Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sez. I – Osservatorio di diritto del mercato finanziario (di Maria Lucia Passador)


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SOMMARIO:

Efficienza nella sollecitazione di deleghe, efficienza nella governance - 1. Premessa introduttiva. - 2. La sollecitazione di deleghe tra diritto di exit e di voice. - 3. La disciplina nazionale: una articolata evoluzione. - 4. La disciplina statunitense: un essenziale riferimento. - 5. La sollecitazione di deleghe: precisazioni post riforme. - 6. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: comunicazioni informative e compiti dell’organo di vigilanza. - 6.1. L’operazione di identificazione azionisti nel contesto di una sollecitazione individualizzata. - 7. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: requisiti formali. - 8. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: one-way v. two-way proxy. - 9. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: violazioni e rimedi applicabili. - 10. Riflessioni comparate ed applicative. - 11. Riflessioni conclusive. - NOTE


Efficienza nella sollecitazione di deleghe, efficienza nella governance

1. Premessa introduttiva.

Il presupposto dell’operare delle deleghe di voto, argomento della presente trattazione, è senza dubbio il generale principio della rappresentanza, a sua volta cardinale e decisivo nell’influenza che essa esercita sulla volontà assembleare, ovvero sull’organo sovrano della società per azioni. La direttiva sui diritti degli azionisti ha suggerito agli Stati membri un netto orientamento volto alla eliminazione degli ostacoli alla partecipazione assembleare inducendo, di conseguenza, il legislatore nazionale a rimeditare la disciplina nella propria interezza, nonché a rimodulare taluni ambiti non direttamente incisi dalla disciplina europea, quali, appunto, la normativa sulla sollecitazione di deleghe. Disciplina, non di recente introduzione, oggetto di riforma già nel 2003 e per molto tempo inattuata, essa è stata però oggetto di un crescente interesse ed attivismo, a seguito della successiva novella normativa. Detta disciplina se, da un lato, prova una maggiore funzionalità rispetto alle esigenze degli attori del mercato, ovvero una maggiore possibilità di attuazione del ricambio di controllo o gestione del medesimo da parte di amministratori e gruppi di comando, dall’altro, richiede una sempre doverosa e puntuale attenzione al sistema complessivo, al fine di evitare tanto possibili abusi posti in essere per parte del soggetto delegato quanto l’impossibilità di effettuare controlli, monitoraggi e verifiche costanti per parte del soggetto delegante. Il fenomeno, peraltro, assume inevitabilmente dimensioni più ampie nel caso in cui sia un promotore a sollecitare le deleghe e ad indirizzare i voti raccolti rispetto a decisioni di rilievo, ancorché in presenza di adeguata informativa, così esercitando de facto poteri di governo societario. Delineati rapidissimi cenni storici sull’istituto ed essenzialissimi riferimenti alla realtà degli Stati Uniti, si giunge a considerare come il concertato intervento dell’autorità di vigilanza e del legislatore, orientato ad una generale semplificazione procedurale – di seguito dettagliata –, abbia invero prodotto l’effetto di una diminuzione del grado di tutela degli azionisti. Ne deriva un istituto dai mutati equilibri, che, per un verso, soprattutto alla luce della peculiare struttura del capitalismo italiano nel panorama internazionale, porta con sé [continua ..]


2. La sollecitazione di deleghe tra diritto di exit e di voice.

Appare utile anzitutto inquadrare l’istituto oggetto d’esame in una precisa ripartizione, quella tra exit e voice, capitale nell’intero diritto del governo societario [5] e gravida di conseguenze ed istanze peculiari, da un lato, concorrenziali, implicanti il “disinvestimento, totale o parziale, a condizioni eque” [6], dall’altro, relazionali ed interpersonali, realizzabili “tramite l’esercizio di diritti endosocietari compatibili con la conservazione del rapporto corporativo” [7]. E le società, in modo particolare quelle che tra esse ricorrono alla negoziazione su un mercato sufficientemente liquido da garantire la possibilità di un pronto disinvestimento [8], possono avvalersi dei meccanismi in parola per esternare [9] il proprio disappunto dinanzi a performance sociali difformi rispetto a quanto auspicato [10]. Pur tuttavia se, per un verso, l’utilizzo della Wall Street Rule [11], l’avvalersi del diritto di exit, può rappresentare un efficace strumento per la governance societaria [12], per altro verso, un disinvestimento da parte di gran parte degli azionisti comporterebbe una drastica riduzione del corso dei titoli di mercato, con ricadute indirette attentamente analizzate dalla disciplina del market for corporate control [13]. In effetti, in primo luogo, esso inciderebbe sui c.d. costi reputazionali; in secondo luogo, sulla disciplina degli amministratori, concretizzandosi invero in una selezione darwiniana dei medesimi [14] ed in un disincentivo reale dinanzi a comportamenti opportunistici potenzialmente dannosi per gli azionisti [15]. Infatti, mentre “[t]he mes­sage sent by exit is […] semantically generic; it communicates to the market that something could be wrong, but does not specify what”, “voice has the valuable effect of creating a public good by affecting the environment in which the specific organization operates. Thus, in the case of a shareholder, voice may improve not only her corporation (private good), but the entire market (public good) in which the corporation is active” [16]. Ora, proprio alla luce di siffatte considerazioni, molti strumenti, tra cui la sollecitazione di deleghe, si concretizzano nella voice, meccanismo oggetto di attenzione anche della riforma del 2003 [17]. Ne discende che la società in questione è da intendersi [continua ..]


3. La disciplina nazionale: una articolata evoluzione.

Le considerazioni riportate in relazione al rapporto assemblea-amministratori, che traggono spunto particolarmente dal panorama americano – evidenziato nel recente studio del CFA Institute, dal titolo Proxy Access in the United States: Revisiting the Proposed SEC Rule –, rilevano parimenti entro i confini nazionali con riguardo a soci di maggioranza-minoranza, al loro interfacciarsi con l’organo assembleare, anche servendosi del voto per delega. La fisiologica passività ovvero l’inevitabile assenteismo di azionisti in società con carattere diffuso, cui non aveva posto rimedio il proliferare di clausole – inserite in contratti di deposito – che riservassero alla banca la rappresentanza azionaria del depositante [34], né una limitazione dei poteri conferiti al rappresentante [35], trova rimedio [36] nell’art. 8, legge n. 216/1974 [37], recepimento sostanziale del c.d. Progetto Marchetti [38], disposizione tale da regolare la partecipazione azionaria in senso rigoroso, ma al contempo rafforzare il gruppo di controllo [39]. Iniziata la stagione delle privatizzazioni, anche in Italia si profila l’obbligo di affrontare il problema dell’evoluzione del mercato del controllo societario, ponendo particolare attenzione ai meccanismi che, in altri ordinamenti, hanno favorito lo sviluppo delle public companies che quotidianamente ne regolano il funzionamento [40]. Infatti, successivamente alla approvazione della legge n. 474/1994, sono state presentate tre proposte di legge (c.d. proposte Malvezzi, Turci e Castellazzi [41], tra loro non omogenee, bensì talora dissonanti, contenenti un regime derogatorio dell’art. 2372 c.c., in modo particolare per le società quotate. Lo sviluppo del diritto azionario, le incrementate dimensioni societarie hanno infatti imposto l’esigenza del ricorso alle deleghe di voto, “strumento essenziale ed insostituibile nella struttura delle società per azioni, sia dal punto di visita dei singoli soci, sia da quello delle società come ente ed organizzazione funzionante, sia infine del sistema societario nel suo complesso” [42]. Sono queste le ragioni forti che hanno condotto ad un ampliamento [43] e positivo accoglimento [44] della prospettiva delineata all’interno del t.u.f., mediante l’introduzione di sollecitazione e raccolta di deleghe [45], [continua ..]


4. La disciplina statunitense: un essenziale riferimento.

In chiusura del precedente paragrafo si è compiuto un cenno al c.d. proxy voting, un sistema plasmato sul rilievo primario attribuito alla disclosure, che consente [61] tanto un diretto coinvolgimento del beneficial owner, l’effettivo titolare, quanto una adeguata partecipazione assembleare, anche nell’eventualità in cui – così come avviene nel contesto americano delle public companies [62] – leggi statali ovvero regolamenti di borsa richiedano quorum assembleari elevati al fine di assumere una determinata decisione. Attraverso una serie di interventi costantemente tesi ad ampliare la portata applicativa della disciplina statunitense [63], il legislatore ha ribadito il valore primario da attribuire alla trasparenza, concretizzata in un articolato documento informativo rivolto agli azionisti (c.d. proxy statement) ed in un modulo di delega mediante il quale conferire al sollecitante potere rappresentativo (c.d. proxy form); ha tentato di circoscrivere l’ampiezza di talune nozioni (ad esempio, la c.d. proxy solicitation [64] ovvero la c.d. proxy fight) ed ha pure inteso eliminare gli ostacoli frapposti all’attivismo degli investitori istituzionali [65]. Tale precisazione è necessaria proprio perché il complesso sistema delle proxy rules si applica anche alle sollecitazioni di deleghe, nel più ampio contesto della contesa esistente tra i terzi ed il management, nell’ottica di composizioni di conflitti di portata modesta; ovvero della realizzazione concreta di operazioni societarie proposte dagli azionisti (c.d. shareholder proposal rule) e documentalmente annoverate nei c.d. proxy statements, anche unitamente ad una relazione illustrativa delle ragioni più forti al fine di esprimere un voto in tal senso (c.d. supportive statement); ovvero di scalate vere e proprie ad opera di insurgents [66] che mirano alla sostituzione di taluni membri del Board of Directors (c.d. short or full slate contest); ovvero persino di acquisire un controllo stabile e duraturo dell’organo assembleare. Con riferimento alla prima finalità, concretamente attuabile mediante una modifica della governance di rilievo e portata minori [67], le norme in materia di sollecitazione di deleghe sono da sempre state tese a garantire un attivo e proficuo dialogo nella società, concretizzatosi nelle sopra citate shareholder proposals [68]. Per se [continua ..]


5. La sollecitazione di deleghe: precisazioni post riforme.

A seguito del d.lgs. n. 27/2010 [84] tre sono essenzialmente le innovazioni rilevate con riguardo alla disciplina in tema di sollecitazione di deleghe – laddove con tale espressione si intende «la richiesta di conferimento di deleghe di voto a più di duecento azionisti su specifiche proposte di voto ovvero accompagnata da raccomandazioni, dichiarazioni o altre indicazioni idonee ad influenzare il voto» [85] – rintracciabili più precisamente in: comportamento attivo di richiesta di conferimento di deleghe di voto per parte di un proponente, rivolte ad almeno duecento azionisti [86], aderendo a proposte di voto specifiche [87]. Pressoché unanime dottrina ritiene appunto che la richiesta di delega [88] risulti di rilievo unicamente quando relativa ad una proposta di voto ben delineata, nonché affiancata da dichiarazioni od indicazioni idonee ad influenzare il voto che, autonomamente considerate, risulterebbero assolutamente prive di forza propria [89]. Ai fini della sfera di applicazione della disciplina in materia di sollecitazione, la già accennata nozione di delega deve dunque escludere le sollecitazioni inerenti all’e­ser­­cizio di diritti corporativi di quota nel consesso esclusivo delle assemblee societarie [90], diritti di cui agli artt. 126-bis t.u.f., nonché 2367, 2393-bis, 2408 e 2409 c.c. [91]. Inoltre, la configurazione della sollecitazione in presenza di una delega indirizzata ad un numero di azionisti superiore ad una soglia definita, sebbene non illimitata, appare scelta perfettamente rispettosa della ratio normativa, volta a sollecitare una forte partecipazione alla vita societaria, ancorché non diretta [92]. Una partecipazione tanto ampia non determina però l’operare di una presunzione dalla quale dedurre sic et simpliciter l’esistenza di una sollecitazione e tale da imporre, quindi, una attenta vigilanza per parte dell’Autorità. Il ricorso alla sollecitazione è stato peraltro rafforzato ed ampliato mediante l’a­bro­gazione del requisito di “qualità di socio [...] dato di per sé francamente anodino, non comportando apprezzabili conseguenze sul piano degli interessi perseguiti per mezzo dell’iniziativa” [93] che imponeva, ante riforma, il possesso azionario per parte del proponente, in modo assolutamente conforme [continua ..]


6. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: comunicazioni informative e compiti dell’organo di vigilanza.

Nella disamina della normativa inerente alle sollecitazioni di deleghe [105], questione che l’art. 144 t.u.f. affida a Consob per quanto attiene alla definizione di “regole di trasparenza e correttezza per lo svolgimento della sollecitazione”, è impossibile prescindere dal contemperamento di due istanze: da un lato, la tutela degli azionisti, dall’altro, il livello di fattibilità, di realizzazione, anche considerando il profilo temporale della questione. Quest’ultimo, agevolato e reso più spedito con la direttiva 2007/36/CE, riprende sotto il profilo procedurale quanto contemplato all’art. 136 Regolamento Emittenti: «chiunque intenda promuovere una sollecitazione di deleghe trasmette un avviso alla società emittente, che lo pubblica senza indugio sul proprio sito internet, alla Consob, alla società di gestione del mercato ed alla società di gestione accentrata delle azioni», come prescrive il 1° comma. Un avviso, questo, il cui contenuto minimo [106] perentorio, in quanto deve recare, come enucleato al comma successivo: «a) i dati identificativi del promotore e della società emittente le azioni per le quali viene richiesto il conferimento della delega; b) la data di convocazione dell’assemblea e l’elenco delle materie all’or­dine del giorno; c) le modalità di pubblicazione del prospetto e del modulo di delega nonché il sito internet sul quale sono messi a disposizione tali documenti; d) la data a partire dalla quale il soggetto a cui spetta il diritto di voto può richiedere al promotore il prospetto e il modulo di delega ovvero prenderne visione presso la società di gestione del mercato; e) le proposte di deliberazione per le quali si intende svolgere la sollecitazione». Non solo. «Il prospetto e il modulo [di delega] […] sono pubblicati mediante la contestuale trasmissione alla società emittente, alla Consob, alla società di gestione del mercato e alla società di gestione accentrata nonché messi a disposizione senza indugio sul sito internet indicato dal promotore ai sensi del comma 2, lettera c). Tale sito internet può essere quello dell’emittente, con il consenso di quest’ultimo. La società di gestione accentrata informa, senza indugio, gli intermediari della disponibilità del prospetto e del modulo di [continua ..]


6.1. L’operazione di identificazione azionisti nel contesto di una sollecitazione individualizzata.

La sollecitazione di deleghe, dunque, non opera nei riguardi di ciascun azionista, bensì è rivolta alla generalità degli azionisti al fine di semplificare l’organizzazione dal punto di vista del promotore, senza però affrontare il problema della apatia razionale dei soggetti [109]. Si impone però una considerazione in combinato disposto tra la delineata disciplina e la novella apportata al t.u.f. in materia di record date, di cui all’art. 83-sexies. Esso riporta, al 2° comma, che «nelle società italiane con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati […], la comunicazione prevista nel comma 1 è effettuata dall’intermediario sulla base delle evidenze relative al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l’assemblea in prima o unica convocazione. Le registrazioni in accredito e in addebito compiute sui conti successivamente a tale termine non rilevano ai fini della legittimazione all’esercizio del diritto di voto nell’assemblea». Le questioni temporali poste da tale meccanismo legittimano dunque un intervento ed un voto assembleare per parte di coloro che sono portatori del diritto di voto sulla base delle evidenze contabili degli intermediari al più [110] alla chiusura del settimo giorno di mercato aperto antecedente la data fissata per l’assemblea ai fini della prima convocazione. L’art. 136 del Regolamento Emittenti prevede, ai sensi del 7° comma, una precisa [111] shareholder identification (rectius, l’identificazione degli azionisti dei titolari del diritto di voto e dunque, se le azioni sono sottoposte a pegno, si riporteranno i dati del creditore pignoratizio) ripercorrendo, se necessario, i passaggi che caratterizzano l’intera strutturazione interna alle società di gestione accentrata o Central Securities Depository (CSD) [112]. Esso puntualizza: «[a] richiesta del promotore: a) la società di gestione accentrata comunica su supporto informatico, entro un giorno lavorativo dal ricevimento della richiesta, i dati identificativi degli intermediari partecipanti sui conti dei quali sono registrate azioni della società emittente nonché la relativa quantità di azioni; b) gli intermediari comunicano su supporto informatico, entro tre giorni lavorativi dal ricevimento della [continua ..]


7. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: requisiti formali.

La delega deve presentare caratteri precisi e modalità particolarmente dettagliate, in modo conforme ad eventuali istruzioni di voto in essa enucleate. Come disposto a livello codicistico nell’art. 2372 c.c., anche il 1° comma del­l’art. 142 t.u.f. ribadisce come non sia possibile lasciare deleghe in bianco, né tantomeno estendere i loro effetti a più d’una adunanza assembleare [114], ovvero a consessi non ancora convocati [115]. La comparazione con la norma di rango primario evidenzia però, al contempo, talune differenze: non si richiede una forma scritta, dunque tale delega può essere tanto cartacea quanto digitale [116]; né l’obbligo di conservare i documenti, a dispetto del fatto che tale fattore consentirebbe una tracciabilità a posteriori di quanto compiuto [117]; né tantomeno il divieto di nominare sostituti non individuati nella delega, sebbene riguardo a quest’ultimo elemento si rilevi come il t.u.f. disponga che il promotore possa farsi sostituire solo da soggetti individuati espressamente nel modulo di delega e prospetto.


8. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: one-way v. two-way proxy.

Inizialmente, gli aspetti principali sui quali la disciplina si era espressa erano inerenti alle c.d. one-way proxies, deleghe all’esercizio di voto unicamente in senso conforme alla propria proposta, sebbene insigne critica [118] si fosse positivamente orientata all’inserimento di un obbligo nel senso delle two-way proxies, intendendo così favorire il delegante e valorizzare la concezione rappresentativa – di minoranze non coese, in particolare – dell’istituto della delega. Un orientamento, questo, riconsiderato con la novella dell’art. 136 t.u.f. che pertanto inserisce tale disposizione all’interno di siffatto contesto. La delegabilità può altresì vedere ridimensionato il proprio ambito di applicazione affrontando la questione della c.d. delega parziale, riferita a talune delle materie inserite nell’ordine del giorno, ovvero oggetto di sollecitazione. Al delegato è data facoltà, oltre naturalmente a quella di conferma, modifica autorizzata o revoca dell’istruzione di voto già delineata, anche di «esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all’atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all’assemblea», come dispone il 2° comma dell’art. 134. Nell’eventualità in cui il soggetto delegante non abbia espresso intenzione circa materie oggetto di sollecitazione, questione ante riforma considerata risolvibile se intesa come una semplice astensione, post riforma viene letta in senso difforme: «le azioni sono comunque computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea; […] non […] tuttavia […] ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione delle delibere» [119]. Ove egli stesso si sia invece pronunciato in senso contrario rispetto a tutte le proposte elaborate dal committente, il delegante si riterrà non intervenuto in assemblea e la delega non conferita; ove invece si esprima con sfavore rispetto ad alcune di esse, dubbi emergono al fine di computare o meno, nella definizione del quorum [continua ..]


9. La disciplina procedurale inerente alla sollecitazione di deleghe: violazioni e rimedi applicabili.

A dispetto della non articolata disciplina sulle conseguenze derivanti dalla violazione da parte del committente degli oneri informativi, la riforma non è intervenuta ad arricchire le disposizioni in tal senso. Quindi, la delicatezza della disciplina impone la considerazione di differenti aspetti. Anzitutto, l’art 143 t.u.f. – rispettando perfettamente in tal senso anche quanto asserito dal Regolamento Emittenti all’art. 136 – sottolinea come «[l]e informazioni contenute nel prospetto o nel modulo di delega devono essere idonee a consentire all’azionista di assumere una decisione consapevole […]», infatti il «promotore è responsabile della completezza delle informazioni diffuse nel corso della sollecitazione». Una completezza, quella cui il legislatore fa riferimento, che si differenzia rispetto ad una mera conformità con il modello regolamentare, essendo necessario fornire una informazione adeguata, chiara, completa, comprensibile, corrispondente alla realtà, diligente e trasparente circa ogni punto rilevante ovvero utile. Ai fini probatori, il delegante è chiamato a dimostrare il danno sofferto, la violazione di un obbligo in capo al promotore, nonché la connessione essenziale tra essi [121], spetta invece al promotore «l’onere della prova di aver agito con la diligenza richiesta» ed in capo al medesimo la eventuale responsabilità contrattuale conseguente per gli atti riguardanti l’esecuzione del rapporto medesimo, sebbene la qualificazione “contrattuale” non risulti parimenti certa nel caso in cui l’informativa riguardi un momento antecedente l’effettivo conferimento della delega. Conseguenze inevitabili sotto il profilo dei rimedi applicabili si concretizzano in senso tanto risarcitorio quanto invalidante il voto del singolo socio, nonché della intera delibera assembleare [122].


10. Riflessioni comparate ed applicative.

Si osservi che “[a]nomalo è il modello industriale del nostro Paese che si è via via adeguato nell’alternativa tra impresa familiare ed impresa pubblica – due forme diverse, ma ugualmente fallimentari, di ‘fuga’ dalla libera concorrenza” [123], creando così un meccanismo di corporate governance atto ad agevolare il ricambio dei vertici e la contendibilità del controllo, aumentando l’incisività sociale dei singoli. Infatti “si può dire che il proxy system non è stato il veicolo grazie al quale gli azionisti fossero posti in condizione di intervenire direttamente e attivamente sui temi cruciali della gestione, ma è stato piuttosto lo strumento che ha consentito, SEC adiuvante, una certa circolazione ed alternanza del controllo, la sua ‘contendibilità’, nonché, nei casi limite la defenestrazione di amministratori inetti e incapaci” [124]. Pensare ad interventi che il legislatore potrebbe attuare al fine di valorizzare i punti di forza della disciplina in argomento, al contempo prestando attenzione alle eventuali implicazioni della questione, rivitalizzando l’essenza propria dell’istituto in parola, non può prescindere da talune analisi comparate. Tra le differenti realtà, primaria importanza è, senza dubbio alcuno, ricoperta dal sistema americano, capitalista, ovvero renano, che pone al centro dell’impresa societaria non tanto il mercato quanto piuttosto l’aspetto personalistico della gestione. Seppur pienamente consapevoli del fatto che la realtà italiana rappresenta un unicum indiscusso rispetto alle altre, in quanto priva di public companies, ovvero di realtà bancarie con funzioni di governo d’impresa, è impossibile non contemplare alcune istanze che proprio l’ottica comparata permette di evidenziare. In base all’esperienza statunitense, il funzionamento del “mercato dei servizi di voto” rivolto ai piccoli azionisti, riferendosi ad un bene dal non precisato né precisabile valore economico, deve basarsi in ogni caso sull’esaltazione dei meccanismi concorrenziali, piuttosto che sulla definizione di una funzione istituzionale di rappresentanza [125], e deve comportare una indiretta remunerazione dell’attività di sollecitazione mediante acquisizione del controllo senza possedere le [continua ..]


11. Riflessioni conclusive.

La palese riscoperta del sistema del voto per delega e della normativa sulla sollecitazione di deleghe [142] trova spazio in un più ampio contesto normativo, nell’ambito degli strumenti che mirano a potenziare la governance societaria [143] e la contendibilità di controllo [144], nonché a garantire esigenze di rappresentanza dell’azionariato diffuso. Infatti il Testo Unico deve essere inquadrato e valutato “nella prospettiva della globalizzazione del mercato, dell’integra­zione europea, della concorrenza tra imprese e tra ordinamenti per catturare l’of­ferta del risparmio” e le soluzioni al suo interno adottate rappresentano gli esempi più significativi del prodotto di uno standard medio comparatistico in omaggio al principio di concorrenza tra ordinamenti [145]. Tenendo a mente la tensione forte tra i due obiettivi citati e costantemente riferendosi alla normativa delle proxy solicitations, le innovazioni operate permettono all’azionista di raccogliere deleghe in misura persino superiore, ove egli ne presenti i requisiti, ponendo al contempo istanze peculiari quali la questione di cumulabilità di ruoli, quali quelli di intermediario e committente, one-way e two-way proxy, nonché il contemperamento perfetto dei principi di trasparenza e correttezza, in ciascuna delle singole fasi: completezza informativa, pubblicazione dell’avviso, redazione e diffusione del prospetto e modulo di delega, esercizio di voto. Questioni che, ciascuna singolarmente considerata e, a fortiori, nel loro complesso, debbono trovare la propria ragion d’essere nella consapevolezza della decisione assunta [146], carattere imprescindibile di una gestione efficiente e trasparente, di una contendibilità concreta ed effettiva [147]. Tratteggiate dunque le linee essenziali della questione, ripercorsa la sua evoluzione, nonché la ratio alla base di tale progredire, appare del tutto innegabile la bontà dell’implementazione normativa compiuta. Sebbene non si possa asserire con certezza che le modifiche realizzate si pongano in senso assolutamente funzionale rispetto alle iniziali intenzioni, né sia possibile asserire apoditticamente se il sistema che ne deriva si possa considerare del tutto efficiente ovvero, per lo meno, efficace, l’operato del legislatore sembra comunque rappresentare un passo sicuro e significativo [continua ..]


NOTE