Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Responsabilità del nominated adviser per violazione degli obblighi di condotta: la regolamentazione dei mercati finanziari tra funzione ripristinatoria e funzione afflittiva della sanzione (nota a Collegio dei Probiviri Borsa Italiana, 30 settembre 2010) (di Valeria Salamina)


COLLEGIO DEI PROBIVIRI DI BORSA ITALIANA S.P.A., 30 settembre 2010 – Mazzoni Presidente – Alfa S.r.l. c. Borsa Italiana S.p.A.

Società con strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni – Sistemi multilaterali di negoziazione – AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale – Collocamento – Nominated adviser – Responsabilità – Sussistenza – Sanzioni

(Artt. 11-13 AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale Regolamento Nominated advisers; art. 2 AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale Manuale delle Procedure di Accertamento delle Violazioni e Impugnazioni)

Al nominated adviser è imposta una diligenza particolarmente qualificata, da valutarsi mediante l’applicazione di un parametro rigoroso, alla stregua del quale si dovrà in ogni caso di specie verificare se il NomAd abbia posto in essere tutte le attività e abbia adottato tutti gli accorgimenti necessari e opportuni al fine di attingere il livello di diligenza professionale dovuto ex lege nell’espletamento della sua funzione, quale delineata nella disciplina contrattuale che lo vincola. (1)

Le sanzioni previste nel Manuale delle Procedure di Accertamento delle Violazioni e Impugnazioni AIM Italia sono qualificabili come vere e proprie “pene private”, aventi quale proprio ed unico presupposto di applicazione l’inadempimento contrattuale e non anche la produzione, nella sfera del creditore della prestazione rimasta inadempiuta, di uno specifico pregiudizio economico o comunque quantificabile in misura tendenzialmente pari a quella della sanzione. (2)

Nell’applicazione della sanzione, la società di gestione del sistema multilaterale non deve limitarsi a valutare la «gravità del fatto» desumendola solo dall’eventuale danno cagionato dalla condotta o, comunque, da elementi di carattere esclusivamente oggettivo, ma deve considerare, altresì, la rilevanza dell’elemento psicologico in capo all’autore della violazione, di talché un fatto intenzionale comporterà, di regola, l’applicazione di una sanzione più qualificata rispetto a un fatto derivante da negligenza, imprudenza o imperizia. (3)

(Omissis).

Motivazione e dispositivo

esaminata tutta la documentazione prodotta e le difese svolte, anche verbalmente, dalle Parti;

visto l’art. 2, comma 1, lett. b, del Manuale;

visti l’art. 3 del Manuale;

visto l’art. 10 del Manuale;

considerato quanto segue.

  1. L’impugnazione su cui questo Collegio è chiamato a pronunciarsi ha ad oggetto il provvedimento n. […], emesso in data […] 2010, con il quale Borsa Italiana ha disposto l’ap­plicazione, nei confronti del nominated adviser Alfa, della pena pecuniaria di 50.000,00 euro ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b, del Manuale, con conseguente comunicazione al pubblico del Provvedimento ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Manuale citato.

Al fine di impostare correttamente i termini del riesame della sanzione contestata, sia sotto il profilo dell’an, sia sotto il profilo del quantum, conviene prendere le mosse da alcuni brevi cenni sulla natura del rapporto intercorrente tra il nominated adviser e la Società di Gestione e sulle conseguenti prerogative, anche sanzionatorie, che que­st’ul­tima ha il potere-dovere di esercitare nell’ambito di tale rapporto.

  1. è opinione comune, condivisa da questo Collegio (cfr. le precedenti decisioni di questo Collegio, rese in data 27 novembre 2008 e 2 dicembre 2006 e rimaste inedite, nonché quella resa in data 10 luglio 2004 e pubblicata su BBTC, 2005, II, 710 ss.; nello stesso senso, in dottrina, M. Rubino De Ritis, Sub art. 62, in Testo Unico Della Finanza, Commentario diretto da G.F. Campobasso, 2002, vol. 1, 521 ss.; M. Sepe, Sub art. 62, in Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di G. Alpa e F. Capriglione, 1998, tomo I, 596 ss.), che le regole di condotta imposte da Borsa Italiana agli operatori (intermediari e emittenti) hanno la natura di condizioni generali di contratto, che assumono carattere vincolante ex artt. 1341 e 1342 c.c. all’atto di sottoscrizione della domanda di ammissione al mercato. Ciò è sen­z’altro vero nel contesto dell’accesso ad un mercato regolamentato, ma deve ritenersi altrettanto valido anche per coloro che – come i nominated advisers – intendano operare nel contesto di un sistema multilaterale di negoziazione, qual è l’AIM Italia. Nella manifestazione della propria autonomia contrattuale, il nominated adviser (di seguito anche “NomAd”), quando formula la domanda di accesso al sistema, accetta di assoggettarsi a specifiche regole di comportamento, acconsentendo altresì a che Borsa Italiana eserciti il potere di comminare le sanzioni, la cui irrogazione è prevista nel Manuale per il caso in cui il NomAd violi le suddette regole.
  2. La natura indubbiamente contrattuale del rapporto che lega il NomAd a Borsa Italiana non esclude, tuttavia, che tale rapporto sia connotato anche ed integrato da speciali regole di funzionamento, aventi fonte normativa, dirette specificamente a realizzare una efficace tutela dell’integrità dei mercati e dell’interesse generale degli investitori. La determinazione e l’applicazione di tali regole è prevista da fonti legislative di rango primario (cfr. l’art. 77-bis, comma 1, lett. e, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ai sensi del quale la Consob “individua i requisiti minimi di funzionamento dei sistemi multilaterali di negoziazione (…) in materia di (…) controllo del­l’ottemperanza da parte degli utenti alle regole del sistema”) e rimessa dal Regolamento Consob n. 16191 del 29 ottobre 2007 direttamente alle società di gestione, le quali, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. d, devono stabilire “dispositivi e procedure efficaci per controllare regolarmente l’ottem­pe­ran­za alle proprie regole da parte degli utenti”.
  3. Questa speciale natura e finalità delle regole di funzionamento, tanto dei mercati regolamentati (per i quali cfr. gli artt. 64, comma 1, lett. b e b-bis, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e 67, comma 2, del Regolamento Consob n. 11971/1999 in materia di emittenti) quanto dei sistemi multilaterali, comporta, per un verso, la necessità di apportare alcuni adattamenti alla cornice privatistica all’interno della quale si sviluppa il rapporto tra la Società di Gestione e gli operatori e consente, per altro verso, di derogare – qualora ciò si renda necessario per realizzare una più efficace tutela dell’integrità del mercato – al diritto comune dei contratti nella regolamentazione di tale rapporto. Ciò è particolarmente vero con riferimento ai poteri sanzionatori di Borsa Italiana, in quanto la necessità che la sanzione sia idonea allo scopo di assicurare il corretto funzionamento dei mercati e la tutela degli investitori può giustificare l’adozione di misure che possono anche derogare ai (o addirittura prescindere dai) principi del diritto comune dei contratti relativamente ai profili sanzionatori (risarcimenti e clausole penali), come si preciserà più ampiamente nel prosieguo (infra, parr. 11-17).
  4. Presupposto per l’applicazione di uno dei provvedimenti sanzionatori previsti nell’art. 2 del Manuale è l’ac­cer­ta­men­to, da parte di Borsa Italiana, di comportamenti dei nominated advisers integranti una o più violazioni delle pre­visioni contenute nel Regolamento NomAd. In proposito, il rilievo da cui partire è che la regolamentazione del­l’AIM Italia affida alla figura del NomAd un ruolo essenziale.

Per un verso, infatti, il nominated adviser deve avere una conoscenza approfondita dell’emittente e mantenere con lo stesso rapporti costanti di dialogo e monitoraggio, posto che incombe al nominated adviser certificare la sussistenza in capo all’emittente dei requisiti per essere ammesso alle negoziazioni e successivamente ausiliare e guidare l’emit­ten­te nel­l’as­solvimento dei compiti e delle responsabilità connessi alla permanenza sull’AIM Italia.

Per altro verso, esso (nominated adviser) rappresenta il prin­cipale interlocutore in concreto di Borsa Italiana, oltre che sua (formale) controparte contrattuale.

È comprensibile, pertanto, che Borsa Italiana richieda e auspichi che il NomAd possieda una elevata qualifica professionale e sia in grado di soddisfare adeguati standards di comportamento nello svolgimento dei propri compiti, come indica chiaramente l’art. 13 del Regolamento NomAd, ai sensi del quale il NomAd deve “operare con la necessaria professionalità e diligenza richiesta dalla natura del­l’in­carico (…)”. La norma richiama il disposto dell’art. 1176, comma 2, c.c., alla stregua del quale, nel caso di obbligazioni concernenti l’eser­cizio di una attività professionale, la diligenza del debitore deve essere valutata avendo riguardo alla “natura dell’attività esercitata”; il che presuppone che il debitore professionista sia in possesso delle nozioni e competenze adeguate allo svol­gimento dell’incarico (sia, cioè, dotato della necessaria perizia intesa in senso oggettivo), senza poter invocare, a propria esimente, carenze soggettive non dolose ma comunque impeditive della capacità concreta di eseguire la prestazione in linea con lo standard richiesto di competenza professionale.

In capo al nominated adviser, dunque, è imposta una diligenza particolarmente qualificata, da valutarsi mediante l’ap­­pli­cazione di un parametro rigoroso, alla stregua del quale si dovrà in ogni caso di specie verificare se il NomAd abbia posto in essere tutte le attività e abbia adottato tutti gli accorgimenti necessari e opportuni – in termini di esecuzione di indagini, verifiche, analisi e valutazioni – al fine di attingere il livello di diligenza professionale dovuto ex lege nell’esple­tamento della sua funzione, quale delineata nella disciplina contrattuale (Manuale) che lo vincola.

  1. Orbene, dalla ricostruzione dei fatti ricavabile dagli atti depositati dalle Parti e dalle ricognizioni effettuate nel corso del­l’audizione, è emerso che durante la procedura di am­missione alle negoziazioni di Beta Alfa ha assunto un ruolo per molti aspetti defilato, limitato più ad una attività di raccolta di dichiarazioni e pareri altrui che di acquisizione diretta e riscontro di dati e informazioni. In particolare, […] come peraltro in parte riconosciuto dalla stessa Ricorrente – sono venute alla luce una serie di carenze […].
  2. Per ammissione della stessa Ricorrente, tali carenze sarebbero riconducibili a due principali ragioni. In primo luo­go la strut­tura organizzativa e di governance di Alfa sarebbe stata affetta, a quel tempo, da alcuni difetti ed inefficienze, tanto che Alfa ha poi ritenuto di dover adottare opportune strategie rimediali al fine di migliorare la qualità dei propri servizi. In secondo luogo, sempre secondo la ri­co­struzione effettuata da Alfa, il mancato accertamento dei fatti che, secondo la Società di Gestione, Alfa avrebbe dovuto scoprire troverebbe invece giustificazione nei limiti delle attribuzioni del NomAd, che non contemplano poteri di tipo ispettivo, con la conseguenza che, almeno in certe situazioni, il NomAd dipende necessariamente dalle dichiarazioni rilasciate da terzi.
  3. Quanto al primo aspetto, questo Collegio, come già rilevato in altri precedenti provvedimenti (cfr. la decisione resa in data 27 novembre 2008), ritiene che eventuali carenze strutturali e organizzative, anche contingenti, siano og­gettivamente inescusabili, soprattutto ove si consideri l’importanza del ruolo assegnato al NomAd nel contesto che ci occupa (v. supra, par. 5).
  4. Con riferimento al secondo profilo, si reputano parimenti non condivisibili le argomentazioni della Ricorrente volte a mettere in luce possibili difficoltà e ostacoli riscontrati da Alfa nello svolgimento del proprio incarico. Dal­l’angolo visuale di questo Collegio, questo tema è di massima importanza, in quanto si ritiene che nessuna valenza esimente possa essere ricondotta alla circostanza che Alfa abbia fatto affidamento sulle informazioni e sulle rassicurazioni provenienti da Beta e, soprattutto, dal suo socio di controllo, Gamma S.p.A., oltre che sui pareri dell’advisor legale. Invero, le dichiarazioni espresse di essersi fidata (i) di quanto comunicato da Gamma […]; nonché (ii) delle rassicurazioni contenute nei pareri acquisiti dai consulenti legali (rassicurazioni, peraltro, del cui valore si potrebbe legittimamente dubitare, considerata l’e­stre­ma genericità delle dichiarazioni e le numerose “qualificazioni” contenute nel­l’unico parere portato all’attenzione di questo Collegio), non soltanto sono inidonee a sorreggere la tesi di una loro possibile efficacia liberatoria, ma, all’opposto, valgono giuridicamente come confessione di aver agito senza la necessaria prudenza e di aver per ciò stesso mancato al corretto e diligente assolvimento degli obblighi disciplinati nel Regolamento NomAd.

In particolare, ancorché sia credibile l’allegazione di Alfa di aver agito in buona fede, la condotta dalla stessa tenuta – in un contesto in cui, peraltro, la procedura di ammissione alle negoziazioni si sviluppava senza l’intervento di un operatore terzo (broker) ma sotto la “regia” del socio di maggioranza – non supera, ad avviso del Collegio, il giudizio di verifica in ordine alla diligenza professionale prescritta, di cui si è detto al par. 5. Invero, la valutazione delle summenzionate circostanze avrebbe dovuto piuttosto indurre la Ricorrente – tenuto conto del suo ruolo chiave nel­l’AIM Italia – a una maggiore ponderatezza nel rilascio delle dichiarazioni alla Società di Gestione, non certo a riporre una fiducia acritica su quanto le veniva comunicato.

  1. Ritenuta, dunque, per le ragioni sopra esposte, la correttezza del procedimento seguito da Borsa Italiana nell’indi­vi­­dua­zione dei presupposti necessari per affermare la sanzionabilità del comportamento della Ricorrente, non resta ora che verificare la correttezza della misura e della tipologia della sanzione inflitta, anche alla luce delle censure mosse sul punto da Alfa. Secondo la Ricorrente, infatti, la sanzione comminata sarebbe eccessivamente penalizzante, posto che la pena dovrebbe essere adeguatamente proporzionata al grado di respon­sabilità (asseritamente lieve, ad avviso di Alfa) direttamente ascrivibile al NomAd.
  2. Richiamando le valutazioni effettuate in precedenti prov­vedimenti emessi, questo Collegio ritiene che sanzioni come quelle previste dall’art. 2 del Manuale ed irrogate dalla Società di Gestione ad Alfa abbiano una natura ibrida.

Per un verso, infatti, esse hanno una funzione ripristinatoria, cioè la funzione di riparare e ristorare la lesione inflitta a quell’interesse (non economico o non esaurentesi sul solo piano economico), di cui Borsa Italiana è portatrice, per proprio conto e per conto degli operatori del mercato; l’inte­res­se, cioè, al rispetto e all’effettività delle regole che tutelano l’integrità del mercato e la fiducia della generalità degli investitori. Dall’angolo visuale di questa funzione, la sanzione deve concettualmente pesare tanto quanto il danno causato dall’illecito: altrimenti detto, la funzione ri­pri­stinatoria risponde alla logica della “bilancia in equilibrio” tra consistenza del danno causato dall’illecito e misura della sanzione irrogata per riparare le conseguenze di tale danno o comunque per infliggere all’autore dell’ille­cito un male (danno, pregiudizio) tendenzialmente equivalente a quello causato.

Per altro verso, tuttavia, le sanzioni irrogabili hanno anche una funzione punitiva-afflittiva, con finalità di deterrenza. Legittimamente, cioè, esse possono anche consistere nell’ad­dos­sare un peso o costo o obbligo o privazione, la cui misura eccede (o comunque non è concettualmente com­misurata al) la consistenza comunque calcolata del pre­giudizio sofferto dal­l’in­teresse tutelato dalla norma (quello, cioè, non economico o non interamente economico di Borsa Italiana e, per il tramite di questa, degli altri operatori). Dall’angolo visuale di questa funzione, la sanzione è più severa di quanto la funzione ri­pristinatoria esigerebbe: essa è afflittiva, affinché l’illecito co­sti a chi lo compie più del male (danno, pregiudizio) che esso provoca, per ciò stesso esercitando un più forte ed efficace effetto di deterrenza.

Orbene, sembra al Collegio che le sanzioni dell’art. 2 del Manuale abbiano questa natura ibrida e duplice e che conseguentemente alle stesse – analogamente a quelle previste nel regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana – sia attribuibile la qualifica di vere e proprie “pene private” (F. Galgano, Regolamenti contrattuali e pene private, in Contr. impr., 2001, 509 ss.), ossia di sanzioni, contrattualmente previste e disciplinate, aventi come proprio ed unico presupposto di applicazione l’inadem­pi­mento contrattuale e non anche la produzione, nella sfera del creditore della prestazione rimasta inadempiuta, di uno specifico pregiudizio economico o comunque di un pregiudizio quantificabile in misura tendenzialmente pari a quella della sanzione.

Si tratta, quindi, di sanzioni che non hanno una funzione risarcitoria e satisfattiva in senso stretto – limitata, cioè, al ristoro della perdita sofferta per effetto dell’ina­dem­pimento – bensì di sanzioni assimilabili a quelle tipiche del diritto penale, cioè miranti a dissuadere la commissione di illeciti attraverso la minaccia di una punizione più che proporzionale rispetto al danno in concreto causato (in pro­posito, cfr. l’icastica definizione coniata dal Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1954, vol. III, p. I, t. II, 585, che definiva la pena privata come un “male di natura patrimoniale irrogato a scopo sanzionatorio”). Sul punto il Collegio condivide l’opinione che ravvisa nelle pene private una duplice natura in ragione della loro appartenenza a due settori del diritto: (a) quello del diritto penale, con il quale esse condividono “il fondamento e lo scopo”; e (b) quello del diritto privato, da cui esse traggono “la forma e gli effetti” (G. Bonilini, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983, 277). E va appunto sottolineato che, tra i connotati propri della pena tout court cui la pena privata partecipa, vi sono tanto quello “retributivo” quanto quello “preventivo”.

  1. Alla luce delle considerazioni che precedono, sembra al Collegio che, nel comminare una sanzione fra quelle previste dal Manuale, Borsa Italiana debba tener conto di due convergenti, ma non identiche esigenze: per un verso, del­l’esigenza di mantenere un certo oggettivo equilibrio o proporzionalità tra consistenza oggettiva della lesione inflitta all’interesse al­l’in­tegrità del mercato e consistenza oggettiva della sanzione da irrogare in funzione ripristinatoria; per altro verso, dell’esi­genza di evitare che la misura della pena, rapportata a tutte le circostanze del caso di specie, si riveli in concreto troppo mite sul piano della deterrenza, cioè inidonea a dissuadere i malintenzionati dalla tentazione di violare in futuro le stesse regole e, al contempo, tale da ingenerare un sentimento di sfiducia negli operatori corretti circa la capacità del mercato di colpire efficacemente la violazione delle regole.
  2. È lecita, dunque, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, che contenga, anche una componente afflittiva sotto il profilo dello scopo o dell’effetto.

Il punto è, tuttavia, quali siano i parametri – cioè, gli standards of review – che debbono essere adottati per valutare se tale potere, ancorché a fondamento contrattuale, sia stato o non sia stato correttamente esercitato nel caso di specie, essendo inimmaginabile che l’ordinamento generale consenta una discrezionalità assolutamente libera nella determinazione unilaterale ex post della misura di una pena privata e/o del quantum esigibile a titolo di penale contrattuale.

In particolare, si tratta di interpretare, alla luce dei principi generali dell’ordinamento, quale valenza attribuire alle disposizioni del Manuale, laddove prescrivono che nell’ir­ro­gazione della sanzione Borsa Italiana deve tener conto della gravità del fatto e della sussistenza di eventuali altre violazioni connesse nei trenta mesi precedenti la violazione (art. 2, comma 1 del Manuale).

  1. La Società di Gestione interpreta la locuzione “gravità del fatto” in senso rigidamente oggettivo (ossia considerando, a tal fine, “l’entità del danno subito dalla parte non inadempiente, il fatto che tale danno sia conseguenza diretta o indiretta dell’inadempimento, o che fosse prevedibile al momento della conclusione del contratto, l’even­tuale concorso di colpa etc.”) ed escludendo qualsiasi rilievo dell’elemento soggettivo. Ma né nel Manuale né nel regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana è ravvisabile, ad avviso di questo Collegio, un fondamento sicuro a sostegno della tesi, secondo cui la natura contrattuale delle sanzioni irrogabili come pene private escluderebbe qualsiasi rilevanza, ai fini della determinazio­ne del quantum, dell’elemento psicologico che ha informato la condotta della parte inadempiente.
  2. Neppure è condivisibile, ad avviso del Collegio, la tesi di Borsa Italiana in punto di assenza, in capo al Collegio del potere di sindacare il quantum della sanzione irrogata, in quanto tale valutazione comporterebbe un esercizio in equità dei poteri del Collegio in violazione dell’art. 10 del Manuale, che investe il Collegio del solo potere di giudicare secondo diritto.

Il Collegio osserva, in primo luogo, che la legge include anche i principi generali dell’ordinamento e che pertanto la valutazione in diritto non esclude certo la possibilità di sindacare se sia conforme ai principi generali una fissazione ex post, unilaterale e totalmente discrezionale, del quantum di una pena privata o di una prestazione pretesa a titolo di penale contrattuale: a tutto concedere, quindi, l’eventuale carenza di un potere riduttivo del Collegio, equivalente a quello che spetta al giudice ordinario ai sensi dell’art. 1384 c.c., non eliminerebbe, comunque, il potere-dovere del Collegio di pronunciare l’annullamento della sanzione, qualora la rigidità “irriducibile” della stessa fornisse un motivo in più per affermarne l’incompatibilità con i principi generali del sistema.

Più specificamente, poi, il Collegio ritiene che sia perfettamente compatibile con il suo compito di valutare secondo diritto l’eventuale ricorso ad un apprezzamento secondo equità, quando è la legge stessa che prevede ed autorizza tale ricorso. Ora, è proprio in materia di pene private e di clausole penali contrattuali che la legge coniuga l’es­igenza di rispettare la volontà contrattuale con quella di non consentire l’abuso del diritto: poiché la possibilità della riduzione equitativa è la valvola di sicurezza anti-abuso, il compito di valutare secondo diritto il contenuto del contratto (inclusa l’applicazione in concreto di clausole penali o del potere di irrogare pene private) comprende necessariamente in sé anche il compito di tener fermo il contratto, purché sia ridotto ad equità.

  1. Rilevato che il dovere del Collegio di decidere secondo diritto non gli preclude di valutare la congruità del quantum della sanzione, occorre a questo punto verificare se in qualche settore dell’ordinamento esistano previsioni cui attingere per pervenire alla corretta interpretazione della locuzione “gra­vità del fatto”. Orbene, è di immediata evidenza che la disposizione richiama l’espressione contenuta nell’art. 133 c.p. che, nel ribadire, ai fini dell’ap­pli­cazione della pena criminale, il potere discrezionale del giudice, statuisce che nel­l’esercizio di questo potere il giudice deve tenere conto della “gravità del reato”, desumendola da una serie di circostanze, tra le quali è espressamente annoverata “l’intensità del dolo o il grado della colpa”. Il richiamo al diritto penale non deve stupire. Infatti, sebbene la norma innanzi ricordata svolga la propria funzione ai fini della determinazione della sanzione criminale, una volta che si ammetta – come si deve ammettere – che, pur qualificando il rapporto tra Borsa Italiana e NomAd come essenzialmente privatistico e contrattuale, le regole sanzionatorie di matrice civilistica, in quanto fondate su una concezione rigorosamente compensativa di un pregiudizio, non possono trovare perfetta applicazione nella materia in esame – allo stesso modo in cui, ad esempio, non possono trovare perfetta applicazione nella liquidazione del danno non patrimoniale (cfr. Bonilini, op. cit., passim) – è giocoforza cercare altrove una regola in grado di indirizzare la valutazione. E, a tale riguardo, questo Collegio ritiene che, considerati i punti di affinità, nel momento teleologico, tra la pena privata e la pena criminale, l’art. 133 c.p. rappresenti un utile ausilio per l’interprete.
  2. Da quanto appena rilevato consegue che nella valutazione della “gravità del fatto” è errato limitarsi a prendere in considerazione solo l’eventuale danno cagionato da una data condotta o, comunque, elementi di carattere esclusivamente oggettivo, ma sarà necessario, altresì, valutare la rilevanza del­l’e­le­mento psicologico in capo all’autore della violazione: e l’ap­plicazione di tale parametro comporterà, di regola, che di fronte a un fatto intenzionale dovrà essere applicata una sanzione più qualificata rispetto a quella “attratta” da un fatto derivante da imprudenza, negligenza o imperizia. La verifica dell’elemento psicologico sotteso a una data condotta appare, inoltre, maggiormente coerente con la regolamentazione dei mercati regolamentati e dei sistemi multilaterali: ad avviso di questo Collegio, infatti, essa consente di realizzare più compiutamente l’effetto de­terrente e moralizzatore che si vuole associato all’ap­pa­rato sanzionatorio che assiste tale regolamentazione, in quanto adegua la tipologia e la misura della pena al­l’odio­sità della condotta e al senso di ripulsa morale da questa suscitato.
  3. Orbene, in applicazione della regola di giudizio anzidetta, appare a questo Collegio che, dovendosi escludere qual­siasi intento doloso in capo a Alfa, il grado di colpa ad essa imputabile non acquisti una connotazione tale da superare la soglia di odiosità, che legittima l’applicazione di una sanzione con forte componente afflittiva.

È, poi, opportuno tenere in adeguata considerazione la condotta cooperativa e proattiva di Alfa che, come variamente esposto soprattutto in occasione dell’audizione avan­ti a questo Collegio, ha completato, anche su base volontaria, una serie di iniziative finalizzate (i) ad accrescere la propria offerta di servizi; (ii) a rafforzare la propria organizzazione interna, sia per quanto concerne le risorse umane, sia per quanto riguarda l’elaborazione di procedure, sia, ancora, con riferimento ai settori corporate finance e compliance; nonché (iii) a migliorare la propria struttura di governance. La scelta, poi, di rinunciare all’assunzione di nuovi incarichi rappresenta senza ombra di dubbio un ulteriore indizio a conferma dello spirito di fattiva collaborazione con la Società di Gestione che Alfa ha voluto dimostrare.

  1. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’irro­gazione di una sanzione di 50.000,00 euro appare, a questo Collegio, eccessiva rispetto alla gravità delle violazioni imputabili a Alfa, e ciò anche in relazione ad altri casi di violazioni sottoposti in passato all’attenzione di questo Collegio e in cui condotte – peraltro di chiara matrice dolosa – sono state sanzionate con l’applicazione di pene analoghe o di poco superiori. In tale contesto, anche la misura accessoria della pubblicazione del provvedimento – conseguenza automatica della fissazione della pena ad un importo superiore ai 30.000,00 euro – appare esageratamente penalizzante, perché diretta precipuamente a infliggere all’inadempiente un danno reputazionale, da cui, nel caso di specie, il Collegio non ritiene che la Ricorrente meriti di essere colpita.

Invero, per quanto, in linea di principio, la necessità – legislativamente sancita – di adottare provvedimenti idonei a tutelare l’integrità dei mercati imponga alla Società di Gestione di prevedere e applicare sanzioni a rilevanza pub­blica – tra l’altro idonee a incidere su diritti indisponibili – questo Collegio ritiene che ciò dovrebbe essere limitato a casi di particolare gravità in cui, vuoi per l’effettivo pregiudizio arrecato, vuoi per la particolare ripulsa morale suscitata da una determinata condotta, l’inflizione di un danno reputazionale permette di meglio realizzare gli scopi della sanzione.

per questi motivi

Il Collegio dei Probiviri così dispone:

– rigetta la domanda principale di Alfa, mirante ad ottenere l’annullamento del provvedimento n. […] emesso da Borsa Italiana S.p.A. in data […] 2010;

– in parziale accoglimento della domanda subordinata di Alfa, invita Borsa Italiana S.p.A. a ridurre la misura della sanzione pecuniaria, fissandola nella misura di € 25.000,00 (venticinquemila euro) con ogni consequenziale provvedimento.

(Omissis).

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SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali - 2.1. La natura del rapporto tra società di ge­­stione di sistemi multilaterali di negoziazione e partecipanti - 2.2. Il ruolo del nominated adviser e la responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi di condotta delineati dal Re­golamento NomAd - 2.3. La natura delle sanzioni previste dai regolamenti di mercato e il loro fondamento - 3. Il commento - NOTE


1. Il caso

La decisione, resa dal Collegio dei Probiviri previsto dall’art. 10 del Manuale delle Procedure di Accertamento delle Violazioni e Impugnazioni (d’ora innanzi, il “Manuale”) dell’AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale (nel prosieguo, anche solo “AIM Italia” o “AIM”), verte su un caso di violazione degli obblighi di condotta prescritti per il nominated adviser, figura professionale incaricata di assistere gli emittenti durante la procedura di ammissione alle negoziazioni sul sistema multilaterale AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale e, successivamente al completamento della procedura, per tutto il periodo della loro permanenza sull’AIM. Il Collegio si è pronunciato sull’impugnativa promossa dal NomAd Alfa avverso il provvedimento con cui Borsa Italiana, gestore del sistema, aveva disposto nei suoi confronti l’applicazione della sanzione pecuniaria di 50.000 euro, sull’assunto che, durante la procedura di collocamento finalizzata al­l’am­missione alle negoziazioni delle azioni del­l’e­mittente Beta, il NomAd non avesse adempiuto con diligenza il proprio incarico, incorrendo nella violazione delle regole di comportamento previste dagli artt. 11, 12 e 13 del Regolamento Nominated advisers dell’AIM Italia (di seguito, il “Regolamento NomAd”). All’esito del procedimento il Collegio, con l’ar­ticolata pronuncia che si commenta [1], ha respinto la domanda di annullamento del provvedimento di Borsa Italiana formulata in via principale dal ricorrente e, in parziale accoglimento della domanda subordinata, ha disposto la riduzione della sanzione all’importo di 25.000 euro, inferiore rispetto alla soglia di 30.000 euro che, secondo la formulazione del­l’art. 2, 2° comma, lett. b) del Manuale vigente al­­l’epoca dei fatti, comportava la comunicazione automatica del provvedimento sanzionatorio al pubblico. La decisione si presenta di interesse sotto due ordini di profili: anzitutto, in quanto costituisce l’unico provvedimento ad oggi noto che analizza la figura del nominated adviser, esaminandone soprattutto il rapporto con la società che gestisce il sistema AIM Italia, il ruolo e le responsabilità; in secondo luogo, poiché conduce una approfondita analisi sulla natura delle sanzioni contemplate nei regolamenti di mercato, offrendo una [continua ..]


2. La normativa di riferimento e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali

2.1. La natura del rapporto tra società di ge­­stione di sistemi multilaterali di negoziazione e partecipanti

Il sistema multilaterale di negoziazione AIM Italia è stato istituito da Borsa Italiana S.p.A. e ha iniziato ad operare il 1° dicembre 2008 [3]. Nel contesto di un processo di semplificazione organizzativa dei mercati dedicati alle piccole e medie imprese, Borsa Italiana ha disposto, con effetto dal 1° marzo 2012, l’ac­corpamento dell’AIM Italia e del Mercato Alternativo del Capitale (MAC) e la conseguente applicazione di una nuova disciplina unitaria mediante l’alli­neamento dei regolamenti dei due sistemi, ancorché con preferenza per un modello che si ponga “in sostanziale continuità con l’AIM Italia ma che valorizzi nel contempo alcuni aspetti dell’esperienza maturata nel MAC” [4]. Per effetto della riorganizzazione, rispetto all’epoca a cui risale la decisione in commento il Regolamento NomAd è stato oggetto di alcune significative modifiche, che non ne hanno tuttavia intaccato i princìpi ispiratori e le regole fondanti, di talché le valutazioni compiute dal Collegio dei Probiviri appaiono conservare la propria attualità e pregnanza anche con riferimento al nuovo sistema [5]. Anche al fine di meglio seguire l’iter argomentativo della decisione, è opportuno dedicare alcuni cenni introduttivi all’inquadramento generale dei c.d. multilateral trading facilities (MTF). Come noto, nel quadro normativo originato dalla direttiva 2004/39/CE (c.d. direttiva MiFID) [6] l’at­ti­vità di gestione di sistemi multilaterali di negoziazione è stata collocata tra i servizi e le attività di investimento ed è oggi definita, dall’art. 1, comma 5°-octies, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (t.u.f.), come «la gestione di sistemi multilaterali che consentono l’incontro, al loro interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti». La nozione di (gestione di) sistema multilaterale [7], coniata dal legislatore comunitario e recepita nella normativa interna, ricalca in gran parte la definizione di mercato regolamentato che, nel t.u.f., è contenuta nell’art. 1, 1° comma, lett. w-ter) [8]: comuni ad ambedue le nozioni sono, infatti [9], (i) la qualificazione sia dei mercati sia dei MTF come sistemi [10], [continua ..]


2.2. Il ruolo del nominated adviser e la responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi di condotta delineati dal Re­golamento NomAd

Il nominated adviser è una figura chiave nel sistema multilaterale AIM Italia/Mercato Alternativo del Capitale, il cui ruolo risulta per alcuni profili assimilabile – ancorché non compiutamente sovrapponibile (cfr. infra) – a quello svolto, nell’ambito dei mercati regolamentati, dallo sponsor. Invero, proprio un confronto tra le funzioni attribuite al NomAd dalla regolamentazione AIM e quelle configurate dal Regolamento dei Mercati Organizzati e Gestiti da Borsa Italiana S.p.A. in capo allo sponsor consente di enucleare alcune peculiarità che rendono il NomAd un vero e proprio unicum nel panorama dei mercati finanziari [26]. Prendendo innanzitutto in esame la figura dello sponsor, il Regolamento dei Mercati Organizzati e Gestiti da Borsa Italiana assegna a tale soggetto un ruolo di collaborazione con l’emittente durante la procedura di ammissione degli strumenti finanziari, finalizzato ad assicurare l’ordinato svolgimento della procedura (art. 2.3.4, 1° comma). La funzione di collaborazione con l’emittente non è, tuttavia, la sola attribuita allo sponsor. Il Regolamento Mercati prevede infatti, al 2° comma del medesimo articolo, che nel caso di ammissione a quotazione degli strumenti finanziari indicati nell’art. 2.1.1, 1° comma, lett. a) (ossia azioni, certificati rappresentativi di azioni e altri titoli di capitale di rischio), lo sponsor assume una serie di responsabilità, «rilasciando per ciascuna di esse apposita dichiarazione a Borsa Italiana» [27]. Ancorché il Regolamento effettui una inversione logica, non disciplinando immediatamente il compito attribuito allo sponsor (cioè l’obbligo di rilasciare le dichiarazioni prescritte), bensì sancendo l’assun­zione di responsabilità conseguente al rilascio di tali dichiarazioni, è indubbio che il disposto della norma, nel punto in cui si riferisce alla necessità che le dichiarazioni siano indirizzate a Borsa Italiana, è di per sé sufficiente a chiarire che alla relazione tra sponsor ed emittente se ne aggiunge una seconda, che coinvolge direttamente lo sponsor e la società di gestione del mercato. Come è stato messo in luce, il ruolo dello sponsor è volto “a creare le condizioni iniziali per una duratura relazione di adeguata conoscenza reciproca e fiducia tra Borsa Italia e emittente di titoli [continua ..]


2.3. La natura delle sanzioni previste dai regolamenti di mercato e il loro fondamento

L’adesione alla tesi che propugna la natura privatistica di mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione e che, conseguentemente, qualifica come contrattuale il rapporto che si instaura tra NomAd e Borsa Italiana, deve essere temperata alla luce delle peculiarità del contesto in cui tale rapporto si esplica e della specifica disciplina di settore [43]. In altri termini, il rapporto tra società di gestione (vuoi di mercati regolamentati vuoi di sistemi multilaterali) e aderenti (emittenti e operatori) non può essere considerato “in chiave esclusivamente privatistica e contrattualistica” [44], poiché in tale rapporto convivono aspetti che alcuni definiscono “di libera iniziativa economica e di autonomia negoziale, da un lato, e aspetti che potrebbero invece qualificarsi come esercizio di un servizio pubblico ad opera di privati, dall’altro” [45] o, comunque, aspetti direttamente disciplinati dalla legge anche in deroga alle regole generali del diritto dei contratti [46]. È quanto sostiene anche il Collegio dei Probiviri, là dove sottolinea che il rapporto tra società di gestione e NomAd viene “connotato anche ed integrato da speciali regole di funzionamento, aventi fonte nor­mativa, dirette specificamente a realizzare una efficace tutela dell’integrità dei mercati e dell’in­te­resse generale degli investitori”. Queste regole speciali di funzionamento sono individuate dal Collegio nelle disposizioni sancite, a livello di normativa primaria, dal t.u.f. e, a livello di normativa secondaria, dal reg. Consob n. 16191/2007 in materia di mercati. Quanto alle prime, rileva, essenzialmente, l’art. 77-bis, 1° comma, lett. e), t.u.f., ai sensi del quale la Consob «individua […] i requisiti minimi di funzionamento dei sistemi multilaterali di negoziazione, ivi inclusi gli obblighi dei loro gestori in materia di […] controllo dell’ottemperanza da parte degli utenti alle regole del sistema»; quanto alle seconde, il riferimento va alla disposizione attuativa contenuta nella lett. d) dell’art. 19, 1° comma, reg. Consob n. 16191/2007, che prescrive che le società di gestione di sistemi multilaterali stabiliscano «dispositivi e procedure efficaci per controllare regolarmente l’ot­temperanza alle proprie regole da parte degli [continua ..]


3. Il commento

Nel provvedimento che si annota il Collegio dei Probiviri ha reso due significative statuizioni. La prima concerne l’individuazione del parametro di diligenza al quale il nominated adviser deve improntare la propria condotta nell’esercizio delle funzioni previste dalla regolamentazione AIM, nonché la determinazione dei criteri per la valutazione della responsabilità conseguente alla violazione del suddetto parametro. La seconda – e forse più importante – statuizione riguarda le implicazioni dell’accertata violazione degli obblighi di condotta sotto il profilo sanzionatorio e fissa – dopo aver chiarito la natura delle sanzioni previste dai regolamenti AIM – i criteri per il corretto esercizio del potere punitivo da parte della società di gestione. Sotto il primo profilo, il richiamo alla diligenza professionale di cui all’art. 1176, 2° comma, c.c., che il Collegio ha giustamente inteso rinvenire nel­l’art. 13 del Regolamento NomAd, ha costituito il riferimento normativo che ha permesso ai Probiviri di fondare il parametro di condotta al quale si deve attenere il nominated adviser. Con valutazioni che si ritengono condivisibili, il Collegio ha dunque affermato che, in considerazione dell’importanza del ruolo affidato al NomAd dalla regolamentazione AIM, quest’ultimo deve assicurare una diligenza particolarmente qualificata (standard of conduct), la quale, sotto il profilo dello standard of review (ossia sotto il profilo della valutazione della condotta concretamente tenuta) presuppone l’applicazione di un metro di giudizio rigoroso, ai sensi del quale occorre verificare se, nella singola fattispecie considerata, il NomAd abbia effettivamente realizzato tutte le attività e adottato tutti gli accorgimenti necessari e opportuni, ad esempio in termini di esecuzione di indagini, verifiche, analisi e valutazioni. Nel caso di specie, il Collegio ha reputato sussistente la responsabilità del ricorrente in considerazione della condotta prevalentemente omissiva tenuta dal NomAd durante la procedura di ammissione dell’emittente alle negoziazioni. Il Collegio, in particolare, ha censurato il ruolo sotto vari aspetti marginale (“defilato”, secondo i Probiviri) assunto dal nominated adviser, che si era più che altro limitato ad effettuare una mera attività di raccolta di dichiarazioni e pareri altrui – [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2013