Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Il diritto societario della crisi delle imprese bancarie nella prospettiva europea: un quadro d´insieme (di Michele Perrino)


SOMMARIO:

1. Contenuti e finalità della nuova disciplina: quadro d’insieme - 2. Gli effetti sugli azionisti. La cessione coattiva delle partecipazioni - 3. La cessione forzata di diritti, attività e passività dell’ente - 4. La riduzione/conversione di azioni e strumenti di capitale - 5. La disattivazione di diritti, rimedi e tutele - 6. Gli effetti sugli organi sociali: riconfigurazione di compiti ed esautoramento dalle funzioni - 7. Gli effetti sui creditori sociali: cessione di passività; riduzione del valore nominale e conversione in azioni; disattivazione di prerogative di diritto comune - 8. Profili di specialità: valutazione - 9. Il diritto societario della crisi bancaria: anticipata applicazione del rischio e recupero ex post dell’eventuale pregiudizio subìto - NOTE


1. Contenuti e finalità della nuova disciplina: quadro d’insieme

La nuova disciplina del risanamento e della risoluzione delle crisi bancarie, intervenuta dapprima a livello europeo con la direttiva 15 maggio 2014, n. 2014/59/UE (Banking Recovery and Resolution Directive, c.d. BRRD) e poi attuata in Italia con i recenti decreti di recepimento n. 180 e 181 del 16 novembre 2015, introduce un cospicuo corpo di disposizioni peculiari di diritto – ad un tempo e con reciproco intreccio – societario e concorsuale della banca in crisi, a plurima impronta di specialità. Si tratta invero, da un lato, di regole diverse e in larga parte derogatorie, in ragione del contesto di crisi in cui sono chiamate ad operare, rispetto al regime ordinario delle società bancarie, di per sé già connotato da pronunciata specialità rispetto al diritto societario comune (PORTALE [1], 48 ss.; MONTALENTI [1], 707 ss.). Per altro verso, si accresce qui, con misure innovative di trattazione della crisi, la specialità che pur già distingueva – almeno in Italia e in alcuni altri ordinamenti (MARCUCCI, 152 s., 169 ss.) – il regime delle crisi bancarie rispetto alle procedure ordinarie di crisi dell’impresa commerciale (benché in molti altri ordinamenti difetti una simile alterità di disciplina, e non manchino ricorrenti voci a sostegno della preferibile soggezione ad un regime comune, sia pure con adattamenti alla specificità bancaria) (THOLE, 12 ss.; AYOTTE-SKEEL jr., 469 ss.; ampio dibattito in KENADJIAN (a cura di), passim), in considerazione di notorie istanze di governo del rischio sistemico insito nell’attività delle banche; con uno iato ora, rispetto alle soluzioni di diritto comune, ben più ampio e certo inedito rispetto, ad esempio, a quello fino a poco fa intercorrente fra disciplina della liquidazione coatta generale e disciplina previgente specifica della liquidazione coatta bancaria. Ed ancora, ulteriormente speciali appaiono contenuti e finalità della nuova regolazione della società bancaria in crisi, a fronte della stessa peculiarità di quel che s’usa ormai individuare come il cosiddetto diritto societario della crisi, a contrassegno di un insieme di regole normative introdotte dalle innovazioni recenti della disciplina delle procedure concorsuali d’impresa e poi sistematizzate dagli interpreti per farne oggetto di separata [continua ..]


2. Gli effetti sugli azionisti. La cessione coattiva delle partecipazioni

Alla presentazione riassuntiva appena fornita converrà far seguire ora una più dettagliata analisi dei profili normativi in esame, a partire dai contenuti della nuova disciplina nei termini degli accennati effetti delle misure di regolazione della crisi sugli azionisti e più ampiamente sui titolari di strumenti partecipativi della banca. Come accennato, sono riconoscibili tre forme di incidenza coattiva sulla stessa identità e sostanza patrimoniale delle situazioni degli azionisti, mediante: – la cessione forzosa di tutte le azioni o altre partecipazioni (cioè «quote, altri strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi o comunque i diritti previsti dall’articolo 2351, ultimo comma, del codice civile, nonché titoli convertibili in o che conferiscono il diritto di acquisire, o che rappresentano azioni, quote o i suddetti altri strumenti finanziari», art. l, lett. pp), d.lgs. n. 180/2015) a terzi o a un ente ponte, con conseguente ricambio imposto della compagine sociale; – o la cessione del pari coattiva di tutti i diritti, le attività o le passività dell’ente partecipato dall’azionista e sottoposto a risoluzione a terzi, a un ente-ponte o a una società-veicolo, con l’effetto allora di modificare il sostrato patrimoniale correlato alle anzidette partecipazioni, pur mantenute in capo agli originari titolari; – o ancora la riduzione di valore delle azioni, fino all’azzeramento, o la conversione di originari diritti partecipativi diversi in strumenti di capitale primario di classe 1 (come definiti agli artt. 50 ss., Reg. UE n. 575/2013), nella misura necessaria ad assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali. Quanto anzitutto alla cessione coattiva (poiché disposta dalla Banca d’Italia, cfr. art. 60, 1° comma, lett. b), d.lgs. n. 180/2015) delle azioni o delle altre partecipazioni, in particolare, essa può aver luogo (senza necessità di osservare le ordinarie formalità poste dagli artt. 2022, 2355, 2470 e 2525 c.c., e conseguendo piuttosto l’efficacia del trasferimento alla pubblicazione sul sito internet della Banca d’Italia (cfr. artt. 47, 3° e 6° comma, e 32, 3° comma, d.lgs. n. 180/2015): – in via definitiva ed immediata in favore di un terzo acquirente (art. 40, 1° comma, lett. b), d.lgs. n. 180/2015), cui [continua ..]


3. La cessione forzata di diritti, attività e passività dell’ente

La seconda misura suelencata, anch’essa come detto incidente – ancorché in via indiretta – sulla sostanza patrimoniale (quali beni “di secondo grado”) dei diritti degli azionisti e titolari di altre partecipazioni, è quella della cessione di diritti, attività o passività, anche individuabili in blocco, dell’ente sottoposto a risoluzione, che può disporsi forzosamente (cfr. art. 60, 1° comma, lett. c), d.lgs. n. 180/2015): – sia nei confronti di terzi o di un ente-ponte come sopra connotato (e, solo in tali due ordini di ipotesi, anche congiuntamente alla cessione di azioni e altre partecipazioni, realizzandosi così contestualmente, come detto, sia il ricambio forzoso della compagine sia la mutazione del correlato patrimoniale delle partecipazioni); – sia, in una o più soluzioni, e con riferimento anche alle situazioni giuridiche come frattanto cedute all’ente-ponte, in favore di una «società veicolo» (art. 45 ss., d.lgs. n. 180/2015), anch’essa (come l’ente-ponte) a capitale in tutto o in parte detenuto dal fondo di risoluzione o da autorità pubbliche, con la funzione «di massimizzarne il valore attraverso una successiva cessione o la liquidazione della società veicolo medesima»; e ciò con la finalità alternativa (quale emerge dai presupposti indicati all’art. 46, 1° comma, d.lgs. n. 180/2015) di scorporare (e riposizionare tem­poraneamente presso un “veicolo” societario, appunto) una parte dei diritti o delle attività dalla liquidazione concorsuale, ove la si tema foriera di effetti negativi sui mercati finanziari, o di alleggerire l’ente in risoluzione, o l’ente-ponte cessionario di questo, di posizioni giuridiche attive o passive che ne impediscano il corretto funzionamento (nel qual caso la società veicolo verrebbe ad assolvere la funzione di bad bank) (PAGLIERINI-SCIASCIA, 993), o ancora di isolare un “pacchetto” di attività e/o passività, così da agevolarne la liquidazione massimizzando i proventi. Trattandosi di situazioni giuridiche già intestate all’ente bancario sottoposto a risoluzione, è a quest’ultimo che va riconosciuto il corrispettivo pagato dal cessionario, da individuarsi anche qui – in base alle stesse regole già viste per le [continua ..]


4. La riduzione/conversione di azioni e strumenti di capitale

Venendo poi alla riduzione o conversione delle azioni e delle altre partecipazioni o strumenti di capitale emessi dalla banca, si tratta della misura che più direttamente ed eloquentemente obbedisce alla regola guida della nuova disciplina delle crisi bancarie, secondo cui le perdite della banca in dissesto, attuale o incombente, ed i costi del suo eventuale risanamento, sono rispettivamente subite e sostenuti anzitutto dagli azionisti e solo dopo di questi dai creditori (artt. 22, 1° comma, lett. a), e 49, 3° comma, lett. a), d.lgs. n. 180/2015) (GARDELLA, 588; PRESTI, 346). Si tratta anzitutto di una misura a sé stante (non necessariamente di risoluzione, dunque), da assumere cioè prima ed indipendentemente dall’avvio della risoluzione della banca, quando da sola consenta di rimediare allo stato di dissesto o rischio di dissesto (cfr. art. 20, 1° comma, lett. a), d.lgs. n. 180/2015, ed ivi a lett. b) la precisazione per cui la risoluzione è disposta «alternativamente», (soltanto) «se la misura indicata alla lettera a non consente di rimediare allo stato di dissesto o di rischio di dissesto»; e v. anche art. 27, lett. a) (parla di “bail-in debole” DI BRINA, 5). Solo quando non valga o basti da sola ad un tale rimedio, essa può adottarsi in combinazione con una o più misure di risoluzione, immediatamente prima o contestualmente alla loro applicazione, nel cui seno può associarsi, in caso di bail-in (definito appunto come “la riduzione o la conversione in capitale dei diritti degli azionisti e dei creditori, cfr. art. 1, lett. g), d.lgs. n. 180/2015), alla riduzione o conversione anche delle passività dell’ente e con ciò dei diritti dei creditori (art. 27, lett. b). L’entità della riduzione/conversione, necessaria a coprire le perdite e ristabilire il rispetto dei requisiti prudenziali, è stabilita ex ante, sulla base della valutazione preventiva delle attività e passività della banca eseguita da un esperto indipendente (art. 23, art. 24, 1° comma, lett. c), art. 29, 3° comma, d.lgs. n. 180/2015), in caso di urgenza anche alla stregua di una valutazione provvisoria effettuata da Banca d’Italia o dal Commissario straordinario ex art. 71 t.u.b. (artt. 25, art. 29, 3° comma, d.lgs. n. [continua ..]


5. La disattivazione di diritti, rimedi e tutele

Sempre sul versante degli effetti sui diritti degli azionisti e degli altri titolari di strumenti partecipativi, un altro profilo di incidenza concerne la disattivazione forzosa dei diritti amministrativi, delle prerogative e dei rimedi connessi alla posizione partecipativa, così da sterilizzarne la capacità di influenza sulla attività e le sorti della banca in crisi e così rimuovere ogni possibile ostacolo all’attuazione delle tecniche autoritative di regolazione e riassetto. Così, nel quadro anzitutto delle misure di rimozione degli impedimenti alla “risolvibilità” (definita dall’art. 12, 2° comma, d.lgs. n. 180/2015, nei termini della assoggettabilità della banca a l.c.a. o a risoluzione minimizzando gli effetti negativi sistemici assicurando la continuità delle funzioni essenziali), la Banca d’Italia può imporre modifiche di forma giuridica e struttura operativa della banca assai penetranti, fino al conferimento dell’intera azienda bancaria ad una società controllata, senza che a fronte dell’adozione obbligatoria delle relative decisioni spetti agli azionisti – pur in presenza della sostanziale modificazione dell’oggetto sociale così realizzata – il diritto di recesso di cui all’art. 2437 c.c. (BRRD, art. 17, 5° comma, lett. g); art. 16, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 180/2015) Nel caso poi di effettivo avvio della risoluzione, «sono sospesi i diritti di voto in assemblea e gli altri diritti derivanti da partecipazioni che consentono di influire sull’ente sottoposto a risoluzione» (art. 35, 1° comma, lett. a), d.lgs. n. 180/2015; art. 72, 2° comma, BRRD); mentre all’attuazione del programma di risoluzione provvede la Banca d’Italia, fra l’altro: – o «con atti di uno o più commissari speciali dalla stessa nominati» (art. 34, 2° comma, lett. a), d.lgs. n. 180/2015), i quali «assumono i poteri degli azionisti, dei titolari di altre partecipazioni» (oltre che dell’organo di amministrazione) e «promuovono e adottano le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione» (art. 37, 1° comma, d.lgs. n. 180/2015; art. 35, BRRD); – o in via diretta «con atti che tengono luogo di quelli (oltre che, n.d.r.) dei competenti organi sociali, degli azionisti e dei [continua ..]


6. Gli effetti sugli organi sociali: riconfigurazione di compiti ed esautoramento dalle funzioni

Quanto agli organi sociali, le previsioni della disciplina in commento si svolgono, come anticipato, essenzialmente su due piani: dell’arricchimento di competenze ed obblighi, specie nella fase prodromica della crisi, con doveri di allerta e di munizionamento rispetto al rischio di crisi, e poi nella fase attuativa delle misure regolative forzosamente adottate, da un lato; e dall’altro lato dell’esautoramento dalle funzioni, con vario grado di intensità fino alla possibile decadenza automatica, con specifico riguardo agli organi esercenti funzioni di amministrazione e di controllo, salvo quanto serva affinché concorrano all’attuazione delle misure. Sul primo piano, quanto anzitutto agli obblighi di allerta l’art. 19, 1° comma, d.lgs. n. 180/2015, impone all’organo di amministrazione o di controllo di una banca di informare tempestivamente la Banca d’Italia o la BCE, a seconda di quale sia l’autorità di vigilanza competente, «se ritiene che la banca è in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a)» d.lgs. cit., situazioni queste definite dal comma 2 del medesimo art. 17. Riguardo poi ai doveri di preparazione a fronteggiare la crisi: – è introdotta una apposita ed aggiuntiva competenza dell’assemblea straordinaria di società facente parte di un gruppo bancario, in ordine all’approvazione e alla revoca di un accordo per fornirsi sostegno finanziario fra società del gruppo medesimo (senza che né tale approvazione né la revoca diano luogo ad alcun diritto di recesso dei soci, come ha cura di precisare l’art. 69-quaterdecies, 5° comma, t.u.b., come introdotto dall’art. 12 del d.lgs. n. 181/2015, in base agli art. 19 ss., BRRD), la cui predisposizione e, una volta approvato, attuazione compete d’altra parte all’organo amministrativo, che deve riferire annualmente al riguardo all’assemblea (art. 69-quaterdecies, 2° e 3° comma, t.u.b., sulla base in particolare dell’art. 21 BRRD, sulla competenza degli azionisti all’approvazione dell’accordo); – l’organo amministrativo della società bancaria deve predisporre e approvare «un piano di risanamento individuale che preveda l’adozione di misure volte al riequilibrio della situazione patrimoniale e finanziaria in caso di suo [continua ..]


7. Gli effetti sui creditori sociali: cessione di passività; riduzione del valore nominale e conversione in azioni; disattivazione di prerogative di diritto comune

Il terreno degli effetti nei confronti dei creditori sociali è, insieme a quello relativo agli azionisti, l’ambito in cui si evidenzia la cifra stessa della riforma: quella cioè, già a più riprese evocata, per cui i costi, in termini di ripianamento delle perdite e di risorse necessarie alla eventuale ricostituzione del capitale minimo per la prosecuzione delle funzioni essenziali della banca in crisi, devono essere anzitutto sopportati da tali categorie di portatori di interessi (art. 22, 1° comma, lett. a), d.gs. n. 180/2015). Come anticipato, un primo, meno innovativo (almeno rispetto alle possibilità già offerte dalla vigente disciplina italiana della liquidazione coatta amministrativa, con riferimento alle cessioni aggregate anche di passività, ai sensi dell’art. 90, 2° comma, t.u.b.) ordine di incidenza sulla posizione dei creditori concerne la possibilità per la Banca d’Italia di procedere alla cessione di passività, anche individuabili in blocco, della banca in risoluzione a terzi, ad un ente-ponte o ad una società veicolo, secondo le modalità e le ragioni già viste a proposito delle cessioni agli stessi soggetti delle azioni e altre partecipazioni, ivi inclusa l’applicazione della regola per cui anche le cessioni di passività, come le altre predette, «non richiedono il consenso di soggetti diversi dal cessionario» (art. 47, 2° comma, d.lgs. n. 180/2015); cui si connette qui l’ulteriore scostamento dal diritto comune, costituito da ciò che «il cedente è liberato dagli obblighi di adempimento anche in deroga agli articoli 1273, 2112, 2558 e 2560 del codice civile» (art. 47 cit., 5° comma): realizzandosi così, per effetto della cessione delle passività in discorso, un accollo privativo ex lege delle situazioni passive oggetto di subentro del cessionario, e con ciò una sostituzione integrale del precedente con il nuovo titolare delle medesime situazioni giuridiche, con possibile piena continuità anche sul piano processuale malgrado il carattere particolare della vicenda successoria (cfr. art. 61, 1° comma, lett. d), d.lgs. n. 180/2015); il tutto secondo la già nota logica di sistemazione delle passività della banca in crisi mediante la loro riallocazione presso un cessionario con pieno effetto [continua ..]


8. Profili di specialità: valutazione

Si è parlato, in apertura del discorso, di profili di specialità della disciplina in esame. Una specialità che si tratta ora di focalizzare, onde vagliarne contorni ed intensità, e così valutare quanto legittimo appaia il parlare di un “diritto societario della crisi delle imprese bancarie” – secondo note alternative, delineate rispetto al diritto societario della crisi dell’impresa commerciale tout court – come di un corpo di disposizioni così incisivamente derogatorie rispetto al regime comune, da costituire un sistema disciplinare autonomo, fonte di regole e principi generali, dal cui stesso bacino attingere criteri ed elementi per la regolazione di eventuali lacune (TOMBARI, 14 ss.); o invece quale mero contesto o scenario, sia pure del tutto peculiare, di applicazione di regole e principi pur sempre comuni, cui comunque far capo onde dare disciplina ai casi non regolati (GUERRERA [2], 76, 81; PORTALE, 4). E, a tal fine, il confronto non potrà certo condursi con riferimento soltanto al diritto societario comune, né a quello specificamente bancario; e neppure avuto riguardo al solo diritto concorsuale comune: occorrendo piuttosto una comparazione articolata rispetto all’ormai nota sintesi fra le due prospettive, interpretativamente ricostruita intorno all’idea della autonoma (quantomeno) considerabilità di un c.d. diritto societario della crisi. In quest’ottica, invero, le novità allo studio si dimostrano forse meno “eversive” di quanto prima facie sia potuto accadere, perché rispondenti a principi già da tempo affermati in seno al richiamato contesto del diritto societario della crisi d’im­presa; sì da indurre, fra l’altro, a rivisitare criticamente le censure di illegittimità da più parti formulate, a partire dal rispetto di principi fondamentali tratti dalle Carte europee (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo). Così, quanto anzitutto alle suesposte misure nei confronti degli azionisti, la stessa più drastica misura della riduzione parziale o integrale del valore delle partecipazioni si presta ad essere intesa nella chiave di mera anticipazione della soggezione al rischio connaturato all’investimento azionario; e allora nel senso di una solo [continua ..]


9. Il diritto societario della crisi bancaria: anticipata applicazione del rischio e recupero ex post dell’eventuale pregiudizio subìto

Alla stregua delle suesposte considerazioni, sembra allora che quella connotazione in chiave di specialità, dal cui apprezzamento ha preso avvio la presente analisi dei profili societari della nuova disciplina del risanamento e della risoluzione delle crisi bancarie, lungi dal poter essere enfatizzata nella prospettiva di un’as­soluta autonomia o perfino autosufficienza regolamentare e sistematica, fino al limite di una dirompente e inedita singolarità (rispetto ai canoni tradizionali in tema di procedure concorsuali ed allo stesso principio della responsabilità patrimoniale, per DI BRINA, 14 s.), possa e debba leggersi piuttosto all’insegna di una sostanziale coerenza con la logica ispiratrice, i principi generali e le dorsali disciplinari del diritto societario della crisi di impresa più ampiamente considerato; o almeno (a non voler accentuare neppure l’autosufficienza del distretto normativo richiamato da quest’ultima formula) con le modalità – sotto forma di peculiari principi e regole – in cui tipicamente ha luogo l’osmosi normativa fra diritto societario e diritto della crisi d’impresa, o in altre parole l’incrocio interpretativo e applicativo del diritto societario col contesto della disciplina della crisi. Una coerenza che risulta confermata del resto dall’espresso e reiterato richiamo, nella disciplina europea sullo sfondo così come nel suo recepimento legislativo nazionale: – al rispetto del fondamentale principio di parità di trattamento secondo l’ordine delle rispettive cause di prelazione, e più in generale dell’ordine di priorità nel soddisfacimento delle pretese creditorie, così come applicabile in sede di procedure concorsuali di insolvenza ordinarie (BRRD, cons. 77, art. 34, 1° comma, lett. b) e f ); ma la disciplina in esame – art. 44 BRRD – prevede dal canto suo espresse deroghe a tale ordine, a partire dall’esclusione automatica o facoltativa di categorie di passività dal novero di quelle bail-inable, sul cui carattere problematico, anche in termini di prevedibilità del sacrificio e di effetti in termini di aggravio di costo del funding bancario, cfr. PRESTI, 352 ss., 357; THOLE, 19); – all’applicazione del principio parimenti cardinale, per cui nessun titolare degli strumenti, degli elementi [continua ..]


NOTE