Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Profili di diritto internazionale privato ed europeo delle società (di Massimo V. Benedettelli)


SOMMARIO:

1. La dimensione internazionalprivatistica ed europea del diritto delle società - 2. Criteri guida per il coordinamento tra diritto interno, diritto straniero e diritto europeo in materia societaria - 3. Il coordinamento internazionalprivatistico secondo il diritto italiano: rinvio tendenzialmente integrale alle valutazioni dell’ordinamento di costituzione della società - 4. L’influenza del diritto europeo sul coordinamento tra gli ordinamenti degli Stati membri in materia societaria - 5. L’ambito della giurisdizione italiana in materia societaria - 6. Il riconoscimento di sentenze, altri provvedimenti e lodi arbitrali stranieri in materia societaria - 7. Il diritto applicabile in materia societaria - 8. Le fusioni e le scissioni internazionali - 9. Il trasferimento della sede sociale all’estero - Bibliografia - NOTE


1. La dimensione internazionalprivatistica ed europea del diritto delle società

Nell’era della globalizzazione è facile che una società entri in contatto con più sistemi sociali e risulti perciò esposta alle valutazioni dei rispettivi ordinamenti. È altrettanto probabile che una società attiva all’interno di uno Stato membro della Unione Europea sia destinataria di norme che l’ordinamento di tale peculiare forma di organizzazione internazionale pone con riguardo al fenomeno societario. Il diritto italiano delle società ha dunque necessariamente una dimensione internazionalprivatistica ed una dimensione europea. Ciò significa che di fronte ad una data fattispecie di impresa o altro ente organizzati in forma collettiva l’operatore giuridico dovrà sempre, preliminarmente, chiedersi: da un lato, se la fattispecie presenta elementi di estraneità rispetto al foro, e in tal caso come l’ordinamento italiano si coordina con gli ordinamenti stranieri nel dare alla stessa disciplina; dall’altro lato, se la fattispecie rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’UE (qui di seguito, per brevità, “diritto europeo” o “diritto comunitario”), od è comunque rilevante per il perseguimento delle finalità dell’UE, risultando perciò destinataria dei relativi precetti. Non cogliere questa duplice, possibile dimensione del diritto societario può con­durre a soluzioni errate, frequenti nella dottrina non specialistica e nella giurisprudenza. Sotto il primo profilo va infatti rimarcato che le disposizioni degli artt. 2247 ss. c.c., 119 ss. t.u.f., o di altre leggi speciali in materia societaria, potrebbero non trovare tout court applicazione, o potrebbero non essere la fonte unica ed esclusiva di disciplina, quando in relazione a situazioni o rapporti interessanti una data società: l’ordinamento italiano difetti di giurisdizione; o la giurisdizione italiana sia stata validamente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero; o vi sia litispendenza o connessione internazionali; o si sia formato un giudicato straniero; o il giudice italiano sia chiamato dalle proprie norme di conflitto ad applicare diritto straniero o a integrare il diritto interno con norme di applicazione necessaria di altri ordinamenti. Sotto il secondo profilo va invece ricordato che per l’UE le società rilevano con riguardo [continua ..]


2. Criteri guida per il coordinamento tra diritto interno, diritto straniero e diritto europeo in materia societaria

Per “governare” la dimensione internazionalprivatistica ed europea del diritto societario l’operatore giuridico deve innanzitutto procedere ad un corretto coordinamento delle fonti di diritto interno, diritto straniero e diritto dell’UE volta a volta in rilievo. A questo fine possono essere suggeriti alcuni criteri-guida. Innanzitutto, l’operatore giuridico deve verificare se una data società (o la situazione o il rapporto che la interessano) presenta collegamenti con uno o più ordinamenti stranieri che possano dare origine ad una problematica internazionalprivatistica. Ciò avverrà in primo luogo, come è ovvio, quando sia stato un ordinamento straniero a “creare” l’ente, vale a dire, a fare di una data formazione sociale un centro autonomo di imputazione di situazioni giuridiche (BENEDETTELLI, 1997, 46; LUZZATTO, AZZOLINI, 1997, 139). Le società commerciali sono infatti modelli di organizzazione di un’attività di impresa collettiva, vale a dire sistemi di norme (qui di seguito, per brevità, la “lex societatis”) che, in deroga al diritto comune, definiscono i rapporti interni tra i soggetti che a vario titolo concorrono alla attività dell’ente (come soci o titolari di altri diritti partecipativi ovvero come organi, di amministrazione o di controllo), nonché le modalità e gli effetti dei rapporti esterni che l’ente instaura con i terzi nel perseguimento dei suoi obiettivi (cfr. ROSSI, 1967; BASILE, FALZEA, 1983, 271). Come tali, le società commerciali sono creazioni del diritto, rectius di un determinato ordinamento giuridico, e ciò indipendentemente dal fatto che l’ente sia poi venuto a esistenza per effetto di un provvedimento concreto, giudiziale o amministrativo, o per l’operare automatico di norme generali e astratte. In realtà, gli elementi di estraneità che collegano una fattispecie societaria a Stati stranieri, creando il rischio di conflitti di giurisdizione o di conflitti di legge, possono essere numerosi altri, ed i più vari: la localizzazione della sede statutaria, della sede amministrativa, della “sede reale” (ove diversa da quella in cui, per norma di legge o per disposizione statutaria, devono tenersi le riunioni degli organi amministrativi), delle sedi [continua ..]


3. Il coordinamento internazionalprivatistico secondo il diritto italiano: rinvio tendenzialmente integrale alle valutazioni dell’ordinamento di costituzione della società

La principale disposizione di diritto internazionale privato italiano dedicata alla materia societaria è rinvenibile nell’art. 25, 1° comma, legge dip. ai sensi del quale, da un lato, la legge regolatrice delle società (nonché delle persone giuridiche e degli enti collettivi in genere: cfr. BENEDETTELLI, 1997, 44 ss.) è quella dello Stato “nel cui territorio in cui è stato perfezionato il procedimento di costituzione”, dal­l’altro, “si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale”. La disposizione sembrerebbe porre due distinte norme di conflitto ispirate al metodo internazionalprivatistico “classico” di localizzazione spaziale delle fattispecie (sul quale v. PICONE, 1999, 35 ss.): una norma di conflitto “bilaterale” (vale a dire, una disposizione sul diritto applicabile che utilizza un medesimo criterio di collegamento per determinare l’ambito di applicazione della lex fori e per richiamare il diritto straniero) fondata sulla “teoria della incorporazione” (in particolare, nella variante che la letteratura tedesca designa come Gründungsorttheorie: cfr. BRÖDERMANN, 1994, 62), ed una norma di conflitto “unilaterale introversa” (vale a dire, una disposizione conflittuale avente la sola funzione di rendere applicabile il diritto interno) fondata invece sulla c.d. “teoria della sede reale” (su tali teorie, spesso contrapposte dagli autori che si sono occupati di diritto internazionale privato delle società, v. BROGGINI, 1992, nonché, quanto al loro limitato potere euristico, BENEDETTELLI, 2010, Sul trasferimento, 1258 s.). Ed effettivamente questa è la costruzione dell’art. 25, 1° comma, legge dip. fatta propria da varia dottrina (cfr. BAREL, ARMELLINI, 2013, 122; TONOLO, 2013, 136; BALLARINO, 2011, 139; SPIOTTA, 2007, 1701; SANTA MARIA, 1997, 473; SEATZU, 1997, 831 ss.). Ad un più attento esame tale costruzione non appare tuttavia condivisibile (cfr. BENEDETTELLI, 1997, 61). Essa, infatti, riflette una analisi dell’art. 25, 1° comma, legge dip. che, fermandosi alla mera lettera della disposizione senza alcuno sforzo sistematico, dà poi [continua ..]


4. L’influenza del diritto europeo sul coordinamento tra gli ordinamenti degli Stati membri in materia societaria

Il diritto dell’UE esercita una sensibile influenza sul diritto internazionale privato degli Stati membri in materia societaria sotto tre, distinti profili. In primo luogo, in una serie ormai corposa di coerenti pronunce (9 marzo 1999, C-212/97, Centros, Raccolta, 1999, I-1484; 5 novembre 2002, causa C-208/00, Überseering, ivi, 2002, I-9919; 30 settembre 2003, C-167/01, Inspire Art, ivi, 2003, I-10155; 7 luglio 2005, C-411/03, SEVIC, ivi, 2005, I-10825; 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes, ivi, 2006, I-8031; 16 dicembre 2008, C-210/06, Cartesio, ivi, 2008, I-9641; 29 novembre 2011, C-371/10, National Grid, ivi, 2011, I, 12273; 12 luglio 2012, C-378/10, VALE, ww.eur-lex.europa.eu), la Corte di giustizia ha dato una lettura alquanto “creativa” delle norme sulla libertà di stabilimento derivando dall’art. 49 t.f.u.e. un (nuovo) “diritto alla mobilità societaria”. Tale diritto configura una situazione di vantaggio per la quale i beneficiari di tale libertà: da un lato, possono scegliere tra le leges societatis dei vari Stati membri quella ai sensi della quale organizzare la propria impresa collettiva, anche quando non vi sia alcun collegamento (ulteriore rispetto alla optio legis) con lo Stato membro di costituzione, ed indipendentemente dalla circostanza che l’ente societario svolga poi la propria attività d’impresa interamente in un altro Stato membro; dall’altro, possono modificare la lex societatisoriginariamente scelta, senza scioglimento e liquidazione del patrimonio aziendale, attraverso operazioni di “trasformazione internazionale” quali il trasferimento della sede sociale in vista del­l’assoggettamento ad una nuova lex societatis, la fusione o la scissione transfrontaliere (BENEDETTELLI, L’autonomia negoziale, 2007). Correttamente intesa (BENEDETTELLI, 2001, 585 ss.; ID., 2004, Diritto internazionale privato delle società, 21 ss.) questa giurisprudenza (di seguito, per brevità, la “dottrina Centros”) si traduce in realtà in una serie di principi sul coordinamento tra i diritti societari degli Stati membri, principi che senza sostituirsi integralmente alle discipline internazionalprivatistiche nazionali (ciò sarebbe contrario a [continua ..]


5. L’ambito della giurisdizione italiana in materia societaria

La legge dip. non contiene disposizioni speciali volte a determinare l’ambito della giurisdizione italiana rispetto a controversie (o altri procedimenti) in cui si pongano questioni di diritto societario, o altrimenti interessanti l’organizzazione e le attività della società, l’azione dei suoi organi, i rapporti tra soci. Per le società, cioè, vale la stessa disciplina dettata dagli artt. 3-12 legge dip. con riguardo alle persone fisiche o ad altri enti dotati di capacità processuale, ma con gli adattamenti e le integrazioni che seguono. Quanto al criterio generale per cui la giurisdizione sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 c.p.c. (art. 3, 1° comma, legge dip.), dal combinato disposto degli artt. 46 c.c. e 19 c.p.c. si desume che esso andrà applicato dando rilievo alla sede della società, e precisamente alla sua sede statutaria, nonché, ove non coincidente, alla sua sede effettiva o “reale” (vale a dire, al luogo in cui si svolgono di fatto i processi decisionali interni dell’ente, anche se diverso dal luogo eventualmente prescritto dalla lex societatis o dallo statuto per le adunanze degli organi sociali: cfr. BENEDETTELLI, 2010, Sul trasferimento, 1256). Ai sensi dell’art. 46, 2° comma, c.c., questo secondo criterio di giurisdizione opererà soltanto a beneficio dell’attore, nel senso che la società convenuta in virtù della localizzazione in Italia della sua sede statutaria non potrà eccepire il difetto di giurisdizione argomentando che la sua sede effettiva si trova in realtà all’estero, né potrà avvalersi su tali basi, e in virtù dell’art. 3, 2° comma, legge dip. (sul quale v. infra, qui di seguito), del forum actoris di cui all’art. 18 c.p.c. Inoltre, sempre per effetto dell’art. 46 c.c., la disposizione dell’art. 77, 2° comma, c.p.c., per cui il potere di rappresentanza processuale si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio in Italia, comporterà la possibilità per l’attore di radicare la giurisdizione in Italia con riguardo ad azioni promosse contro una società con [continua ..]


6. Il riconoscimento di sentenze, altri provvedimenti e lodi arbitrali stranieri in materia societaria

Anche per quanto riguarda il riconoscimento di sentenze e provvedimenti stranieri il diritto internazionale privato italiano non pone norme speciali per la materia societaria, trovando applicazione gli artt. 64 e ss. legge dip., ovvero, quan­do l’atto promani dalla corte di uno Stato membro dell’UE, gli artt. 36 e ss. Reg. Brussels I bis. Vanno tuttavia ricordate, per il rilievo che possono avere in relazione alle società, le particolari disposizioni di cui agli artt. 65 e 66 legge dip. con le quali si prevede il riconoscimento automatico, e a condizioni semplificate rispetto al procedimento ordinario di cui all’art. 64: (i) di provvedimenti sulla capacità delle persone (tra i quali vanno fatti rientrare provvedimenti che intervengano nel procedimento di incorporazione di un ente collettivo, così come provvedimenti relativi a fenomeni di trasformazione dell’ente, quali fusioni e scissioni internazionali e trasferimenti di sede in vista del cambio della lex societatis) e di provvedimenti assunti nell’esercizio di funzioni di volontaria giurisdizione, quando tali provvedimenti siano pronunziati (a) dalla autorità di uno Stato il cui diritto sia richiamato dalle norme di conflitto (quindi, ai sensi dell’art. 25 legge dip., da autorità dello Stato della lex societatis), ovvero (b) dalla autorità di uno Stato terzo ma a condizione di essere considerati efficaci dall’ordinamento dello Stato della lex causae (dunque, di nuovo ex art. 25 legge dip., dall’ordinamento della lex societatis), nonché (ii) di provvedimenti di volontaria giurisdizione emanati da autorità di uno Stato che risulti competente in base a criteri corrispondenti a quelli posti all’art. 9 legge dip. Con riguardo poi al foro esclusivo di cui all’art. 24, n. 2, Reg. Brussels I bis, va tenuto conto che la sua imperatività viene garantita dal regolamento comunitario anche con il divieto di dare riconoscimento ed esecuzione a sentenze che siano state pronunziate in uno Stato membro in spregio di tale previsione (artt. 45, par. 1, lett. e), punto ii) e 46). Più in generale, non potranno essere riconosciuti ed eseguiti in uno Stato membro dell’UE, in quanto in contrasto con il suo ordine pubblico, provvedimenti giurisdizionali, nonché [continua ..]


7. Il diritto applicabile in materia societaria

Il peculiare approccio seguito dal legislatore italiano per attuare il coordinamento con gli ordinamenti stranieri nella materia societaria – vale a dire, la valorizzazione in una prospettiva tendenzialmente unilateralistica dell’ordinamento dello Stato ai sensi della cui legge un dato ente corporativo è venuto ad esistenza considerato nel suo complesso (v. supra, sub § 3) – incide su varie questioni generali che il giudice può trovarsi ad affrontare nella determinazione del diritto da applicare. Si è già ricordata (v. supra, sub § 3, nonché MAZZONI, 2014, CARBONE, 2007, DRAETTA, 2004, COSTI, 1998) la particolare importanza che assume in questa materia il problema della qualificazione, dati i labili confini tra l’istituto societario ed altri istituti privatistici (l’insolvenza, il mercato di valori mobiliari, la responsabilità contrattuale, la responsabilità da fatto illecito, la proprietà ed i diritti reali di garanzia) pure rilevanti con riguardo all’essere ed all’agire della impresa collettiva. Per coerenza con quanto già detto con riguardo alla interpretazione dell’art. 25 (e degli artt. 65 e 66) legge dip., tale problema andrà risolto dal giudice non lege fori, ma facendo propria la posizione dell’ordinamento della lex societatis: se una data questione vada disciplinata qua lege societatis anziché qua lege concursus o lege mercatus o lege contractus o lege commissi delicti andrà quindi accertato sulla base della legge italiana, quando entrino in rilievo società di diritto italiano, e sulla base della legge dell’ordinamento straniero di incorporazione, quando entrino in rilievo società di diritto straniero (BENEDETTELLI, 1997, 47 ss.; in senso adesivo LUZZATTO, AZZOLINI, 1997, 144, CARBONE, 2007, 33). Questa soluzione (comunque imposta dal diritto comunitario quando si tratti di società beneficiare delle libertà di circolazione: v. supra, sub § 4) comporta che l’elenco contenuto nell’art. 25, 2° comma, legge dip. delle questioni riconducibili sotto il dominio della lex societatis ha natura meramente semplificativa (come peraltro conferma il suo incipit: “in [continua ..]


8. Le fusioni e le scissioni internazionali

Per fusione internazionale (o transfrontaliera) deve intendersi qualunque operazione di integrazione giuridica tra due (o più) società volta a produrre il triplice effetto dell’assunzione da parte di una società preesistente (l’incorporante) o di nuova costituzione (la risultante dalla fusione) della totalità del patrimonio di un’altra società (l’incorporata), dell’estinzione senza liquidazione dell’incorporata, e dell’assegnazione ai suoi soci di partecipazioni nel capitale sociale dell’incor­porante o della risultante della fusione, quando tale operazione coinvolga società costituite ai sensi della legge di Stati diversi, ivi incluso il caso particolare in cui due società costituite ai sensi della legge di un medesimo Stato si fondano per dare vita ad una società di nuova costituzione retta dalla legge di un altro Stato. Ai fini della qualificazione internazionalprivatistica, e quindi della applicabilità della relativa disciplina di conflitto, sarà dunque sufficiente che l’operazione presenti le suddette caratteristiche funzionali e strutturali, non rilevando la nomenclatura utilizzata nei vari ordinamenti (per cui è fusione anche l’amalgamation contemplata dal Companies Act 1985 inglese), l’inquadramento dommatico da essi dato all’istituto (trasformazione per mezzo di modifica degli atti costitutivi, trasferimento patrimoniale a titolo di successione universale, ecc.), il fatto che le varie leges societatis prevedano procedure diverse (ben potendo accadere, nel contesto di una fusione internazionale, che tutte le leggi in presenza richiedano adattamenti e integrazioni e che nessuna di esse trovi integrale applicazione). Simili considerazioni valgono, mutatis mutandis, per la scissione internazionale, data la similarità dell’istituto con quello della fusione e la possibilità che le società ad essa partecipanti (anche una sola, si tratti della scissa o della beneficiaria, e sia questa preesistente o di nuova costituzione) possano essere costituite ai sensi del diritto di Stati diversi. La disciplina internazionalprivatistica di fusioni internazionali coinvolgenti società di diritto italiano (e di fusioni internazionali che coinvolgano solo società di diritto straniero, quando si tratti del loro riconoscimento da [continua ..]


9. Il trasferimento della sede sociale all’estero

La disciplina del trasferimento della sede sociale all’estero risulta particolarmente complessa per il convergere di tre fattori (BENEDETTELLI, 2010, Sul trasferimento), non sempre colti dalla dottrina non specialistica (cfr., p.e., SPIOTTA, 2007; DOMINICI, 2008) e in giurisprudenza, e che ne spiegano i frequenti errori. Primo, la polisemia del termine “sede sociale”, che nel diritto positivo dei vari Stati può designare: la “sede statutaria” che una lex societatis può (ma non necessariamente deve) prescrivere sia indicata nell’atto costitutivo o nello statuto appunto come sede dell’ente, e che di solito individua anche l’organo competente per l’a­dem­pimento delle formalità pubblicitarie (cfr. l’art. 2330, 1° comma, c.c.); la sede amministrativa “formale”, vale a dire il luogo nel quale per una disposizione di legge o statutaria devono tenersi le riunioni degli organi sociali; la sede amministrativa “reale”, vale a dire il luogo nel quale di fatto, eventualmente anche in violazione di disposizioni di legge o statutarie, tali riunioni effettivamente si tengono (è questo il senso comunemente attribuito alla “sede principale dell’impresa” di cui all’art. 9, 1° comma, legge fall.); la soggezione della società alla lex societatis di un determinato Stato (così vanno intesi i riferimenti al luogo di “formation” delle società di diritto inglese di cui all’art. 63, par. 2, Reg. Brussels I bis). Secondo, le diverse funzioni che il diritto positivo può attribuire alla “sede sociale”, intesa in una o più delle suddette accezioni: criterio di giurisdizione; criterio di collegamento; criterio di applicabilità di norme di diritto europeo (v. supra, sub § 4) o di diritto interno (cfr. l’art. 1182, 3° comma, c.c. sul luogo di adempimento delle obbligazioni, disposizione che rileva in via indiretta anche per individuare il forum destinatae solutionis di cui all’art. 7, n. 1, Reg. Brussels I bis); criterio di competenza territoriale (cfr. l’art. 19 c.p.c.); criterio presuntivo per la localizzazione del “centro degli interessi principali” della [continua ..]


Bibliografia

ANZILOTTI, “Il mutamento di nazionalità delle società commerciali”, Riv. dir. internaz., 1912, 109. BALLARINO, “La società per azioni nella disciplina internazionalprivatistica”, in Trattato Colombo-Portale (Torino, 1994), IX, 1. BALLARINO, “Sulla mobilità delle società nella Comunità Europea”, Riv. soc., 2003, I, 669. BALLARINO, Diritto internazionale privato italiano (Padova, 2011). BAREL, sub 58, in BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995, n. 218, Le nuove leggi civ. comm., 1996, 1391. BAREL-ARMELLINI, Diritto internazionale privato – Manuale breve (Milano, 2013). BARIATTI, “Sulla riforma degli articoli 25 e 57 della legge n. 218/1995”, Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 650. BASILE-FALZEA, voce “Persona giuridica (diritto privato)”, in Enc. del dir. (Milano, 1983), XXXIII, 234. BEHRENS, “Identitätswahrende Sitzverlegung einer Kapitalgesellschaft von Luxemburg in die Bundesrepublik Deutschland”, RIW, 1986, 590. BENEDETTELLI, sub 57, in BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995, n. 218, Le nuove leggi civ. comm., 1996, 1360, apparso in seguito come “La legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali tra Convenzione di Roma e diritto internazionale privato comune”, Dir. comm. int., 1996, 715, dal quale le citazioni. BENEDETTELLI, sub 25, in BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995, n. 218, Le nuove leggi civ. comm., 1996, 1108, apparso in seguito come “La legge regolatrice delle persone giuridiche dopo la riforma del diritto internazionale privato”, Riv. soc., 1997, 39, dal quale le citazioni. BENEDETTELLI, «“Corporate governance”, mercati finanziari e diritto internazionale privato», Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 713. BENEDETTELLI, “Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società”, Riv. dir. int. priv. proc., 2001, 569. BENEDETTELLI, “Criteri di giurisdizione in materia societaria e diritto comunitario”, Riv. dir. int. priv. proc., 2002, 879. BENEDETTELLI, “Mercato comunitario delle regole e riforma del diritto societario italiano”, Riv. soc., 2003, 699. BENEDETTELLI, [continua ..]


NOTE