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Leasing di partecipazioni sociali e organizzazione sociale

Marco Maltoni

Sommario:

1. Premessa [1] - 2. Titolarità ed esercizio dei diritti sociali: impostazione del problema - 3. (Segue). In ordine alla legittimità della clausola statutaria che autorizzi la scissione della partecipazione. - 4. Le possibili modalità di attuazione del rapporto fra società di leasing e utilizzatore - 5. (Segue). Le possibili interferenze delle regole societarie - NOTE


1. Premessa [1]

Superata ormai da tempo ogni incertezza in ordine all’ammissibilità del c.d. “leasing traslativo”, sulla scorta di una nota pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite [2], la prassi volge a valutare, con sempre maggior attenzione, la possibilità di stipulare contratti di leasing aventi ad oggetto partecipazioni societarie. L’esistenza di un crescente interesse degli operatori è resa particolarmente evidente da alcuni interventi sollecitati alla Banca d’Italia [3] e al Ministero delle Finanze [4], che non hanno mancato di esprimersi nelle rispettive aree di competenza e sui temi specifici sottoposti alla loro attenzione, senza mai porre in dubbio la legittimità dell’operazione. La scarna letteratura sul tema, coltivato per lo più da autori interessati ai profili fiscali dell’operazione, segnala che il contratto di leasing può divenire utile strumento per finanziare acquisizioni di partecipazioni totalitarie o di controllo in società non quotate, aumenti di capitale di società controllate o collegate, acquisizioni di partecipazioni sui mercati regolamentati, e più in generale per sviluppare nuove tecniche di capitalizzazione e di sviluppo delle imprese sociali [5]. A testimonianza delle potenzialità che si accreditano per tali fini al contratto in oggetto giova ricordare che il 31 maggio 2000 era stato presentato, per iniziativa di [continua ..]

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2. Titolarità ed esercizio dei diritti sociali: impostazione del problema

Poiché è indubbio che anche le partecipazioni societarie possono formare oggetto di un contratto di leasing [9], l’indagine può subito indirizzarsi verso il primo dei temi proposti, ossia verso la verifica della rilevanza che la fattispecie può assumere per l’organizzazione sociale. L’attenzione rivolta dagli interpreti alla questione conferma che la sua soluzione rappresenta, in punto di diritto, la premessa condizionante di ogni ulteriore analisi in ordine alle possibili e più appropriate regole contrattuali di attuazione del rapporto fra finanziatore e utilizzatore. L’itinerario interpretativo è costretto in tale direzione dalla constatazione che il negozio realizza la sua funzione economico-sociale tramite l’attribuzione all’utilizzatore del godimento del bene acquistato, su sua indicazione, dal concedente, e che la soddisfazione di tale interesse consente di qualificare la fattispecie contrattuale in termini di leasing finanziario. La possibilità di godimento e di disponibilità materiale del bene senza necessità di sborsare immediatamente il prezzo di acquisto, salva la facoltà di riscatto finale, rappresenta il motivo e la giustificazione causale del contratto, che rivela così la sua natura tipicamente finanziaria [10]. Al punto che si è autorevolmente affermato che se, «sotto il profilo giuridico, proprietaria è la [continua ..]

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3. (Segue). In ordine alla legittimità della clausola statutaria che autorizzi la scissione della partecipazione.

Al contempo non risulta legittima nemmeno una pretesa dell’auto­nomia privata dei soci al riconoscimento organizzativo, e quindi al rilievo reale, della scissione della partecipazione sociale dagli stessi operata. Sembra convincente sotto questo profilo la duplice considerazione, autorevolmente avanzata, per la quale la scissione operata dal socio da un lato verrebbe ad alterare l’assetto di interessi definito dall’organizzazione sociale; dall’altro, e soprattutto, finirebbe per interferire sulle regole che la stessa organizzazione pone per la titolarità e l’esercizio dei diritti sociali, “invadendo quindi un campo rispetto al quale la competenza dell’autonomia statutaria non soltanto deve ritenersi certa, ma anche esclusiva” [15]. Una possibile soluzione al problema della inscindibilità della partecipazione limitatamente al contratto di leasing potrebbe essere reperita nell’applicabilità analogica dell’art. 2352 c.c., secondo una proposta interpretativa ricorrente in parte della (scarsa) letteratura in tema [16]. In particolare, il paradigma normativo di riferimento potrebbe essere rappresentato dalla disciplina del pegno, per la suggestione alimentata da una supposta equivalenza funzionale ravvisabile fra la costituzione di tale diritto reale e la conservazione della proprietà da parte della società di leasing; in altri termini, per la suggestione alimentata [continua ..]

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4. Le possibili modalità di attuazione del rapporto fra società di leasing e utilizzatore

Ferma la validità e l’efficacia inter partes dei patti contenuti nel contratto di leasing in merito all’esercizio dei diritti sociali, si tratta da un lato di individuare le modalità di attuazione degli interessi dell’utilizzatore, dall’altro di vagliare come le regole organizzative della società possono interferire sul dispiegarsi dell’assetto dei rapporti fra finanziatore e utilizzatore. Rispetto al primo profilo, le regole contrattuali di gestione ed imputazione economica dei diritti sociali patrimoniali, fra cui in particolare il diritto al dividendo ed il diritto di opzione, potranno essere costruite sulla falsariga di quanto previsto negli artt. 1531 e 1532 c.c., che disciplinano le medesime situazioni in contratti di natura obbligatoria quali la vendita a termine ed il riporto [26]. La formulazione delle regole in tema di esercizio del diritto di voto [27] può forse costringere ad un maggior impegno, per la necessità di conciliare i due interessi che convivono nel­l’operazione di leasing e che potrebbero divenire talora configgenti, ovvero quello dell’utiliz­zatore a perseguire i suoi interessi di socio sostanziale e quello della società di leasing a proteggere la sua garanzia. La soluzione contrattuale minimale può forse essere rappresentata dalla previsione di una clausola contrattuale che impegna la società di leasing a partecipare alle assemblee [continua ..]

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5. (Segue). Le possibili interferenze delle regole societarie

La soluzione da ultimo proposta è idonea ad aprire la questione delle possibili interferenze generate dalle regole, legali o statutarie, di organizzazione della società partecipata sul dispiegarsi del rapporto fra l’utiliz­zatore e la società di leasing. Infatti, qualora la società partecipata sia una s.p.a., è evidente che la scelta di delegare al voto l’utilizzatore perde efficacia se quest’ultimo versa in una delle situazioni soggettive previste dall’art. 2372, 5° comma, c.c. Allo stesso modo la validità della scelta può essere frustrata da una norma statutaria che escluda la rappresentanza assembleare o la riduca sensibilmente a favore di soggetti che possiedano specifici requisiti. Ma il ricorso ad un’operazione di leasing per finanziare l’acquisto di partecipazioni può essere reso difficoltoso anche da altre clausole statutarie, a cominciare da quelle limitative della circolazione delle partecipazioni. Non vi è dubbio che sia l’acquisto da parte della società di leasing sia il riscatto finale ad opera dell’utilizzatore realizzano vicende circolatorie assoggettate ai limiti di generiche clausole statutarie di prelazione, di gradimento, di intrasferibilità assoluta. Ne consegue, allora, che lo statuto può divenire, mediante un’accorta tecnica redazionale, un’utile strumento di incentivazione all’utilizzo del [continua ..]

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NOTE

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