Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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La trasformazione della società di persone in impresa individuale (nota a Cass., 14 gennaio 2015, n. 496) (di Rocco Antonini)


CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 14 gennaio 2015, n. 496 – Rordorf Presidente – Didone Relatore – B.P.A. in proprio e Eurotravel di B.P.A. s.n.c. c. UGF Mercant – Banca per le imprese s.p.a. e Fallimento Eurotravel di B.P.A. s.n.c. e di B.P.A. in proprio

Conferma App. Torino, 14 luglio 2010

Società in genere – Trasformazione – Società in nome collettivo – Trasformazione in impresa individuale – Inammissibilità

(Artt. 2272, 2308, 2498, 2500-quinquies, 2500-sexies, 2500-septies, 2500-octies, 2500-novies, 2560 c.c. e 10 legge fall.)

Non integra trasformazione, ai sensi dell’art. 2498 c.c., l’atto con il quale uno dei due soli soci receda da una società in nome collettivo, mentre l’altro contestualmente dichiari di non voler ricostituire la società, ma di proseguire quale imprenditore individuale l’attività d’impresa. (1)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Presidente –

Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20543/2010 proposto da:

B.P.A., in proprio e nella qualità di ex socio unico e legale rappresentante della ex EUROTRAVEL DI B.P.A. S.N.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA 71, presso l’av­vocato OCCHIPINTI MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAMBERTO SCATENA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

UGF MERCHANT – BANCA PER LE IMPRESE S.P.A., in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso l’avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANILO GALLETTI, giusta procura speciale per Notaio Dott. SANDRO SERRA di BOLOGNA – Rep. n. 69.677 del 13.9.2010; FALLIMENTO EUROTRAVEL DI B.P.A. S.N.C. & C. E DI B.P.A. IN PROPRIO (P.I. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott. P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 39-F, presso l’avvocato GIUSEPPE BIANCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’av­vocato MARIO RAVINALE, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1147/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE; uditi, per il ricorrente, gli Avvocati MASSIMILIANO RATTI, con delega orale, e LAMBERTO SCATENA che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente FALLIMENTO, l’Avvocato EMANUELE CARLONI, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito, per la controricorrente UGF, l’Avvocato ENRICA FASOLA, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

  1. Con sentenza 16 marzo 2010 il Tribunale di Aosta ha dichiarato il fallimento della s.n.c. Eurotravel di B.P.A. & C. e di B.P.A. in qualità di socio illimitatamente responsabile. Nel corso della procedura per la dichiarazione di fallimento, iniziata a seguito di istanza 3.9.2009 del PM a cui si era poi aggiunta l’istanza 3.12.2009 della società creditrice GE.CO s.r.l., era stata eccepita l’i­nam­missibilità di questo ricorso da parte della E.T. Holding s.n.c. e, che, costituendosi, aveva posto a fondamento dell’eccezione la propria ammissione alla procedura di concordato preventivo.

Il Tribunale, prima di esaminare questa eccezione, ha ripercorso le vicende della società Eurotravel; tali vicende possono essere sintetizzate come segue.

– Eurotravel s.r.l. fu posta in liquidazione con delibera assembleare del 16 luglio 2009; all’e­po­ca i soci erano tre: B.A., B.P.A. e E.T. Holding (d’ora in poi E.T.H.) s.p.a.;

– il 4 agosto 2009 i fratelli B. cedettero le loro quote a E.T.H. s.p.a., che quello stesso giorno fu trasformata in s.r.l. per essere poi trasformata in s.n.c. il 15 settembre;

– il 16 settembre Eurotravel fu trasformata da s.r.l. in liquidazione in s.n.c. in liquidazione;

– il 1° ottobre E.T.H. cedette la sua partecipazione in Eurotravel a B.P.A. il quale dichiarò in atto di voler rinunciare alla ricostituzione della pluralità dei soci e di voler esercitare l’attività in forma individuale;

– la Eurotravel s.n.c. in liquidazione fu cancellata dal registro delle imprese in data 7.10.2009, avendo presentato richiesta il giorno prima;

– l’8 ottobre fu revocato lo stato di liquidazione della E.T.H. s.n.c. e ad essa lo stesso giorno B.P.A., titolare della ditta individuale Eurotravel, conferì l’azienda.

Il Tribunale ha rilevato innanzitutto che non era trascorso l’anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, con conseguente possibilità di dichiararne il fallimento; ha ritenuto irrilevante il fatto che tale cancellazione non fosse stata preceduta dalla liquidazione del patrimonio sociale, trattenuto dall’unico socio quindi conferito ad altra società; ha ritenuto quindi, in applicazione di quanto disposto dall’art. 2560 c.c., che il trasferimento dell’azienda non avesse liberato il cedente dei suoi debiti e che di conseguenza non avesse privato i creditori del diritto di agire nei confronti del cedente, anche mediante istanza di fallimento; ha ritenuto poi irrilevante il fatto che il soggetto cui l’azienda era stata conferita fosse stato ammesso alla procedura di concordato preventivo.

1.1. – Con la sentenza impugnata (depositata il 14.7.2010) la Corte di appello di Torino ha rigettato il reclamo proposto dalla società Eurotravel e da B.P.A., osservando che la cancellazione di detta società dal registro era avvenuta da meno di un anno e che la continuazione dell’attività aziendale ad opera dell’unico socio superstite non configurava, come sostenevano i reclamanti, una trasformazione eterogenea della s.n.c. in impresa individuale, bensì una mera cessione d’a­zienda che non liberava la cedente dalle pregresse obbligazioni.

Contro la sentenza di appello la s.n.c. Eurotravel e B.P.A. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso la curatela fallimentare nonché la creditrice istante s.p.a. “UGF Merchant – Banca per le Imprese”.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c., i ricorrenti hanno depositato memoria.

2.1. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di norme di diritto (art. 2500 septies, in combinato disposto con gli artt. 2498, 2500 quinquies, 2500 sexies, 2500 octies e 2500 novies c.c.) lamentando che erroneamente la corte di merito abbia ritenuto inammissibile la trasformazione eterogenea da società di persone in impresa individuale, con applicazione dell’art. 2498 c.c. Deducono che nella concreta fattispecie il soggetto fallibile è l’impresa individuale B.P.A. e non la s.n.c. Eurotravel di B. P.A.

2.1.1. – Il motivo è inammissibile.

Invero, ammessa pure la configurabilità di una trasformazione eterogenea da società di persone in impresa individuale (contro, peraltro, il dato testuale di cui all’art. 2498 c.c.: trasformazione di “ente” in “ente”, mentre l’impresa individuale non è contemplata) se ne dovrebbe dedurre che il soggetto giuridico ha mutato abito ma non identità, tale essendo appunto il proprium del­l’istituto della trasformazione, ed allora si tratterebbe al più di correggere l’intestazione della di­chiarazione di fallimento unificando quello so­ciale e quello personale dell’ex socio illimitatamente responsabile divenuto titolare dell’im­presa individuale, ma non certo di revocare il fallimento: donde il difetto di interesse del ricorrente a sollevare una questione di sapore essenzialmente accademico.

2.2. – Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di norme di diritto (art. 2498 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2500 septies, 2272 e 2308 c.c.) deducendo che una società di persone può trasformarsi in impresa individuale allorché viene meno la pluralità dei soci e l’impresa in tal modo trasformata subentra ex art. 2498 c.c., conservando e proseguendo tutte le situazioni giuridiche, sia attive che passive, della società.

2.2.1. – Il motivo è infondato.

La nascita di un’impresa individuale, cui quella collettiva trasferisca il proprio patrimonio, non preclude la dichiarazione del fallimento della società entro un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese (Sez. 1, n. 1593/2002).

Principio affermato in una fattispecie nella quale era stata dichiarata fallita una società disciolta, per mancata ricostituzione della pluralità dei soci a seguito di recesso di uno di questi, con assorbimento integrale del patrimonio nell’im­presa individuale del socio superstite).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte nel­l’ipotesi di assegnazione di azienda rientra l’atto con il quale uno dei soci receda da una società in nome collettivo composta da due soli soci, dando quietanza dell’avvenuta liquidazione della quota, mentre l’altro contestualmente dichiari di non voler ricostituire la società, ma di voler proseguire in proprio, quale imprenditore individuale, l’attività d’impresa. Ciò in quanto lo scioglimento della società, che a norma dell’art. 2272 c.c., n. 4, si determina per la sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, se la società non sia ricostituita nel termine di sei mesi, quando riguarda una società di persone non determina alcuna modificazione soggettiva dei rapporti facenti capo all’ente, la titolarità dei quali si concentra nell’unico socio rimasto; l’attesa semestrale dell’eventuale ricostituzione della pluralità dei soci può essere anticipatamente interrotta dalla scelta del socio superstite di non trovare altri soci, bensì di continuare l’attività come impresa individuale. Una siffatta vicenda non integra una trasformazione nel senso tecnico inteso dall’art. 2498 c.c., riferito alla trasformazione di una società da un tipo ad un altro, bensì un rapporto di successione tra soggetti distinti, distinguendosi, appunto, persona fisica e persona giuridica per natura, e non solo per forma. L’“atipica trasformazione” in parola è preceduta dallo scioglimento della società e dalla liquidazione della stessa, concludentesi con l’assegnazione del patrimonio sociale residuo al socio superstite ai fini della successiva estinzione della società stessa (Sez. 5, n. 3670/2007).

Principio indubbiamente valido anche alla luce della riforma del diritto societario, posto che, come innanzi rilevato, l’art. 2498 c.c., riserva la disciplina della trasformazione a quella di un “ente” in altro “ente” (nella eterogenea da società in consorzi, società consortili, comunioni d’a­zienda, associazioni non riconosciute e fondazioni e viceversa: artt. 2500 septies e 2500 octies). È assorbente, peraltro, la circostanza che i ricorrenti non censurano adeguatamente l’accer­tamento (in fatto) operato dalla corte di merito, secondo cui l’atto posto in essere con la c.d. trasformazione della s.n.c. in impresa individuale non implicherebbe affatto un intento di trasformazione, bensì il semplice conferimento dell’a­zienda sociale al socio unico superstite come modalità di liquidazione del patrimonio della società, dovendosi prescindere dalla mera intestazione dell’atto notarile anche come trasformazione.

2.3. – Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 2498 c.c., in combinato disposto con l’art. 2560 c.c., e L. Fall., art. 10.

Deducono che, essendo stata poi la medesima azienda ulteriormente trasferita dal socio unico superstite ad altra società che era stata ammessa a concordato preventivo, sarebbe venuta meno la possibilità di dichiarare il fallimento del cedente.

2.3.1. – La censura è inammissibile perché dalla sentenza impugnata si evince che la questione relativa agli effetti dell’ammissione della E.T.H. al concordato preventivo, mentre è stata affrontata dalla sentenza del tribunale, non è stata riproposta, con specifico motivo di reclamo, alla Corte di appello. Né i ricorrenti indicano in ricorso se e con quali modalità sia stata prospettata la censura stessa alla corte di merito, in violazione del principio di autosufficienza.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

Diritto

 P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate per ciascun controricorrente in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2015

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. I precedenti giurisprudenziali - 3.1. Gli orientamenti della giurisprudenza prima della riforma - 3.2. Gli orientamenti della giurisprudenza dopo la riforma - 4. La dottrina - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

La pronuncia in esame rappresenta il primo enunciato della Suprema Corte di Cassazione in tema di trasformazioni eterogenee atipiche dopo la riforma del diritto societario del 2003 e conferma l’orienta­mento espresso dalla precedente giurisprudenza di merito: l’inammissibilità della trasformazione della società di persone in impresa individuale. La vicenda sottoposta al vaglio dei giudici della Suprema Corte riguarda la ristrutturazione di un gruppo di società in crisi e può essere ricostruita secondo i seguenti termini. Il gruppo di società, originariamente com­posto da una s.r.l. operativa e da una s.p.a. holding (proprietaria delle quote della prima, unitamente a due persone fisiche), opera una ristrutturazione che si articola in diverse fasi: (1) le due società sono trasformate in s.n.c., (2) le quote della società operativa vengono concentrate in capo ad una delle due persone fisiche socie, (3) il socio superstite dichiara di voler rinunciare alla ricostituzione della pluralità dei soci e di voler esercitare l’attività in forma individuale, (4) la società operativa viene cancellata dal registro delle imprese e infine (5) l’imprenditore individuale conferisce l’a­zienda nel patrimonio della società holding. A seguito delle operazioni descritte la società holding presenta una proposta di concordato unitario, al quale viene ammessa, per tutti i creditori del gruppo. Contro la società operativa e contro l’im­prenditore individuale, il p.m. e un creditore propongono istanza di fallimento, accolta dal Tribunale di Aosta, nonché confermata dalla Corte d’Appello di Torino e dalla pronuncia in esame. La fattispecie di cui al punto (3), secondo i ricorrenti, costituisce una trasformazione ai sensi della norma di cui all’art. 2498 c.c., pertanto il soggetto fallibile è l’impresa individuale e non la società operativa. I giudici, nel caso di specie, hanno invece qualificato la continuazione dell’attività aziendale in forma individuale da parte del­l’unico socio superstite quale assegnazione di azienda, individuando un rapporto di suc­cessione tra soggetti distinti.


2. La normativa di riferimento

La trasformazione, com’è noto, viene disciplinata nel nostro codice dall’art. 2498 e ss. c.c. Ai sensi del richiamato art. 2498 c.c., con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione. Assumono rilievo, nella vicenda in esame, le norme di cui agli artt. 2272, 1° comma, n. 4, 2500-ter, quinquies, sexies, septies et octies c.c. e 10, 1° comma, legge fall. In particolare: – l’art. 2500-septies, 1° comma, c.c. permette alle società di capitali di trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni; – il successivo 2500-octies, 1° comma, c.c. stabilisce che i consorzi, le società consortili, le comunioni di azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni possano trasformarsi in società di capitali; – ai sensi del 1° comma, n. 4 dell’art. 2272 c.c., la società si scioglie quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita; – il 1° comma dell’art. 10 legge fall. prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione nel registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.


3. I precedenti giurisprudenziali

La giurisprudenza ha già avuto occasione di affrontare e di qualificare vicende analoghe a quella in esame. Accade, infatti, frequentemente che in una società di persone venga meno la pluralità dei soci, la quale, se non ricostituita entro sei mesi, determina una causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2272, 1° comma, n. 4, c.c. Ove il socio superstite prosegua individualmente l’attività, utilizzando lo stesso complesso aziendale e proseguendo in tutti i rapporti, si pone il problema di qualificare tale fattispecie.


3.1. Gli orientamenti della giurisprudenza prima della riforma

Prima di procedere all’analisi di alcune pronunce in tema di trasformazione in impresa individuale pare opportuno descrivere il quadro normativo anteriore alla riforma di diritto societario del 2003. Il codice civile dedicava alla trasformazione un’apposita sezione prevedendo un istituto tipicamente societario, disciplinato da una serie di disposizioni di carattere generale in merito al procedimento, agli effetti e alla responsabilità. La trasformazione si realizzava attraverso una modificazione del­l’atto costitutivo, confermando l’impo­sta­zio­ne e la procedura del precedente codice di commercio. La disciplina era contenuta nelle norme degli artt. 2437, 2498, 2499 e 2500 c.c. v.t. Il primo attribuiva il diritto di recesso in capo al socio assente o dissenziente in caso di mutamento del tipo di società; il secondo sanciva la necessità dell’atto pubblico per la deliberazione di trasformazione, l’obbliga­torietà della relazione di stima e l’acquisto della personalità giuridica ad avvenuta iscrizione della deliberazione; quello successivo regolava la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili con una disciplina non lontana da quella vigente; il quarto stabiliva la disciplina dell’assegnazione di azioni e quote. Quest’ultimo esprimeva un principio generale, ancora valido, volto a garantire l’in­tangibilità della posizione di ciascun socio a seguito della trasformazione: l’opera­zione non può alterare il rapporto proporzionale fra il valore della quota di ciascuno e quello della totalità delle altre partecipazioni, come determinato al momento della costituzione della società o con successive modifiche. L’unica fattispecie espressamente regolata era quella della trasformazione progressiva, vale a dire la mutazione di società di persone in società di capitali. La ragione di questa scelta legislativa pare potersi ricondurre alla minore frequenza della volontà di realizzare le ipotesi inverse [1], le cosiddette trasformazioni regressive ovvero le operazioni di passaggio di società di capitali in società di persone, che tuttavia, se pur non tipizzate, erano ritenute pacificamente ammissibili dalla dottrina e dalla giurisprudenza [2]. Questo orientamento era stato accolto in virtù di una riconducibilità del principio della [continua ..]


3.2. Gli orientamenti della giurisprudenza dopo la riforma

La trasformazione è certamente uno degli istituti più incisi dalla riforma societaria del 2003 [10]. La nuova disciplina dell’opera­zio­ne, pur non regolando espressamente la trasformazione dell’impresa individuale, presenta caratteri e ambiti applicativi profondamente diversi da quella precedente [11], tali da rendere necessaria una riconsiderazione della fattispecie. La giurisprudenza di merito che si è pronunciata sul tema dell’ammissibilità della trasformazione in impresa individuale, tuttavia, ha continuato a negarne la legittimità [12]. Si è ritenuto inammissibile, in particolare, sia il passaggio da società di persone sia quello da società di capitali in impresa individuale. Le argomentazioni addotte a sostegno di questa impostazione possono essere richiamate come segue. Anzitutto, i giudici rilevano come l’isti­tuto della trasformazione abbia carattere eccezionale e pertanto l’“elenco minuzioso” di fattispecie [13], di cui agli artt. 2500-septies et octies c.c., deve ritenersi tassativo, sicché la disciplina normativa non sarebbe suscettibile di applicazione analogica: una “trasformazione” dell’impresa individuale determinerebbe sempre un rapporto di successione tra soggetti distinti, perché la persona fisica e quella giuridica si distinguono per natura e non solo per forma [14]. Si osserva, inoltre, come l’operazione coinvolga entità di regola plurisoggettive, fondate su un rapporto plurilaterale e connotate di patrimonio autonomo o separato. D’altra parte, fuori dalle ipotesi di legge non sussisterebbero, secondo le pronunce richiamate, meccanismi di tutela e pubblicitari per assicurare un’adeguata protezione degli interessi dei creditori e dei soggetti terzi. Infine, a suffragio della tesi dell’inam­missibilità, si adduce l’inderogabilità del procedimento di liquidazione per le società di capitali [15]. Rappresenta invece un interessante ed innovativo orientamento, in senso contrario a quello ora descritto, quello accolto, in tema di trasformazioni atipiche, da una pronuncia della giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto la legittimità del passaggio da associazione riconosciuta in fondazione, fattispecie non espressamente prevista dagli artt. 2500-septies et octies c.c. [16].


4. La dottrina

Nel dibattito preriforma la quasi totalità degli autori [17], salvo alcune opinioni del tutto isolate [18], accoglieva la tesi dell’inam­missibilità della trasformazione dell’im­pre­sa individuale [19]. Le argomentazioni a sostegno di que­st’o­rientamento erano riconducibili non solo alla qualificazione della trasformazione co­me fenomeno endosocietario e al convincimento che sostanzialmente l’ope­razione fosse rappresentata da un conferimento d’a­zienda [20], ma anche – secondo una dottrina più recente – alla mancanza di autonomia patrimoniale dell’impresa individuale [21]. Poiché il contratto di società costituisce un fenomeno a rilievo reale, capace di far sorgere un’organizzazione metaindividuale nei confronti dei terzi e di un vincolo di destinazione del patrimonio sociale a favore dei creditori della società, si riteneva che il venir meno di tali effetti potesse avvenire solo in forza di scioglimento del rapporto societario e liquidazione del patrimonio della società [22]. Al contrario, dopo la novella del 2003, la maggior parte della dottrina sostiene la legittimità dell’operazione [23], pur non mancando significative voci contrarie [24]. L’argomento principale a sostegno della tesi dell’inammissibilità è quello della mancata previsione dell’ipotesi di trasformazione dell’impresa individuale tra il novero di fattispecie, previsto agli artt. 2500-septies et octies c.c., legittimate alla trasformazione eterogenea. Inoltre, si ritiene che gli ostacoli presenti prima della riforma, identificati nella discontinuità soggettiva e nella perdita di autonomia patrimoniale, permangano anche nella disciplina attuale. Si osserva in questo senso come gli artt. 2498 e 2500, 2° comma, c.c. utilizzino il termine “ente” per indicare i soggetti legittimati all’operazione di trasformazione. Lo stesso orientamento dottrinale argomenta la tesi dell’inammissibilità in forza dell’inderogabilità del procedimento di liquidazione delle società di capitali ex artt. 2484 ss. c.c. e del pregiudizio che ne deriverebbe ai creditori. D’altra parte, gli autori che sostengono la configurabilità dell’operazione rilevano come il legislatore abbia tenuto conto [continua ..]


5. Il commento

Al vaglio dei giudici della Cassazione è stata dunque sottoposta la controversa questione dell’ammissibilità della trasformazione della società di persone in impresa individuale. Una pronuncia della Suprema Corte sul tema era attesa dagli interpreti, stante la netta contrapposizione di orientamenti tra la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di merito pressoché unanime. La sentenza in commento, come anticipato, qualifica la fattispecie in cui uno dei due soli soci receda da una società in nome collettivo [29], dando quietanza dell’avvenuta li­quidazione della quota, mentre l’altro contestualmente dichiari di non voler ricostituire la società, ma di voler proseguire in proprio – come imprenditore individuale – l’attività d’impresa, quale ipotesi di assegnazione di azienda e quindi configurando un rapporto di successione tra soggetti autonomi. È pertanto ribadita l’impostazione per cui, in detta fattispecie, si avrebbe una vera e propria contrapposizione: vengono identificate da un lato la persona giuridica e dal­l’altro quella fisica, distinte per natura e per forma. La Suprema Corte – negando espressamente che l’operazione potesse configurare una trasformazione eterogenea – ha dunque ritenuto applicabile l’art. 2560 c.c. [30], sostenendo che il trasferimento dell’azienda non liberasse il cedente dei suoi debiti e quindi non privasse i creditori del diritto di agire nei confronti del cedente medesimo. Prima di analizzare le argomentazioni dei giudici a sostegno della pronuncia in parola, bisogna osservare come nella vicenda sopra descritta non possano riscontrarsi le operazioni procedimentali che caratterizzano la trasformazione eterogenea [31]: la normativa prevista dal legislatore indica, infatti, un particolare procedimento che non risulta rispettato dalla parte ricorrente. Ove si ritenga che l’operazione di trasformazione della società di persone con unico socio in impresa individuale abbia natura eterogenea [32], come sostenuto dalla parte ricorrente, dovranno applicarsi analogicamente (anche) le norme di cui agli artt. 2500-septies, octies et novies c.c. [33]; oltre alla disciplina comune a tutte le trasformazioni dovrà rispettarsi la normativa prevista per quelle eterogenee e quindi riconoscere ai creditori il diritto di fare opposizione, ai [continua ..]


NOTE