Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sez. I – Osservatorio sulle operazioni straordinarie (di Gabriele Racugno)


SOMMARIO:

La scissione di società cooperative - 1. Scorporo e scissione. - 2. Il procedimento di scissione. - 2.1. Scissione totale e parziale. - 2.2. Scissione in senso stretto e per incorporazione. - 2.3. Scissione negativa. - 3. Il contenuto del progetto di scissione. - 3.1. La destinazione degli elementi del patrimonio. - 3.2. I criteri suppletivi di assegnazione. - 4. La scissione di azienda. - 5.1. I criteri di distribuzione delle partecipazioni. - 5.2. Gli eventuali conguagli in danaro. - 6. La situazione patrimoniale e la relazione illustrativa. - 7. Gli adempimenti pubblicitari e gli effetti della scissione. - 8. Scissione eterogenea: premessa. - 8.1. Scissione di società cooperative a mutualità prevalente. - 8.2. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di due o più cooperative a mutualità prevalente. - 8.3. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di cooperativa a mutualità prevalente e di cooperativa diversa. - 8.4. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di società cooperativa e di società lucrativa. - 8.5. La determinazione del rapporto di cambio nelle operazioni di scissione che precedono. - 9. Scissione di cooperative diverse. - 10. Scissione di una società lucrativa in società cooperativa. - NOTE


La scissione di società cooperative

1. Scorporo e scissione.

Nell’ambito delle operazioni straordinarie di riorganizzazione aziendale assumono significativo rilievo lo scorporo [1] e la scissione [2]. Il primo, di antica origine, trova la sua fonte nella disciplina dei conferimenti di beni in natura (art. 2343); la seconda, ha una vita ben più recente, avendo visto la luce nell’ordinamento italiano soltanto con l’en­trata in vigore del d.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22 (che ha introdotto nel codice civile, nel titolo V, del libro V, una sezione intitolata “Della scissione delle società”: artt. 2506 ss.) in attuazione della legge 26 marzo 1990, n. 69, ai sensi della VI direttiva Cee n. 82/891, e trova applicazione, in particolare, nelle società con una compagine sociale a base familiare o ristretta. Lo scorporo ha per fine il trasferimento, in tutto o in parte, del complesso dei beni della società conferente (scorporante) nella società conferitaria in cambio dell’acquisizione da parte della prima di partecipazioni sociali della seconda, di guisa che nel patrimonio della conferente vi saranno azioni e quote in luogo dei beni scorporati, senza variazioni di valore. Quindi l’ope­razione non incide direttamente nei rapporti con i soci. La scissione, che rientra nell’ambito delle modifiche statutarie [3], per converso, “è un evento di disaggregazione di una compagine sociale, con correlata sostituzione di più rapporti ad un originario, unico rapporto” [4]: con la scissione – recita l’art. 2506 – «una società assegna l’in­tero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci». Per effetto della scissione la società scissa (detta anche scindente) non riceve alcun corrispettivo: il corrispettivo della cessione del patrimonio della società scissa, che confluisce nella società beneficiaria (detta anche società scissionaria), è costituito dalle nuove partecipazioni attribuite – per un valore equivalente al ridotto valore delle partecipazioni della società scissa – ai soci di quest’ultima, che, per effetto del concambio, non subiscono alcun impoverimento atteso che vengono loro assegnate partecipazioni nel capitale della beneficiaria a fronte [continua ..]


2. Il procedimento di scissione.

Come per la fusione, anche il procedimento di scissione si articola in tre fasi ben distinte: a) progetto di scissione [9]; b) delibera assembleare di scissione; c) stipula dell’atto di scissione. L’art. 2506-bis disciplina il progetto di scissione che costituisce il documento centrale nel­l’ambito della disciplina della scissione. “Si tratta di un atto – e ovviamente anche di un documento – programmatico e impegnativo, nel senso che deve indicare il risultato finale cui si vuole giungere e la strada da percorrere per raggiungerlo, per un verso, e che per l’altro vincola, in un certo senso, impegna al risultato” [10]. Il progetto, che si pone alla base del processo di ristrutturazione dell’impresa, costituisce un documento unico per tutte le società coinvolte nella scissione (quindi, nel caso di scissione totale, predisposto solo dall’organo amministrativo della società scissa; nel caso di scissione parziale, dagli amministratori della società scissa e delle beneficiarie). La redazione del progetto è di competenza degli amministratori e non è suscettibile di delega ad uno o più componenti del collegio (art. 2381, 4° comma).


2.1. Scissione totale e parziale.

Si ha scissione totale quando l’intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società [11], con estinzione della società scissa senza il passaggio alla fase di liquidazione della stessa. Le società scissionarie continuano l’attività della società scissa assumendo i diritti e gli obblighi corrispondenti alla quota di patrimonio loro trasferita. Si ha la scissione parziale [12] quando solo parte del patrimonio della società scissa viene trasferito ad una o più altre società, preesistenti ovvero costituite ex novo. La scissa e le scissionarie (o la scissionaria) continuano, ciascuna per una parte, l’attività già in capo unicamente alla scissa, che subisce, di regola, una riduzione del suo capitale sociale.


2.2. Scissione in senso stretto e per incorporazione.

Si ha scissione in senso stretto quando le società scissionarie (o la società scissionaria), cioè le società beneficiarie della scissione, non preesistono all’operazione di scissione, ma nascono per gemmazione dalla società che si scinde. Invero, con l’entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003 una società di capitali può essere costituita, anziché da una pluralità di persone che sottoscrivono l’atto costitutivo, da un “atto unilaterale” di altra società. La costituzione della nuova (o delle nuove) società origina da una delibera del consiglio di amministrazione o dell’assemblea della società stessa. Si ha scissione per incorporazione quando il patrimonio della società va a confluire, in tutto o in parte, un una o più entità preesistenti.


2.3. Scissione negativa.

La fattispecie vede la scissione a favore delle società beneficiarie di un complesso patrimoniale che in capo alla scissa presenta un valore contabile negativo [13]. Il Principio Contabile OIC 4 (Parte II – § 4.3.3) afferma che «è ammessa, in accordo con la dottrina, anche l’ipotesi che il valore contabile del patrimonio netto trasferito ad una beneficiaria sia negativo (le passività superano le attività) purché però il valore economico sia positivo e si tratti di una società beneficiaria già esistente», e sempre che la società beneficiaria abbia riserve disponibili capienti in misura tale da coprire la riduzione patrimoniale determinata dalla scissione [14]. La fattibilità dell’operazione presuppone dunque che il valore economico del patrimonio scisso sia positivo [15], vale a dire che sia comunque positiva la valutazione allo stesso assegnata in sede di concambio. In difetto non potrebbe sussistere alcun rapporto di concambio delle azioni o quote della società beneficiaria con le azioni o quote possedute dai soci della scissa in quest’ultima società, concambio che costituisce uno degli elementi essenziali che caratterizzano la scissione. «In questa ipotesi – prosegue il richiamato principio contabile – nel caso della scissione parziale, a seguito del trasferimento la società scissa imputerà a riserva la differenza negativa tra attività e passività dell’azienda trasferita (che per essa costituisce un componente positivo del patrimonio netto)», determinata dalla dismissione di elementi patrimoniali negativi.


3. Il contenuto del progetto di scissione.

L’art. 2506-bis, per quanto concerne il contenuto del progetto di scissione, rinvia, in primo luogo, al contenuto del progetto di fusione, i cui elementi (art. 2501-ter) si ritrovano nel progetto di scissione, vale a dire: 1) il tipo, la denominazione e ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla scissione; 2) l’atto costitutivo della società beneficiaria, con le eventuali modificazioni derivanti dalla scissione (se preesistente); 3) il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio in danaro; 4) le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote delle società beneficiarie ai soci della società scissa; 5) la data a decorrere dalla quale tali azioni o quote assegnate ai soci della scissa partecipano agli utili della beneficiaria; 6) la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla scissione trasferite alla beneficiaria sono imputate al bilancio di que­st’ultima; 7) il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi dalle azioni; 8) i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore dei sog­getti cui compete l’amministrazione delle società partecipanti alla scissione. L’art. 2506-bis dispone che dal progetto di scissione deve risultare l’esatta descrizione (i) degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie; (ii) dell’even­tuale conguaglio in danaro. Non è previsto che il prospetto indichi (nella scissione parziale) gli elementi che permangono nel patrimonio della società scissa (desumibili a contrariis). Il progetto, oltre ad individuare gli elementi di patrimonio da trasferire alle società beneficiarie, ha altresì la funzione di individuare come le azioni o quote delle beneficiarie vengono assegnate ai soci della scissa (infra, § 5.1.).


3.1. La destinazione degli elementi del patrimonio.

Nulla dispone l’art. 2506-bis circa gli elementi da assegnare alle società beneficiarie, rimanendo nella discrezionalità degli organi amministrativi della società coinvolte nella scissione la scelta degli elementi del patrimonio della scissa destinati a confluire in quelli delle società beneficiarie: di qui la necessità di una puntuale e dettagliata descrizione di questi elementi, che possono essere costituiti dall’intera azienda della società scissa, da singoli rami (che, peraltro, non manifestano necessaria rilevanza fin tanto che sono assorbiti nell’azienda originaria nella quale sono integrati [16], né rilevano come autonomi momenti dell’iniziativa economica), come pure da singoli beni [17]. L’art. 2506-bis usa l’espressione elementi patrimoniali: quindi sia elementi attivi che elementi passivi. Inoltre possono essere oggetto di descrizione anche elementi non iscritti nel bilancio della società scissa prima della scissione [18]. Onde non pregiudicare le ragioni dei creditori, ciascuna società risultante dalla fusione «è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico» (art. 2506-quater, ult. comma). Della scissione a favore delle società beneficiarie di un complesso patrimoniale che in capo alla scissa presenta un valore contabile negativo si è già detto al par. 2.3 che precede.


3.2. I criteri suppletivi di assegnazione.

Si è più sopra previsto che è rimessa alla discrezionalità degli organi amministrativi delle società coinvolte nella scissione l’individuazione, nel progetto di scissione, degli elementi del patrimonio della scissa da assegnarsi alle società beneficiarie. L’art. 2506-bis, ai 2° e 3° comma, stabilisce i criteri suppletivi applicabili ove per alcuni elementi dell’attivo o del passivo non sia desumibile dal progetto di scissione la destinazione, vale a dire se debbano rimanere in capo alla società scissa o confluire in quelli delle beneficiarie. I criteri suppletivi [19] trovano applicazione sia per gli elementi già esistenti al tempo della scissione non descritti nel progetto di scissione, sia per le sopravvenienze, sia attive che passive, emerse successivamente alla redazione del progetto. Il 2° comma dell’art. 2506-bis disciplina, appunto in un’ottica suppletiva, la sorte degli elementi dell’attivo non desumibili dal progetto, e stabilisce che: – nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, gli elementi del­l’attivo sono ripartiti tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnata a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; – nell’ipotesi di assegnazione parziale del patrimonio della società scissa, gli elementi del­l’attivo rimangono in capo alla società trasferente. Il 3° comma dell’art. 2506-bis disciplina, quindi, sempre in un’ottica suppletiva, la sorte degli elementi del passivo non desumibili dal progetto, e stabilisce che: – nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, degli stessi rispondono in solido le società beneficiarie; – nell’ipotesi di assegnazione parziale del patrimonio della società scissa, degli stessi rispondono in solido la società scissa e le società beneficiarie. In chiusura il 3° comma in esame limita la responsabilità solidale di cui appena si è detto al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria, mentre la società scissa continua a rispondere delle passività per le quali è incerta la destinazione alle beneficiarie con [continua ..]


4. La scissione di azienda.

La circostanza che la scissione abbia una disciplina sua propria dovrebbe precludere, come più sopra si è fatto cenno, all’applicazione in via automatica delle norme dettate dal codice civile sul trasferimento di azienda nelle ipotesi in cui la scissione abbia appunto per oggetto l’intera azienda della società scissa o singoli rami, e dunque di una pluralità di attività e passività; ed in questo senso, come pure si è detto, la scissione si differenzia dallo scorporo, che, non avendo una disciplina sua propria, ricorre necessariamente alle regole sul trasferimento di azienda in toto applicabili. Si rende così necessario verificare di volta in volta l’applicabilità (in via analogica) delle norme sul trasferimento d’azienda [22]. Schematicamente può osservarsi: – art. 2556 (forma scritta ad probationem e pubblicità): ogni problema è superato dalla presenza di specifiche disposizioni in proposito dettate in sede di scissione; – art. 2557 (divieto di concorrenza): pur nelle incertezze dottrinarie che caratterizzano la materia [23], volte per lo più a distinguere l’ipotesi di scissione non proporzionale (per l’appli­cabilità del 2557) dalla scissione proporzionale (per l’inapplicabilità), pur propendendo per un’ampia applicabilità del divieto di concorrenza alla scissione avente ad oggetto un’azienda o un ramo di essa (considerata la portata di norma generale del divieto di cui all’art. 2557 riconosciuto anche dalla Cassazione, n. 9682/2000), sussiste qualche dubbio sull’ap­pli­cabilità del divieto di concorrenza alla scissione parziale che veda un’identica composizione della compagine sociale delle società beneficiarie di nuova costituzione: considerato, invero, che in questa ipotesi essendo presenti gli stessi soci, con le medesime percentuali, nella scissa e nella beneficiaria, verrebbero meno quelle esigenze di tutela del valore dell’investimento del soggetto acquirente l’azienda che qualifica l’art. 2557; – art. 2558 (successione nei contratti): essendo già prevista, in via generale, la possibilità per i terzi contraenti di opporsi alla scissione ex art. 2503 (richiamato dall’art. 2506-ter, ult. comma), potrebbe obiettarsi per l’inutilità di un richiamo [continua ..]


5.1. I criteri di distribuzione delle partecipazioni.

L’assegnazione delle azioni o quote della beneficiaria ai soci della scissa costituisce un elemento essenziale nel procedimento di scissione. L’assegnazione può avvenire in forma proporzionale o non proporzionale rispetto alle partecipazioni già detenute dai soci della scissa: nella prima, ai soci della scissa vengono assegnate azioni o quote della società beneficiaria nella medesima proporzione in cui gli stessi detengono partecipazioni nel capitale della scissa; nella seconda, non sussiste la proporzionalità. Nel primo caso (proporzionale) il rapporto di cambio è unico per tutti i soci: questo sotto il profilo dei rapporti interni; nel caso, invece, di scissione a favore di società preesistenti, questo equilibrio può venire meno ben potendo, esemplificativamente, un socio che ha il controllo nella scissa venirsi a trovare in una posizione di minoranza nella società beneficiaria. Nel secondo caso (non proporzionale), in cui l’assegnazione delle partecipazioni deve nel progetto essere prevista secondo un criterio nominativo (con conseguente applicabilità di questa modalità di scissione unicamente nella società con una compagine sociale ristretta), il 4° comma dell’art. 2506 bis dispone che «dal progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto»: quindi con un diritto di exit per il socio dissenziente, che riceve in denaro il valore attuale della sua partecipazione. La non proporzionalità rileva così sulla misura della distribuzione delle partecipazioni (sia nella scissa che nella beneficiaria), ma non può incidere sul valore economico delle attribuzioni, considerato che carattere fondamentale della disciplina della scissione è la neutralità, e quindi l’equivalenza di attribuzioni, sotto il profilo economico, non potendo sussistere squilibri circa l’attribuzione della ricchezza, di guisa che il [continua ..]


5.2. Gli eventuali conguagli in danaro.

Le norme di riferimento sull’argomento sono costituite dall’art. 2506-bis, secondo cui il progetto di scissione deve contenere l’eventuale conguaglio in danaro, e dall’art. 2506, 2° comma, che stabilisce la possibilità di «un conguaglio in danaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o quote attribuite». Il conguaglio ha la funzione di integrare il rapporto di cambio ove per effetto dei “resti” non sia possibile attribuire ai soci della beneficiaria un numero proporzionale di partecipazioni. Non si pone, naturalmente un problema di conguaglio in danaro ove in sede di scissione siano attribuite azioni prive di valore nominale, non potendo nel caso emergere la necessità di coprire «resti». La disposizione in esame ricalcola puntualmente la regola già contenuta in sede di fusione (art. 2501-ter, 2° comma, richiamato dall’art. 2506-bis).


6. La situazione patrimoniale e la relazione illustrativa.

Il progetto di scissione è accompagnato dalla situazione patrimoniale delle società partecipanti alla scissione. Quindi ad un unico progetto di scissione si aggiunge la situazione patrimoniale sia della società scissa che delle beneficiarie [24]. Questi documenti contabili prescindono da ogni operazione di stima e/o di valutazione: invero, secondo quanto dispone il 1° comma dell’art. 2501-quater, dettato in sede di fusione, e richiamato dall’art. 2506-ter, la situazione patrimoniale della società deve essere redatta con l’osservanza delle norme sul bilancio d’esercizio, riferito ad una data non anteriore di oltre centoventi giorni al giorno in cui il progetto di scissione è depositato nella sede della società, vale a dire un bilancio intermedio costituito da stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa. È consentito l’utilizzo del bilancio dell’ultimo esercizio, sempre che questo sia stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito del progetto di scissione nella sede della società. Ne discende che ove l’operazione venga impostata nel corso dell’esercizio, in una data posteriore di oltre sei mesi da quella di chiusura dell’esercizio decorso, gli amministratori dovran­no redigere una situazione patrimoniale ad hoc, qualificabile, sotto il profilo dell’infrannualità, quale bilancio straordinario [25]; ma la straordinarietà qui si ferma, in quanto a differenza di altre situazione patrimoniali straordinarie (quali, ad esempio, la trasformazione di società di persone in cui i valori contabili vengono adeguati a valori attuali, 2500-ter, 2° comma), nella scissione, come appena si è detto, si procede secondo le regole proprie del bilancio di esercizio e quindi con l’osservanza dei criteri di valutazione previsti dall’art. 2426, nel rispetto, in particolare, della prudenza (art. 2423-bis, n. 1), principio questo di cui, come è noto, la dottrina italiana ha una concezione “sacra”. L’art. 2506-ter, 4° comma, dispone infine che con il consenso unanime dei soci (e dei possessori di altri strumenti finanziari che hanno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione) l’organo amministrativo può essere esonerato dalla redazione della situazione patrimoniale. Inoltre. Analogamente a quanto previsto per la [continua ..]


7. Gli adempimenti pubblicitari e gli effetti della scissione.

«Il progetto di scissione è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese ovvero sul sito internet della società» (art. 2506-bis, 5° comma). La pubblicazione del progetto va tenuta ben distinta dalla pubblicazione della successiva delibera assembleare di scissione (art. 2502-bis, richiamato dal 4° comma dell’art. 2506-ter). Il progetto è destinato ad incidere sui rapporti tra i soci, e conseguentemente è derogabile su consenso unanime degli stessi la vacatio di trenta giorni prevista tra l’iscrizione del progetto nel registro delle imprese e la data fissata per l’assunzione della delibera assembleare (art. 2501-ter ult. comma, che trova applicazione analogica alla scissione); la delibera assembleare di scissione, per converso, ha un’incidenza sui creditori sociali che, salvo le specifiche eccezioni previste dall’art. 2503 (richiamato dall’ultimo comma dell’art. 2506-ter), vedono inderogabilmente riconosciuto loro il diritto di opporsi alla scissione nel termine di sessanta giorni (o il minor termine di cui all’art. 2505-quater) dall’ultima delle iscrizioni nel registro delle imprese delle deliberazioni di scissione, a cui segue la preclusione all’accoglimento di eventuali domande giudiziarie di invalidità, «quand’anche proposte anteriormente» [26] (art. 2504-quater, richiamato dall’ultimo comma dell’art. 2506-ter). Per quanto concerne il «bilancio di apertura successivo alla scissione» da parte di ciascuna delle società incorporate, ovvero beneficiarie, trova applicazione l’art. 2504-bis, 4° comma (in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2506-quater), secondo cui «le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione (scilicet scissione)», vale a dire che il compendio patrimoniale riveniente dalla scissione, o più precisamente il patrimonio netto trasferito con la scissione, viene iscritto in regime di continuità contabile [27] con il bilancio della società beneficiaria. Questa la regola generale, che mira ad evitare che la scissione possa costituire lo strumento per procedere a rivalutazioni contabili.


8. Scissione eterogenea: premessa.

Non sussiste necessaria omogeneità tra il tipo sociale della società scissa e quello della o delle scissionarie. L’ampia ammissibilità anche di trasformazioni eterogenee, cioè in società aventi un profilo causale diverso da quello della società di origine, introdotta dalla riforma del diritto societario [28] comporta l’esclusione di preclusioni all’applicazione, quantomeno in linea di principio, dell’istituto della scissione alle società cooperative [29] (art. 2545 novies, 2° comma), salvo la verifica della compatibilità delle norme sulla spa e sulla srl (art. 2519) al tipo mutualistico [30], sottolineandosi fin d’ora: – che per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove (art. 2522), salva l’ipotesi di costituzione di una cooperativa fra sole persone fisiche, nel qual caso è possibile procedere quando i soci siano almeno tre (in questo caso è obbligatoria l’adozione delle norme della società a responsabilità limitata); – che devono risultare dall’atto costitutivo della cooperativa i requisiti soggettivi dei soci [31], condivisibili con l’interesse dei soci stessi alla prestazione mutualistica: più precisamente, con il loro interesse “alla gestione di servizio di quella cooperativa” [32], stante lo stretto collegamento tra requisiti e interessi dei soci e oggetto sociale [33] (art. 2521, 2° comma, n. 3), con valorizzazione della connessione con l’attività che la cooperativa intende svolgere, avendo appunto questa società la funzione di soddisfare gli interessi del proprio ceto sociale. In passato era la stessa legislazione a fissare i requisiti dei soci; la riforma, nell’ottica di valorizzazione dell’autonomia statutaria, ha rimesso agli statuti la individuazione dei requisiti per l’ammissione dei nuovi soci e la relativa disciplina, ma pur sempre con il limite della coerenza tra requisiti dei soci e oggetto sociale [34]. Per quanto concerne la necessità o meno di una relazione di stima, considerato che le cooperative sono società di capitali, deve escludersi l’applicazione della disciplina della valutazione dei conferimenti [35], sempreché non si verta in scissioni di società di persone con o in società [continua ..]


8.1. Scissione di società cooperative a mutualità prevalente.

Nell’ambito delle cooperative a mutualità prevalente, cioè di quelle cooperative che evidenziano contabilmente i parametri di cui all’art. 2513 e i cui statuti rispondono ai requisiti di cui all’art. 2514 – con conseguente fruizione dei benefici fiscali previsti dalla legislazione speciale (art. 223-duodecies, 6° comma, disp. att. c.c.) e connessa indisponibilità delle riserve indivisibili – possono configurarsi svariate forme di scissione [40], che rendono necessaria un’analisi specifica delle possibili (ma non esaustive) fattispecie.


8.2. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di due o più cooperative a mutualità prevalente.

La scissione mira, in primo luogo – come in ogni forma di scissione – ad individuare gli elementi di patrimonio da trasferire alle società beneficiarie e, nel contempo, come le azioni o quote delle beneficiarie vengono assegnate ai soci della scissa. La scissione può essere totale o parziale, in senso stretto o per incorporazione. Gli statuti delle beneficiarie dovranno prevedere i requisiti di cui all’art. 2514, mentre le condizioni di prevalenza di cui all’art. 2513 potranno, ove non già presenti al tempo della scissione, venire a sussistenza entro i due esercizi consecutivi (argomentando ex art. 2545-octies, 1° comma). Circa i criteri di distribuzione della partecipazione si è già detto come accanto alla scissione proporzionale che vede l’assegnazione delle azioni o quote ai soci delle beneficiarie secondo le originarie percentuali di partecipazione alla stessa, vi possono essere anche scissioni non proporzionali e financo scissioni asimmetriche, fermo restando che, pur nell’ampia autonomia che l’ordinamento riserva al progetto di scissione, è pur sempre necessario che la distribuzione delle partecipazioni (sia nella scissa che nella, o nelle, beneficiarie) non incida sul valore economico delle attribuzioni. Considerato che il patrimonio della società scissa va a confluire, in tutto o in parte, in beneficiarie a mutualità prevalente, è da escludersi la devoluzione del valore effettivo del patrimonio ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione [41]. L’assunto è pacifico in caso di scissione parziale in cui la società scissa continua la sua operatività, ma è da ritenersi che ad analoga conclusione debba pervenirsi anche in caso di scissione totale, che comporta, come si è più sopra visto, l’estinzione della società scissa senza il passaggio alla fase di liquidazione della stessa [42].


8.3. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di cooperativa a mutualità prevalente e di cooperativa diversa.

Nel primo caso, cioè di scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di cooperativa a mutualità prevalente, troverà applicazione la regola appena sopra enunciata, con conseguente passaggio delle riserve indivisibili che il progetto di scissione assegna alla beneficiaria; nel secondo caso, cioè di scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di una cooperativa diversa, troverà applicazione l’art. 2545-octies, con conseguente necessità di redazione di apposito bilancio che determini il valore effettivo dell’attivo patrimoniale, che transita dalla scissa alla beneficiaria, da imputarsi a riserve indivisibili di quest’ultima, che continuano a permanere nell’attivo patrimoniale della stessa fino a quando la società non uscirà dal settore della cooperazione [43], e quindi il patrimonio indisponibile continui ad essere destinato allo svolgimento di un’attività mutualistica (art. 2545-undecies).


8.4. Scissione di una cooperativa a mutualità prevalente in favore di società cooperativa e di società lucrativa.

La scissione che vede il passaggio del patrimonio a favore di altre cooperative e di società lucrative, qualificabile come scissione mista, comporta, in relazione al primo segmento dell’operazione, il passaggio del patrimonio indisponibile in seno alla cooperativa beneficiaria, in quanto ancora destinato allo svolgimento dell’attività mutualistica. Per quanto concerne il secondo segmento dell’operazione, la fattispecie trova la sua disciplina nell’art. 2545-undecies, in quanto la scissione presuppone una trasformazione da società cooperativa a società lucrativa, con abbandono della causa mutualistica. Conseguentemente la deliberazione di scissione comporta la devoluzione del valore effettivo del patrimonio della scissa, «dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, eventualmente aumentati fino alla concorrenza del capitale della nuova scissa», ai fondi mutualistici [44], trattandosi di una riorganizzazione aziendale che determina l’abbandono della causa mutualistica [45]. L’operazione presuppone necessariamente il previo passaggio [46] della cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa diversa, secondo il disposto dell’art. 2545-octies.


8.5. La determinazione del rapporto di cambio nelle operazioni di scissione che precedono.

Nelle operazioni sub 8.2, atteso che, stante l’intangibilità delle riserve indivisibili, il rapporto di cambio non può che essere determinato «alla pari», cioè basato sul valore nominale della partecipazione, prescindendo dalla valorizzazione dei capitali economici sottostanti – consistendo la determinazione del medesimo in una mera operazione aritmetica – può ritenersi superflua la relativa previsione nel progetto di scissione [47] e quindi nella relazione degli ammi­nistratori, con conseguente non necessità della relazione degli esperti: rimarcherei soltanto l’opportunità di un’adeguata illustrazione ex art. 2501-quinquies, richiamato dal 1° comma dell’art. 2506-ter, delle motivazioni che portano ad una determinazione del rapporto di cambio «alla pari». Nelle operazioni sub 9.2-9.3, è evidente, per converso, l’ineliminabilità dell’indicazione del rapporto di cambio e della conseguente relazione degli esperti. Circa il rapporto di cambio in relazione alle posizioni di possessori di strumenti finanziari, si rinvia a quanto osservato in tema di fusione [48].


9. Scissione di cooperative diverse.

La linea di confine tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse, che non godono della agevolazioni fiscali e sono quindi assimilate sotto questo profilo alle imprese con finalità lucrativa, è costituita dal superamento del volume complessivo del cinquanta per cento degli scambi con terzi non soci, oltre naturalmente alla mancanza nello statuto della previsione dei limiti di cui all’art. 2514. Quei vincoli di indivisibilità e indisponibilità del patrimonio tra i soci che caratterizzano le cooperative a mutualità prevalente non sussistono per le cooperative diverse, il cui patrimonio è in larga parte divisibile fra i soci. L’attenuazione delle finalità mutualistiche e il mancato godimento da parte di queste cooperative dei benefici tributari si traduce in una maggiore libertà di trasformazione, ben potendo le cooperative diverse, a differenza di quelle a mutualità prevalente, trasformarsi in società lucrative, devolvendo ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione il valore effettivo del patrimonio sociale che eccede il capitale (art. 2545-decies). È necessario a questo punto distinguere la scissione di cooperative diverse che (i) derivino da cooperative a mutualità prevalente, che abbiano cioè perduto questa qualifica, dalla scissione di cooperative (ii) ab origine diverse. Nel primo caso (i) è da ritenersi che nel patrimonio sociale siano presenti valori dell’attivo patrimoniale imputabili a riserve indivisibili, che continueranno a permanere nei patrimoni delle beneficiarie ove queste siano società cooperative, mentre saranno devolute ai fondi mutualistici ove le beneficiarie siano società lucrative. Nel secondo caso (ii), non avendo la cooperativa goduto delle agevolazioni fiscali, occorre tener presente unicamente la sorte della “riserva legale” [49], che secondo l’art. 2545-ter, non può essere ripartita tra i soci «neppure in caso di scioglimento della società». Questa regola, peraltro, è destinata ad essere priva di contenuto ove le beneficiarie della scissione siano società lucrative, che, se da un lato, dovranno continuare ad iscrivere nel patrimonio netto la riserva legale (o la quota di riserva legale) derivante dalla scissione, dall’altro, potranno liberamente disporne, in sede di liquidazione: [continua ..]


10. Scissione di una società lucrativa in società cooperativa.

La cooperativa, come impresa a proprietà diffusa fondata sulla c.d. “gestione di servizio” [50], si affianca al sindacato quale organizzazione di classe a tutela del proletariato industriale e dei meno abbienti [51] imprimendo un carattere marcatamente sociale alla propria azione, per poi estendersi anche ai ceti borghesi [52], favorendo la nascita di una nuova imprenditorialità [53] che mira ad inserirsi ed a crescere nel mercato, dove peraltro potrà rimanere solo se sarà in grado di competere. In tempi più recenti le imprese che operano nel settore della grande distribuzione hanno dato vita ad una rete di cooperative fra gli stessi imprenditori [54], realizzando così uno scopo mutualistico imperniato non già sulla gestione di servizio, ma inteso come strumento di integrazione delle economie dei soci, finalizzato cioè alla promozione dei loro interessi economici [55]. Ne discende la possibilità di utilizzo della cooperativa quale strumento di approvvigionamento collettivo dei prodotti da parte della grande distribuzione che mira in tal modo, piuttosto che a perseguire il vantaggio mutualistico, a darsi un modello specifico di organizzazione sociale [56] fondato sull’uguaglianza. Considerato il carattere strutturale della società cooperativa, che ne valorizza con il meccanismo del voto capitario la democraticità, emerge l’interesse degli operatori di scindere un ramo d’azienda di una società lucrativa in una cooperativa, specie non a mutualità prevalente, di guisa da consentire l’operatività di questa nuova struttura con la garanzia del c.d. voto capitario. Di qui l’operazione che vede una società lucrativa nel ruolo di scissa ed una cooperativa, preesistente o che nasce per gemmazione, che assume il ruolo di beneficiaria, per lo più quale cooperativa diversa, senza cioè la fruizione delle agevolazioni fiscali, che consente un gestione con metodo democratico [57] accompagnata da ampie possibilità di distribuzione dell’utile secondo la previsione statutaria (art. 2521, 3° comma, n. 8); per le cooperative diverse, invero, non sussistono limiti legali alla distribuzione dell’utile: la percentuale massima dei dividendi che potranno essere ripartiti tra i soci è fissata dall’atto costitutivo. Rimane ferma, peraltro, la [continua ..]


NOTE