere le peculiarità delle misure disposte in Italia e le criticità che, con riferimento alle stesse, risultano rilevabili sia in ambito concorsuale sia in ambito societario. In particolare, quanto al primo profilo, si affronta il problema della disparità di trattamento, accordata all’imprenditore in crisi, in dipendenza della fase in cui si trova la procedura concordataria (o di ristrutturazione dei debiti) al momento dell’applicazione delle misure agevolative, ipotizzando – quale possibile soluzione interpretativa di sistema – la rinegoziabilità del piano anche in fase di esecuzione, in forza della rilevanza della causa non ascrivibile al debitore e della non imputabilità dell’inadempimento; quanto al secondo profilo, si indaga sulle ricadute applicative dell’introdotta regola della temporanea ultrattività del principio di continuità aziendale, con specifico riferimento alla responsabilità gestoria derivabile dalla scelta discrezionale di avvalersi, nella redazione del bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, di tale opzione.

Emergency and Insolvency: critical aspects and interpretative proposals

The economic crisis caused or aggravated by the pandemic has led national legislators to intervene with emergency measures aimed at managing insolvency situations. The essay examines – from a comparative perspective – the main solutions adopted in some European countries in order to highlight the peculiarities of the measures adopted in Italy and the criticalities that, with reference to them, are detectable both in insolvency and company law. In particular, with regard to the first profile, the problem of the unequal treatment accorded to the entrepreneur in crisis, depending on the stage of the arrangement procedure (or debt restructuring) at the time of the application of the measures, is addressed, hypothesizing – as a possible interpretative solution of the system – the renegotiation of the plan even during the execution phase, by virtue of the relevance of the cause not attributable to the debtor and the non-attributability of the breach; with regard to the second aspect, the paper analyses the effects of the introduced rule of temporary ultra-activity of the going concern principle, with specific reference to the managerial liability arising from the discretionary choice to take advantage of this option when preparing the financial statements for the year ending 31 December 2020.

Keywords: economic emergency – Covid 19 – composition plan – bankruptcy law

SOMMARIO:

1. Gli effetti della pandemia sul diritto della crisi: l’esperienza straniera - 2. La scelta italiana - 3. Il problema della (ri)negoziabilità del piano concordatario in fase di esecuzione - 4. Segue. La possibile rilevanza della causa non ascrivibile al debitore in fase di esecuzione del piano concordatario: la non imputabilità dell’ina­dempimento - 5. Il problema dell’ultrattività del principio di continuità aziendale - 6. Segue. La discrezionalità della scelta e i suoi riflessi sulla responsabilità gestoria - NOTE


1. Gli effetti della pandemia sul diritto della crisi: l’esperienza straniera

Come era prevedibile, il diritto della crisi d’impresa è stato uno dei principali settori a cui i legislatori nazionali si sono dedicati per tentare di governare e gestire le situazioni di dissesto economico che l’emergenza sanitaria indotta dalla diffusione del virus Covid-19 e la conseguente adozione di misure di contenimento del contagio hanno contribuito inevitabilmente ad aggravare – quando non a provocare – in modo significativo [1]. Volgendo lo sguardo agli interventi adottati in alcuni tra i principali Paesi europei è possibile scorgere la medesima, duplice, finalità: ridurre, da un lato, il rischio che il generato stato di crisi economico-finanziaria determini la cessazione di numerose attività d’impresa e la (conseguente) proliferazione di procedure concorsuali a carattere liquidatorio, preservando – al contempo – la possibilità del risanamento attraverso strumenti idonei a garantire la continuità aziendale; evitare, dall’altro, l’ingolfamento degli organi giurisdizionali competenti in un periodo in cui (anche) gli uffici giudiziari mostrano difficoltà di funzionamento e subiscono le criticità sollevate, nello svolgimento dell’attività, dalle prescrizioni imposte per il contenimento del contagio [2]. Nonostante l’emergenza sanitaria si sia diffusa in Italia antecedentemente ad altri Stati europei, le prime disposizioni in materia sono state emanate altrove [3]. In particolare, Germania, Spagna e Francia hanno coniato discipline emergenziali, volte a mitigare le conseguenze della pandemia nel contesto concorsuale, già nel mese di marzo 2020. Dall’analisi della normativa interna a detti Paesi è possibile individuare – pur nella comune (e sopra richiamata) finalità perseguita – due diverse misure protettive, accordate all’imprenditore in stato di crisi, talvolta in via esclusiva, talaltra in via cumulativa: da una parte, la sterilizzazione temporanea dell’obbligo, gravante sul debitore, o della facoltà, concessa al creditore, di ricorrere ad una procedura concorsuale (di ristrutturazione o di liquidazione); dall’altra, la proroga dei termini di adempimento delle obbligazioni derivanti da piani di risanamento e, conseguentemente, la proroga dei termini di esecuzione dei medesimi piani. In un caso, la misura è evidentemente [continua ..]


2. La scelta italiana

I (principali) provvedimenti normativi che il Governo italiano ha adottato per fronteggiare lo shock economico prodotto dalla pandemia nel contesto imprenditoriale sono il d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 (c.d. decreto Liquidità) e il d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (c.d. decreto Rilancio). Sulla scorta dell’iniziativa straniera, anche l’Italia ha introdotto una sequenza di misure temporanee, incidenti sia sulla disciplina concorsuale sia su quella societaria [10]. Con riferimento al primo degli ambiti coinvolti, il legislatore interno ha perseguito lo scopo – analogamente a quanto rilevato altrove – di evitare la diffusione di procedure concorsuali in un momento di straordinaria tensione economica e, intervenendo a valle del problema, ha disposto l’improcedibilità dei ricorsi per dichiarazione di fallimento e accertamento dello stato d’insolvenza ex art. 195 legge fall., presentati tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020 [11]. Sempre sulla scia di quanto suggerito dall’esperienza straniera, sono state previste agevolazioni in favore degli imprenditori in concordato o che abbiano intrapreso il percorso dell’accordo di ristrutturazione: qualora l’omologa non sia stata ancora pronunciata, gli stessi potranno chiedere una proroga del termine (sino a novanta giorni) per riformulare un nuovo piano e una nuova proposta (ovvero un nuovo accordo di ristrutturazione) o per ottenere un differimento del termine ex art. 161, 6° comma, legge fall., anche in pendenza di istanze di fallimento; nel caso in cui l’omologa sia già stata pronunciata, potranno – per contro – posticipare sino a sei mesi i termini dei pagamenti programmati. Inoltre, è stata disposta una dilatazione sino a novanta giorni del termine di cui agli artt. 161, 6° comma e 182 bis, 7° comma, legge fall., accessibile – previo deposito di specifica istanza che indichi gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con riferimento a fatti sopravvenuti per effetto dell’e­mergenza epidemiologica – ai debitori per i quali gli originari termini siano in scadenza senza possibilità di ulteriori proroghe [12]. Ciò che balza sin da subito agli occhi, alla luce (anche) della sia pur [continua ..]


3. Il problema della (ri)negoziabilità del piano concordatario in fase di esecuzione

Come sopra anticipato, il decreto Liquidità ha accordato misure agevolative per i concordati preventivi pendenti [19], diversificandone la portata in base alla fase maturata dalla procedura al 23 febbraio 2020. In forza delle disposizioni contenute nel decreto Liquidità, soltanto nelle procedure i cui piani non siano stati, a quella data, ancora omologati [20], l’imprenditore in crisi potrà modificare la proposta e il piano, con la precisazione che, nel caso in cui il debitore intenda modificare unicamente i termini di adempimento, sarà sufficiente, da parte dello stesso, il deposito – sino all’udienza fissata per l’omologazione – di una memoria contenente l’indicazione delle nuove scadenze [21] e della documentazione comprovante la necessità della nuova calendarizzazione richiesta: a quel punto, acquisito il parere del commissario giudiziale, il tribunale procederà all’omologazione, dando atto dei termini modificati. Di contro, nelle procedure che si trovano già in fase di esecuzione, l’unica misura prevista a protezione dell’imprenditore in crisi è l’auto­matica proroga di sei mesi dei termini di adempimento. L’asimmetria delle soluzioni normative accordate in via d’emergenza pare non tenere in debito conto che anche il debitore, che si trovi a dover eseguire un piano concordatario omologato a condizioni convenute prima dell’esplosione della pandemia, possa incontrare rilevanti ostacoli – in un contesto economico gravemente alterato – nell’adempimento delle obbligazioni assunte, che il mero differimento temporale delle relative scadenze potrebbe risultare inidoneo a far superare [22]. Preme, quindi, verificare se vi sia la possibilità per lo stesso di rinegoziare le condizioni stabilite dal piano omologato, ormai già in fase di esecuzione, o quanto meno di scongiurare il rischio che l’eventuale inadempimento delle obbligazioni (originariamente) contratte, indotto da un quadro economico (generalmente) adulterato dagli effetti delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19, causi la risoluzione del concordato e apra la strada alla deriva fallimentare. In argomento, l’art. 172 legge fall. prevede che le proposte di concordato preventivo possano essere modificate soltanto fino a quindici giorni prima dell’adu­nanza dei [continua ..]


4. Segue. La possibile rilevanza della causa non ascrivibile al debitore in fase di esecuzione del piano concordatario: la non imputabilità dell’ina­dempimento

A ben vedere, nella normativa emanata dal Governo italiano per fronteggiare gli effetti economici della pandemia è possibile rinvenire due dati, che sembrano convergere verso la direzione delineata: uno, di carattere letterale-teleo­logico; l’altro, di natura sistematica. Quanto al primo, occorre ricordare che la Relazione illustrativa al decreto Liquidità, nel descrivere la portata delle disposizioni emesse in materia di concordati preventivi e di accordi di ristrutturazione, chiarisce – con riguardo alla fattispecie in parola – che la «misura si traduce in una proroga ex lege di sei mesi dei termini di adempimento in scadenza nel periodo che va dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2021, con evidenti riflessi anche sul meccanismo di risoluzione dei concordati ex art. 186 l.f.». La formulazione letterale spinge l’interprete a considerare – pur mancando una maggiore specificazione nell’inciso utilizzato dal legislatore – che le contemplate conseguenze sull’operatività delle regole dettate in materia di risoluzione non debbano ridursi (soltanto) ad un mero slittamento del termine a partire dal quale poter invocare l’inadempimento del debitore, ma debbano imporre una riflessione (anche) sulle cause – e, quindi, sull’imputabilità – dell’inadempimento medesimo [27]. Del resto, se si guarda alle finalità perseguite dalla normativa d’emer­genza, sembra evidente che le misure di protezione accordate debbano concretamente funzionare per salvaguardare «i tentativi di soluzione della crisi di impresa alternativi al fallimento promossi in epoca anteriore al palesarsi dell’emergenza epidemiologica» per neutralizzare il pericolo che «procedure di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione aventi concrete possibilità di successo prima dello scoppio della crisi epidemica risultino irrimediabilmente compromesse, con ricadute evidenti sulla conservazione dei complessi imprenditoriali anche di rilevanti dimensioni» [28]. Quanto al secondo dato, preme rilevare che, se è vero che l’art. 186 legge fall. preclude soltanto all’inadempimento di scarsa importanza di costituire causa della risoluzione del concordato e che, neanche in ambito giurisprudenziale, è prevalsa l’idea che l’imputabilità dell’inadempimento [continua ..]


5. Il problema dell’ultrattività del principio di continuità aziendale

Com’è noto, il principio della prospettiva della continuazione dell’attività – assurto, nella disciplina interna, ad «attributo ontologico che qualifica in re ipsa il concetto di azienda» – esige che le valutazioni di bilancio siano effettuate sul presupposto del proseguimento dell’attività dell’impresa, così che vengano iscritti «i valori di funzionamento degli elementi patrimoniali», ossia i valori che i cespiti assumono, quali parti del complesso aziendale, in ragione della loro capacità di contribuire alla produzione del reddito [37]. Com’è altrettanto noto, il principio della continuità aziendale ha assunto – nel diritto concorsuale – una posizione di assoluta centralità, soprattutto all’indomani dell’emanazione del Codice della Crisi, che ne ha accentuato l’importanza sia nella fase della rilevazione della crisi incipiente, sia, in modo ancor più evidente, nella successiva fase di regolazione della crisi in atto: nel primo caso, infatti, il rischio di perdita della continuità è elevato a parametro di riferimento del dovere organizzativo di monitoraggio e di intervento nonché degli obblighi di segnalazione posti a carico dell’organo di controllo; nel secondo caso, invece, la continuità aziendale è stata addirittura «eletta a finalità principale, se non di fatto esclusiva, del concordato preventivo» [38]. Come è stato anticipato, la normativa emergenziale ha previsto che, nella redazione del bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, affinché la società possa compiere la valutazione delle voci «nella prospettiva della continuazione dell’attività» (art. 2423 bis, 1° comma, n. 1), ovvero «tenendo conto del fatto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito» (OIC 11, § 21), è sufficiente che la condizione di continuità aziendale sussista nell’ultimo bilancio d’esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020. Sin da subito la misura in esame – evidentemente assunta al fine di neutralizzare i dirompenti effetti economici della pandemia – è stata oggetto di un vivace dibattito, che ha sostanzialmente fatto [continua ..]


6. Segue. La discrezionalità della scelta e i suoi riflessi sulla responsabilità gestoria

L’attribuzione lessicale di una facoltà induce ad escludere che l’applicazione della finzione di continuità sia, per l’organo amministrativo tenuto alla redazione del progetto di bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, doverosa [41]. Più incerta potrebbe semmai risultare la questione opposta: ossia se, in alcune specifiche ipotesi, risulti necessario evitare il ricorso alla finzione e escludere, pertanto, la continuità. Sebbene il testo della norma non impedisca – in astratto – di diversificare le singole situazioni, non si può negare che – in concreto – ben difficilmente, salvo casi eclatanti di continuità già irrimediabilmente compromessa in epoca anteriore allo scoppio della pandemia, potrebbero operarsi distinzioni circa le origini del dissesto temporalmente coincidente con il periodo interessato dall’adozione delle misure di contenimento del contagio. Con una buona dose di semplificazione, pare, quindi, che la discrezionalità della scelta nella redazione del bilancio in corso al 31 dicembre 2020 ponga l’organo amministrativo di fronte alla seguente alternativa: non avvalersi della finzione di continuità e dare puntuale informazione di questa opzione, proponendo all’assem­blea l’adozione dei provvedimenti conseguenti o assumendo autonomamente quelli di propria competenza; applicare, al contrario, il principio di ultrattività, illustrando il presupposto dei criteri di valutazione adottati nella nota integrativa «anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente» [42]. A seconda della scelta effettuata, diverse saranno le conseguenze prospettabili sotto il profilo della responsabilità. Nel caso in cui l’organo decida di non ricorrere alla finzione di continuità, non si può trascurare il fatto che il mancato sfruttamento di una possibilità concessa dalla legge proprio al fine di evitare (o, almeno, contenere) gli effetti perniciosi della crisi e di consentire la ripresa delle attività produttive potrebbe esporre gli amministratori a responsabilità, in primo luogo nei confronti della società. E infatti, pare che, in questa ipotesi, la scelta adottata possa godere della protezione della business judgment rule – che sottrae all’indagine giudiziale il contenuto della [continua ..]


NOTE