Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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“Contratto di rete” e attività di direzione e coordinamento (di Enrico Mugnai)


SOMMARIO:

1.  Il contratto di rete nella prospettiva dell’autonomia privata in materia di gruppi: due possibili “scenari” applicativi - 2. Sulla (prospettata) distinzione tra rete e gruppo di imprese - 3.  Un nuovo approccio metodologico: ripensare il tema alla luce della disciplina “positiva” del contratto di rete - 4.  Il contratto di rete come nuovo tipo contrattuale a caratterizzazione causale “debole” - 5. Contratto di rete e attività di direzione e coordinamento - 6.  Segue: il contratto di rete in funzione della regolamentazione dei rapporti tra società già soggette a direzione e coordinamento - 7.  Segue: il contratto di rete in funzione della costituzione (e la disciplina) di un gruppo (paritetico) tra società cooperative - NOTE


1.  Il contratto di rete nella prospettiva dell’autonomia privata in materia di gruppi: due possibili “scenari” applicativi

È opinione ormai largamente condivisa che la disciplina dei gruppi di imprese, quale contenuta, tra l’altro ed in specie negli artt. 2497 e ss., c.c., possa e debba essere interpretata in termini di “diritto di organizzazione”, oltreché “di diritto di protezione” 1. In questa prospettiva, la disposizione generale sulla responsabilità della società o ente capogruppo, se innegabilmente ispirata e rispondente ad istanze “immediate” di tutela e di protezione degli interessi potenzialmente pregiudicati dei soci di minoranza e dei creditori, viene, al tempo stesso, a delineare e legittimare un peculiare modello di organizzazione e gestione dell’impresa (impresa organizzata in “forma di gruppo”) fondato sull’esercizio (legittimo) dell’attività direzione e coordinamento su società, modello organizzativo che, come tale, presuppone l’elabo­razione e l’individuazione di regole di azione, di organizzazione e di procedimento, oltre che di responsabilità 2. La disciplina legale, da un lato, opera attraverso il richiamo di clausole generali, imponendo il rispetto dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale nel perseguimento dell’interesse di gruppo 3, dall’altro, anche fuori della relativa sedes materiae, contempla una serie di disposizioni specifiche che incidono su singoli aspetti del fenomeno in esame (informazione, trasparenza, pubblicità, contabilità e bilanci, ecc.) 4. Se questo è vero, la statuto normativo del gruppo, avendo riguardo alle esigenze di regolamentazione e organizzazione di tale specifica forma di impresa, non si dimostra “autosufficiente”, ma destinato ad essere integrato e modulato dall’au­to­nomia privata, risultando largamente rimessa a quest’ultima, seppur nel quadro della disciplina per principi e clausole generali dettate dalla legge, la “costruzione” del rapporto di gruppo e l’elaborazione delle regole concrete e delle procedure dirette a disciplinare l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento 5. In questo scenario, molteplici sono gli strumenti di natura statutaria, negoziale e regolamentare utilizzabili ed utilizzati dall’autonomia privata, come molteplici e finanche opposte possono essere le esigenze e le finalità [continua ..]


2. Sulla (prospettata) distinzione tra rete e gruppo di imprese

È noto come, in una prospettiva di carattere eminentemente descrittivo, la “rete di imprese” sia stata identificata con “quell’insieme di relazioni di tipo cooperativo e tendenzialmente stabili tra due o più imprese formalmente e giuridicamente distinte, anche concorrenti, tra le cui attività esista o si generi una qualche interdipendenza ed emerga un’esigenza di coordinamento, alla quale la rete risponda ricorrendo a strumenti di governo diversi, formali e informali, contrattuali e non” 9. Se, dunque, dal punto di vista economico, la rete è stata qualificata come un “ibrido”, una sorta di compromesso tra le tradizionali e generali categorie dello scambio contrattuale (markets) e le strutture gerarchiche integrate (hierarchies) 10, la cui funzione principale risiede nel realizzare forme di collaborazione, aventi ad oggetto attività relative, in genere (ma non necessariamente), ad una o più fasi della filiera produttiva, dal punto di vista giuridico, il tratto distintivo del fenomeno è stato, invece, individuato nel mantenimento della piena autonomia ed indipendenza da parte delle imprese partecipanti, consentendo forme organizzative legate esclusivamente al potere contrattuale e non già al controllo proprietario 11. In quest’ultima prospettiva, nella letteratura giuridica la “rete” è stata considerata uno strumento complementare al gruppo, al pari di quest’ultimo ascrivibile alla categoria dei modelli organizzativi del coordinamento interimpreditoriale, ma distinto dal medesimo in ragione – principalmente – della minore intensità, in senso gerarchico, del rapporto di coordinamento posto in essere. Più in particolare, si è sostenuto che se il modello reticolare può ritenersi astrattamente compatibile (anche) con forme di coordinamento gerarchico, estranee alla fattispecie dovrebbero, invece, considerarsi tutte quelle ipotesi (riconducibili appunto al fenomeno del “gruppo”) in cui le relazioni interimprenditoriali si strutturino nella forma del “controllo”, attraverso il trasferimento alla capogruppo del potere decisionale relativo alle funzioni strategiche delle singole imprese 12. In altri termini, secondo la tesi riportata, rete e gruppo verrebbero a distinguersi, sul piano per così dire ontologico, in relazione “alla [continua ..]


3.  Un nuovo approccio metodologico: ripensare il tema alla luce della disciplina “positiva” del contratto di rete

La tesi ricostruttiva ora esposta necessita, tuttavia, di essere verificata e ripensata alla luce di un diverso e più specifico approccio metodologico, che, nella prospettiva del diritto positivo, reinterpreti il rapporto rete/gruppo assumendo a riferimento, innanzitutto, la disciplina legale “tipica” del contratto di rete, così come introdotta dal d.l. n. 5/2009 e di seguito, più volte, modificata. 14 Al riguardo, occorre infatti evidenziare che la disciplina legale introdotta dal Legislatore sul “contratto di rete” non vuol essere né può considerarsi, a rischio di fraintendimenti dalle pericolose ricadute pratico-interpretative, come disciplina delle “reti di imprese” genericamente intese 15. In essa, piuttosto, deve leggersi il tentativo (su questo piano sicuramente meritevole) di fornire alle imprese un nuovo possibile “modello” di regolamentazione negoziale delle relazioni di rete e ciò – secondo l’interpretazione da ritenersi preferibile anche alla luce delle ultime modifiche legislative – attraverso l’introduzione nell’ordinamento di una specifica figura contrattuale, indefettibilmente caratterizzata dalla comunione di scopo 16 e potenzialmente idonea ad assumere rilievo propriamente associativo, configurandosi quale (nuovo) strumento tipico per l’esercizio dell’impresa collettiva in forma non societaria 17. Un nuovo tipo contrattuale 18, dunque, con specifico riferimento al quale il rapporto rete/attività di direzione e coordinamento merita di essere approfondito in una prospettiva, ad oggi, poco esplorata, ossia non su di un piano generale-descrittivo, di raffronto astratto tra modelli organizzativi ed economici, bensì attraverso un giudizio, per così dire, di “compatibilità” tra fattispecie legali positivamente disciplinate 19.


4.  Il contratto di rete come nuovo tipo contrattuale a caratterizzazione causale “debole”

Nella prospettiva segnata si rende pertanto necessario individuare, in primo luogo, gli elementi funzionali e strutturali caratterizzanti il contratto di rete sulla base della disciplina legale. Al riguardo, la nozione di “contratto di rete” fissata dal Legislatore del 2010 (e sopra anticipata) sembrerebbe individuare gli elementi essenziali della fattispecie: – sotto il profilo soggettivo, nella qualità di imprenditori delle parti; – sul piano dello scopo, nell’accrescimento della capacità innovativa e della competitività delle imprese partecipanti, sia individualmente che collettivamente intese; – quanto all’oggetto, in una pluralità di possibili attività, che vanno dallo scambio di informazioni e prestazioni, alla collaborazione in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle rispettive imprese, sino al vero e proprio esercizio in comune di un’attività di impresa. A tali indicazioni corrisponde, sul piano strutturale ed organizzativo, il riconoscimento di un amplissimo spazio di “manovra” all’autonomia privata. La richiamata legge n. 122/2010, contribuendo, infatti, a chiarire alcuni dubbi interpretativi sollevati dall’originaria previsione legislativa, è venuta a precisare come il contratto in oggetto possa prevedere sia l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, sia la nomina di un organo comune incaricato di gestire, per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso, elementi, questi ultimi, che vengono dunque a caratterizzarsi come meramente “eventuali”, in un’ot­tica che appare chiaramente finalizzata a rendere il modello massimamente flessibile 20. A fronte di tale dato, nonché alla luce degli specifici elementi di disciplina contenuti nell’originaria formulazione della norma, il primo e pregiudiziale interrogativo con il quale pressoché tutti i commentatori sono stati chiamati a confrontarsi assumeva uno spessore rilevante, trattandosi, più in particolare, di stabilire se ed in che termini il contratto di rete contemplato dalla legislazione speciale di ausilio e sostegno alle piccole e medie imprese del 2009 e 2010 potesse considerarsi un nuovo contratto “tipico”, e più segnatamente una nuova tipologia di fenomeno associativo [continua ..]


5. Contratto di rete e attività di direzione e coordinamento

Sulla base della ricostruzione che precede, può, dunque, tornarsi all’oggetto principale del presente contributo, riassumibile nel rapporto tra il contratto di rete “tipico” e i fenomeni di gruppo tra società, tema che, come in parte già anticipato e chiarito, si ritiene debba essere impostato nei termini, per così dire, di un giudizio di “compatibilità”, avendo riguardo, da un lato, alla seppur debole caratterizzazione tipologica e causale del contratto in esame, e, dall’altro, alla disciplina positiva dei gruppi di imprese e, più in particolare – anche nella prospettiva delle forme di “autodisciplina” organizzativa – alle specifiche “condizioni di legittimità” cui risulta subordinato l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento. In via di prima approssimazione, è stato correttamente osservato che, sebbene i concetti di “autonomia” ed “indipendenza” appaiano, dal punto di vista descrittivo, in qualche misura “connaturali” ai fenomeni di rete, gli stessi, tuttavia, non trovano alcuna esplicita “asseverazione” nella disciplina legale del contratto di rete, dovendosi sul punto concludere che per “il legislatore, e ai fini del contratto, è normale ma non escluso che tra le imprese partecipanti non intercorrano relazioni di partecipazione al capitale, o altri vincoli contrattuali, o fenomeni di direzione comune, o interlocking directorates, e altro, che introducano elementi di dipendenza nell’in­terdipendenza propria della rete” 29. In altri termini, sulla base della disciplina legale, non è possibile escludere, in via astratta, che tra contratto di rete “tipico” e gruppo possa darsi, quantomeno, una situazione di “coesistenza”. Se questo è vero, sembra legittimo muovere un “ulteriore” passo in avanti sul piano interpretativo. Più in particolare, ove la problematica venga impostata nei termini sopra indicati, non si ravvisano obiettive ragioni giuridiche per escludere che lo schema contrattuale della rete possa essere legittimamente adottato (nei modi e nelle forme di seguito chiariti) in funzione, per così dire, “strumentale” alla organizzazione e regolamentazione del rapporto di gruppo, quale incentrato sul legittimo esercizio [continua ..]


6.  Segue: il contratto di rete in funzione della regolamentazione dei rapporti tra società già soggette a direzione e coordinamento

Alla luce delle considerazioni svolte, appare dunque consentito tornare alle specifiche ipotesi “applicative” fatte oggetto di approfondimento. In primo luogo, in una prospettiva di carattere generale, si ritiene che il contratto di rete possa essere legittimamente utilizzato allo scopo di governare e regolare contrattualmente relazioni plurilaterali e fenomeni di coordinamento tra società operanti all’interno di un gruppo di imprese (sia esso gerarchico o paritetico) già costituito 40. Più in particolare, il contratto di rete tipico potrebbe rappresentare, anzitutto, uno strumento alternativo e/o cumulativo agli stessi regolamenti di gruppo, potendo al pari di quest’ultimi soddisfare le medesime esigenze di “specificare, agevolare e razionalizzare le relazioni infraorganiche, interorganiche e intersocietarie di gruppo” 41, seppur nell’ambito di una più ampia disciplina contrattuale (e non già “unilaterale”), tale da imprimere una specifica configurazione strutturale e funzionale al rapporto di gruppo 42. In questo senso, la “contrattualizzazione” dell’attività di direzione e coordinamento attraverso il contratto di rete potrebbe consentire, tra l’altro, una sorta di spe­cificazione e semplificazione (negoziale) della regola dei vantaggi compensativi 43. Se è vero, infatti, che nel contratto di rete dovranno essere precisate, oltre agli obiettivi strategici perseguiti, anche le modalità concordate “per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi”, ebbene nulla vieta di ipotizzare che le suddette modalità vengano convenzionalmente indicate quali criteri di individuazione e misurazione del vantaggio derivante dall’appartenenza al gruppo e dunque parametro (convenzionalmente) certo di valutazione del corretto esercizio dell’attività di direzione e coordinamento da parte della capogruppo 44. Un’ulteriore possibile area di utilizzo del contratto di rete sembra, poi, potersi ricavare con riferimento alla prassi, ampiamente conosciuta nei gruppi tra imprese lucrative, dei c.d. “contratti di servizio” 45. Posto che, infatti, la legittimità dei predetti schemi contrattuali è pressoché pacificamente riconosciuta, non si vede perché il contratto di rete non possa essere utilizzato, in funzione per [continua ..]


7.  Segue: il contratto di rete in funzione della costituzione (e la disciplina) di un gruppo (paritetico) tra società cooperative

Meritevole di ulteriore approfondimento è, poi, la seconda ipotesi cui si intende accennare, attinente al possibile “utilizzo” del contratto rete per la costituzione (e la disciplina) di un gruppo (paritetico) tra società cooperative come strumento alternativo al modello contrattuale delineato dall’art. 2545-septies c.c. 49. Il profilo può essere affrontato partendo da alcuni spunti interpretativi relativi alla suddetta fattispecie normativa. In merito, è discusso in dottrina se il predicato carattere “paritetico” del gruppo assuma un rilievo, per così dire, “procedurale”, dovendo l’esercizio dell’attività di direzione unitaria necessariamente essere “democraticamente concertato” tra le imprese aderenti 50, o se, al contrario, essa si riferisca unicamente ai criteri inderogabili di decisione nel rispetto dei quali tale potere deve essere esercitato 51. A prescindere da tale questione, per quanto qui più interessa, merita evidenziare che: i) ai sensi dell’art. 2545-septiesc., il «gruppo cooperativo paritetico» può essere costituito «anche in forma consortile», indicazione, quest’ultima, che attraverso il riferimento ad una delle forme storiche di organizzazione dellamutualità di gruppo, rende esplicita la possibilità «che il gruppo coinvolga una struttura consortile (eventualmente ma non necessariamente in posizione di capogruppo) rafforzando in questo modo i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo con una struttura “dedicata” in modo naturale a finalità di servizio a favore delle imprese raggruppate (e consorziate)» 52; ii) la disciplina di cui al richiamato art. 2545-septiesc. non risulta preordinata a tipizzare una forma rigida e vincolata di cooperazione tra imprese cooperative. Alla stessa, piuttosto, occorre attribuire valore di “norma materiale” preposta a disciplinare, in un’ottica precettiva e di tutela, le specifiche “condizioni di legittimità” dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento su imprese cooperative53, le quali se, da un lato, impongono che sia comunque assicurato l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi, dall’altro, si traducono nel riconoscimento ex lege del diritto di recesso a ciascuna [continua ..]


NOTE