Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sez. I – Osservatorio sulla riforma del diritto societario (di Gabriele Racugno)


SOMMARIO:

La tutela dei creditori nella s.r.l. dieci anni dopo la riforma del diritto societario - 1. Sui progetti ante codice civile 1942.1. Sui progetti ante codice civile 1942. - 2. L’amministrazione nella riforma del 2003 - 3. L’art. 2394... - 4. … quale strumento riduttivo di tutela. - 5. L’azione di responsabilità nel fallimento - 6. L’applicabilità analogica dell’art. 2394. - 7. La risarcibilità in via aquiliana. - 8. Le implicazioni dell’art. 2043. - 9. Il venir meno della capacità finanziaria della società. - 10. La responsabilità dell’organo di controllo. - 11. Dall’art. 28 Cost. al mancato richiamo dell’art. 2394. - 12. La prescrizione. - 13. Riduzione reale del capitale sociale, recesso del socio e tutela dei creditori sociali. - Riferimenti bibliografici


La tutela dei creditori nella s.r.l. dieci anni dopo la riforma del diritto societario

1. Sui progetti ante codice civile 1942.1. Sui progetti ante codice civile 1942.

Un rapido sguardo al passato dovrebbe consentire di cogliere con evidenza la portata innovativa della riforma del 2003 alla disciplina della società a responsabilità limitata ed in particolare alle problematiche concernenti la tutela dei creditori sociali, oggetto specifico di questa relazione. È noto che con il Progetto di codice di commercio Asquini (1940) – e quindi nell’identica disciplina riprodotta nel Progetto preliminare del libro dell’impresa e del lavoro (1942), ed infine, vieppiù, nel testo Libro del lavoro – la maggior parte delle caratteristiche che i precedenti Progetti (Vivante, 1922, e D’Amelio, 1925) avevano attribuito al nuovo tipo di società vanno perdute. In concreto, nel testo definitivo del codice del 1942 la società a responsabilità limitata è sostanzialmente assoggettata alla disciplina della società per azioni, essendo venuta meno la maggior parte di quelle poche norme che alla s.r.l. attribuivano una pur tenue colorazione personale, o comunque una caratterizzazione distinta nei confronti della società per azioni, con l’introduzione di regole consistenti in richiami a singole norme dettate per quest’ultima; ed, in particolare, per quanto concerne la responsabilità verso i creditori sociali, che vede il 2° comma dell’art. 2487 sancire tout court l’applicazione dell’art. 2394. Per converso, manca nel codice civile del 1942 un richiamo generale alle disposizioni dettate in sede di società per azioni «in quanto compatibili», qual’era contenuto negli artt. 341, 1° comma, del Progetto Asquini, e 417, 1° comma, del Progetto preliminare del libro dell’impresa e del lavoro. Conseguentemente la dottrina si poneva il quesito se la circostanza che fossero state riprodotte in sede di società a responsabilità limitata talune disposizioni dettate per la società per azioni, e che numerose altre fossero state richiamate, dovesse intendersi precludere l’applica­bilità alla società a responsabilità limitata di ogni norma statuita in sede di società per azioni che non fosse riprodotta o esplicitamente richiamata. In proposito era stato rilevato che “questo è vero solo quando le norme non richiamate abbiano carattere eccezionale, o comunque siano legate alle peculiarità dell’istituto [continua ..]


2. L’amministrazione nella riforma del 2003

Trascorsi ormai sessant’anni dalla vigente codificazione del diritto commerciale, nel 2003 ha visto la luce una riforma organica del diritto delle società di capitali, che, per quanto riguarda la società a responsabilità limitata, «ben può essere considerata un tipo societario in radice nuova, … non più una replica miniaturizzata della società per azioni, evidenziando, invero, significativi punti di contatto con le società organizzate su base personalistica». Oltreché sulla maggior libertà organizzativa e statutaria, che accompagna il carattere chiuso della compagine sociale e l’assenza di un possibile appello al mercato dei capitali, l’attenzione dell’interprete deve essere focalizzata su quella disciplina inderogabile che vede, da un lato, codificati i poteri individuali del socio, anche in tema di consultazione dei documenti relativi all’amministrazione – assimilati ai diritti di controllo propri dei soci di società di persone –, dall’altro lato, l’introduzione della responsabilità del socio che ha “intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi”; e più in generale, anche a prescindere da un operare intenzionalmente dannoso, dall’approva­zione delle scelte relative alla gestione loro sottoposte dagli amministratori; ciò in considerazione degli ampi spazi che il contratto sociale può riservare ad una presenza attiva dei soci nella vita della società, al punto da far dubitare dell’attualità dell’organizzazione corporativa in questo tipo societario (Abbadessa). E forse da consentire anche il superamento della distinzione stessa tra organo amministrativo e collettività dei soci, atteso, come è stato sottolineato, il peculiare rilievo contrattuale, e non organizzativo, che connota la s.r.l., nella quale ai singoli soci, a prescindere dalla loro partecipazione al capitale, possono essere attribuiti “particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società”, ed in ogni caso il modello legale della s.r.l., per quanto concerne la funzione amministrativa non risulta caratterizzato, come nella società per azioni, da una procedimentalizzazione del momento decisionale. Carattere innovativo hanno così i poteri dei soci – ai [continua ..]


3. L’art. 2394...

Fatte queste premesse, prima di passare all’esame delle problematiche su cui si dibattono dottrina e giurisprudenza circa le regole che attualmente disciplinano la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali, e più in generale in ordine alla tutela che l’ordinamento vigente offre ai creditori nella società a responsabilità limitata, è necessario soffermarsi su quelle norme che, fino alla riforma del 2003, per sessant’anni, hanno assimilato la responsabilità verso i creditori sociali nelle spa e nelle s.r.l., mediante il noto richiamo dell’art. 2394 da parte dell’art. 2487, legittimando i creditori sociali ad agire contro gli amministratori con un’azione “di massa” volta a consentire la reintegrazione del patrimonio della società. Quella norma – tutt’ora vigente nelle società per azioni – stabilisce che gli ammi­ni­stratori che vengono meno agli obblighi inerenti alla conservazione dell’in­tegrità del patrimonio sociale sono responsabili, nei confronti dei creditori sociali “quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti”, quando cioè emerge uno squilibrio tra mezzi propri e indebitamento, trascurando del tutto l’ulteriore rapporto tra circolante e indebitamento, e, quindi, più in generale, la sostenibilità dell’indebitamento, che, in altre sedi (art. 2501-bis), l’or­di­namento ha posto a fondamento della tutela dei creditori (Cincotti). Sulla scorta della Relazione del Guardasigilli, n. 982, la dottrina ha ripetutamente affermato che l’azione in questione sarebbe preclusa finché i creditori sociali possono trovare capienza nel patrimonio della società, con la conseguenza che tale condizione posta all’esercizio dell’azione deve reputarsi verificata all’escussione del patrimonio sociale, quando il pregiudizio subito dal patrimonio della società abbia pure determinato l’incapienza patrimoniale della società medesima, e la giurisprudenza ha chiarito che tale ulteriore presupposto ricorre quando il patrimonio sociale presenti uno sbilancio negativo, cioè le passività eccedono le attività (Cass., Sez. Un., 6 agosto 1981, n. 5241), che, come è noto, non coincide con l’insolvenza. Tra gli obblighi di [continua ..]


4. … quale strumento riduttivo di tutela.

Sicuramente il precetto, nella dimensione fissata nell’art. 2394, ha una funzione restrittiva circa l’ambito di responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, i quali sono tali verso la società, e soltanto nei limiti dell’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione del capitale sociale – e nel presupposto della sua insufficienza – possono proporre contro questi l’azione di responsabilità. Quindi tutte quelle operazioni che, non intaccando l’integrità del patrimonio sociale, incidono sull’equilibrio finanziario dell’impresa con il ricorso intensivo, per esempio, ad un altissimo «effetto di leva finanziaria» – come quando il debito viene usato per acquistare nuovi attivi – non ricadono nel perimetro dell’art. 2394, che non ricomprende quel rischio elevato che cresce mano a mano che aumenta il rapporto tra debito e capitale. Che questa norma trovi un ambito di applicazione ridotto è stato anche di recente ben evidenziato (Libonati) confrontandola con la più vasta responsabilità per l’azione scorretta degli amministratori una volta verificatasi una causa di scioglimento della società, che sostituisce al potere di gestione, proprio della funzione imprenditoriale, il dovere di conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, come dispone il 2° comma dell’art. 2486. Nelle società per azioni è prevista così una responsabilità per inadempimento di soggetti diversi da quello tenuto alla prestazione, e la sede normale per l’esercizio dell’azione è il fallimento, “perché quando il patrimonio sociale è insufficiente a coprire le pretese dei creditori la società è (già) insolvente: la conseguenza è che l’azione che ci occupa verrà esercitata dal curatore, non dai creditori” (Bonelli). E secondo la prevalente giurisprudenza, contrariamente a quanto più sopra si è riferito, non spetta ai creditori, e quindi al curatore, provare la colpa degli amministratori, considerato che l’azione di risarcimento danni in questione trova fondamento nell’inadempimento di specifici obblighi posti dalla legge a carico degli amministratori (dovere di conservazione dell’integrità del [continua ..]


5. L’azione di responsabilità nel fallimento

Circa il rapporto tra azione sociale di responsabilità ex art. 2393 e azione dei creditori ex art. 2394, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito (Cass., 23 giugno 2008, n. 17033; Cass., 29 ottobre 2003, n. 25997) che in sede fallimentare i creditori perdono la legittimazione all’esercizio dell’azione ex art. 2394, che può essere esercitata solo dal curatore ex art. 2394-bis e 146, 2° comma, legge fallimentare: peraltro questa azione, fatta valere dal curatore, ha un’importanza modesta, in quanto il curatore esercita, in forza di ampia autonoma legittimazione ex lege, cumulativamente e inscindibilmente con l’azione ex art. 2394, anche l’azione sociale di responsabilità ex art. 2393, che, colpendo tutte le violazioni commesse dagli amministratori, a maggior ragione colpisce anche quelle cui si riferisce l’art. 2394, cioè le violazioni degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione di responsabilità contro gli amministratori – secondo il testo dell’art. 146 legge fall. introdotto dall’art. 130, 1° comma del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 – prescinde dai presupposti dell’insufficienza patrimoniale, che, in passato, nel dettato previsto dalla legge fallimentare del 1942, costituiva, con il richiamo all’art. 2394, il fondamento per l’esercizio dell’azione. La natura autonoma extracontrattuale dell’azione del curatore consente al medesimo di agire ex art. 2043 per ottenere il risarcimento per lesione del credito, a prescindere dai limiti operativi che deriverebbero dall’applicazione dell’art. 2394-bis, non a caso disposizione questa temporalmente antecedente al nuovo art. 146 della legge fallimentare. L’ampio riferimento alle azioni di responsabilità contenuto nella norma non sembra delimitare in alcun modo l’ambito di legittimazione del curatore. Di qui il possibile seguente corollario. Nella società per azioni, finché questa è in bonis, l’azione dei creditori sociali presuppone sia l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, sia l’insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei loro crediti; una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, che comporta la perdita della legittimazione dei creditori, l’azione del curatore prescinde [continua ..]


6. L’applicabilità analogica dell’art. 2394.

Sulla scorta della pacifica ammissibilità della tutela aquiliana di cui all’art. 2043 in caso di lesione del credito da parte di soggetto estraneo al rapporto obbligatorio, può a questo punto essere affrontato il problema della esperibilità da parte dei creditori sociali dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori nelle società a responsabilità limitata. Il discorso prende le mosse dall’ovvia considerazione che l’art. 2476, seppure rubricato “Responsabilità degli amministratori”, non contiene alcun riferimento all’esperibilità da parte dei creditori sociali dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di società a responsabilità limitata. Di qui l’opinione di gran lunga più diffusa ** secondo cui al silenzio della legge deve supplirsi con l’applicazione analogica dell’art. 2394, non sussistendo alcuna ragione plausibile per privare il creditore di s.r.l. di quella tutela che l’ordinamento offre al creditore di s.p.a.; prospettandosi una possibile valutazione in termini di incostituzionalità dell’art. 2476 a causa di questa ingiustificata asimmetria sistematica. L’applicazione analogica dell’art. 2394 ha quale presupposto l’esistenza di una lacuna normativa nella disciplina della società a responsabilità limitata e, secondo la dottrina che avvalora questa tesi – su cui anticipo la mia non condivisione, come meglio chiarirò nel prosieguo – riceverebbe riscontro negli artt. 2485 e 2486 che attribuiscono espressamente, e indistintamente, ai creditori sociali di società di capitali, la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per i danni subiti in ragione del tardivo od omesso accertamento di una causa di scioglimento ovvero per il compimento di atti di gestione che non siano volti al fine della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale: ma gli amministratori, prima del verificarsi della causa di scioglimento, hanno il dovere di agire secondo una logica imprenditoriale, e non già meramente conservativa! Inoltre, a sostegno dell’applicazione analogica dell’art. 2394, viene richiamato l’art. 2497 che attribuisce ai creditori sociali in genere – senza distinzioni o [continua ..]


7. La risarcibilità in via aquiliana.

Per converso, autorevole dottrina e varia giurisprudenza negano l’applicabilità analogica dell’art. 2394, considerato, principalmente, che l’art. 2476, che contiene la disciplina della responsabilità degli amministratori, riconosce una legittimazione in via esclusiva al singolo socio ed alla società ad agire in responsabilità nei confronti degli amministratori per l’inos­ser­vanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’ammini­strazione della società – di guisa di agire in modo da rispettare quello che il diritto statunitense chiama duty of obedience – non prevedendo alcuna legittimazione in tal senso in capo ai creditori sociali. Il silenzio della legge, che non può essere inteso come frutto di dimenticanza o di coordinamento, è rafforzato dalla circostanza che “una previsione come quella dell’art. 2394 è peculiare ed esclusiva del solo tipo della società per azioni, assente cioè per tutti gli altri” (Angelici). Di qui la necessità, in via di principio, di far riferimento alla regola contenuta nell’art. 2260, cioè ad un modello societario in cui la funzione amministrativa può essere modulata di volta in volta dai soci. Il rafforzamento dei poteri di controllo del socio, eccezionalmente penetranti e talvolta, come emerge dagli abusi riscontrati in sede contenziosa, addirittura invasivi, e soprattutto la previsione secondo cui l’azione di responsabilità è promossa da ciascun socio, confermano, ad avviso di questa corrente di pensiero, che siffatto assetto organizzativo riserva al socio l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori. Insomma non può essere sottovalutato il fatto che l’art. 2476 non preveda un’a­zione di responsabilità dei creditori contro gli amministratori, ed in senso contrario non apportano argomenti interpretativi in favore dell’applicazione analogica né l’art. 2486, né l’art. 2497, atteso che la prima norma addirittura non subordina l’a­zio­ne dei creditori all’insufficienza del patrimonio sociale, mentre la seconda si limita a sanzionare gli amministratori della controllante solo indirettamente, essendo questa disposizione volta alla società che esercita attività di direzione e di [continua ..]


8. Le implicazioni dell’art. 2043.

Scartando l’ipotesi di una lacuna casuale nel testo dell’art. 2476 dovuta a mera dimenticanza del legislatore, per rispondere piuttosto l’omissione ad una precisa scelta legislativa, a questo punto, salvo volersi ricorrere all’azione surrogatoria azionata dai creditori nell’inerzia della società e dei soci – che non può essere esclusa alla luce dei principi generali che disciplinano questo istituto (il quale peraltro comporta che sia la società, e non i creditori, a beneficiare del risarcimento corrisposto dagli amministratori condannati) – sembra avere sicura applicazione, a tutela dei creditori sociali, l’azione di diritto comune ex art. 2043 (Angelici, Libonati): questa trova fondamento anche nel 6° comma del­l’art. 2476, che sancisce una responsabilità di natura aquiliana, caratterizzata pur sempre dalla violazione di obblighi degli amministratori nei confronti della società, laddove il legislatore della riforma ha espressamente previsto che qualsiasi terzo, quindi anche il creditore sociale è legittimato, a tutela del proprio diritto individuale, “a chiedere il risarcimento dei danni direttamente subiti per effetto di comportamenti illeciti degli amministratori” (Relazione al decreto di riforma, § 11). Azione questa proponibile ex art. 2476, 7° comma, anche nei confronti dei soci, che, con intromissioni in ipotesi soltanto episodiche, esercitando un effettivo potere nell’attività di gestione ancorché non corrispondente all’assunzione della relativa veste formale, neppure di fatto, abbiano comunque concorso con gli amministratori alla decisione, pur con la sola consapevole approvazione. Un’azione dunque ben più incisiva di quella prevista dall’art. 2394, che vede il creditore agire per un danno c.d. indiretto, con un’azione “di massa” avente la finalità di consentire la reintegrazione del patrimonio della società quale garanzia dei creditori attraverso l’at­tri­buzione a ciascun creditore di una legittimazione straordinaria anche in favore degli altri rimasti inerti. Sul principio della risarcibilità in via aquiliana della c.d. lesione del credito è opportuno a questo punto brevemente soffermarsi, non senza rimarcare come il presupposto dell’azione di responsabilità, di ogni azione di responsabilità [continua ..]


9. Il venir meno della capacità finanziaria della società.

L’assenza di una previsione in sede di disciplina della società a responsabilità limitata dell’azione ex art. 2394 non esclude dunque una tutela in proposito in capo ai creditori, bensì la rafforza, seppure nell’ottica di un’azione a carattere individuale a tutela di un diritto soggettivo del creditore, peraltro in caso di fallimento esercitabile dagli organi della procedura, sempreché rivesta carattere collettivo in quanto volta a tutelare il ceto creditorio nella sua interezza, e sarà la massa a beneficiarne degli esiti, salva l’azione fondata sulla concessione abusiva del credito spettante al singolo in quanto individualmente danneggiato. Il creditore dovrà dimostrare il nesso causale fra la violazione, per dolo o colpa, dei doveri degli amministratori e il danno subito, limitato all’ammontare del credito non pagato. Né al creditore saranno opponibili le eccezioni che l’amministratore potrebbe opporre alla società, come ne conseguirebbe dall’applicazione analogica dell’art. 2394 ove si considerasse l’azione prevista da questa norma alla stregua di mera azione surrogatoria, che comporterebbe, fra l’altro, l’applicazione di un termine di prescrizione più ristretto per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte dei creditori in quanto questo decorrerebbe dal momento della produzione del danno in capo alla società. Nell’azione individuale il creditore ha diritto ad ottenere il ristoro del proprio credito – ed aggiungerei il risarcimento che per effetto della lesione si è determinata nel patrimonio del creditore valutato secondo le disposizioni richiamate dall’art. 2056 – mentre l’azione sociale è volta ad ottenere l’intero risarcimento del danno provocato al patrimonio della società. Dall’autonomia delle due azioni discende la disapplicazione analogica dell’art. 2394, di guisa, da un lato, che la tutela aquiliana prescinde dai presupposti dell’insufficienza patrimoniale, né è richiesto al creditore di provare la violazione da parte degli amministratori degli specifici obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, dall’altro, che la transazione dell’azione sociale non può avere effetti preclusivi – come invece dispone questa norma – sull’azione dei [continua ..]


10. La responsabilità dell’organo di controllo.

È evidente che dei fatti censurabili compiuti dall’organo gestorio sottaciuti dal mancato esercizio del dovere di controllo da parte del sindaco o del revisore, conseguirà la legittimazione dei creditori sociali all’esercizio, nei confronti di quest’organo, dell’azione aquiliana da “lesione del credito”, in aggiunta alle azioni di cui all’espresso rinvio operato dal 5° comma dell’art. 2477 alle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni. Non senza aggiungere che i doveri di controllo e di vigilanza non sono circoscritti all’operato degli amministratori, ma si estendono a tutta l’attività sociale, dovendo l’organo di controllo svolgere una funzione di tutela non limitata al­l’in­­teresse dei soci, ma esteso anche a quello concorrente dai creditori sociali (Cass., 28 maggio 1998, n. 5287), secondo, peraltro, una concezione di vigilanza sintetica, fatta di “metodi, di procedure e di strumenti operativi”, piuttosto che “capillare, onnipresente e onnisciente”. Quindi, fra l’altro, i controllori, al pari dell’organo amministrativo, saranno responsabili per inadeguatezza dell’organizzazione sociale, atteso che il principio di adeguatezza organizzativa introdotto dalla riforma del diritto societario è considerato elemento fondamentale di giudizio nella valutazione della responsabilità. Le norme dettate in proposito in sede di disciplina della società per azioni, applicabili alla società a responsabilità limitata ove dotata di una struttura dimensionale non inferiore a quella di una s.p.a., costituiscono invero “norme di diritto comune” del criterio della adeguatezza degli assetti organizzativi assunto a “paradigma centrale sia dei doveri sia sulla responsabilità degli amministratori” (Montalenti). La violazione di queste regole costituisce fonte di “responsabilità della società e dei gestori nei confronti delle componenti interne ed esterne dell’impresa società” (Buonocore).


11. Dall’art. 28 Cost. al mancato richiamo dell’art. 2394.

La presenza soltanto nella disciplina della società per azioni della speciale figura rappresentata dall’art. 2394 non significa che nella s.r.l. i creditori restino sprovvisti di protezione, ma semplicemente che riguardo a questa impresa sono destinati ad operare i normali strumenti offerti dal diritto comune, essendo ormai ammessa “alla luce, tra l’altro, dell’art. 28 Cost., l’esistenza nel nostro ordinamento del principio secondo cui dell’atto illecito commesso dall’amministratore di un ente collettivo rispondono in ogni caso sia l’ente sia anche l’amministratore” (Nigro), non senza aggiungere, sotto un profilo generale, che perché si abbia danno contra ius non è necessaria la lesione di un diritto soggettivo (Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500). Una volta riconosciuto il diritto dei creditori di qualsiasi impresa collettiva di agire nei confronti degli amministratori e di quanti hanno gestito l’impresa per mala gestio, può sottolinearsi che molti ordinamenti, anche a noi vicini, quali il francese e il belga, non prevedono affatto una responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, con conseguente applicazione delle norme di diritto comune. Ed in tal senso è la stessa legge delega che, nel sottolineare la necessità di perseguire la tutela dei creditori sociali, ne statuisce «una semplificazione delle procedure» (art. 3, 2° comma, lett. i)), essendo appunto la tutela già interamente assicurata dai rimedi giuridici generali previsti dall’ordinamento. L’assenza di ogni richiamo nella disciplina della s.r.l. all’art. 2394 non implica certamente esclusione di responsabilità dei gestori, compresi i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi, nei confronti dei creditori sociali. La circostanza che una c.d. figura speciale, quale è appunto l’art. 2394, sia presente solo nelle norme sulla società per azioni, trova verosimile risposta nella circostanza che il legislatore ha curato con particolare dettaglio la tutela del capitale, e quindi del patrimonio, di questo tipo sociale, sul presupposto di un interesse oggettivo alla tutela del valore del patrimonio della società in capo ai creditori sociali al pari dei soci (Serafini). La riforma del diritto societario ha valorizzato l’originalità [continua ..]


12. La prescrizione.

Il diritto al risarcimento del danno causato dagli amministratori alle ragioni dei creditori si prescrive in cinque anni decorrenti dalla manifestazione esteriore, riconoscibile dai creditori, della lesione del loro credito, assumendo in proposito significativa rilevanza il deposito dei bilanci presso l’ufficio del registro delle imprese. Ove il fatto lesivo non emerga nella sua gravità dal bilancio pubblicato, ma soltanto per successiva accertata invalidità dello stesso, è da quel momento, dal tempo cioè in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935), vale a dire dalla conoscibilità dell’evento lesivo nel suo complesso, che comincia a decorrere la prescrizione; nel caso invece in cui il dissesto sia desumibile dalla redazione di un bilancio non pubblicato (dunque non conoscibile dai creditori), il termine decorre dalla successiva dichiarazione di fallimento. Né, in ogni caso, l’azione di responsabilità spettante ai creditori è influenzata dal­­l’approvazione del bilancio, considerato, fra l’altro, come è pacifico, che l’ap­pro­vazione del bilancio rappresenta un giudizio tecnico in merito alla corrispondenza del documento sottoposto ai soci, e non già un giudizio sull’operato degli amministratori.


13. Riduzione reale del capitale sociale, recesso del socio e tutela dei creditori sociali.

Qualche considerazione finale su alcuni profili complementari al tema della tutela dei creditori. La riduzione reale del capitale sociale (art. 2482) e, parimenti, la riduzione conseguente al recesso del socio (art. 2473, 4° comma, che richiama l’art. 2482), introducono la possibilità per i creditori sociali di proporre opposizione a dette operazioni a tutela dei loro interessi. La funzione dell’opposizione è nota: salvaguardare le ragioni dei creditori a fronte di un verosimile pregiudizio alle aspettative di recupero del credito, che verrebbero appunto compromesse dall’insufficienza del patrimonio rispetto alla somma dei debiti, che costituisce il presupposto necessario “per affermare l’eventuale pregiudizio del creditore opponente, supposto marginale, cioè ultimo ad essere pagato dalla società” (Santini). L’idoneità del patrimonio a fronte delle ragioni dei creditori sociali è nozione acquisita dai giuscommercialisti (Ferrara) e dagli aziendalisti (Caramiello), concordi nell’individuare la garanzia generica del patrimonio dell’impresa nella sua capacità di adempimento, e quindi nel corretto funzionamento dell’azienda in un’ottica di conservazione delle sue condizioni di equilibrio e di solvibilità (Capaldo). Le norme richiamate presuppongono, anche per le ragioni più sopra esposte con riferimento all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori da parte dei creditori sociali, una lettura coordinata con l’art. 2467, 2° comma, e, in particolare, con il parametro dell’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto. Ne discende che l’opposizione, oltre che dai rischi connessi alla riduzione del capitale tout court, può trarre fondamento da quelli che la riduzione del capitale può comportare sulla situazione finanziaria. Di qui il possibile accoglimento da parte del tribunale delle opposizioni in proposito svolte dai creditori.


Riferimenti bibliografici