Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Impugnazione del bilancio di esercizio e stabilità della decisione di approvazione nelle società di capitali (nota a Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, 19 giugno 2014) (di Luca Boggio)


TRIBUNALE DI MILANO, Sezione specializzata in materia di impresa, 19 giugno 2014 –Peroziello, Presidente – Vannicelli, Relatore – Piccinini – RGI Vita S.r.l.

Società a responsabilità limitata – Decisione dei soci – Approvazione del bilancio – Im­pugnazione – Violazione di norme imperative – Nullità – Decadenza triennale – Applicazione

(Artt. 2434-bis, 2479-ter c.c.)

Nelle società a responsabilità limitata la violazione delle norme imperative poste a presidio del bilancio di esercizio delle società di capitale dagli artt. 2423 e seguenti del codice civile, ridondando sull’oggetto stesso della delibera approvativa in modo tale da rendere illecito quello, determina che la decisione di approvazione possa essere impugnata per nullità entro il triennio ai sensi dell’art. 2479-ter c.c. (1)

Società a responsabilità limitata – Decisione dei soci – Approvazione del bilancio – Giudizio senza rilievi – Revisione volontaria – Impugnazione – Violazione di norme imperative – Nullità – Legittimazione – Applicazione della disciplina della società per azioni – Limiti di compatibilità – Possesso del 5% del capitale sociale – Requisito necessario – Esclusione

(Artt. 2434-bis, 2479-ter c.c.)

 Il rinvio “in quanto compatibile” al (secondo comma del)l’art. 2434-bis operato dall’art. 2479-ter ultimo comma cod. civ. va interpretato nel senso che limiti la legittimazione ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio a tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale al caso in cui il giudizio senza rilievi sia stato sì emesso da un revisore legale dei conti abilitato, ma solo allorché la revisione legale dei conti sia stata statutariamente prevista dai soci stessi in sede di atto costitutivo. (2)

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO

Omissis. – le domande ed eccezioni delle parti possono esser qui sinteticamente riassunte nel modo che segue.

B).1 Il socio al 4% (ed ex dirigente) della RGI Vita s.r.l. Fabio PICCININI, dopo un infruttuoso tentativo arbitrale promosso ex art. 23 dello statuto sociale (conclusosi con decisione in data 27/1/2012 nel senso dell’incompetenza dell’arbitro a conoscere della controversia), ha impugnato in questa sede la deliberazione del 27/5/2011 con la quale – con il voto favorevole della controllante RGI S.p.A. (detentrice del 96% del capitale) – era stato approvato il bilancio della RGI VITA s.r.l. al 31/12/2010.

A sostegno dell’impugnazione, fondata sull’asserita non conformità del bilancio alle norme di legge dettate per la sua redazione dalla legge ed ai principi contabili ad esso applicabili, il PICCININI ha riproposto tal quali i sei motivi già elencati nel verbale assembleare (Ivi compresa, quale ulteriore doglianza, la violazione nella nota integrativa del combinato disposto degli artt. 2435 bis e 2427 co. 1° n. 22-bis cod. civ., per aver omesso le informazioni prescritte in merito alle operazioni realizzate con i maggiori soci, e segnatamente la controllante RGI S.p.A.), che ha ritrascritto alle pagine 2-4 della citazione: sottolineando come le indebite od omesse appostazioni denunciate avevano cagionato la sottostima del risultato dell’esercizio per € 511.735,00.

B).2 La RGI VITA s.r.l., premesso che la vera ragione dell’impugnativa risiedeva nella pretesa di PICCININI (manifestata il 13/5/2011) di esercitare l’opzione c.d. put (di vendita) di cui al patto parasociale 24/7/2007 secondo valori di base completamente diversi da quelli risultanti dal bilancio al 31/12/2010,

– ha evidenziato come questo fosse corredato dalla certificazione resa in data 16/5/2011 dalla KPMG S.p.A. (al­l’esito di revisione volontariamente richiesta ed espletata – come si evince dalla lettera di accettazione dell’incarico della società di revisione datata 14/12/20094 – nel più ampio contesto dell’incarico di revisione contabile della ca­po­gruppo e controllante RGI S.p.A., tenuta alla redazione del bilancio consolidato), la quale aveva concluso nel senso che “il bilancio di esercizio della Società al 31 dicembre 2010 è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione” ed era “pertanto redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico della RGI Vita S.r.l. per l’esercizio chiuso a tale data”;

– ed ha lamentato che il PICCININI, nonostante in sede assembleare l’amministratore delegato avesse dato puntuale risposta a tutte le osservazioni che il socio di minoranza aveva già svolto nel corso della precedente assemblea del 28/4/2011 (all’esito delle quali la bozza di bilancio aveva subito una parziale riclassificazione), avesse ciò nonostante riproposto tal quali le sue doglianze prima in sede arbitrale e quindi al Tribunale.

Alla luce di tali preliminari considerazioni, la RGI VITA s.r.l. ha eccepito:

1. il difetto di legittimazione dell’attore ad impugnare il bilancio per il combinato disposto degli artt. 2434 bis co. 2° e 2479 ter ultimo comma cod. civ., atteso che egli rappresentava soltanto il 4% del capitale sociale ed il bilancio era stato revisionato senza rilievo alcuno da un revisore legale dei conti avente i requisiti di cui all’art. 2409 bis co. 1° cod. civ.;

2. la decadenza del PICCININI dall’impugnazione per averla proposta oltre il termine di novanta giorni previsto dall’art. 2479 ter co. 1° cod. civ.;

3. il difetto in capo all’attore di un concreto interesse ad agire a fronte dei dettagliati chiarimenti ricevuti in assemblea.

Ha quindi analiticamente replicato nel merito, alle pagine da 9 a 17 della comparsa di risposta, ai singoli motivi di impugnazione.

B).3 L’attore ha replicato a tali eccezioni sin dall’udienza di trattazione nel senso che, nel sistema delineato dalla riforma del 2003 e dal decreto legislativo 27/1/2010 n. 39, da un lato il disposto del primo capoverso dell’art. 2434 bis cod. civ. non si applicherebbe alle società a responsabilità limitata; e dall’altro nella specie non si era in presenza di revisione “legale” bensì di carattere volontario.

B).4 A tale argomento la società convenuta ha replicato nel senso che il termine “legale” riferito alla revisione non si contrapporrebbe a “volontario” dovendo piuttosto l’e­spres­­sio­ne “revisione legale” intendersi come un’endiadi, e non cessando quindi il controllo contabile e la conseguente revisione di essere “legale” nel senso inteso dall’art. 2434 bis co. 2° cod. civ. ove anche spontaneamente affidata dal­l’amministratore della società revisionata – come nella specie – ad una società di revisione al di fuori di ogni obbligo di legge.

(Omissis)

D. Va subito sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari di carattere processuale che la RGI VITA s.r.l. ha opposto all’attore nei termini riassunti supra ai numeri 2. e 3. del paragrafo B).2.

D).1 Quanto all’eccepita decadenza, infatti, basterà qui rilevare – senza scomodare l’intervenuta declaratoria di incostituzionalità parziale dell’art. 819 ter co. 2° c.p.c. medio tempore pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 223/2013 – che i vizi dedotti dal PICCININI a fondamento della impugnativa della delibera di approvazione del bilancio di RGI Vita al 31/12/2010 attengono alla stessa veridicità, chiarezza e precisione di quel documento contabile.

Essi perciò, secondo la ricostruzione ricevuta – dalla quale il Tribunale non ha ragione di discostarsi – sono tali, ove fondati, da integrare la violazione delle norme imperative poste a presidio del bilancio di esercizio delle società di capitale dagli artt. 2423 e seguenti del codice civile; ridondando perciò sull’oggetto stesso della delibera approvativa in modo tale da rendere illecito quello, e nulla questa.

Ne consegue che la deliberazione assunta dall’assemblea della RGI VITA s.r.l. il 27/5/2011 deve ritenersi, beninteso secondo la prospettazione attorea (in tal senso determinante), nulla per illiceità del suo oggetto e quindi impugnabile (non nel termine breve di novanta giorni dalla sua trascrizione del libro delle decisioni assembleari, bensì) in quello triennale previsto dal terzo comma dell’art. 2479 ter cod. civ.

D).2 Quanto poi alla censura relativa alla pretesa carenza in capo all’attore dello stesso interesse ad impugnare perché non avrebbe tenuto conto delle risposte date in assemblea in merito agli asseriti vizi di redazione del bilancio qui riproposti, essa non può esser condivisa: non rinvenendosi motivi per precludere ai soci – beninteso, legittimati – il sindacato giudiziale sui vizi dai quali ritengano affetto il bilancio e la relativa delibera approvativa una volta che non ritengano fondate le spiegazioni, per quanto analitiche e motivate, che abbia ritenuto di fornire loro in assemblea l’organo amministrativo: sottoponendo queste (spiegazioni) e quelli (i vizi) al vaglio del Tribunale.

E. Più articolato esame merita la prima e principale delle eccezioni preliminari sollevate dalla società convenuta; da condursi – per quanto occorrer possa – sulla premessa:

– che va qui fatta applicazione della normativa applicabile anteriormente alle modifiche introdotte all’art. 2477 cod. civ. dalla legge n. 183/2011 – entrata in vigore il 1°/1/2012 – e dal D.L. n. 5/2012 convertito nella legge 4/4/2012 n. 35, ma successivamente alle modifiche codicistiche introdotte – in tema di revisione legale dei conti – dal d.lgs. n. 39/2010 (entrato in vigore il 7/4/2010);

– e che le considerazioni che seguono riprendono e sviluppano quanto questo stesso Tribunale e sezione ha avuto modo di affermare in un recente precedente, tuttavia solo limitatamente in termini rispetto al caso oggi in esame (trattasi di Trib. Milano, S.s.i., sent. n. 4374 del 6-28/3/2013, Peroziello pres., Consolandi est., ove si è così statuito: “Altra eccezione formulata dalla società è quella per cui sarebbe carente la legittimazione per avere l’impugnante solo il 2,22% del capitale, come tale inferiore al 5% stabilito dall’articolo 2434 bis, comma secondo, ma tale norma è valida soltanto per i casi in cui il revisore non abbia formulato rilievi e nel caso di specie la società, a responsabilità limitata, non è soggetta all’obbligo di revisione. Pertanto non può applicarsi la norma invocata dalla parte convenuta”).

E).1 L’art. 2479 ter cod. civ., all’ultimo comma, richiama anche per le (impugnazioni delle decisioni dei soci delle) società a responsabilità limitata la norma dettata per le società azionarie dall’art. 2434 bis cod. civ.: il cui secondo comma attribuisce la legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio sul quale il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti abbia emesso un giudizio privo di rilievi ai (soli) soci che rappresentino almeno il 5% del capitale.

Si tratta di una ulteriore e speciale condizione dell’im­pugnativa avente ad oggetto la decisione – assembleare o meno – di approvazione del bilancio di esercizio che, seppur dettata nel codice sostanziale, si riflette necessariamente sulla legittimazione processuale ad agire per l’invalida­zione di tale delibera.

Tale norma, o meglio le diverse norme contenute nel­l’art. 2434 bis cod. civ., sono sì incorporate alla disciplina delle società a responsabilità limitata mediante rinvio recettizio, ma pur sempre con l’espresso limite della compatibilità: da verificarsi non a discrezione dell’interprete, ma sulla base della disciplina legale e della struttura organizzativa dei due tipi societari (s.p.a. e s.r.l.) così come delineata dal legislatore in via generale ed astratta.

Tralasciando le questioni – qui non rilevanti – che riguardano la compatibilità con il regime delle invalidità delle decisioni dei soci di s.r.l. del primo comma dell’art. 2434 bis cod. civ., va subito evidenziato come il secondo si riferisca espressamente ai rilievi (o meglio, all’assenza di rilievi) del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, vale a dire del soggetto – sia egli un revisore legale dei conti o una società di revisione iscritti nel registro ministeriale – cui nelle società per azioni è obbligatoriamente demandata in via ordinaria la revisione contabile (art. 2409 bis cod. civ.): controllo dei conti che solo in via residuale può essere affidato previa espressa previsione statutaria in tal senso al collegio sindacale investito ex art. 2403 cod. civ. del controllo sulla gestione, e comunque nelle sole società le cui azioni non siano quotate in mercati regolamentati, non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato e – naturalmente – non abbiano optato per il sistema di amministrazione e controllo dualistico o monistico.

E).2 È quindi evidente la dissimmetria con il regime dei controlli nelle società a responsabilità limitata, per le quali l’art. 2477 cod. civ. non prevedeva (prima delle modifiche di cui s’è detto nell’incipit del presente paragrafo; ma la sostanza della previsione è rimasta immutata), salve le ipotesi eccezionali previste dal secondo e terzo comma di tale disposizione, l’affiancamento di alcun organo di controllo al diritto individuale di informazione e consultazione riconosciuto a ciascun socio; essendo rimessa alla sede contrattuale della costituzione della società la (mera) facoltà di optare – determinandone in autonomia competenze e poteri – per l’inserimento nell’organigramma sociale di un collegio di sindaci (eventualmente deputato anche al controllo legale dei conti) o di un revisore.

Tale dissimmetria non pare al Collegio dettata soltanto dalle ragioni di semplificazione e di maggior autonomia contrattuale che connotano – coniugando la struttura capitalistica con il maggior rilievo dell’intuitus socii – il tipo societario regolato dagli artt. 2462 e segg. del codice civile.

Essa risponde infatti all’altro fondamentale tratto, che pure costituisce un portato del “principio personale”, della distinzione fra società capitalistiche anonime e limitate, id est l’attribuzione per legge a ciascun socio quale che sia la sua partecipazione al capitale sociale del potere di attivare il controllo di legalità sulle decisioni dei soci cui non abbia consentito: quale emerge inequivocabilmente dal mancato richiamo all’ultimo comma dell’art. 2479 ter cod. civ. dei commi 3° e 4° dell’art. 2377 cod. civ., che invece prescrivono a tal fine nelle società per azioni, salva diversa (e statisticamente rara) previsione statutaria che riduca o elimini tale requisito, il possesso di azioni rappresentative di almeno il 5% del capitale nominale.

Con ciò non si vuol dire, come pure è stato affermato da alcuni autori, che sia ipso iure incompatibile con la struttura tipologica delle società a responsabilità limitata ogni norma dettata per le società azionarie in cui venga in rilievo – a qualsiasi fine – una soglia minima di partecipazione quale requisito per l’esercizio di diritti sociali; militando in senso contrario, per richiamare quanto appena osservato e rimanere in tema, proprio il dato normativo dell’esplicita eccettuazione, dal rinvio fattone allo stesso art. 2479 ter cod. civ., dei commi 3° e 4° dell’art. 2377, laddove nessuna eccettuazione la stessa disposizione effettua per il secondo comma dell’art. 2434 bis pure richiamato.

Si vuol piuttosto dire che, nello scrutinare la compatibilità di tale ultima norma con la disciplina legale “standard” delle s.r.l., non può prescindersi da una complessiva comparazione,

– sia della rilevanza e del diverso atteggiarsi dei poteri anche demolitivi dei soci nell’uno e nell’altro tipo,

– sia del differente regime dei controlli, collegato proprio al diverso rilievo che nelle due società ha il potere individuale di controllo anche gestionale e contabile di ciascun socio;

ché se il legislatore avesse voluto sic et simpliciter annettere prevalenza alla ratio di stabilità del(la delibera di approvazione del) bilancio, quando dotata di una presunzione di conformità ai canoni legali di redazione per il giudizio positivo di un revisore professionale, sottesa al secondo comma dell’art. 2434 bis cod. civ., e quindi trasferirla tal quale nella disciplina della s.r.l., gli sarebbe bastato omettere la clausola di compatibilità.

E).3 Pare quindi al Tribunale preferibile una lettura del rinvio al(secondo comma del)l’art. 2434 bis operato dal­l’art. 2479 ter ultimo comma cod. civ. che limiti la legittimazione ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio a tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale al caso in cui il giudizio senza rilievi sia stato sì emesso da un revisore legale dei conti abilitato, ma solo allorché la revisione legale dei conti – obbligatoria nella s.p.a., normalmente assente nelle s.r.l. – sia stata statutariamente prevista dai soci stessi in sede di atto costitutivo.

È allora infatti che il principio di stabilità dei bilanci si riconcilia pienamente, integrandolo, con quello del diritto incondizionato dei soci alle impugnative anche di bilancio: quando i soci stessi abbiano acconsentito ad introdurre un limite quantitativo alla legittimazione ad ottenere l’invali­dazione delle decisioni sui bilanci, sacrificando parte dei loro poteri di impugnazione per dare consapevole preferenza ad una relativa stabilità di tali decisioni allorché assistite dal giudizio tecnico di un revisore legale dei conti da loro stessi nominato.

Compatibilità che, proprio per tale ragione, non sussiste quando invece l’incarico di revisione e la nomina del revisore, come nel caso di specie (in cui l’art. 19 dello statuto della RGI Vita s.r.l. si limita, senza neppure il dovuto aggiornamento alla norma codicistica di riferimento, a prevedere la nomina di un collegio sindacale tricipite allorché “richiesto dalla legge o nominato dall’assemblea ordinaria”), non siano l’esito di una previsione organizzativa dei soci ma di un unilaterale atto gestorio dell’organo amministrativo.

Non si dubita che ciò possa comunque apportare un plus di controllo contabile a favore – in ultima analisi – anche di un più consapevole affidamento dei soci stessi sulla conformità del bilancio ai principi di veridicità chiarezza e precisione che ne presiedono la redazione.

E tuttavia tale considerazione non può mutare il giudizio di (in)compatibilità con la struttura organizzativa tipologica della s.r.l. di cui s’è dato conto: tale da escludere che, con una decisione squisitamente gestoria alla quale i soci non possono interloquire, si possa introdurre indirettamente – e per la più importante delle decisioni dei soci – una deroga al fondamentale principio per il quale, per promuovere giudizialmente la rimozione di una decisione dei soci non conforme a legge o a statuto, è necessaria e sufficiente la mera ed attuale qualità di socio.

E).4 Resta solo da dire, per completezza, che l’art. 2434 bis co 2° cod. civ. va comunque interpretato nel senso che, proprio in forza del riferimento ai rilievi del revisore legale dei conti, esso non possa che riferirsi a quelle impugnazioni il cui contenuto impinga appunto l’ambito della revisione contabile in genere e del controllo legale del bilancio in specie.

Ne consegue che quando l’impugnazione non verta sulla corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili ed alla sua conformità ai principi contabili di legge (o da questa richiamati) bensì su altri vizi della deliberazione, ed in particolare su vizi in procedendo, non sussistano i presupposti di operatività della previsione del secondo comma dell’art. 2434 bis cod. civ.; e la delibera di approvazione del bilancio, nonostante l’eventuale giudizio senza di rilievi del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, possa essere impugnata anche da soci che rappresentino una quota inferiore al 5% del capitale – il che significa, nelle società a responsabilità limitata, da qualunque socio.

E).5 Alla luce di tali considerazioni, l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla RGI Vita s.r.l. sulla base della diversa lettura del combinato disposto normativo in esame da essa proposta va disattesa.

(Omissis).

P.Q.M.

Il Tribunale, non definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Fabio Angelo Franco PICCININI nei confronti della RGI VITA s.r.l. con citazione notificata il 13/3/2012, ogni diversa istanza disattesa o assorbita,

1. rigetta le eccezioni tutte svolte dalla RGI VITA s.r.l. in via pregiudiziale e preliminare;

2. impartisce con separata ordinanza distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa.

(Omissis).

SOMMARIO:

1.  Il caso - 2.  La normativa di riferimento - 3.  Decadenza triennale e decadenza per approvazione del bilancio relativo al­l’e­sercizio successivo: compatibilità con la disciplina delle società a respon­sa­bilità limitata - 4.  Compatibilità con la disciplina delle s.r.l. della limitazione della legittimazione all’impugnativa per illiceità del bilancio - 5.  Segue: applicabilità della limitazione della legittimazione ai soli casi di revisione legale obbligatoria (per legge o per statuto) - NOTE


1.  Il caso

La decisione in commento si riferisce all’impu­gnativa per violazione di norme imperative poste a disciplina del contenuto del bilancio di una società a responsabilità limitata, impugnazione promossa da un socio di minoranza titolare di una partecipazione complessivamente inferiore al ventesimo del capitale sociale. Il Tribunale di Milano ha deciso per il rigetto delle eccezioni preliminari sollevate dalla società, che aveva opposto la decadenza dall’impugnazione, il difetto di legittimazione e di interesse dell’im­pu­gnante, rimettendo conseguentemente la causa in istruttoria per i necessari accertamenti di merito. Di quanto statuito dal Tribunale rivestono interesse i principi sintetizzati nelle due massime che si riferiscono all’eccezione di decadenza per decorso del termine di 90 giorni dalla trascrizione della decisione sul relativo libro dei verbali e di carenza di legittimazione all’impugnazione per assenza della titolarità di una partecipazione societaria almeno pari al ventesimo del capitale sociale.


2.  La normativa di riferimento

È noto che il codice civile prevede che, quanto alla disciplina dell’invalidità delle decisioni dei soci di società a responsabilità limitata, «le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma» (art. 2479-ter, 3° comma) e che «si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377, primo, quinto, settimo, ottavo e nono comma, 2378, 2379-bis, 2379-ter e 2434-bis» (art. 2479-ter, 4° comma). In sostanza, l’impugnazione della decisione dei soci a contenuto illecito è ammessa non oltre il trien­nio dalla sua trascrizione nel relativo libro dei verbali con espressa riserva di applicazione, ma nei limiti di “compatibilità”, di quanto previsto dall’art. 2434-bis dettato con riferimento alle deliberazioni assembleari di approvazione dei bilanci delle società per azioni. Quest’ultima disposizione, ricordo, sancisce in particolare che «le azioni previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio del­l’esercizio successivo» (2434-bis, 1° comma) e che «la legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti ha emesso un giudizio privo di rilievi spetta a tanti soci che rappresentino almeno il cinque per cento del capitale sociale» (2434-bis, 2° comma). Con riferimento all’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio delle società per azioni è, quindi, fissato un termine di decadenza normalmente più breve di quello ordinario, perché, se è rispettato il disposto dell’art. 2364, 2° comma, c.c., ed i bilanci sono approvati puntualmente, la cadenza annuale dell’adempimento determina il contestuale venir meno del potere d’impu­gna­zione [1], così precludendo la possibilità di sfruttare l’intero termine triennale [2]. Trattandosi di norma relativa al bilancio delle società per azioni, essa fa riferimento solamente alle impugnative di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c. Il [continua ..]


3.  Decadenza triennale e decadenza per approvazione del bilancio relativo al­l’e­sercizio successivo: compatibilità con la disciplina delle società a respon­sa­bilità limitata

La decisione in commento rigetta l’eccezione di decadenza dall’impugnazione per decorso del termine di novanta giorni, affermando che quello triennale – applicabile nel caso di specie – non sarebbe decorso. Essa non fa cenno al verificarsi della preclusione dipendente dall’avvenuta approvazione del bilancio dell’esercizio successivo a quello impugnato; non è dato comprendere dalla motivazione se ciò sia perché mancasse nel caso di specie l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo [4] prima della proposizione dell’impugnativa (come potrebbe sembrare dal cenno in sentenza all’irrilevanza della disposizione nel caso di specie) oppure se, comunque, non fosse neppure decorso il più breve termine connesso con l’approvazione del bilancio successivo senza che i giudici ne abbiano dato conto in sentenza. La massima, come si può leggere, riporta, in linea con quanto esplicitato nella decisione milanese, l’af­fermazione di principio che l’impugnativa per illiceità del contenuto del bilancio approvato sarebbe soggetta al termine decadenziale triennale sancito dal 2° comma dell’art. 2479-ter e non a quello di novanta giorni previsto dal 1° comma della medesima disposizione [5]. Sicuramente corretta è la decisione allorché ha escluso che l’impugnativa per illiceità in questione sia soggetta al termine più breve di novanta giorni [6]. Bisognosa di precisazione, invece, l’affermazione di principio che l’impugnante avrebbe a disposizione un triennio per far valer quel genere di vizi, poiché, così formulata, potrebbe indurre a concludere anche che nelle società a responsabilità limitata non dovrebbe trovare applicazione il termine, normalmente più breve, consequenziale alla tempestiva approvazione dei bilanci. In realtà, il Tribunale non giunge a questa conclusione, ma neppure la esclude, poiché, appunto, la motivazione è silente sul punto; manca ogni riferimento all’art. 2434-bis ed al rinvio che a questa disposizione fa l’art. 2479-ter, 4° comma. In questo contesto può essere utile ricordare che gli interpreti hanno sostenuto la compatibilità – e, quindi, l’applicabilità – della disposizione contenuta nel 1° comma dell’art. [continua ..]


4.  Compatibilità con la disciplina delle s.r.l. della limitazione della legittimazione all’impugnativa per illiceità del bilancio

La seconda questione, affrontata ben più ampiamente dal Tribunale e la cui soluzione è sintetizzata nella seconda massima, attiene alla legittimazione all’impugnazione della decisione dei soci di approvare il bilancio di esercizio, poiché dinanzi al giudice era stata eccepita dalla società convenuta l’assen­za in capo all’impugnante di una partecipazione al capitale sufficientemente qualificata (ossia almeno pari al ventesimo del capitale sociale). La società aveva, infatti, opposto che, avendo conseguito il giudizio favorevole sul bilancio da parte del revisore contabile a tal fine incaricato, l’impugnazione avreb­be dovuto essere proposta da una minoranza qualificata nella misura poc’anzi ricordata. Secondo la società, per effetto del combinato degli artt. 2479-ter, 4° comma, e 2434-bis, 2° comma, sarebbe stato carente di legittimazione ad impugnare il socio titolare di una partecipazione al capitale pari soltanto al quattro per cento di esso. Il Tribunale di Milano, pur ritenuta la compatibilità della previsione limitativa della legittimazione ad impugnare contenuta nel citato art. 2434-bis, 2° comma, con la disciplina della società a responsabilità limitata, ha concluso per l’inapplicabilità nel caso di specie, poiché la revisione – ed il conseguente giudizio sul bilancio di esercizio – era stata compiuta volontariamente e non in adempimento di un obbligo legale o statutario [20]. La decisione, dunque, contiene l’affermazione di due principi di fondo: da un lato, la conformità al modello legale della società a responsabilità limitata di previsioni limitative della legittimazione ad impugnare, nonostante gli ampi poteri di controllo individuale inderogabilmente attribuiti ai soci; dal­l’al­tro, la subordinazione dell’integrale applicazione della disciplina del tipo azionario alla previsione di un obbligo di revisione legale dei conti, sia essa sancita dalla legge o introdotta per statuto dai soci. Le due statuizioni di principio vanno analizzate separatamente. Esaminiamo, in sintesi, le ragioni della scelta operata dal Tribunale sotto il primo profilo. In primo luogo, il giudice mette in luce come il richiamo integrale, ossia senza eccezioni, a quanto disposto dall’art. 2434-bis sta a significare che nessuna delle previsioni in esso contenute [continua ..]


5.  Segue: applicabilità della limitazione della legittimazione ai soli casi di revisione legale obbligatoria (per legge o per statuto)

Riprendiamo a questo punto la seconda massima in commento, perché consente di fare un passo ulteriore. Il Tribunale ha escluso la sufficienza, per la limitazione della legittimazione, del giudizio positivo di un revisore volontario. Nel caso di specie, infatti, la società, per iniziativa dell’organo amministrativo, aveva dato incarico ad un revisore di esprimere un parere sul bilancio d’esercizio oggetto di successiva approvazione. La soluzione è senza dubbio corretta [47], perché il socio non può vedere compresso un diritto che gli è attribuito dalla legge in conseguenza di una decisione unilaterale dell’organo amministrativo della società. Egli ha un diritto individuale d’impugnativa che solo la legge può limitargli, vieppiù in una società a responsabilità limitata caratterizzata com’è dal (parziale) rilievo della persona del socio. Inoltre, l’incarico extra ordinem potrebbe non avere il medesimo contenuto di quello delineato in caso di revisione legale dalla legge stessa; il che esporrebbe in concreto a serie incertezze in ordine all’applicabilità della norma limitativa della legittimazione con evidente pregiudizio per la stabilità ricercata dal legislatore anche nell’interesse dei terzi. In concreto, diversamente opinando, si giungerebbe ad un risultato analogo a quello che si avvererebbe per l’ipotesi di deroga alla previsione legale, alla quale, per contro, deve riconoscersi carattere imperativo [48]; quel risultato non sarebbe accettabile. Resta da stabilire se la limitazione della legittimazione sancita dal 2° comma dell’art. 2434-bis trovi applicazione sia che la revisione del bilancio d’eser­cizio sia imposta per legge, sia che sia stata introdotta per clausola statutaria. Il Tribunale di Milano, senza operare particolari distinzioni, conclude in senso positivo in entrambi i casi [49]. Scontato che la revisione imposta per legge giustifichi l’applicazione della disposizione in discorso in ragione di quanto poc’anzi esposto, più di qualche dubbio va, per contro, sollevato per la diversa ipotesi che la revisione sia obbligatoria per previsione statutaria. Innanzi tutto, non è escluso il profilarsi – come nel caso di revisione volontaria – del rischio di un potenzialmente diverso contenuto dell’incarico [continua ..]


NOTE