Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Gli Orientamenti dell'Osservatorio sul diritto societario del Consiglio notarile dei distretti di Firenze, Pistoia e Prato (di Niccolò Abriani, Umberto Tombari)


Vengono qui pubblicati i nuovi Orientamenti elaborati dall’Osservatorio sul diritto societario del Consiglio notarile dei distretti di Firenze, Pistoia e Prato (i primi sette sono stati pubblicati in questa Rivista, 2009, 402 ss.).

Frutto di un vivificante dialogo condotto in periodici incontri tra una qualificata rappresentanza del Notariato, non solo toscano, docenti universitari e il Soprintendente dell’Archivio notarile, gli Orientamenti si iscrivono sintonicamente nell’ambito di altri importanti contributi del Notariato italiano all’interpretazione e all’applicazione del nuovo diritto societario: come conferma la presentazione dei primi quattro orientamenti in occasione del convegno milanese della Fondazione del Notariato, insieme ad alcuni importanti Studi elaborati dalla Commissione studi d’impresa del Consiglio Nazionale del Notariato e alle più recenti Massime del Consiglio notarile di Milano e dei Consigli notarili riuniti del Triveneto.

Rispetto a quegli illustri modelli di riferimento, gli Orientamenti fiorentini si caratterizzano per la particolare attenzione riservata ai problemi interpretativi ed operativi che coinvolgono le piccole e medie imprese, di cui sono testimonianza i contributi in tema di società a responsabilità limitata, di società consortili e di trasformazione progressiva a maggioranza di società di persone; ma anche gli orientamenti relativi a clausole, come quelle limitative del trasferimento delle azioni e sulla nomina degli amministratori, che tipicamente connotano le società azionarie a base ristretta o a partecipazione pubblica.

Una seconda peculiarità è rappresentata dal taglio degli Orientamenti, che mira a coniugare la chiarezza delle conclusioni alle quali si perviene con motivazioni articolate e non meramente assertive, nelle quali si dà conto degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sulle materie affrontate, anche se non coincidenti, nelle premesse concettuali o negli approdi applicativi, rispetto alle soluzioni recepite nell’orientamento. Lo “stile fiorentino” unisce dunque all’indica­zione operativa, enunciata con nitore nel principio e ribadita nelle conclusioni, un pur succinto studio, corredato non soltanto dagli opportuni riferimenti bibliografici, ma anche da argomentazioni ed affermazioni che si potrebbero definire, rispetto alla “massima”, “incidentali”; e che, in taluni casi, lasciano prefigurare ulteriori potenziali sviluppi, ponendo le premesse per eventuali futuri orientamenti.

Un’ulteriore caratteristica, sul piano metodologico, è infine costituita dalla formazione per gradus degli Orientamenti, presentati da ciascun estensore dapprima in forma dialogica nel­l’am­bito dell’Osservatorio e poi in un convegno pubblico (l’ultimo dei quali è stato organizzato dal Consiglio notarile a Firenze il 6 aprile 2011), di fronte ad autorevoli discussants, dei cui preziosi rilievi si è fatto tesoro nella fase di definitiva messa a punto delle motivazioni.

Sono attualmente componenti dell’Osservatorio, oltre agli autori di questa presentazione (che hanno concorso a promuovere l’iniziativa, insieme all’allora presidente del Consiglio notarile fiorentino, Fabrizio Riccardo Frediani), Riccardo Cambi, Patrizio Cappelletti, Francesco Cirianni, Francesco D’Angelo, Raffaello Roberto Lemma, Paola Lucarelli, Marco Maltoni, Pasquale Marino, Riccardo Menchetti, Jacopo Sodi, Lorenzo Stanghellini e Andrea Venturini.

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SOMMARIO:

Recesso del socio e riduzione del capitale sociale - Riduzione reale del capitale sociale ed assegnazione ai soci di beni in natura - Applicabilità dell'art. 2374 c.c. alla s.r.l. e autonomia statutaria - Trasformazione progressiva a maggioranza di società di persone in società di capitali: regole procedimentali - Competenza degli amministratori per la determinazione degli effetti della fusione - Clausole limitative della circolazione delle azioni - Contenuto delle azioni speciali in s.p.a. consortile - Categorie di azioni e nomina degli amministratori - Contributi in denaro a carico dei soci nella società consortile per azioni - Sulla nomina di una persona giuridica ad am¬ministratore in assenza di previsioni sta-tutarie al riguardo - Liquidazione delle azioni e diritto di opzione in caso di recesso del socio di società con-sor¬tile per azioni


Recesso del socio e riduzione del capitale sociale

***   Qualora, a seguito di recesso, il rimborso del socio receduto debba essere eseguito, ai sensi degli artt. 2437-quater, sesto comma, c.c. e 2473, quarto comma, c.c., mediante riduzione del capitale sociale, la misura della riduzione imposta dal legislatore in tale occasione è pari al valore nominale della partecipazione del socio receduto che viene annullata e non all’importo che deve essere liquidato al receduto. Qualora, a seguito di tale riduzione, il capitale sociale si riduca al di sotto del minimo legale, la società può procedere a tale riduzione purché contestualmente deliberi la trasformazione in un diverso tipo sociale compatibile con la ridotta misura del capitale ovvero proceda alla ricostituzione del capitale alla misura minima richiesta.   ***   1) La fattispecie ed il quesito. – Il caso oggetto della massima riguarda l’ipotesi in cui una società di capitali, a seguito del legittimo esercizio del recesso da parte di un socio, si trovi nella necessità di dover procedere alla riduzione del suo capitale sociale per far fronte all’obbligo di rimborsare il receduto. In questa fattispecie il quesito riguarda in particolare la misura della riduzione del capitale che il legislatore impone alla società in alternativa al suo scioglimento e più precisamente se la riduzione sia parametrata alla misura della somma effettivamente dovuta al socio a titolo di liquidazione della partecipazione ovvero se invece sia riferita al valore nominale della partecipazione che deve essere annullata. Infine viene approfondito se e a quali condizioni una società di capitali possa deliberare la riduzione in oggetto del capitale al di sotto del minimo di legge.     2) Premessa sistematica. – La disciplina del recesso da società di capitali, a prescindere dal tipo, mira a conciliare la tutela del socio di minoranza con quella dei creditori sociali, affidando la prima all’imposizione legale di un catalogo di cause legittimanti, come tali inderogabili, e alla definizione normativa di criteri di valutazione della partecipazione; la seconda alle modalità di rimborso del socio recedente [1]. Per tale ultima finalità è imposta una sequenza cogente di tecniche di liquidazione miranti ad allocare il peso economico immediato della soddisfazione del diritto patrimoniale del socio [continua ..]


Riduzione reale del capitale sociale ed assegnazione ai soci di beni in natura

***   Nello statuto di una società di capitali, è da ritenere ammissibile la clausola che consenta la riduzione del capitale sociale mediante l’assegnazione di beni in natura. Tale clausola, manente societate, può essere inserita nello statuto a maggioranza. In presenza della suddetta clausola, la delibera di riduzione potrà essere assunta dai soci a maggioranza purché non violi il principio della parità di trattamento tra soci.   ***   1) La fattispecie ed il quesito. – Esaminando le norme ante e post riforma in materia di riduzione reale del capitale sociale e la terminologia utilizzata dal legislatore, potrebbe ricavarsi la conclusione che quest’ultimo abbia voluto prevedere come regola quella del rimborso in denaro, indipendentemente dal tipo di conferimento effettuato dal socio. Attraverso le riflessioni del presente lavoro si è cercato di verificare se possa sussistere una ulteriore modalità di riduzione, ovvero se sia possibile eseguire la riduzione mediante l’asse­gnazione di beni in natura. Le opinioni espresse sono alquanto difformi.     2) La tesi negativa. – In giurisprudenza i provvedimenti di cui si ha notizia sono tutti antecedenti alla riforma. Una precisa presa di posizione in senso negativo è stata adottata dal Tribunale di Rovereto che, in un datato provvedimento, nella motivazione così recitava: “La clausola statutaria che, in caso di riduzione del capitale per esuberanza, ne prevede il rimborso anche mediante assegnazione di beni sociali, in quanto viola il principio della parità di trattamento dei soci, è illegittima”, dando quindi per scontato che una clausola siffatta porti inevitabilmente ad una disparità di trattamento tra i soci [1]. Sulla stessa scia, anche se con una apertura possibilista, è una successiva pronuncia del Tribunale di Napoli il quale, pur respingendo l’omologa, tuttavia ammette in via astratta l’am­missibilità di una tale operazione a condizione – al fine di evitare una possibile disparità di trattamento dei soci – di una preventiva indicazione dei mezzi e degli adempimenti da adottare, indicati in quelli di cui all’art. 2440 c.c. riguardo ai conferimenti in natura [2]. Anche secondo il Tribunale di Roma “la riduzione [continua ..]


Applicabilità dell'art. 2374 c.c. alla s.r.l. e autonomia statutaria

Alla società a responsabilità limitata, in assenza di specifica clausola statutaria, non si ritiene applicabile, in via analogica, la disciplina di cui all’art. 2374 c.c., in materia di rinvio dell’assemblea. Lo statuto sociale della società a responsabilità limitata è libero di disciplinare l’i­sti­tuto del rinvio dell’assemblea, anche in maniera difforme alla disciplina dettata dal codice civile per la società per azioni.   ***   1) La fattispecie problematica. Il dato normativo e l’inquadramento sistematico. – Si discute in dottrina sull’applicabilità dell’art. 2374 c.c. alla società a responsabilità limitata. La disciplina post riforma della società a responsabilità non prevede più il richiamo alla disposizione sul rinvio dell’assemblea di s.p.a., la quale al primo comma di detto articolo dispone che “i soci intervenuti che riuniscono un terzo del capitale rappresentato nell’assemblea, se dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, possono chiedere che l’assemblea sia rinviata a non oltre cinque giorni”; il secondo comma dispone, poi, che “questo diritto non può esercitarsi che una sola volta per lo stesso oggetto”. La Relazione di accompagnamento alla Riforma non dà alcuna spiegazione di questo silenzio. Può notarsi, in primis, che l’articolo in commento non è stato oggetto di modifiche sostanziali a seguito della riforma del diritto societario. Infatti, a parte alcune variazioni sotto il profilo terminologico e di carattere lessicale (il termine “adunanza” è stato sostituito con quello di “assemblea” e la locuzione “il terzo del capitale” è stata sostituita da “un terzo del capitale”), l’unica novità di carattere sostanziale è fornita dall’ampliamento del termine massimo di rinvio da tre a cinque giorni [1]. Pertanto, i problemi interpretativi sorti anteriormente alla riforma della disciplina delle società di capitali sono tutt’ora aperti e di interesse attuale. Soltanto en passant, in quanto non costituendo oggetto del presente orientamento, è pacifica l’applicabilità dell’art. 2374 c.c. alle società cooperative, [continua ..]


Trasformazione progressiva a maggioranza di società di persone in società di capitali: regole procedimentali

  Si ritiene che la trasformazione progressiva di società di persone in società di capitali a maggioranza (art. 2500-ter c.c.) presupponga un’informativa preventiva rivolta a tutti i soci della società trasformanda. Pertanto: (i) è opportuno che i patti sociali prevedano un iter procedurale idoneo a raggiungere tale scopo, precisandosi che il metodo assembleare è solo una delle possibili soluzioni e che possono essere adottati anche schemi meno rigidi e formali; (ii) nel silenzio dei patti sociali dovranno essere adottate soluzioni che soddisfino tale istanza con modalità e tempi congrui, pur non essendo obbligatorio adottare un procedimento mutuato dal tipo sociale di approdo.   ***   1) La fattispecie ed il quesito. – L’art. 2500-ter rende possibile la trasformazione di una società di persone in una società di capitali “con il consenso della maggioranza dei soci secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili”. Tra i vari problemi che la novità normativa pone – si pensi ad esempio a quello tutt’ora dibattuto circa la sua applicabilità alle società esistenti alla data di entrata in vigore della riforma – vi è anche quello relativo al procedimento decisionale da seguire: le società di persone sono tendenzialmente governate dalla regola unanimistica, che non pone alcun problema di informazione e partecipazione dei soci, ma la legge quando prevede la possibilità di ricorso al principio maggioritario non detta alcuna regola per il procedimento. Si pone quindi, nel caso in esame, il dubbio se sia possibile “decidere” la trasformazione senza necessità di seguire alcuno specifico percorso o se, pur in assenza di una esplicita presa di posizione del legislatore, sia possibile ricavare dai principi generali una qualche regola procedimentale, che almeno garantisca l’informazione dei soci e offra loro l’astratta possibilità di partecipazione.     2) La soluzione. – Si ritiene preferibile fornire alla questione la soluzione più garantista per l’interesse di tutti i soci. Pur in assenza di espliciti dati testuali, sembra infatti che alcune mini­me prerogative “partecipative” debbano essere riconosciute e garantite anche al socio di minoranza di [continua ..]


Competenza degli amministratori per la determinazione degli effetti della fusione

All’organo amministrativo, in sede di attuazione della fusione e di stipula del relativo atto: a) è sottratta la possibilità di decidere in ordine alla possibile retrodatazione degli effetti contabili (art. 2501ter, nn. 5 e 6); b) è rimessa (nella s.r.l. in assenza di diversa indicazione nel progetto o nella decisione dei soci) una completa autonomia in ordine alla possibile postdatazione di tutti gli effetti (art. 2504-bis, comma 2); c) è rimessa (nella s.r.l. in assenza di diversa indicazione nel progetto o nella decisione dei soci) una completa autonomia in ordine alla possibile retrodatazione degli effetti fiscali (art. 172, comma 9, T.U.I.R.).   ***   1) La fattispecie ed il quesito. – Nella prassi operativa delle operazioni di fusione viene frequentemente richiesto di rimettere all’organo amministrativo, o meglio al legale rappresentante delegato alla sottoscrizione dell’atto, la decisione in ordine agli effetti della fusione. Poiché l’efficacia dell’operazione di fusione è in larga parte sottratta alla disponibilità delle società interessate e fissata dalla legge (cfr. art. 2504 bis, 2° comma, c.c.), in questa sede si vuole verificare quando l’organo amministrativo (e non i soci, ossia l’assemblea) possa disciplinarne alcune applicazioni, e precisamente: a) la retrodatazioneex 2501-ter, nn. 5 e 6; b) la postdatazioneex 2504-bis, 2° comma; c) la retrodatazione “fiscale”,ex 172, 9° comma, t.u.i.r.     2) La soluzione. – Si ritiene che ai quesiti sopra posti possa darsi: sub a) una risposta negativa; sub b) una risposta positiva; sub c) una risposta positiva.     3) Ragioni della competenza dei soci in ordine alla retrodatazione (parziale). – La regola generale, secondo cui l’efficacia della fusione deriva dall’“ultima delle iscrizioni prescritte dall’articolo 2504”, soffre una prima eccezione con riferimento alla possibile retrodatazione di alcuni degli effetti, sancita dallo stesso terzo comma dell’articolo. Si tratta di una possibilità offerta alle società – riferita alla data dalla quale le azioni/quote partecipano agli utili ed a quella dalla quale le operazioni delle società partecipanti sono imputate al bilancio della [continua ..]


Clausole limitative della circolazione delle azioni

  Purché contenuta entro il limite di cinque anni, è legittima una clausola statutaria che preveda qualsiasi forma di limitazione alla circolazione delle azioni, ancorché essa non garantisca al socio la possibilità di liquidare la quota, oppure garantisca tale possibilità ma consentendogli di realizzare per le sue azioni un valore inferiore a quello che deriverebbe dal­l’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c. Per contro, una clausola che limiti significativamente, o addirittura vieti, l’alienazione delle azioni e la cui efficacia temporale non sia limitata o superi i cinque anni, è efficace solo qualora assicuri al socio la possibilità di realizzare per le sue azioni almeno il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter o, quando essa precluda un progettato trasferimento a terzi, quando assicuri al socio la possibilità di realizzare lo stesso prezzo eventualmente offerto dal terzo, anche se in ipotesi inferiore al valore di cui al­­l’art. 2437-ter. È legittima qualsiasi forma di clausola limitativa del diritto dell’acquirente mortis causa ad ottenere l’iscrizione nel libro dei soci, purché essa preveda espressamente che, in caso di mancata iscrizione, egli ha diritto di realizzare per le sue azioni il valore che deriva dal­l’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.   ***   1) La fattispecie e il quesito. – Ci si chiede quali tipologie di clausole limitative della circolazione delle azioni siano compatibili con l’art. 2355-bis c.c., sia con riferimento ai trasferimenti inter vivos, sia con riferimento ai trasferimenti a causa di morte.     2) La soluzione. – Si ritiene che l’art. 2355-bis consenta un’ampia autonomia statutaria nella limitazione della libera circolazione delle azioni, sia inter vivos che mortis causa, purché nel rispetto di tre principi: a) la temporaneità di limiti che comprimono notevolmente o eliminano la possibilità di cedere le azioni per atto tra vivi; b) la necessità, per limiti alla circolazione non temporanei, di assicurare al titolare delle azioni la possibilità di liquidare la partecipazione ad un valore congruo; c) la limitabilità od [continua ..]


Contenuto delle azioni speciali in s.p.a. consortile

In una società consortile per azioni è legittima la creazione di categorie di azioni fornite del diritto ad ottenere prestazioni consortili differenziate in relazione ai servizi offerti dalla società, nonché sottoposte ad una disciplina diversificata con riguardo alla legge di circolazione, allo scioglimento parziale del rapporto sociale, alla tipologia ed alla misura degli obblighi consortili. L’emissione di azioni speciali non deve necessariamente avvenire a favore di particolari categorie di imprenditori selezionati in base a requisiti soggettivi predeterminati statutariamente.     ***   1) La fattispecie e la soluzione. – Nella prassi si ravvisa la necessità di diversificare le prestazioni rese ai soci di una società consortile, creando eventualmente altresì regimi differenziati in ordine alla circolazione delle partecipazioni o alle cause di recesso ed esclusione. In tale prospettiva, si ritiene funzionale e legittima, in una società consortile in forma di s.p.a., la creazione di categorie di azioni caratterizzate, sul piano del contenuto, dal diritto ad ottenere prestazioni consortili peculiari e diverse da quelle rese ai possessori di azioni ordinarie o di altra categoria. La possibilità di emettere azioni speciali come sopra connotate non deve ritenersi condizionata alla predeterminazione statutaria di specifici requisiti soggettivi (p.e.: attività esercitata o luogo in cui l’attività è esercitata) qualificanti l’imprenditore sottoscrittore, idonei a giustificare il diverso trattamento in punto di prestazione dei servizi consortili perché nelle società consortili per azioni (e in generale in tutte le società consortili che adottino un modello organizzativo diverso da quello della società cooperativa) non trova applicazione il principio di parità di trattamento sancito nell’art. 2516 c.c. per la mutualità cooperativa, salvo diversa ed espressa previsione statutaria.     2) La partecipazione del socio ai servizi consortili configurabile quale situazione giuridica attiva di particolari categorie di azioni. – Per quanto il tema non formi oggetto di trattazione espressa e puntuale, non è revocabile in dubbio che la società consortile organizzata in forma di s.p.a. possa creare categorie di azioni fornite di diritti diversi ai sensi [continua ..]


Categorie di azioni e nomina degli amministratori

  È legittima la clausola dello statuto di una s.p.a. che attribuisca ad una o più categorie di azioni il diritto di nominare una componente minoritaria del consiglio di amministrazione o degli organi di controllo; ove una di tali categorie rappresenti almeno la metà del capitale sociale, può esserle riconosciuto il diritto di nominare la maggioranza dei componenti di detti organi.   ***   1) Il quesito. – Ci si chiede se lo statuto di una società per azioni possa, ed entro quali limiti, attribuire a determinate categorie azionarie il diritto di nominare alcuni componenti del consiglio di amministrazione o degli organi di controllo.     2) La soluzione. – Si ritiene legittima la creazione di categorie azionarie aventi il diritto di nominare uno o più componenti del consiglio di amministrazione o degli organi di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, comitato per il controllo della gestione). Qualora la categoria rappresenti almeno la metà del capitale sociale, può esserle attribuito il diritto di nominare la maggioranza dei componenti degli organi; alle categorie che rappresentino meno del cinquanta per cento del capitale sociale può invece essere riconosciuto il diritto di nominare una minoranza dei consiglieri o dei sindaci, fermo restando che la nomina della maggioranza di detti organi deve essere rimessa alla deliberazione dell’assemblea ordinaria o, in alternativa, attribuita alla categoria azionaria che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.     3) La motivazione. Il nuovo quadro normativo. La riforma del diritto societario ha, come noto, consacrato in termini generali il principio di atipicità delle categorie speciali di azioni, consentendo all’autonomia statutaria di determinare liberamente il contenuto delle azioni delle varie categorie, nei limiti imposti dalla legge (art. 2348, 2° comma). La possibilità di definire liberamente il contenuto delle azioni delle varie categorie vale a chiarire che la menzione da parte della legge di una determinata categoria o di un diritto modificabile non ha valore di numerus clausus, d’indicazione tassativa delle azioni che possono essere create dall’autonomia statutaria: e ciò al dichiarato intento di valorizzare la creatività degli operatori nell’elaborazione [continua ..]


Contributi in denaro a carico dei soci nella società consortile per azioni

È legittima la clausola dello statuto di una società consortile per azioni che preveda che i soci siano tenuti ad effettuare contributi in denaro in favore della società, in presenza di perdite e nella misura complessiva necessaria a ripianare le stesse, purché la clausola indichi le modalità ed i criteri della determinazione degli apporti.   ***   1) Il contributo in denaro come “soluzione tipicamente consortile”. – L’art. 2615-ter, 2° comma, del codice civile dispone che per espressa clausola statutaria i soci di una società consortile possono essere obbligati a versare contributi in denaro. Tale previsione, nell’ambito dell’art. 2615-ter c.c. che ammette il perseguimento dello scopo consortile attraverso l’impiego della forma societaria, ha suggerito implicitamente ad alcuni interpreti una soluzione in via generale al problema della disciplina applicabile ai consorzi in tale forma costituiti. È stato, infatti, da più parti osservato che la deroga esplicita – in quella sede – al principio generale della inammissibilità dell’obbligo di versare denaro ulteriore rispetto al conferimento, conduce ad escludere l’applicazione di norme consortili ad ogni altra diversa ipotesi ed a concludere che le società consortili sono disciplinate dal diritto societario e non dalle norme sul consorzio [1]. Non si può peraltro evitare di considerare nell’ambito di un qualsivoglia studio dedicato alla società consortile che lo scopo tipico del contratto di consorzio – la realizzazione di vantaggi patrimoniali direttamente nelle economie dei singoli consorziati tramite la riduzione dei costi o l’aumento dei ricavi – diviene oggetto della società ai sensi dello stesso art. 2615-ter per richiamo dell’art. 2602 [2]. Conseguentemente, si confrontano nello stesso fenomeno scopo e forma organizzativa di derivazione tipologico-contrattuale diversa. Tale peculiare circostanza informa l’analisi dei problemi che si presentano all’interprete, ben oltre la approssimativa deduzione, sopra indicata, della applicabilità alla società consortile della sola disciplina societaria. Non solo: l’applicazione pratica dell’opzione offerta dall’art. 2615-ter c.c. è di gran lunga più complessa di quanto non traspare dal testo [continua ..]


Sulla nomina di una persona giuridica ad am¬ministratore in assenza di previsioni sta-tutarie al riguardo

La nomina di una società alla carica di amministratore di una società di capitali deve ritenersi generalmente ammissibile anche in mancanza di una specifica previsione statutaria.   ***   1) La fattispecie e il quesito. – La mancanza di espliciti dati normativi ha da tempo favorito una disputa sull’ammissibilità di un amministratore persona giuridica, facendo in passato prevalere la tesi negativa [1]. Tale posizione, che primariamente accredita un latente sfavore del legislatore, si basa principalmente sulle seguenti argomentazioni: a) le norme di legge in materia di amministrazione sarebbero chiaramente orientate verso una persona fisica (valutazione delle qualità etiche e morali) con prevalente intuitus personae; b) la eventuale nomina di una persona giuridica quale amministratore, rimetterebbe a que­st’ultima la facoltà di individuare la persona fisica (suo rappresentante designato all’ammini­strazione) che materialmente svolgerà la funzione, con ciò privando l’assemblea della società da amministrare del suo inalienabile diritto a nominare il proprio organo amministrativo.     2) Le motivazioni dell’orientamento. – Le precedenti tesi appaiono oggi confutabili [2], sia considerando alcuni dati normativi, sia argomentando diversamente quanto innanzi esposto:   a) Dati normativi L’art. 2361 c.c., 2° comma, prevede che: “L’assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall’assemblea; di tali partecipazioni gli amministratori danno specifica informazione nella nota integrativa del bilancio”. L’art. 111-duodecies disp. att. c.c. stabilisce che: “Qualora tutti i loro soci illimitatamente responsabili, di cui all’art. 2361, comma secondo, del codice, siano società per azioni, in accomandita per azioni o società a responsabilità limitata, la società in nome collettivo o in accomandita semplice devono redigere il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni; esse devono inoltre redigere e pubblicare il bilancio consolidato come disciplinato dal­l’articolo 26 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n.127, ed in presenza dei presupposti ivi previsti”. Dal combinato disposto di [continua ..]


Liquidazione delle azioni e diritto di opzione in caso di recesso del socio di società con-sor¬tile per azioni
Fascicolo 1 - 2011