Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Introduzione delle azioni a voto plurimo e recesso (di Anna Genovese)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Disposizioni in tema di voto plurimo e recesso - 3. Sulle varie ipotesi di introduzione di azioni a voto plurimo - 4. Segue. Introduzione di azioni a voto plurimo e ricapitalizzazione della società - NOTE


1. Premessa

L’art. 20 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (c.d. “Decreto Competitività 2014”), convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, dedica diverse disposizioni al tema della introduzione delle azioni a voto plurimo nella società per azioni. Da tali disposizioni si ricava che possono introdurre nel proprio statuto la previsione di emissione di azioni a voto plurimo, in linea generale, soltanto le società per azioni non quotate 1. La possibilità di introdurre azioni a voto plurimo, quindi, riguarda le oltre quarantamila società per azioni non quotate (aperte o chiuse) operanti in atto in Italia e non le spa quotate. La regola generale or ora affermata soffre alcune eccezioni. Le società quotate che hanno emesso azioni a voto plurimo anteriormente all’inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato possono sia mantenere tale categoria di azioni (con le medesime caratteristiche e con i medesimi diritti) sia, se lo statuto non dispone diversamente (escludendo tale possibilità), «emettere» nuove azioni a voto plurimo «al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni» in occasione di un aumento di capitale gratuito ai sensi dell’art. 2442 c.c., ovvero mediante nuovi conferimenti senza esclusione o limitazione del diritto d’opzione 2. Analoga facoltà è riconosciuta anche alle società risultanti dalla fusione o dalla scissione di società, allorquando tra le società che partecipano a dette operazioni ve ne sia una che aveva già emesso azioni a voto plurimo. In definitiva, pertanto, possono emettere azioni a voto plurimo: a) tutte le società per azioni non quotate, in fase di costituzione, in fase successiva o nell’ambito della realizzazione di una diversa operazione sul capitale o straordinaria (fusione, scissione); b) le società per azioni quotate, solo in occasione di aumenti di capitale che non escludano o limitino il diritto di opzione o di fusioni e scissioni, e al solo fine di «mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni». Una ulteriore eccezione si potrebbe dare come conseguenza indiretta del­l’am­bito soggettivo di applicazione del menzionato art. 127-sexies t.u.f. Tale disposizio­ne, infatti, si riferisce alle società quotate, [continua ..]


2. Disposizioni in tema di voto plurimo e recesso

Ciò posto, per la trattazione del tema prescelto, credo si debba, in successione, stabilire: 1) se, nel silenzio del legislatore e diversamente da quanto espressamente previsto in relazione al voto maggiorato, vi sia diritto di recesso azionabile in capo ai soci che non hanno concorso alla decisione sull’emissione di azioni a voto plurimo; e poi 2) se, nel rispondere a tale interrogativo, si debba distinguere fra le diverse contingenze di emissione sopra indicate, e fra gli ulteriori diversi tempi e modi di introduzione delle azioni a voto plurimo. La risposta al primo quesito, in termini negativi e risolutivi, si potrebbe argomentare invocando proprio le ragioni “politiche” 3 che hanno spinto il legislatore a derogare al principio “un’azione-un voto” per introdurre categorie speciali di azioni a voto plurimo e loyalty shares ovvero azioni a voto maggiorato. Sia la previsione di azioni a voto maggiorato sia la previsione di azioni a voto plurimo ampliano gli spazi concessi all’autonomia statutaria e alla libertà d’iniziativa economica 4 e rispondono allo scopo di incentivare la scelta di quotazione delle società in capo a chi le controlla 5. Vi è quindi, malgrado le differenze, un comune denominatore funzionale fra azioni a voto maggiorato e azioni a voto plurimo e partendo da questo dato si potrebbe ipotizzare l’esclusione del diritto di recesso non solo nel caso dell’introduzione di azioni a voto maggiorato – esclusione espressamente prevista dal legislatore – ma anche nel caso della introduzione di azioni a voto plurimo. A più forte ragione, se l’esclusione esplicita riferita all’introduzione del voto maggiorato fosse considerata regola non incoerente con l’impianto di disposizioni che stabilisce, in via generale, i casi in cui nelle spa, a norma dell’art. 2437, lett. g), c.c. un socio ha diritto di recesso 6. Se quella così rappresentata (minus dixit lex quam voluit) fosse l’opzione interpretativa da preferire, potrei concludere qui la trattazione sul diritto di recesso che sarebbe da escludere. Tuttavia, e non per brama di protagonismo, credo di dovere proseguire. Non si possono, infatti, a mio parere, ignorare altri argomenti che militano a favore di una diversa lettura delle disposizioni. La ricostruzione, centrata sulla valorizzazione del dato letterale [continua ..]


3. Sulle varie ipotesi di introduzione di azioni a voto plurimo

In tale prospettiva, considerando che, ai sensi dell’art. 127-sexies, 1° comma, t.u.f., le azioni di cui si tratta possono essere introdotte solo da una società non quotata, e verosimilmente al fine di rendere più attraente la quotazione come percorso per l’accesso al mercato dei capitali (che non minacci il controllo in capo al socio o ai soci di riferimento), è plausibile supporre che le condizioni per l’eser­cizio del diritto di recesso si verificheranno alquanto raramente (in assenza di conflitti preesistenti interni al nucleo di persone, solitamente familiari, che possiede e controlla l’intera società) 16. Si può, se è così, infatti supporre che con tutta probabilità l’introduzione di azioni a voto plurimo di per sé, nella maggior parte dei casi, non avverrà in presenza di una “minoranza” che possa giovarsi di tale presidio di tutela, ma per scelta unanime, funzionale a un determinato progetto di apertura del capitale 17. Peraltro, laddove tale introduzione venisse realizzata tramite annullamento di tutte o di un certo numero di azioni ordinarie e sostituzione di esse con azioni a voto plurimo, assegnate in modo proporzionale a tutti i soci, non si dovrebbe neppure ritenere integrata la condizione di contenuto e di effetto della modifica statutaria – deliberata a maggioranza – che, incidendo sui diritti di voto, legittima il socio di minoranza a recedere 18. La conversione interessante solo alcuni soci, invece, non potrebbe essere assunta che all’unanimità 19. Ne consegue che il ruolo giocato dal diritto di recesso nelle dinamiche di introduzione delle azioni a voto plurimo in società non quotate potrebbe essere in fatto alquanto limitato. Occorre però subito dopo aggiungere che del tutto diversa potrebbe essere la conclusione laddove la previsione di avvalersi della possibilità di emettere azioni a voto plurimo si inserisse nella prassi societaria come tassello di una riorganizzazione più ampia che include un aumento di capitale, una fusione o una scissione. In tal caso un’altra differenza da considerare è fra società quotate e già dotate di azioni a voto plurimo e società non quotate e non dotate di più azioni. La prima fattispecie si può avere solo come ipotesi specifica: quella dalla società quotata [continua ..]


4. Segue. Introduzione di azioni a voto plurimo e ricapitalizzazione della società

In generale, dopo l’introduzione della disciplina sulle azioni a voto plurimo, occorre domandarsi se l’interesse della società alla propria ricapitalizzazione – tale normalmente da escludere il diritto di recesso del socio e ciò anche laddove non vi sia (perché l’interesse della società lo esige), per la minoranza, neppure il presidio del diritto di opzione (perché l’aumento è destinato ad essere coperto da un conferimento in natura) – porti, anche in caso di aumento di capitale con emissione di azioni a voto plurimo, ad escludere il diritto di recesso astrattamente desumibile dall’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c. 24, oppure no 25. Reputerei fondata e funzionale alla corretta composizione dei vari interessi in gioco la soluzione negativa. Il diritto di recesso in questo caso dovrebbe esserci. È evidente peraltro che, per tale aspetto, la novità legislativa del 2014 impone di riconsiderare la portata della relazione da istituire fra l’art. 2441 c.c. e l’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c., posta la sicura applicabilità dell’art. 2441 c.c. anche in caso di emissione di nuove azioni a voto plurimo 26. Il tema specifico quindi intercetta una questione generale che, evidentemente, è di rilevantissima portata e non può essere compiutamente affrontata nei confini del presente contributo. Qualche spunto tuttavia può essere consegnato a chi si vorrà cimentare nella esplorazione della questione. A mio parere, nel definire i rapporti fra l’art. 2441 c.c. e l’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c. è necessario in primo luogo avere ben presente in che cosa si distingue l’ipotesi dell’aumento di capitale mediante emissione di azioni ordinarie dall’ipo­tesi di aumento di capitale mediante emissione di azioni con voto potenziato. Nella prima ipotesi la modificazione dei diritti di voto è strettamente funzionale alla ricapitalizzazione della società e produce, se del caso, un effetto diluitivo coerente con le regole adottate dalla società in sede di fondazione (che qui si assumono: a ogni azione, al massimo, un voto). Nella seconda ipotesi (aumento di capitale con introduzione ed emissione di nuove azioni a voto plurimo), la modificazione è di maggiore momento ed opera in chiave potenzialmente diluitiva con una [continua ..]


NOTE