Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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I “privilegi” di natura amministrativa del socio di s.r.l. (di Pietro Paolo Ferraro)


SOMMARIO:

1. - 2. - 3. - 4. - 5. - 6. - NOTE


1.

Con il presente contributo, che riguarda le prerogative gestionali del socio di s.r.l., intendo innanzi tutto richiamare l’attenzione sull’esigenza di affrontare le questioni relative alla responsabilità degli amministratori ed alla sindacabilità delle scelte imprenditoriali 1 mantenendo nettamente distinta la s.r.l. dalla s.p.a. 2, tenuto conto che la riforma del diritto societario realizzata con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 3 ha determinato una effettiva e consistente diversificazione dei modelli capitalistici. In tal senso, occorre considerare le specifiche caratteristiche tipologiche della s.r.l. 4 e, in particolare, la rilevanza centrale della persona del socio, che si combina con l’assenza di una rigida linea di demarcazione tra materie di competenza dei soci e materie di competenza degli amministratori (art. 2479, 1° comma, c.c.) 5, diversamente da quanto avviene per la s.p.a., nella quale opera un principio di riserva esclusiva della gestione in capo all’organo amministrativo (artt. 2364, 1° comma, n. 5, e 2380-bis, 1° comma, c.c.) 6. In questa prospettiva, ritengo che, proprio con riguardo alla s.r.l., sia più appropriato parlare, piuttosto che di responsabilità degli amministratori, di una più ampia “responsabilità gestio­nale”, che consenta di considerare anche la posizione imprenditoriale che ricopre il socio nel­l’ambito della corporate governance, dando così rilievo a tutte quelle ipotesi che potremmo definire di “gestione deformalizzata”, le quali – per intenderci – prescindono da una fonte contrattuale riconducibile allo schema del mandato 7. In sostanza, il riferimento principale è alle diverse forme di ingerenza del socio tanto nella gestione della società, quanto nella direzione dell’impresa sociale, che solo in parte sono state prese in considerazione dal legislatore, il quale, com’è noto, con l’art. 2476, 7° comma, c.c., ha previsto una peculiare responsabilità del socio, di natura gestionale, concorrente con quella degli amministratori in carica, per avere (intenzionalmente) deciso o autorizzato gli atti posti in essere da questi ultimi che abbiano arrecato danno alla società, ai soci o ai terzi 8.


2.

Nell’ambito di una variegata fenomenologia, che non è possibile esaminare neppure sommariamente in questa sede, intendo soffermarmi in particolare sui c.d. diritti amministrativi del socio di s.r.l. Il discorso riconduce, evidentemente, alla complessa dogmatica delle situazioni soggettive del socio, che all’origine è stata elaborata come reazione all’affermarsi in materia societaria del principio maggioritario, per affrontare la specifica esigenza, tutta propria delle organizzazioni corporative strutturate secondo il modello della s.p.a., di tutelare la minoranza nei confronti della maggioranza, in seno all’assemblea, rispetto alle modifiche statutarie incidenti sulle “basi essenziali” della società 9. In questo contesto, è nata la “teoria dei diritti individuali”, volta a circoscrivere un’area intangibile di pertinenza del singolo, come tale indisponibile da parte della maggioranza assembleare, pena l’inefficacia delle relative deliberazioni secondo le regole di diritto comune (in luogo del regime speciale di invalidità, basato su un onere di impugnazione) 10. Nel corso del tempo le tecniche di tutela del socio si sono affinate, con il passaggio da un sistema rimediale incentrato sulla configurazione di limiti esterni, rigidi e precostituiti, al potere della maggioranza, attraverso la subiettivizzazione di norme imperative, sino a forme di protezione più flessibili, in grado di comprendere la complessità delle dinamiche endosocietarie, mediante l’individuazione di limiti interni al potere discrezionale degli organismi privati, prima utilizzando strumenti di tutela di derivazione pubblicistica, basati sulle categorie concettuali dell’“interesse legittimo” e dell’“eccesso di potere” 11, per poi approdare a tecniche di protezione più coerenti con la matrice contrattuale del fenomeno societario, ricorrendo alle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), da cui scaturiscono veri e propri doveri comportamentali ed obblighi di protezione in capo a chi ha il potere di fare scelte discrezionali anche nell’interesse di altri soggetti o comunque incidenti sull’altrui sfera giuridica 12. Nonostante il dibattito teorico sulle posizioni giuridiche dei componenti della società sia in continua evoluzione, sembra costituire un dato oramai [continua ..]


3.

Oggi lo scenario istituzionale e normativo è profondamente mutato: la nuova sistemazione dei tipi societari ad opera della riforma del 2003 induce a considerare autonomamente la specifica posizione del quotista nell’ambito del fenomeno societario, tenuto conto che tale posizione è caratterizzata da una spiccata vocazione imprenditoriale, che trova puntuale realizzazione attraverso una molteplicità di prerogative individuali riconosciute dalla legge e dal contratto sociale al singolo socio in quanto tale. Con riguardo alla s.r.l. riformata si rende, quindi, necessario un complessivo ripensamento delle tematiche relative alle situazioni soggettive dei soci, rispetto alle quali si pongono questioni (almeno in parte) diverse da quelle che si presentano con riguardo agli azionisti e che sarebbe riduttivo circoscrivere al confronto assembleare tra maggioranza e minoranza 14. D’altro canto, la dialettica maggioranza-minoranza non si pone per la s.r.l. negli stessi termini in cui si manifesta nella s.p.a., non solo in quanto il tipo s.r.l. è pensato per una platea di “soci imprenditori”, compatta e tendenzialmente stabile, ma anche perché la suddetta dialettica, mentre nella s.p.a. assume, nel suo continuo divenire, una valenza – in un certo senso – fisiologica, consentendo tale tipo di società di “gestire” il conflitto in questione, con riguardo alla s.r.l. una simile contrapposizione – come dimostra la casistica giurisprudenziale – segna quasi sempre un momento patologico della vicenda societaria. Ne consegue che il contrasto interno, se non è efficacemente ricomposto, eventualmente attraverso l’uscita dalla società di chi non condivide le scelte del gruppo di comando, rischia di determinare una paralisi irreversibile dell’organizzazione societaria, rendendone ineluttabile lo scioglimento, proprio a causa del vasto strumentario di diritti e poteri di cui dispone il singolo socio a prescindere dalla quota di capitale posseduta. Ritengo quindi che, in relazione alla s.r.l., una riconsiderazione delle situazioni soggettive dei componenti della compagine sociale sia di grande attualità, non tanto dunque per risolvere il conflitto tra maggioranza e minoranza, quanto piuttosto per affrontare in termini più generali le dinamiche endosocietarie, assumendo fondamentale importanza, dinanzi al potere, se non talvolta allo [continua ..]


4.

Il lavoro ricostruttivo, tuttavia, è complicato dal fatto che nella s.r.l. riformata, accanto ai classici diritti sociali, anche a legittimazione individuale, ci sono i «particolari diritti» relativi all’amministrazione della società di cui all’art. 2468, 3° comma, c.c., che possono essere riconosciuti dallo statuto al singolo socio ed avere i contenuti più diversi, in relazione sia alla gestione corrente, sia alla direzione strategica 16. Per comprendere la reale portata di queste prerogative singolari, le quali tendono a collocarsi in un’area intermedia tra dimensione collettiva e sfera individuale 17, occorre prima di tutto risolvere la delicata questione di vertice relativa alla determinazione della loro natura, che rileva ai fini dell’individuazione dei limiti che incontrano, per un verso, l’autonomia statutaria, per altro verso, il socio che ne sia titolare. A tal proposito, pertanto, occorre chiarire se si sia in presenza di diritti corporativi, che conferiscono posizioni organizzative all’interno della società, che in quanto tali devono essere coerenti e compatibili con la causa societatis, oppure se si tratti di diritti individuali, ossia di situazioni di diritto soggettivo attribuite al socio come se fosse terzo rispetto all’organismo societario, attraverso i quali sia possibile perseguire interessi personali ed egoistici, al limite in contrasto con l’interesse sociale. La dottrina prevalente propende per la natura corporativa di tali diritti, per quanto attribuiti ad personam, sostenendo pertanto che siano integralmente assoggettati alle regole dell’ordi­na­mento societario 18. Pur condividendo, in linea di massima, una simile ricostruzione, che trova un certo conforto nel dettato normativo (art. 2468, 4° comma, c.c. 19), ritengo tuttavia che sia possibile proporre una soluzione più articolata, in linea con l’ampia autonomia negoziale che connota la s.r.l. Invero, non vi è dubbio che nella categoria in questione rientrino diritti con inequivocabile valenza corporativa conferiti ad uno o più soci determinati (si pensi, ad esempio, alla riserva di nomina di un membro del consiglio di amministrazione o al diritto di rivestire personalmente la carica di amministratore). Ciò nondimeno non mi sembra sia da escludere che l’atto costitutivo della s.r.l. possa [continua ..]


5.

Ovviamente, il differente inquadramento dei diritti particolari riguardanti l’ammi­ni­strazione della società, in quanto incide sui margini di discrezionalità di cui dispone il socio che ne sia titolare, non può non essere considerato dal giudice nel momento in cui è chiamato a valutare, in termini di legittimità e di correttezza, le scelte effettuate dal socio privilegiato e le relative modalità attuative. Qualora, infatti, i diritti particolari abbiano natura corporativa, l’operato del socio deve essere necessariamente finalizzato al perseguimento dello scopo comune, non potendo i diritti in questione essere utilizzati per realizzare vantaggi personali e interessi antagonisti rispetto a quello sociale 22, con la conseguenza che troveranno applicazione le regole ed i principi del diritto societario, nei termini in cui gli stessi operano nell’ambito della s.r.l., segnatamente per quanto concerne l’abuso del voto, il conflitto di interessi, la responsabilità gestionale. Viceversa, in presenza di situazioni di diritto soggettivo, l’agire del socio è più libero e meno sindacabile, al punto da potere perseguire interessi personali anche difformi e persino confliggenti con quello sociale, senza che siano invocabili le norme societarie sul conflitto di interessi. Si deve ritenere, tuttavia, che il socio, nell’esercizio del suo potere discrezionale, debba comunque rispettare i doveri comportamentali e gli obblighi di protezione che derivano dal contenuto precettivo delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.). In questo caso, insomma, non troveranno applicazione le regole del diritto societario, ma soltanto le regole ed i principi generali di diritto comune e del diritto dell’impresa, a cominciare dai principi che governano il fenomeno dei gruppi imprenditoriali, in parte desumibili dalla disciplina positiva contenuta nel codice civile (cfr. artt. 2497 ss. c.c.). È quasi superfluo aggiungere, però, che simili opportunità individuali debbano essere chiaramente specificate nel contratto sociale, poiché in mancanza o comunque in caso di incertezze contenutistiche, i diritti riconosciuti ai soci in via statutaria non possono che essere considerati a tutti gli effetti come diritti corporativi. Lo statuto, quindi, assume un’importanza fondamentale al riguardo, dovendo adeguatamente [continua ..]


6.

Mi pare abbastanza evidente, a questo punto, che la ricostruzione prospettata conferisca alla s.r.l. un significativo “valore aggiunto”, con ben altre ricadute di ordine sistematico, specie per quanto concerne il fenomeno dei gruppi di imprese, con la possibilità di ricomprendere i diritti di privilegio in quelle clausole dello statuto, considerate dall’art. 2497-septies c.c., sulle quali si fonda l’attività di direzione e coordinamento 24. Al tempo stesso, il tipo s.r.l. può costituire la struttura elettiva per le società in house di pro­manazione pubblica, consentendo all’ente pubblico di riservarsi determinate prerogative gestionali e strategiche, in funzione del perseguimento dell’interesse generale della collettività, proprio attraverso la previsione statutaria dei diritti particolari di cui all’art. 2468, 3° comma, c.c. 25. In questi termini, si può concludere che – come preconizzato dall’illustre maestro che in passato si è occupato ex professo della tematica relativa alla posizione giuridica del socio rispetto alla società 26 – la riforma del diritto societario, con la previsione di privilegi individuali in materia di s.r.l., che in passato non erano neppure immaginabili nel nostro ordinamento, ha inaugurato una «nuova era dei diritti dei soci» 27, che impone una moderna concettualizzazione delle situazioni soggettive dei componenti della compagine sociale appositamente calibrata sul modello organizzativo di riferimento per le imprese di capitali non azionarie 28.


NOTE