Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sulle responsabilità del consiglio di sorveglianza (di Vincenzo Cariello)


SOMMARIO:

1. Tesi e delimitazione dell'indagine - 2. Un'ipotesi interpretativa per il combinato-disposto degli artt. 2409-terdecies, 3° comma, c.c., e 2409-quaterdecies, 1° comma, c.c. - 3.Responsabilità da esercizio ovvero omesso esercizio delle generali funzioni di vigilanza (riqualificate rispetto a quelle del collegio sindacale) - 4. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della specifica funzione di vigilanza sui sistemi dei controlli interni (s.p.a. quotate) - 5. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della funzione c.d. originaria e debole d'indirizzo strategico dell'impresa - 6. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della funzione c.d. aggiuntiva e forte d'indirizzo strategico dell'impresa - 7. Non responsabilità dei comitati-ufficio del consiglio di sorveglianza - 8. Inquadramento sistematico dei doveri e dei poteri-doveri il cui esercizio può evitare le responsabilità (con indicazione di qualcuna delle molteplici questioni interpretative e applicative connesse) - NOTE


1. Tesi e delimitazione dell'indagine

Intendo dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno e seppure per le vie brevi, l’esistenza di diversi titoli di responsabilità del consiglio di sorveglianza [[1]]. Sosterrò che il regime complessivo di responsabilità dell’organo – l’identificazione delle cui regole «ragionevolmente certe e contraddistinte da un elevato grado di funzionalità» [[2]] può costituire davvero una delle condizioni, se non forse proprio di successo, di appetibilità del sistema – si compone dei tre principali titoli della responsabilità per esercizio ovvero omissione di esercizio delle funzioni di vigilanza, della funzione c.d. debole e originaria d’indirizzo strategico dell’impresa e della funzione c.d. forte d’indirizzo e supervisione strategici dell’impresa (la cui titolarità deriva, principalmente, dalla riserva della competenza deliberativa di cui all’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c.); e sosterrò che i doveri e gli obblighi inerenti alla carica, la cui valutazione rileva ai fini dell’imputazione della responsabilità, si conformano con peculiarità a volte proprie rispetto a ogni singola funzione. Con specifico riguardo alla funzione forte d’indirizzo strategico, sosterrò che, in realtà, le responsabilità riguardano una funzione in cui è insita e a cui è connaturata pur sempre, in senso anzi contraddistintivo, l’esercizio di una funzione di vigilanza. Sosterrò poi che le responsabilità del consiglio di sorveglianza non vengono elise ovvero attenuate da scelte organizzative, autonome ovvero imposte dal legislatore, quali la creazione di comitati formati da propri componenti, eccetto laddove tali comitati non si configurino e non siano qualificabili come comitati organi, titolari di funzioni non attribuite al consiglio di sorveglianza [[3]]. Sosterrò, infine, che l’esercizio dei poteri, di derivazione legale ovvero statutaria, del­l’or­gano e/o dei suoi componenti deve essere conformato e adattato alla funzione o alle funzioni in esplicazione della quale o delle quali esso risulta attivato dall’organo, diversamente potendone discendere addebiti di responsabilità. E tenterò, con riguardo alle s.p.a. quotate, di offrire un quadro esemplificativo di svolgimento [continua ..]


2. Un'ipotesi interpretativa per il combinato-disposto degli artt. 2409-terdecies, 3° comma, c.c., e 2409-quaterdecies, 1° comma, c.c.

L’art. 2407 c.c. è una delle poche disposizioni del collegio sindacale che sfugge all’applicazione per rinvio prevista dall’art. 2409-quaterdecies, 1° comma, c.c. Ma, almeno con riferimento alla questione di cui tratterò (non invece per quello concernente le regole di promozione dell’azione [[11]], s’intuisce subito che di questo rinvio non vi era bisogno, in quanto l’art. 2409-terdecies, 3° comma, c.c., tranne che la mancata menzione della professionalità, opta per riformulare quanto scritto già nello stesso art. 2407 c.c., e sembrando volere rendere, con questa scelta formale di autonomia, la definizione della responsabilità autonoma, da interpretare in quel contesto disciplinare specifico nel quale si trova collocata; e non rivelandosi allora l’eliminazione del riferimento alla professionalità scelta di poco conto, se si considera che, al di là del riferimento, esplicativo e di presentazione (nella Relazione di accompagnamento), al consiglio di sorveglianza come organo professionale, proprio la professionalità è uno dei profili di divaricazione della disciplina legale tra i due organi: non solo nelle società non quotate – per la evidente contrapposizione tra la richiesta dell’art. 2397 c.c. e quella dell’art. 2409-duodecies, 4° comma, c.c. – ma pure, al di là delle apparenze, per quelle quotate [[12]]. La mia opinione è che un rinvio esplicito diretto all’art. 2407 c.c. avrebbe potuto mettere l’interprete, se così si può dire, sulla cattiva strada, dal momento che, anche se l’applicazione diretta della norma oggetto di rinvio necessita sempre di una valutazione di compatibilità (a prescindere, sebbene da diversi interpreti si dia per scontato il contrario, che tale vaglio di compatibilità sia espressamente richiesto dal legislatore [[13]], evocare la disposizione dettata per la responsabilità del collegio sindacale avrebbe potuto sviare da subito, formulando quasi una presunzione (relativa) di applicabilità tout court degli esiti interpretativi raggiungibili rispetto alla responsabilità del collegio sindacale che il legislatore sembra abbia voluto così evitare; e ciò tanto più che l’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. c), c.c. contrassegna la [continua ..]


3.Responsabilità da esercizio ovvero omesso esercizio delle generali funzioni di vigilanza (riqualificate rispetto a quelle del collegio sindacale)

Il consiglio di sorveglianza, in coerenza piena con l’originaria configurazione del suo ruolo organico, risulta destinatario e svolge essenzialmente una funzione di “controllo misto”, di legalità (sui principi di corretta amministrazione: art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. c), c.c.) e di merito (scaturente essenzialmente dalle vantate competenze alla nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione e all’ap­provazione del bilancio di esercizio e consolidato, nonché dalla legittimazione all’azione sociale di responsabilità avverso i gestori: artt. 2409-novies, 3° comma, 2409-terdecies, 1° comma, lett. a), b), d), e 2409-decies, 2° e 3° comma, c.c.), ad attivazione ed esercizio successivo (c.d. “controllo” ex post). Alcune di queste stesse competenze inderogabili originarie esprimono pure un peculiare e caratterizzante (rispetto agli omologhi organi degli altri sistema di amministrazione e controllo) potere d’influenza indiretto sulla gestione e sull’esercizio dell’impresa [[16]]. Già in forza, dal punto di vista statico, di queste complessive attribuzioni e soprattutto in ragione, dal punto di vista dinamico, del loro combinarsi e interagire, il consiglio di sorveglianza nasce connotato da una profonda diversità funzionale rispetto al suo omologo nel sistema c.d. tradizionale. Il “controllo” spettante al collegio sindacale costituisce un parametro per difetto per la qualificazione della funzione di “vigilanza” di titolarità del consiglio di sorveglianza anche laddove essa venga apprezzata appunto nella sua opzione originaria e insopprimibile [[17]]. Nel sistema dualistico, le “funzioni” di cui all’art. 2403 c.c., pur espressamente comprese nel catalogo legale delle competenze del consiglio di sorveglianza [[18]], rivelano peculiarità di connotazione rispetto alle medesime “funzioni” quali assegnate al collegio sindacale [[19]]. Il richiamo alle “funzioni” dell’art. 2403, 1° comma, c.c. riveste, per il consiglio di sorveglianza, un significato prettamente nominalistico, non contenutistico-strutturale. Quelle “funzioni” nominate nell’art. 2403, 1° comma, c.c., una volta riferite al consiglio di sorveglianza, sono destinate a [continua ..]


4. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della specifica funzione di vigilanza sui sistemi dei controlli interni (s.p.a. quotate)

La vigilanza del sistema dei controlli interni, di competenza del consiglio di sorveglianza, può atteggiarsi, a propria volta, come fatto costitutivo di responsabilità dell’organo, tanto per il suo esercizio, quanto per la sua omissione. Tale vigilanza segnala come un ambito dell’attività funzionale del consiglio di sorveglianza rispetto al quale l’eventuale coinvolgimento in responsabilità di quest’organo non può essere valutato in una prospettiva più dimessa e marginale di quella nella quale è giustamente considerata la responsabilità, a diverso titolo perché risalente all’esercizio ovvero al­l’omissione di diversi doveri e differenti competenze, del consiglio di gestione: questa non può occultare quella [[23]]. I riferimenti alla vigilanza tanto sull’adeguatezza del sistema di controllo interno (art. 149, 1° comma, lett. c), t.u.f.), quanto alla vigilanza sull’efficienza dei sistemi di controllo intero (art. 19, 1° comma, d.lgs. n. 39/2010) quando il consiglio di sorveglianza non sia titolare della competenza deliberativa di cui all’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c. indicano come il consiglio di sorveglianza venga identificato, nell’ambito della struttura organizzativa societaria a sistema dualistico, quale referente organico primario, anche di raccordo, di quella serie di soggetti e strutture aziendali, imprenditoriali e societarie a cui, per legge o in applicazione di regole di autodisciplina, sono assegnati specifici compiti di controllo interno [[24]] (analogo ruolo di riferimento svolge, all’esterno, il consiglio di sorveglianza nei confronti del revisore legale o della società di revisione legale: art. 150, 3° comma, t.u.f., applicabile, perché compatibile, al consiglio di sorveglianza, art. 150, 5° comma, t.u.f.). Questa configurazione, ovvia­mente, prefigura una responsabilità dello stesso consiglio di sorveglianza (art. 2409-terdecies, 3° comma, c.c.) in relazione alle carenze, rivelatesi dannose per la società, di questo sistema. Questa qualificazione del consiglio di sorveglianza non è smentita né dalla disposizione del codice civile (art. 2381, 3° comma: art. 2409-novies, 1° comma, c.c.) che attribuisce al consiglio di gestione la competenza (indelegabile) [continua ..]


5. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della funzione c.d. originaria e debole d'indirizzo strategico dell'impresa

Già l’attribuzione a quest’organo delle ulteriori (rispetto a quelle connesse alla funzione di vigilanza) competenze legali pare imporre, e non solo consentire, una qualificazione del consiglio di sorveglianza, alla stregua del diritto italiano, come «una sorta di organo di indirizzo … sede dove viene elaborata l’alta strategia della società» [[25]]; e, più precisamente, in termini di organo che – a prescindere da una riserva statutaria che si muova nella prospettiva di quanto indicato dall’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c. e in assenza di qualunque rapporto propriamente gerarchico tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione riconducibile ovvero assimilabile alla delega (e ciò, va subito avvertito, nemmeno quando l’opzione statutaria in parola fosse sfruttata) [[26]] –, risulta ab originetitolare, in conseguenza del rapporto fiduciario che lo lega ai gestori derivante dalla competenza esclusiva della loro nomina, di un vero e proprio potere d’indirizzo (oltre che di vigilanza) della gestione strategica dell’impresa implicante l’indicazione di “principi e regole”, a carattere programmatico e generale, rivolte all’organo amministrativo [[27]]. Da qui si può procedere per avvalorare la configurazione del consiglio di sorveglianza, di per sé, come “responsabile politico” della gestione strategica dell’impresa. Queste intuizioni, se sviluppate in tutte le potenziali implicazioni, sono idonee a stimolare una presa di distanza ancora più marcata dalla prospettiva metodologica non di rado reputata ancora confacente alla definizione delle prerogative funzionali del consiglio di sorveglianza; prospettiva che, come si potrà appurare, sembra poi in qualche modo orientare, forse inconsapevolmente, le letture largheggianti che vengono talvolta perorate della natura della competenza deliberativa riservabile al consiglio di sorveglianza ai sensi dell’art. 2409-terdecies, comma, 1, lett. f-bis), c.c. Tale prospettiva, infatti, dà la forte impressione di essere ancorata a una valutazione meramente statica della funzione d’indirizzo strategico dell’impresa esercitabile dal consiglio di sorveglianza, ritenendo che essa si esaurisca e s’identifichi essenzialmente [continua ..]


6. Responsabilità da esercizio ovvero da omesso esercizio della funzione c.d. aggiuntiva e forte d'indirizzo strategico dell'impresa

Oltre che essere suscettibile di condizionare la regolamentazione di altri aspetti lasciati, esplicitamente ovvero implicitamente, permeabili dal legislatore all’intervento dell’autonomia statutaria, la scelta espressa dall’inseri­mento in statuto di una clausola ai sensi dell’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c. non è priva di conseguenze per l’interpretazione di ulteriori disposizioni costituenti la disciplina del sistema dualistico e, in particolare, del potere di azione del consiglio di sorveglianza e dei suoi componenti. S’intende dire che tale scelta può “orientare” nella definizione dei significati teorici e applicativi di altre previsioni che compongono il quadro normativo di riferimento del sistema dualistico [[32]]. Collocandosi nell’ottica della disciplina del consiglio di gestione, due le disposizioni cui in breve accennare: quelle dell’esordio dell’art 2409-novies, 1° comma, c.c., secondo cui «la gestione dell’impresa sociale spetta esclusivamente al consiglio di gestione»; e della fine dell’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c., dove è tenuta «ferma la responsabilità del consiglio di gestione per gli atti compiuti» anche in presenza dell’attribuzione statutaria al consiglio di sorveglianza della competenza a deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari. Sotto il primo profilo, non vi è dubbio che la presenza dell’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c. imponga una precisazione e un parziale adattamento del significato complessivo del principio della titolarità esclusiva della gestione dell’impresa sociale da parte dell’organo amministrativo [[33]]. Un significato certo e incontrovertibile dell’art. 2409-novies, 1° comma, c.c. è che la c.d. gestione corrente o le competenze di gestione c.d. primaria dell’impresa sociale spettano in esclusiva al consiglio di gestione. In questo senso, non può sussistere dubbio che nulla modifichi al riguardo l’art. 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c. Si ritiene inoltre che, stante anzitutto il combinato-disposto degli artt. 2409-novies, 1° comma, e 2409-terdecies, 1° comma, lett. f-bis), c.c., neppure sia legittima l’attribuzione, [continua ..]


7. Non responsabilità dei comitati-ufficio del consiglio di sorveglianza

Il consiglio di sorveglianza è l’esclusivo titolare della funzione e delle competenze, che esercita come organo. Non è previsto, né è possibile in via statutaria, che il consiglio di sorveglianza deleghi queste funzione e competenze, come anche le altre proprie funzioni e competenze, a suoi componenti, individualmente o costituiti in comitato [[47]], salva la possibilità di ogni singolo componente, anche in disaccordo con l’organo, di assumere iniziative volte a provocare l’esercizio di quelle funzioni e forse a garantirne la tutela nel caso in cui esse siano usurpate da altro organo o, comunque, da soggetti non competenti al loro esercizio [[48]]. Nemmeno è ammissibile, alla stregua del diritto italiano attuale, che singoli poteri decisori concernenti l’esercizio di funzioni e competenze del consiglio di sorveglianza siano da questo attribuiti a suoi componenti [[49]]. Di per sé, una simile diversificazione dell’oggetto dell’at­tri­buzione non appare incompatibile con le prospettive di unitario esercizio generale delle competenze e delle funzioni del consiglio di sorveglianza. Piuttosto, tanto alcune esperienze legislative e interpretative nazionali quanto la disciplina comunitaria conoscono, le prime, la concreta possibilità che il consiglio di sorveglianza possa procedere a questa attribuzione “parziale” di singoli poteri decisori, nel contempo limitando il carattere assoluto dell’attribuzione medesima tramite l’indicazione di decisioni non trasferibili dal plenum ai comitati e precludendo comunque l’attribuzione dell’esercizio generale delle funzioni dell’organo [[50]]; la seconda, la teorica possibilità che i diritti nazionali, al di là di essere interpretabili nel senso di ammettere in casi eccezionale la sostituzione del singolo componente all’organo nell’esercizio di sue funzioni o competenze, consentano la “delega” di singoli poteri decisionali ai comitati, intatta comunque la responsabilità dell’organo per le decisioni assunte nel suo ambito di competenza [[51]]. Nel contempo, pare anzitutto non solo adeguata e compatibile al diritto italiano, ma pure imposta dai connotati normativi del sistema e dalle sue specificità l’esclusione dell’attribuzione (assuma essa o meno il significato [continua ..]


8. Inquadramento sistematico dei doveri e dei poteri-doveri il cui esercizio può evitare le responsabilità (con indicazione di qualcuna delle molteplici questioni interpretative e applicative connesse)

Per esercitare le proprie funzioni, il consiglio di sorveglianza, e talvolta i suoi componenti, godono di poteri tipizzati apprestati dal legislatore [[56]]: più contenuti nelle s.p.a non quotate (art. 2409-quaterdecies, 1° comma, c.c., nel rinvio all’art. 2403-bis, 2° comma, c.c.), e apparentemente del tutto uniformati a quelli previsti per il collegio sindacale; senza dubbio più estesi nel caso di s.p.a. quotate: in entrambi i casi, estendibili dall’autonomia statutaria, con i limiti derivanti per le banche dalle Disposizioni di Vigilanza e da quelli relativi alla preclusione di forme d’ingerenza indebita nell’autonomia di esercizio della funzione gestionale da parte del consiglio di gestione. Tali poteri costituiscono, nel contempo, doveri: il loro corretto e diligente esercizio è il precipuo strumento offerto all’or­gano per prevenire la propria esposizione a responsabilità e, nel contempo, il loro non corretto e non diligente esercizio espone i singoli componenti a responsabilità. Quando a venire in discussione è l’esercizio dei poteri di titolarità individuale, gli addebiti comuni di responsabilità (la solidarietà) possono variare in relazione alla specifica condotta al riguardo tenuta del singolo componente [[57]]. In particolare, al consiglio di sorveglianza di s.p.a. quotata e ai suoi componenti sono dedicate apposite disposizioni in materia di poteri e doveri. Si tratta di una disciplina che, oltre a coincidenze, presenta però alcune sostanziali e significative differenze con quella, relativa alle stesse materie, predisposta per il collegio sindacale e per i sindaci. In questo caso, il legislatore sceglie di non disciplinare il consiglio di sorveglianza e i suoi componenti con rinvio a quanto disposto per il collegio sindacale e ai sindaci. Nel disciplinare i doveri del collegio sindacale (art. 149, 1° comma, t.u.f.), il t.u.f. stabilisce che i sindaci assistano alle assemblee e alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, prescrivendo la decadenza per i sindaci che non assistono senza giustificato motivo alle assemblee o, durante un esercizio sociale, a due adunanze del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo (art. 149, 2° comma, t.u.f.). È evidente che la disciplina intende configurare l’assistenza [[58]] alle assemblee, ai [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2011