Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Il “gioco dell´OPA” all'AIM (di Alessandro Triscornia)


AIM Italia is a multilateral trading facility (MTA); MTAs do not qualify as “regulated markets” under the Italian Financial Market Act (TUF). As a consequence, companies whose shares are traded on AIM are not subject to the mandatory offer regime provided under TUF, which only applies to companies listed on a regulated market. Borsa Italiana – that has been operating AIM since its inception – has realized over time that a mandatory offer feature would have been instrumental in bolstering AIM and attracting more liquidity on it. Hence, in 2012 Borsa Italiana amended the AIM Listing Rules so that companies applying for listing on AIM be bound to incorporate in their by-laws (most of) the mandatory offer provisions contained in TUF. This means that the mandatory offer regime under TUF was transplanted in the AIM environment on a contractual basis. The paper first gives an overview of the main legal aspects of AIM and then focuses on the mandatory tender offer pattern for companies listed on AIM. Specifically, the paper describes the way the legal regime under TUF has been transplanted into, and adapted to, AIM, discusses whether the AIM mandatory offer model is legally tenable in all material respects and anticipates where potential issues may stem from. In conclusion, the analysis shows that AIM Listing Rules are core to a seamless deployment of the mandatory offer model on AIM traded shares and suggests that they should be supplemented to try and solve potential loopholes and ensure better co-ordination with tender offer general provisions under TUF.

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SOMMARIO:

1. Brevi cenni sull'AIM e sulla sua genesi - 2. Le regole di ammissione all'AIM - 3. Lo status di quotata sull'AIM e relativi obblighi - 4. L'AIM e la policy dell’OPA endosocietaria - 5. Fonte dell’OPA endosocietaria AIM - 6. Natura della clausola di OPA endosocietaria all'AIM, in astratto - 7. Sua natura, in concreto - 8. Esegesi della clausola “tipo” di OPA endosocietaria AIM: i profili sostanziali - 9. I profili procedurali - 10. I profili processuali (un breve cenno) - 11. Ricostruzione sistematica delle regole legali in materia d'OPA applicabili, per richiamo statutario, alle società quotate all'AIM - 12. Un incrocio “non sorvegliato”: l'OPA sugli emittenti strumenti finanziari diffusi quotati all'AIM a cavallo tra regole legali e regole statutarie - 13. Clausola standard e deviazioni dal modello: problemi aperti - 14. Una nota conclusiva - NOTE


1. Brevi cenni sull'AIM e sulla sua genesi

L’AIM Italia – Mercato Alternativo del Capitale (“AIM”) è il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane 1. L’attuale AIM è nato nel 2012 allorquando Borsa Italiana ha deciso di accorpare due propri preesistenti mercati, l’AIM Italia e il MAC 2, con l’obiettivo di razionalizzare l’offerta di borse valori rivolta alle piccole e medie imprese sulla scorta di un modello che aveva avuto – ed ha – grande successo in Inghilterra 3. Dal punto di vista legale, l’AIM non è tuttavia un mercato regolamentato 4, ma un sistema multilaterale di negoziazione (o MTF, per acronimo dall’espressione inglese multilateral trading facilities) 5. La genesi degli MTF – e dunque dell’AIM – si rinviene, come ormai quasi sempre accade per la regolamentazione di natura finanziaria, in una precisa scelta di policy-making comunitaria: nel 2004, con la direttiva 2004/39/CE (divenuta nota come MiFID, per acronimo dal titolo inglese della direttiva: Markets in Financial Instruments Directive), la Comunità Europea, aderendo ad un’imposta­zio­ne prettamente anglosassone, ispirata al principio della libertà delle negoziazioni, abolì l’obbligo di concentrazione delle negoziazioni mobiliari nei mercati ufficiali (obbligo che era stato invece, sino a quel momento, il principio ispiratore del nostro legislatore nazionale) 6 e diede piena legittimità a sistemi di negoziazione alternativi o complementari ai mercati regolamentati. I “mercati regolamentati” e gli “MTF” sono definiti in modo molto simile nella disciplina comunitaria (così come, di riflesso, nel TUF) e presentano un minimo comune denominatore nell’essere entrambi un “sistema multilaterale che consente l’incontro, al suo interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti” (cfr. art. 4, § 1, punti 14 e 15 della direttiva MiFID). Tuttavia, un mercato regolamentato deve essere “gestito da una società di gestione” ed essere “autorizzato”, mentre la gestione di un MTF (attività che pure richiede l’espressa autorizzazione della Consob ex art. 77-bis del TUF) non ricade nella disciplina dei mercati e [continua ..]


2. Le regole di ammissione all'AIM

La flessibilità dell’AIM è innanzi tutto nelle modalità di ammissione al mercato: mentre infatti per la quotazione su un mercato regolamentato è richiesto un prospetto soggetto ad approvazione da parte della Consob (art. 113, 1° comma, TUF), la quotazione su un MTF – e dunque sull’AIM – non è soggetta ad alcun obbligo legale di prospetto, ma è rimessa ai meccanismi di autoregolamentazione predisposti dal gestore dell’MTF (comunque soggetti al vaglio della Consob ex art. 77-bis, 1° comma, lett. b) e c) del TUF). Le regole di ammissione all’AIM sono dunque quelle stabilite da Borsa Italiana nel regolamento emittenti AIM Italia (che prende il nome di Regolamento Emittenti, ma che qui nel prosieguo chiamerò Regolamento AIM per non creare confusione con il Regolamento Emittenti di Consob) che affida un ruolo centrale al Nominated Advisor (o Nomad), ossia ad una società di corporate finance autorizzata ad operare sull’AIM 9, cui è affidato il compito di “accompagnare” la società nel percorso di quotazione (ma anche di assisterla post quotazione nell’assolvimento degli oneri informativi e di altra natura imposti dal Regolamento AIM). La quotazione richiede la predisposizione di un “documento di ammissione” (Parte Prima, § 3 del Regolamento AIM) che deve rispettare uno schema prefissato (sostanzialmente equivalente nei contenuti, salva qualche “dispensa”, al prospetto previsto dal Regolamento Comunitario 809/2004/CE 10), ma che tuttavia non è soggetto ad alcuna procedura istruttoria né richiede il nulla osta o altra forma di autorizzazione da parte della Consob o di Borsa Italiana; ed anzi, il documento di ammissione deve recare in prima pagina, con adeguata evidenza grafica, proprio l’avvertenza che “Consob e Borsa Italiana non hanno esaminato né approvato il contenuto di questo documento” (cfr. Scheda 2, del Regolamento AIM). Per questa ragione, il ruolo del Nomad è fondamentale, ancorché, sul piano giuridico, il rapporto tra l’emittente e il Nomad non fuoriesca dai confini contrattuali privatistici: “ai fini dell’ammissione sull’AIM Italia, l’emittente deve procedere alla nomina del Nominated Advisor … il Nominated Advisor valuta l’appropriatezza dell’emittente per l’ammissione [continua ..]


3. Lo status di quotata sull'AIM e relativi obblighi

Egualmente rilevante per una PMI che intenda quotarsi all’AIM è il fatto che gli oneri aggiuntivi che conseguono alla quotazione, rispetto agli adempimenti comunque richiesti in via generale ad una società di capitali, sono particolarmente contenuti. Innanzi tutto, la disciplina del TUF e del Regolamento Emittenti che regola in modo capillare la vita di un emittente quotato non si applica alle società ammesse all’AIM: per emittente quotato, ai fini del TUF e del Regolamento Emittenti si intendono infatti “i soggetti italiani o esteri … che emettono strumenti finanziari quotati in un mercato regolamentato italiano” (art. 1, 1° comma, lett. w), TUF), laddove, come si è visto, l’AIM non è un mercato regolamentato (ma, per l’appunto, un sistema multilaterale di negoziazione). Una società quotata all’AIM è dunque soggetta, ex lege, unicamente alle norme di generale applicazione alle società di capitali (oltre che, ovviamente, alle norme relative al suo status soggettivo 12 o allo specifico settore di attività), alla regolamentazione in materia di abusi di mercato 13 e a poche ulteriori specifiche disposizioni del TUF di cui si fornisce qui in nota un “primo inventario” 14. Nel contempo, la società che si quota al­l’AIM presta volontaria adesione all’“impianto regolamentare” del mercato, cui dunque soggiace non perché stabilito dalla legge, ma perché il futuro emittente concorda e accetta ex contractu di vincolarsi a tali regole; l’atto formale con cui ciò avviene è la “domanda di ammissione dell’emittente” 15. Non è questa la sede per un’esegesi delle regole dell’AIM, essendo sufficiente, per contrasto rispetto allo status di quotata su un mercato regolamentato, sottolineare che un’emittente AIM non ha obblighi che incidano sulla composizione o funzionamento degli organi sociali (deve unicamente “adottare e mantenere appropriate regole di governo societario” – Regolamento AIM, Parte Prima, § 6-bis), può continuare a redigere il bilancio in base ai principi contabili nazionali 16 e gli eventuali accordi tra i suoi azionisti hanno natura privata e durata quinquennale ex art. 2341-bis c.c. 17; mentre per raffronto rispetto ad una normale società di [continua ..]


4. L'AIM e la policy dell’OPA endosocietaria

Se l’obiettivo sotteso al lancio dell’AIM era quello di creare una piattaforma (di raccolta dei capitali e di negoziazione) con regole flessibili e proporzionate alla struttura di aziende medio-piccole (anche in termini di costi indiretti della quotazione), l’iniziativa sembra aver colto nel segno 18. L’impianto regolamentare che sostiene l’AIM Italia è del resto la trasposizione all’interno del contesto italiano – e verrebbe quasi da dire la “traduzione” – del rodato e pragmatico quadro regolamentare dell’AIM inglese. L’unica area dell’AIM UK in cui i regolamenti italiani del­l’AIM non hanno potuto “pescare”, costringendo così Borsa Italiana ad una soluzione “autoctona”, è proprio quella dell’OPA. Mentre infatti il particolare regime inglese in materia d’OPA ha consentito di estendere all’AIM UK le regole generali d’OPA senza la necessità di interventi sul quadro normativo (tramite un adeguamento del City Code ad opera del Panel) 19, Borsa Italiana, all’atto del lancio del­­l’AIM nel 2007, non aveva una soluzione a portata di mano. L’esigenza di assicurare un meccanismo che garantisse parità di trattamento agli azionisti in caso di cambio di controllo era stata chiaramente avvertita sin da quando l’ipotesi di un AIM italiano aveva iniziato a circolare tra gli addetti ai lavori: “Borsa italiana gestisce oggi un solo MTF: il MAC, mercato alternativo del capitale. Una iniziativa di sistema, importante, che è stata ampiamente pubblicizzata … Dopo la fusione tra Borsa italiana e il London Stock Exchange, gli operatori si aspettano che in qualche modo il modello Aim sia importato in Italia. Ci si chiede quindi se la formula, snella e sperimentata, potrà agire da incentivo verso i tanti imprenditori della nostra media impresa per condurli verso il mercato. Crediamo che sia una occasione importante per il sistema Italia. Tuttavia, perché l’innesto sia favorevole, devono essere rispettate alcune condizioni: … deve instaurarsi un regime di Opa obbligatoria … La direttiva comunitaria sull’Opa si applica solo alle società quotate su mercati regolamentati. Nel Regno Unito il problema è stato risolto alla radice perché il City Code on Takeovers and Mergers si applica anche [continua ..]


5. Fonte dell’OPA endosocietaria AIM

In realtà, non è che i (pochi) contributi della dottrina all’epoca disponibili fossero univocamente schierati a favore di un rinvio recettizio alla disciplina legale dell’OPA: al contrario, D’Attorre, nel già citato lavoro sull’OPA statutaria, rilevava che “le strade percorribili per raggiungere in via statutaria gli obiettivi perseguiti attraverso l’istituto dell’OPA obbligatoria sono … molteplici, ma non tutte ap­­paiono compatibili con i limiti imposti all’autonomia statutaria nell’ordina­mento italiano … Una prima ipotesi poterebbe essere rappresentata da una clausola inserita nello statuto di una società non quotata che si limiti a prevedere l’assoggettamento alla disciplina prevista dal testo unico della finanza per le società quotate riguardante le offerte pubbliche di acquisto obbligatorie. La clausola avrebbe così la funzione di mera norma di rinvio, imponendo agli azionisti della società l’obbligo di osservare una normativa legale che, in mancanza della specifica previsione statutaria, non troverebbe applicazione per quella società … Molteplici argomentazioni depongono, tuttavia nel negare validità ad una clausola di questo tipo … La disciplina del TUF persegue anche interessi pubblicistici … Laddove gli interessi pubblicistici non sussistono o comunque non assumono rilievo per l’ordinamento, i soci non possono pretendere l’applicazione di un’analoga normativa ... A ciò si aggiunga che la previsione dell’opa obbligatoria costituisce un tassello del più generale statuto speciale delle società quotate … Non possono pertanto i soci compiere un’operazione di cherry picking, scegliendo di applicare solo uno spezzatino della complessiva normativa relativa alle società quotate. Infine, ed è questa l’obiezione decisiva, l’operatività dell’opa obbligatoria è legata all’intervento della Consob ... cui spetta, tra l’altro, il compito di regolamentare e disciplinare lo svolgimento delle singole offerte … Ma le funzioni normative e di vigilanza della Consob in materia di offerte pubbliche obbligatorie possono esercitarsi solo nei confronti delle società quotate su mercati regolamentati italiani …, non certo nei confronti di società con titoli [continua ..]


6. Natura della clausola di OPA endosocietaria all'AIM, in astratto

Non avrei dubbi sul fatto che alla prima (astratta) domanda può uno statuto obbligare un socio, al verificarsi di determinate condizioni, a lanciare un’offerta di acquisto sulle azioni degli altri soci debba essere data risposta positiva. Mi pare infatti che un tale obbligo non fuoriesca dai limiti che l’ordinamento concede al­l’au­tonomia statutaria, non incontrando divieti dettati da norme imperative, rispondendo a canoni di “meritevolezza” ex art. 1322, 2° comma, c.c. e muovendosi entro i confini intersoggettivi stabiliti dall’art. 1372, 2° comma, c.c. Volendo ripercorrere in chiave critica ciascuno dei profili appena menzionati, direi che l’inevitabile punto di partenza è la considerazione che, se da un lato, la tipicità degli schemi societari sottrae all’autonomia privata la possibilità di creare modelli organizzativi diversi da quelli previsti dall’ordine giuridico, dall’altro lato ogni fenotipo societario lascia spazi all’autonomia privata “per plasmare l’organizzazione sulle esigenze della singola realtà societaria e sulla specifica impresa sociale” 29. In assenza di qualsivoglia disposizione legale che si occupi espressamente di meccanismi di OPA statutaria, l’indagine sul piano della compatibilità con le norme imperative in materia societaria si svolge necessariamente sul piano dell’analogia, ossia della ricerca dei principi di ordine generale che possano ricavarsi da norme imperative che siano conferenti rispetto al tema di indagine. E direi che giocoforza, nel nostro caso, il termine di raffronto è dato (dai principi desumibili) dall’art. 2355-bis c.c., che rappresenta il test di “ammissibilità” per le clausole statutarie che “incidono” sulla libera trasferibilità delle partecipazioni 30. Dal primo comma dell’art. 2355-bis c.c. si ricavano infatti due regole di carattere generale: lo statuto può sottoporre la circolazione delle azioni a condizioni particolari e può vietarne il trasferimento per un periodo non eccedente il quinquennio. Chiaramente, la seconda regola contribuisce anche a qualificare meglio anche la prima 31, nel senso che condizioni particolari possono essere pattuite sine die nella misura in cui il loro effetto non equivalga, in concreto, ad un divieto di trasferimento. Rientrano nel concetto [continua ..]


7. Sua natura, in concreto

Raggiunta la conclusione che uno statuto può legittimamente obbligare un socio a promuovere un’offerta pubblica di acquisto (sospendendone il voto ove l’obbligo sia disatteso), si tratta ora di verificare se la clausola standard imposta dal Regolamento AIM sia idonea, in concreto, a raggiungere il risultato voluto; il dubbio si pone per il fatto che tale clausola non contiene una autonoma disciplina dell’OPA endosocietaria (non è cioè una clausola autosufficiente), ma opera attraverso un rinvio “aperto” alla disciplina legale dell’OPA obbligatoria: “a partire dal momento in cui le azioni emesse dalla Società sono ammesse alle negoziazioni sull’AIM Italia si rendono applicabili per richiamo volontario ed in quanto compatibili le disposizioni … relative alle società quotate di cui al TUF ed ai regolamenti Consob di attuazione in materia di offerta pubblica di acquisto e scambio obbligatoria (limitatamente agli artt. 106 e 107 TUF)” – cfr. Regolamento AIM, Scheda 6. La clausola ambisce cioè ad equiparare, ai fini dell’OPA obbligatoria, la posizione di un emittente AIM alla posizione di un emittente quotato sul listino principale. Ma la profonda differenza tra le due posizioni “soggettive” è evidente, a partire dal fatto che un’offerta pubblica su un emittente quotato alla borsa principale è soggetta alla vigilanza Consob, presenta presidi anche di natura penalistica e di sanzione amministrativa e “lavora in sincronia” con altre norme del TUF – non applicabili agli emittenti AIM – che incidono sui meccanismi di offerta (si pensi al tema della trasparenza societaria o alla pubblicità dei patti parasociali 42); laddove invece il rinvio recettizio ad opera dello statuto degli emittenti AIM si ferma, necessariamente, all’identificazione delle fattispecie generatrici dell’obbligo di OPA e al recepimento di regole di svolgimento delle offerte (in entrambi i casi, comunque, con la difficoltà di non poter fare affidamento sull’arbitro, la Consob, che tali regole è chiamata, per legge, ad amministrare e che per legge ha poteri istruttori, conformativi e sanzionatori che rendono le regole vive ed effettive). Non credo tuttavia che da tali considerazioni possano trarsi conseguenze sulla validità o invalidità della clausola. Chi ha espresso [continua ..]


8. Esegesi della clausola “tipo” di OPA endosocietaria AIM: i profili sostanziali

La clausola di OPA endosocietaria standard dell’AIM, la cui adozione costituisce condizione di ammissibilità alla quotazione, è contenuta, come già più volte si è ricordato, nella Scheda 6 del Regolamento AIM. Si tratta di una clausola composita, che regola tre profili tra loro distinti, anche se collegati dal comune nesso funzionale. Il “cuore” della clausola è ovviamente costituito dal rinvio materiale alla disciplina legale dell’OPA obbligatoria ex artt. 106 e 109 TUF, ma la clausola contiene anche previsioni di natura procedurale (sullo svolgimento dell’offerta) ed embrionalmente processuali (il preventivo coinvolgimento del Panel è condizione di procedibilità per ogni eventuale controversia che dovesse insorgere dalla clausola). Esaminerò separatamente i tre profili, partendo, in questo paragrafo, dalle previsioni di natura sostanziale contenute nella clausola, che identifico in questi passaggi (con una minima interpolazione, rispetto alla sequenza con cui sono collocati nella clausola, per renderli consequenziali nella lettura): (1) a partire dal momento in cui le azioni emesse dalla Società sono ammesse alle negoziazioni sull’AIM Italia, si rendono applicabili per richiamo volontario ed in quanto compatibili le disposizioni del TUF e dei regolamenti Consob in materia di offerta pubblica di acquisto e di scambio obbligatoria (limitatamente agli artt. 106 e 109 TUF); (2) la disciplina richiamata è quella in vigore al momento in cui scattano gli obblighi in capo all’azionista; (3) il superamento della soglia di partecipazione prevista dal­l’art. 106, primo comma, del TUF non accompagnato dalla comunicazione al consiglio di amministrazione e dalla presentazione di un’offerta pubblica totalitaria nei termini previsti dalla disciplina richiamata comporta la sospensione del diritto di voto sulla partecipazione eccedente, che può essere accertata in qualsiasi momento dal consiglio di amministrazione. La clausola è dunque “costruita” con un rinvio alla disciplina legale dell’OPA obbligatoria (come vigente al momento in cui scattano gli obblighi di offerta) solo per quanto attiene all’identificazione della fattispecie generatrice dell’obbligo di offerta; mentre detta direttamente – ma non avrebbe potuto essere diversamente 48 – la disciplina delle conseguenze, sul [continua ..]


9. I profili procedurali

Come anticipato, la clausola standard di OPA endosocietaria AIM contiene poi disposizioni di natura procedimentale, volte cioè a regolare l’ordinato svolgimento delle offerte. Distinguo qui le regole procedurali di offerta dalle regole di natura processuale che sono esaminate nel successivo paragrafo. Come già per la clausola di rinvio, è necessario ricomporre le regole procedurali in una sequenza compiuta, interpolando a tal fine, soprattutto nell’ordine di esposizione, alcuni passaggi del testo della clausola statutaria standard. Punto di partenza è il riconoscimento, ad opera dello statuto, dell’istituzione da parte di Borsa Italiana di un collegio di probiviri (formato da esperti indipendenti della materia e denominato Panel, in evidente ossequio all’organo deputato ad amministrare le offerte pubbliche di acquisto e scambio in Inghilterra) cui è affidato il compito di “dettare le disposizioni opportune o necessarie per il corretto svolgimento dell’offerta”, nonché l’ulteriore compito (che non mi sembra debba necessariamente coincidere con il compito che precede) di “esercitare i poteri di amministrazione dell’offerta pubblica di acquisto e scambio di cui alla clausola in materia di offerta pubblica di acquisto”. Ritengo che i due compiti non coincidano perché ho la sensazione che l’inciso “di cui alla clausola in materia di offerta pubblica” sia volto a far sì che, una volta trasposto nello statuto dell’emittente l’articolato normativo dell’OPA oggetto di richiamo, i riferimenti a Consob ivi contenuti debbano leggersi come riferimenti al Panel (che quindi esercita in luogo di Consob i poteri di amministrazione del­l’offerta attribuiti a Consob nelle norme recepite per rinvio), mentre il primo compito, ossia quello di “dettare le disposizioni opportune o necessarie per il corretto svolgimento dell’of­ferta” sembra attribuito al Panel in via di primogenitura (e quindi a prescindere dal fatto che tale compito sia delegato o meno alla Consob nelle norme richiamate). Questa distinzione è avvalorata, a mio avviso, anche dalla considerazione che la clausola standard attribuisce al Panel una funzione di risoluzione preventiva delle questioni ordinamentali dell’offerta (cui si ricollega evidentemente il potere di dettare le disposizioni opportune o necessarie [continua ..]


10. I profili processuali (un breve cenno)

Più incerta mi pare invece la “sorte” da attribuire ad una ulteriore previsione della clausola standard che assegna un ulteriore ruolo al Panel, questa volta sul piano processuale: “tutte le controversie relative all’interpretazione ed esecuzione della presente clausola dovranno essere preventivamente sottoposte, come condizione di procedibilità, al ... Panel. Le determinazioni del Panel sulle controversie relative all’interpretazione ed esecuzione della clausola in materia di offerta pubblica di acquisto sono rese secondo diritto, con rispetto del principio del contraddittorio, entro 30 giorni dal ricorso e sono comunicate tempestivamente alle parti. La lingua del procedimento è l’italiano. Il Presidente del Panel ha facoltà di assegnare, di intesa con gli altri membri del collegio, la questione ad un solo membro del collegio”. La formulazione letterale della clausola sembra ricalcare un patto compromissorio statutario regolato dall’art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, ma se ne differenzia sotto un profilo essenziale: non si tratta di un arbitrato, inteso quale sistema di decisione delle controversie alternativo alla giurisdizione ordinaria i cui provvedimenti conclusivi siano soggetti ad impugnazione. Né potrebbe essere altrimenti alla luce della lettura coordinata del citato art. 34 e del disposto dell’art. 2325-bis c.c. ivi richiamato. Infatti, da un lato, la prima norma vieta l’inserimento di clausole compromissorie negli statuti di “società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’art. 2325-bis del codice civile” 53; dall’altro lato, la disposizione codicistica ha una duplice portata tale da attrarre sotto propria sfera di applicazione tanto le società regolamentate, quanto – ed ai fini che qui rilevano, soprattutto – le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, tra le quali ultime rientrano, potenzialmente, anche società quotate all’AIM 54. Pertanto, la clausola standard del Regolamento AIM, per conservare la sua portata generale, compatibile con tutti gli statuti delle società AIM Italia, ha dovuto “rinunciare” all’arbitrato societario quale strumento di risoluzione delle controversie aventi ad oggetto l’OPA endosocietaria 55, a favore della giurisdizione ordinaria. I termini della [continua ..]


11. Ricostruzione sistematica delle regole legali in materia d'OPA applicabili, per richiamo statutario, alle società quotate all'AIM

L’indagine sulla idoneità (in concreto) della clausola di OPA statutaria può a questo punto completarsi con la disamina delle regole legali di OPA che sono effettivamente applicabili agli emittenti AIM, e ciò sia in relazione al caveat contenuto nella norma di richiamo “in quanto compatibili” sia in relazione alla necessità di verificare che taluni profili specifici della disciplina legale dell’OPA (in primis, il ruolo della Consob nell’amministrazione delle offerte) non siano di tale intensità da precludere, di fatto, il funzionamento delle norme cui si fa rinvio una volta che le stesse siano state esportate nel contesto degli emittenti AIM. Si tratta in sintesi di comprendere se l’uno e l’altro limite consentano comunque di ricavare, dal rinvio alla normativa legale OPA, una disciplina, applicabile agli emittenti AIM, sufficientemente determinata nel suo contenuto e coerente nel suo insieme, di modo che possa dirsi che l’articolato così virtualmente riprodotto a statuto soddisfa i canoni dell’art. 1346 c.c. (in termini di determinatezza o determinabilità). Già si è detto come la clausola statutaria standard contenga un rinvio non solo agli artt. 106 e 109 TUF, ma più in generale alla disciplina primaria e regolamentare applicabile nel contesto di un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria ex art. 106 TUF. Questa è la conclusione cui si giunge in virtù dell’espresso disposto dell’art. 6-bis del Regolamento AIM (Parte Prima) sia pur nei limiti della sua funzione interpretativa (e non integrativa) della clausola statutaria standard, laddove precisa che “per effetto del richiamo volontario operato dalle previsioni statutarie” si applicano all’emit­tente AIM le norme (primarie e regolamentari e sin anche gli orientamenti Consob) limitatamente (ma ancora una volta l’avverbio deve leggersi piuttosto come relativamente) alle comunicazioni in materia di offerta, alle garanzie dell’offerente (note, nel gergo degli addetti ai lavori, come cash confirmation), allo svolgimento del­l’offerta, alle norme di correttezza e trasparenza, alle modifiche dell’offerta e alle offerte concorrenti. Ma vi è di più perché, da un lato, l’art. 6bis del Regolamento Emittenti contiene una precisazione importante (le norme sopra elencate sono quelle che [continua ..]


12. Un incrocio “non sorvegliato”: l'OPA sugli emittenti strumenti finanziari diffusi quotati all'AIM a cavallo tra regole legali e regole statutarie

La trasposizione volontaria di un sistema così articolato e complesso come quello dell’OPA presenta inevitabilmente più di un’area di criticità. Un tema di non perfetto coordinamento tra la disciplina statutaria dell’AIM e l’impianto legale del­l’OPA viene ad esempio a porsi per effetto della presenza sul listino AIM di alcuni emittenti titoli diffusi 58. In base alla disciplina generale 59, infatti, un’offerta pubblica su azioni di un emittente titoli diffusi per un controvalore superiore a 5 milioni di euro costituisce, a tutti gli effetti, un’offerta pubblica di acquisto cui si applica la disciplina del TUF e regolamentare in materia di offerte pubbliche di acquisto e scambio (nei limiti precisati nell’ultima nota a piè pagina). La conseguenza è che un’offerta, di valore superiore a cinque milioni di euro, su un emittente titoli diffusi quotato all’AIM, a seguito del superamento della soglia del 30%, costituirebbe un’offerta promossa volontariamente se vista con gli occhi del TUF (non potendosi certo definire l’offerta obbligatoria ex lege), ma sarebbe, al tempo stesso, un’offerta di acquisto obbligatoria ai sensi della disciplina statutaria del­l’emittente (adottata in virtù del Regolamento AIM). Una dicotomia che non esclude, come si vedrà, la coesistenza delle due discipline, ma che nondimeno impone alcuni distinguo e adattamenti allo stato non espressamente considerati nel Regolamento AIM. Il primo e fondamentale punto di distacco dal meccanismo dell’OPA puramente statutaria discende dalla circostanza che l’offerta (su azioni di un emittente titoli diffusi quotato all’AIM) sarebbe vigilata dalla Consob (art. 101-ter TUF), laddove invece tutto il quadro di riferimento su cui è costruita l’OPA all’AIM presuppone l’assenza di un intervento pubblicistico nel contesto dell’offerta 60 e attribuisce al Panel, come si è visto, tutti i compiti di amministrazione e gestione dell’offerta. La stessa presentazione dell’offerta sarebbe subordinata all’approvazione del documento di offerta da parte della Consob secondo i consueti meccanismi dell’OPA su una quotata all’MTA 61. Inoltre, a differenza di quanto stabilito nella clausola standard AIM, che allo stato non prevede una differente declinazione per gli [continua ..]


13. Clausola standard e deviazioni dal modello: problemi aperti

Un’altra area problematica per la disciplina dell’OPA endosocietaria all’AIM è la tendenza degli emittenti, riscontrabile con una semplice analisi empirica, ad ampliare la portata del richiamo alla normativa OPA rispetto ai chiari confini dettati dalla clausola standard imposta (o forse, a questo punto si dovrebbe dire: suggerita) dal Regolamento AIM. Mentre la clausola standard circoscrive il recepimento delle fattispecie di offerta obbligatoria all’OPA per superamento della soglia principale (ossia il 30%, salvo riduzione o aumento nei limiti consentiti alle PMI) e alla c.d. OPA da consolidamento (“… si rendono applicabili per richiamo volontario … le disposizioni del TUF e del Regolamento Emittenti limitatamente agli articoli 106 e 108 TUF”), molti dei più recenti esempi statutari degli emittenti AIM vanno oltre ed estendono il rinvio anche all’OPA residuale (art. 108 TUF) 62 e, soprattutto, al meccanismo di squeeze out previsto dall’ art. 111 TUF (peraltro, di nuovo in più di uno statuto, abbassandone la soglia di esercizio dal 95% stabilito dalla norma di legge al 90%) 63. Dirò subito che questo passo ulteriore nel recepimento della normativa OPA delle quotate non mi convince; e non perché dubiti della possibilità di costruire un meccanismo di squeeze out endosocietario, essendo state scritte pagine convincenti al riguardo 64, ma perché la modalità del richiamo non mi pare, in questa occasione, rispettosa dell’inderogabile paradigma normativo, desumibile dagli artt. 2437-sexies e 2437-quater c.c., della garanzia di equa valorizzazione nei casi di exit forzata di un socio 65. Una premessa è necessaria: il recepimento della fattispecie dell’art. 111 TUF ha quale immediato corollario, in funzione della tecnica del rinvio recettizio senza modifiche o integrazioni, l’applica­zione delle regole, dettate dall’art. 111 TUF, per la determinazione del prezzo della partecipazione oggetto di squeeze out. Ora, l’art. 111 TUF distingue due ipotesi: una principale – per cui il prezzo è automaticamente quello della precedente offerta –, che si applica nel caso in cui lo squeeze out consegua ad un’offerta totalitaria cui abbia aderito almeno il 90% dei destinatari (o meglio, cui siano state apportate almeno il 90% delle azioni oggetto di offerta) (cfr. art. [continua ..]


14. Una nota conclusiva

Una breve nota conclusiva. Sono ormai trascorsi cinque anni dall’introduzione della disciplina OPA endosocietaria sull’AIM. Da allora, i casi di offerta su un emittente AIM sono stati in concreto pochi ed è quindi presto per formulare qualsivoglia giudizio su questo interessante esperimento di soft law. Alcune considerazioni di fondo mi sembrano tuttavia possibili rispetto a tre profili. Il primo: il mero rinvio statutario è insufficiente a regolare in modo efficace un fenomeno intrinsecamente complesso come l’OPA; e di ciò mi pare che Borsa Italiana abbia acquisito consapevolezza, al punto, come ricordato in precedenza, di integrare il Regolamento AIM, a fine 2015, per meglio chiarire la portata oggettiva del rinvio alla disciplina di legge. Ritengo tuttavia che questo esercizio richieda un ulteriore sforzo di affinamento al fine di creare una base giuridica più solida di interazione tra Regolamento AIM e statuti, riservando a questi ultimi il compito di introdurre (con il sintetico rinvio volontario alla disciplina legale) l’obbligo di OPA, ma utilizzando poi utilmente lo strumento del regolamento per definire, con uniformità e oggettività, la portata del richiamo. Il secondo: occorre, come si è visto in precedenza, un coordinamento con le norme in materia di offerte pubbliche che sono ex lege applicabili agli emittenti titoli diffusi quotati sull’AIM. Terzo: lo strumento dell’OPA endosocietaria deve mantenere caratteristiche di uniformità per tutti gli emittenti in modo che l’investitore possa assumere una identità di condizioni e tutele; se è intenzione di Borsa Italiana ammettere la prassi dello squeeze out, occorre che ciò avvenga con trasparenza, generale applicazione e attenzione al tema dei vincoli legali sul prezzo di exit (il che, ancora una volta, chiama in gioco il ruolo da attribuire al Regolamento AIM).


NOTE