Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Riflessioni sulle “funzioni” degli amministratori “non esecutivi” e sull'“amministrazione” nella S.p.A. quotata (di Umberto Tombari)


Il saggio analizza le funzioni che l’odierno assetto normativo attribuisce agli amministratori non esecutivi, in particolare, all’interno della grande impresa azionaria quotata. L’indagine si concentra sulle funzioni di indirizzo strategico e di vigilanza che gli amministratori non esecutivi possono e debbono svolgere, nonché sugli strumenti che l’ordinamento attribuisce a tali amministratori per lo svolgimento delle loro funzioni. Dopo aver ricostruito compiti e poteri degli amministratori non esecutivi, lo scritto si dedica a chiarire il contenuto del dovere di agire in modo informato, segnando, sia sul piano sistematico sia alla luce del diritto vivente, le necessarie differenze tra la nuova formulazione codicistica e la disciplina previgente all’intervento riformatore del 2003. Da ultimo, il saggio prende in considerazione alcuni esempi applicativi, affrontando sia il caso dell’esame ed approvazione del prospetto di offerta e del piano industriale, sia la fattispecie della valutazione dell’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, anche sotto il profilo dei rapporti con la c.d. business judgment rule.

Remarks on Corporate Governance. The Role of Non-Executive Directors in Listed Companies

The article investigates the role of non-executive directors, focusing on public listed companies. The paper analyses both the powers of non-executive directors and their functions of strategic direction and monitoring over the management. After the analysis of the current legal framework on powers and duties of non-executive directors, the paper focuses on their duty to act in an informed manner, and on how this duty has changed after the law reform of 2003 and due to recent case-law.

Finally, the paper provides a concrete application of the non-executive directors’ legal regime to two specific hypotheses: the evaluation and approval of both the industrial plan and the prospectus on the issuance of financial instruments; and the duty to assess the adequacy of the organizational, administrative and accounting structure of the company.

SOMMARIO:

1. Il ruolo degli amministratori non esecutivi nella grande impresa azionaria quotata - 2. I poteri/doveri degli amministratori non esecutivi ai sensi degli artt. 2381, 3° comma, c.c. e 1, Codice di Autodisciplina: un catalogo - 2.1. L’assenza di poteri informativi individuali degli amministratori non esecutivi. Il ruolo dei comitati endoconsiliari - 2.2. Il significato normativo di “valutare” il generale andamento della gestione - 3. Il dovere di “agire in modo informato” ex art. 2381, 6° comma, c.c.: alla ricerca di un significato coerente con l’assetto normativo attuale - 4. Il principio di “affidamento” degli amministratori non esecutivi sull’informa­zione e sulla documentazione ricevuta - 5. Alcuni casi pratici: i poteri/doveri degli amministratori non esecutivi di S.p.A. in relazione al prospetto d’offerta ed al piano industriale - 6. (Segue): i doveri degli amministratori non esecutivi di S.p.A. di “valutare” l’adeguatezza dei c.d. assetti interni della società (assetti organizzativi, amministrativi e contabili) - 7. Il giudizio sulle condotte degli amministratori: valutazione ex ante e business judgment rule - 8. Un’ultima considerazione - NOTE


1. Il ruolo degli amministratori non esecutivi nella grande impresa azionaria quotata

Quali sono le funzioni proprie degli amministratori “non esecutivi” nella grande impresa azionaria quotata e – più nello specifico – quale funzione di vigilanza (monitoraggio) possono/debbono svolgere sull’operato degli amministratori esecutivi? Come si inseriscono i “non esecutivi” nel sistema di “controllo policentrico” [1] che caratterizza la S.p.A. quotata? La domanda è tra le più ricorrenti e trova soluzioni apparentemente agevoli ed uniformi. Come non sfugge, peraltro, ad ogni giurista che affronta ed è immerso nella realtà delle “cose”, lo “statuto normativo” degli amministratori non esecutivi di una società con azioni quotate (e non) presenta elementi che necessitano di essere meglio chiariti ed approfonditi. In altri termini, sembra opportuno (tentare di) eliminare certe “ambiguità interpretative” e prendere definitivamente atto di come si atteggiano, allo stato dell’ordinamento, i principali contenuti normativi dei poteri/doveri “individuali” [2] degli amministratori non esecutivi di S.p.A. (ed anche e soprattutto – ai nostri fini – i poteri di controllo sugli amministratori esecutivi) in un sistema di amministrazione e controllo “tradizionale”. Tanto considerato, preliminarmente merita rilevare quanto segue. A) Se la proposizione normativa contenuta nell’art. 2380-bisc. («la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma [3], e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale») pone in evidenza, nella società per azioni, il ruolo gestorio dell’intero organo amministrativo, è opportuno prendere definitiva consapevolezza che il disposto legislativo appena citato, da un lato, è stato pensato prevalentemente per limitare eventuali poteri gestori dell’as­sem­blea dei soci, dall’altro (e soprattutto) deve essere declinato e meglio specificato a seconda del contesto applicativo di riferimento. In questa prospettiva e per quanto in questa sede più interessa, è principio del tutto acquisito e certamente condivisibile che – nelle imprese dotate di una certa complessità e dimensione, ad iniziare dalle c.d. [continua ..]


2. I poteri/doveri degli amministratori non esecutivi ai sensi degli artt. 2381, 3° comma, c.c. e 1, Codice di Autodisciplina: un catalogo

Tanto premesso, in questa sede assumono rilevanza le funzioni degli amministratori non esecutivi identificate nel disposto, rispettivamente, dell’art. 2381, 3° comma, c.c. e dell’art. 1 del Codice di Autodisciplina attualmente vigente [14]. Più in particolare, ai sensi della prima disposizione citata (art. 2381, 3° comma, c.c.) il consiglio di amministrazione (e, nella specie, gli amministratori non esecutivi): i) «sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società» (nel medesimo senso v. anche il Criterio Applicativo 1.C.1 del Codice di Autodisciplina attualmente applicabile, nonché l’art. 1, Raccomandazioni 1, del nuovo Codice di Corporate Governance del 2020); ii) «quando elaborati esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società»; ai sensi del Criterio Applicativo 1.C.1 del Codice di Autodisciplina in vigore, inoltre, il plenum consiliare «esamina e approva» i predetti piani, «monitorandone periodicamente l’attuazione» (sul ruolo dell’organo amministrativo in merito alle strategie della società v. anche il nuovo Codice di Corporate Governance del 2020, art. 1, Princìpi II e Raccomandazioni 1); iii) «valuta, sulla base della relazione dei delegati, il generale andamento della gestione». Ebbene, è di tutta evidenza come le funzioni sopra ricordate abbiano un preciso elemento in comune (una sorta di filo rosso): sono tutte esercitate in base ad informazioni di “secondo grado” ricevute dall’amministratore delegato, o comunque messe a disposizione dalla struttura aziendale e dagli uffici competenti in funzione o all’interno del consiglio di amministrazione [15]. Sul punto si tornerà adeguatamente nel prosieguo.


2.1. L’assenza di poteri informativi individuali degli amministratori non esecutivi. Il ruolo dei comitati endoconsiliari

A conferma del principio indicato in precedenza – in ragione del quale “l’am­mi­nistratore non esecutivo (…) ha un unico strumento operativo che è, appunto, l’informazione ricevuta in consiglio” [16] – occorre evidenziare come sia assolutamente maggioritaria e condivisibile l’opinione secondo la quale gli amministratori non esecutivi non hanno poteri informativi ed ispettivi autonomi ed individuali. In altri termini, un consigliere non delegato è privo singolarmente di alcun potere ispettivo/investigativo, né ha facoltà di rivolgersi direttamente alla struttura aziendale (al di fuori del c.d.a.) al fine di ottenere le informazioni funzionali all’adempi­mento dei propri compiti [17]. A tale conclusione è dato pervenire in ragione del complesso normativo e sistematico dell’art. 2381 c.c., oltre che dell’inequivoco tenore letterale della disciplina legislativa, la quale prevede espressamente in capo al singolo amministratore il solo potere informativo di cui all’art. 2381, 6° comma, c.c., in ragione del quale questi «può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società». Questa disposizione pone un preciso limite procedimentale e, implicitamente, impedisce che gli amministratori non esecutivi possano fare ricorso a strumenti informativi differenti da quelli consentiti dalla medesima [18]. Per il resto – e in conformità a quanto già rilevato in precedenza – gli unici canali d’informazione in favore degli amministratori non esecutivi consistono in quanto loro comunicato in sede consiliare o pre-consiliare (mediante la documentazione inviata in funzione della partecipazione al consiglio). In questo senso non sembrerebbe condivisibile ritenere che in ipotesi eccezionali si possa giungere ad una “contenuta estensione per via interpretativa della dimensione individuale (…), pur senza volersi con ciò discostare dal dato normativo della centralità del consiglio di amministrazione, obiettivamente non in discussione” [19], arrivando a sostenere che qualora si sospetti che le informazioni comunicate sono errate, inattendibili o insufficienti, il singolo amministratore possa procedere individualmente a controllare l’attività degli esecutivi [20]. All’opposto, [continua ..]


2.2. Il significato normativo di “valutare” il generale andamento della gestione

In coerenza con il quadro normativo sopra tracciato, deve essere ricostruito il significato del dovere degli amministratori di “valutare” il generale andamento della gestione ex art. 2381, 3° comma, ultima parte, c.c.. Al riguardo, è ampiamente noto che tra i principali scopi della Riforma di diritto societario del 2003 si annoveri la parcellizzazione (soggettivizzazione) della responsabilità dei consiglieri di amministrazione in base alle funzioni attribuite e, quindi, in primo luogo, alla titolarità (o meno) di cariche esecutive [23]. In questa prospettiva, la diligenza degli amministratori è ora parametrata alla «natura dell’incarico», oltre che alle «specifiche competenze» di ciascuno (cfr. art. 2392, 1° comma, c.c.). Per quanto maggiormente interessa in questa sede, è da ricordare che dall’at­tua­le disposto dell’art. 2392, 2° comma, c.c. è stato espunto (rispetto al testo previgente) il riferimento alla responsabilità per non aver “vigilato sul generale andamento della gestione”, ossia un riferimento che “soprattutto nell’esperienza delle azioni esperite da procedure concorsuali, finiva” per “trasformare” la responsabilità solidale degli amministratori “in una responsabilità sostanzialmente oggettiva” [24]. Più in generale, nell’assetto normativo vigente: i) il consiglio di amministrazione «valuta» il generale andamento della gestione esclusivamente «sulla base della relazione degli organi delegati» (art. 2381, 3° comma, c.c.) e non anche tramite (ine­sistenti) poteri informativi ed ispettivi individuali (v. supra); ii) ove l’am­mi­nistratore sia a conoscenza di fatti dannosi (esclusivamente) in base ai flussi informativi ricevuti (cfr. l’espresso richiamo da parte dell’art. 2392, 2° comma, c.c. al 3° comma dell’art. 2381 c.c.), egli mantiene il dovere di impedirne, eliminarne o attenuarne le conseguenze pregiudizievoli (art. 2392, 2° comma, c.c.). La disciplina attualmente vigente, dunque, non prevede più un dovere assoluto ed incondizionato del consiglio di amministrazione di vigilare sul generale andamento della gestione, ma si limita ad imporre a tale organo una “valutazione” al [continua ..]


3. Il dovere di “agire in modo informato” ex art. 2381, 6° comma, c.c.: alla ricerca di un significato coerente con l’assetto normativo attuale

Ricostruita la disciplina di riferimento relativamente alle funzioni degli amministratori non esecutivi ed agli strumenti a loro disposizione per esercitarle, è necessario chiarire – in necessaria coerenza con il dato normativo sopra delineato e soprattutto con il contenuto dei poteri informativi individuali (come sopra ricostruiti) – il contenuto concreto del generale dovere di «agire in modo informato» posto dall’art. 2381, 6° comma, c.c.. Al riguardo, si ricorda, ancora una volta, che gli amministratori non esecutivi: i) esercitano i propri compiti esclusivamente sulla base delle informazioni pre-con­siliari e consiliari ricevute; ii) non hanno poteri informativi ed ispettivi autonomi; iii) possono chiedere, nell’ambito della riunione dell’organo amministrativo, informazioni all’amministratore delegato, al presidente o alle funzioni aziendali presenti alla riunione; iv) nell’ordinamento societario riformato, non sono gravati dal dovere di vigilare sul generale andamento della gestione, ma si limitano ad operare una “valutazione” della medesima in base alle informazioni ricevute. Ebbene, alla luce di questo contesto normativo, come correttamente ricostruito anche dall’opinione dominante, non è possibile “trasformare” il dovere di agire in modo informato in un generico e generale dovere di conoscenza di qualsiasi aspetto della gestione societaria, ovvero in una sorta di “presunzione” in questo senso. Tale interpretazione riporterebbe ad una specie di responsabilità oggettiva e si porrebbe in senso contrario all’intervento riformatore del 2003 [33] ed alle attuali linee sistematiche del diritto azionario. Allo stato dell’ordinamento, dunque, il dovere “di agire in modo informato” im­plica e richiede esclusivamente un esame diligente e critico dell’informazione che gli amministratori non esecutivi hanno ricevuto attraverso i canali sopra ricordati [34]. In questa prospettiva deve essere spiegata e compresa anche la codificazione del potere del singolo amministratore di chiedere agli organi delegati che in sede consiliare si forniscano informazioni sulla gestione della società (cfr. art. 2381, 6° comma, ultima parte, c.c.). Tale prescrizione, in primo luogo, conferma, indirettamente, l’assenza in capo agli amministratori non esecutivi [continua ..]


4. Il principio di “affidamento” degli amministratori non esecutivi sull’informa­zione e sulla documentazione ricevuta

Tanto considerato, se le funzioni (poteri/doveri) degli amministratori non esecutivi devono esercitarsi sulla base delle informazioni ricevute (anche su richiesta) e non sulla base di autonomi poteri informativi e/o ispettivi, è da chiedersi se – ed eventualmente in quali limiti – esista un principio di “affidamento” per i non esecutivi sulla correttezza e completezza delle informazioni ricevute. Ebbene, è di fondamentale importanza prendere definitiva consapevolezza che nella società per azioni è giuridicamente riconosciuto il principio di “affidamento” degli amministratori non esecutivi sull’informazione e sulla documentazione ricevuta. Più in particolare, secondo l’opinione dominante ed assolutamente condivisibile [40], gli amministratori non esecutivi possono (e devono) fare affidamento non solo sulla correttezza, ma anche sulla esaustività [41] delle informazioni e della documentazione ricevute, laddove gli assetti organizzativi siano stati valutati come adeguati e non sussistano “segnali di allarme”. Nella prospettiva indicata, il ruolo degli amministratori rispetto all’informazione societaria deve essere volto, in primo luogo, a “fare in modo che il sistema sia organizzato (attraverso apposite attribuzioni di funzioni, strutture e procedure, la cui organizzazione e previsione dovrà essere curata dagli amministratori delegati) in modo tale da fornire una informazione adeguata” [42]. In conclusione, all’interno di una S.p.A. quotata e dotata di assetti organizzativi adeguati (in base alla valutazione dei soggetti a ciò tenuti) il singolo amministratore non esecutivo – tenuto ad adempiere alle proprie funzioni esclusivamente sulla base delle informazioni ricevute e sprovvisto di ogni potere informativo ed ispettivo autonomo (fuori del consiglio) – deve fare affidamento sulla correttezza e completezza della documentazione e dell’informazione ricevuta in assenza di “segnali di allarme”. È questa, del resto, l’unica soluzione coerente con il quadro normativo che siamo venuti delineando. Resta da aggiungere che l’“affidamento”, come appena descritto, interrompe il nesso di causalità tra la condotta assunta dagli amministratori non esecutivi e l’e­ventuale danno e, conseguentemente, impedisce che la responsabilità [continua ..]


5. Alcuni casi pratici: i poteri/doveri degli amministratori non esecutivi di S.p.A. in relazione al prospetto d’offerta ed al piano industriale

Volendo svolgere alcuni esempi in applicazione del quadro teorico sopra delineato, può essere interessante valutare come si configura il potere/dovere degli amministratori non esecutivi di “esaminare” ed “approvare” il prospetto d’offerta di cui agli artt. 94 ss. del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF). In merito, il legislatore non ha codificato né una competenza esclusiva del consiglio di amministrazione, né alcuno specifico dovere a carico di quest’ultimo nel suo plenum [44]. Tanto precisato, qualora il consiglio di amministrazione decida di “esaminare” ed “approvare” il prospetto (ovvero il relativo supplemento, se pubblicato), tale attività dovrà svolgersi nel rispetto delle regole, delle dinamiche e dei processi informativi e deliberativi sopra descritti. Più in particolare, in considerazione del­l’assenza di poteri ispettivi ed informativi individuali dei singoli amministratori e del principio di “affidamento” sulle informazioni ricevute (v. supra), il c.d.a. potrà/dovrà: i) “esaminare” il prospetto (o il supplemento) in base alle informazioni ricevute o comunque messe a disposizione dalla struttura aziendale e dagli organi delegati; ii) valutare la ragionevolezza dei dati proposti e la loro coerenza rispetto alle informazioni già comunicate, nonché in rapporto alle scelte operate, agli obiettivi e alle linee strategiche adottati; iii) ove tale valutazione abbia esito positivo, “approvare” il documento. Analogamente, di sicuro interesse è analizzare, inoltre, come si configura il potere/dovere degli amministratori non esecutivi di “esaminare” ed “approvare” il piano industriale della società. Ai sensi dell’art. 2381, 3° comma, c.c. e della normativa autodisciplinare in materia (v. Criterio 1.C.1, Codice di Autodisciplina attualmente vigente; v. anche art. 1, Raccomandazioni 1, lettere a e b, del Codice di Corporate Governance del 2020), il c.d.a. si limita ad “esaminare” i piani industriali «quando elaborati», nonché ad “approvarli” e “monitorarne” periodicamente l’attuazione. Da tali previsioni emerge in modo implicito (ma chiaro) che la redazione dei predetti piani non grava sugli amministratori non [continua ..]


6. (Segue): i doveri degli amministratori non esecutivi di S.p.A. di “valutare” l’adeguatezza dei c.d. assetti interni della società (assetti organizzativi, amministrativi e contabili)

Sempre nella prospettiva delineata, è certamente importante interrogarsi sul contenuto del dovere di “valutare” l’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili che grava sugli amministratori non esecutivi (cfr. art. 2381, 3° comma, c.c. e Criterio Applicativo 1.C.1, Codice di Autodisciplina in vigore; v. anche art. 1, Raccomandazioni 1, lettera d, e art. 6 del Codice di Corporate Governance del 2020). In via preliminare, occorre anzitutto rilevare come la disciplina in tema di assetti interni preveda il concorso di più “organi” sociali: se al consiglio spetta la predetta “valutazione”, l’amministratore delegato deve “curare” l’adeguatezza degli stessi, mentre il collegio sindacale deve occuparsi della relativa “vigilanza”, nonché del “concreto funzionamento” e della loro affidabilità (cfr. artt. 2381, 3° e 5° comma e 2403, 1° comma, c.c.; 149, 1° comma, lett. c), TUF). Da quanto appena esposto emerge come gli amministratori non esecutivi non siano chiamati né a predisporre concretamente gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, né a controllarne il funzionamento, ma solo ad effettuare un giudizio ex post (anche di merito) “di secondo (o ulteriore) livello”. Tale “giudizio”, per un verso, si basa essenzialmente sull’efficienza dei controlli di primo (o inferiore) livello e, per altro verso, non si sostituisce alle funzioni aziendali direttamente incaricate della concreta predisposizione dell’organizzazione interna [46]. In sostanza, sul contenuto del giudizio al quale è chiamato il consiglio di amministrazione occorre ribadire quanto già sopra rilevato con riguardo al “generale andamento della gestione”: la “valutazione” che spetta a siffatto organo consiste sempre in un sindacato complessivo e sintetico, espresso ex post e tendenzialmente una tantum, sulla base delle informazioni ricevute in sede consiliare [47]. Questo compito, dunque, non si sostanzia in un assessment autonomo degli assetti interni, dovendosi ribadire che i componenti non esecutivi del c.d.a. non sono singolarmente dotati di poteri strumentali ad ottenere i dati e le notizie necessari per elaborare siffatto giudizio, ma che a tal fine si basano principalmente su [continua ..]


7. Il giudizio sulle condotte degli amministratori: valutazione ex ante e business judgment rule

Può essere opportuna una precisazione in merito ai criteri da utilizzare con riferimento al giudizio di legittimità dell’operato degli amministratori. Come ampiamente noto, tale giudizio viene naturalmente effettuato ex post (ovvero dopo che le predette condotte sono state realizzate), ma deve essere scrutinato con la ragionevolezza di una valutazione ex ante. In altri termini, in conformità a quanto pacificamente sostenuto in dottrina e in giurisprudenza, il “giudicante” dovrà porsi nella situazione nella quale l’amministratore si trovava al momento del compimento dell’atto, evitando valutazioni ex post condizionate dagli esiti dell’atto stesso [49]. Diversamente, è inevitabile il “declivio” verso la responsabilità oggettiva [50]. Questo principio – che vale certamente per qualsiasi scelta degli amministratori – opera anche con specifico riferimento alle decisioni concernenti gli assetti interni della società [51]. Strettamente connessa a quella appena esposta è la regola, pacificamente riconosciuta in dottrina [52] e in giurisprudenza [53], in ragione della quale gli amministratori agiscono discrezionalmente e – conseguentemente – non è possibile sindacarne nel merito le decisioni (c.d. business judgment rule). Il giudizio concernente la responsabilità amministrativa si sposta, così, dalla decisione – che, come già rilevato, è insindacabile nel merito – al processo decisionale mediante il quale si è pervenuti a questa. Più in particolare, “laddove gli amministratori siano stati adempienti a tutti i loro obblighi”, il processo decisionale sia avvenuto in modo adeguato e diligente e la scelta non appaia, in definitiva, irragionevole [54], “non sorge una loro responsabilità nemmeno se (…) abbiano commesso errori di valutazione o abbiano compiuto operazioni che siano risultate dannose per la società” [55]. È inoltre corretto sostenere che la “regola” appena esposta si applichi anche alle condotte funzionali a garantire l’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili: “non v’è dubbio, infatti, che pure l’organizzazione appartiene a quella sfera di [continua ..]


8. Un’ultima considerazione

Giunti al termine di queste riflessioni, dovrebbe essere emerso in che senso i contenuti dei principali “doveri” degli amministratori “non esecutivi” devono essere ricostruiti, in via interpretativa, in modo coerente e consequenziale rispetto all’assetto dei “poteri” ad essi attribuiti dall’ordinamento. In tale prospettiva, anche la “definizione delle strategie della società” necessita di essere inquadrata in questo contesto. Più in particolare, non vi è dubbio che il potere di fissare le linee strategiche dell’impresa spetti all’organo amministrativo nel suo complesso, ma nella dinamica fattuale e giuridica del plenum il compito precipuo degli amministratori “non esecutivi” sarà quello − non di elaborare tali indirizzi, ma ancora una volta − di monitorare, in base alle informazioni ricevute e nell’ambito dei poteri informativi disponibili, la coerenza e la ragionevolezza delle analisi e delle proposte provenienti dall’amministratore delegato (e dalle funzioni aziendali coinvolte). Si tratta di un altro tassello funzionale a creare, nell’esperienza giuridica (latamente intesa), una forma di equilibrio tra i vari ed eterogenei poteri ed interessi che animano l’“amministrazione” di una grande impresa quotata.


NOTE