Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Le operazioni straordinarie nel concordato preventivo (di Roberto Sacchi)


SOMMARIO:

1. Ridimensionamento del ruolo dei soci nel concordato preventivo - 2. Esigenza di tutelare i soci nel concordato preventivo - 3. Recesso ed effetti delle operazioni straordinarie nel concordato preventivo - 4. Concordato preventivo e forme di opposizione dei creditori previste dal diritto societario - NOTE


1. Ridimensionamento del ruolo dei soci nel concordato preventivo

Prima di occuparmi del tema oggetto di questo intervento, non posso evitare di rilevare che il susseguirsi incalzante e disordinato di riforme frammentarie e non coordinate, che sono intervenute negli ultimi anni nel diritto della crisi delle imprese, induce, da un lato, ad apprezzare il tentativo di elaborare un intervento riformatore di carattere organico e con una visione di sistema, dall’altro, a esprimere l’auspicio che, se il tentativo in discorso ha successo, vi sia poi una pausa negli interventi legislativi in materia. In presenza di novità nella normativa occorre lasciare tempo per la formazione e il consolidamento di orientamenti interpretativi a livello giurisprudenziale e dottrinale, impediti dal recente, tumultuoso susseguirsi di riforme. Questo, insieme con l’assenza di chiarezza (quando non l’incoerenza) degli obiettivi degli ultimi interventi riformatori, ha determinato il forte disorientamento, che oggi, mi pare, è diffuso fra gli operatori pratici (ma anche fra quelli teorici) del settore. Venendo alle operazioni straordinarie nel concordato preventivo di società azionarie (mi riferisco alle operazioni idonee a modificare la struttura finanziaria e patrimoniale della società, nonché a quelle con le quali si dispone delle partecipazioni nella società in concordato preventivo), viene anzitutto in considerazione il forte ridimensionamento del ruolo dei soci nell’assunzione (anche) delle decisioni concernenti questo tipo di operazioni, che può giungere alla loro estromissione dal­l’assunzione delle stesse. Già nel diritto vigente lo spazio riservato ai soci è stato ridotto. A seguito delle innovazioni introdotte con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2015, n. 132) l’art. 185 legge fall. prevede che quando è omologata la proposta presentata (ai sensi dell’art. 163 legge fall.) da uno o più creditori: – in generale, il debitore è tenuto a darvi esecuzione compiendo ogni atto necessario a tale scopo e, in caso di violazione di questo dovere, il tribunale, su segnalazione del commissario giudiziale o su denunzia di chi ha presentato la proposta di concordato omologata, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in sostituzione del debitore al compimento degli atti necessari a dare esecuzione al concordato; – in [continua ..]


2. Esigenza di tutelare i soci nel concordato preventivo

La scelta ora esaminata pone, però, un problema. Il concordato preventivo ha come suo presupposto oggettivo lo stato di crisi, che costituisce qualche cosa di più ampio dello stato di insolvenza e comprende anche situazioni meno gravi. L’op­zio­ne di svincolare dall’insolvenza l’apertura del procedimento di concordato preventivo è evidentemente ispirata alla preoccupazione di consentire un intervento precoce, evitando che esso sia ritardato da accertamenti volti a stabilire se si è in presenza di una vera e propria insolvenza o solo di una situazione finanziaria meno grave (sull’importanza di intervenire tempestivamente si veda ad es. la raccomandazione 2014/135/UE del 12 marzo 2014, primo considerando). L’istituto del concordato preventivo è quindi compatibile con la permanenza di un residuo valore positivo dell’impresa (anche se l’esperienza pratica dimostra che non si tratta di situazione molto frequente). Anzi, per vero, questa ipotesi non è del tutto esclusa neppure quando vi sia lo stato di insolvenza. Quest’ultimo attiene a una situazione finanziaria, mentre la sopravvivenza (o non) di un residuo valore attivo netto è legato alla situazione patrimoniale. Si tratta di piani diversi, pur se collegati. Non a caso nel disegno di legge delega non ci si è accontentati di subordinare alla presenza dello stato di insolvenza la legittimazione del terzo a chiedere l’apertura del procedimento di concordato preventivo nei confronti del debitore, ma sono state previste forme di protezione del debitore (art. 6, 1° comma, lett. b). Quando l’impresa ammessa al procedimento di concordato preventivo conserva un valore attivo (al netto delle passività), il ridimensionamento della partecipazione dei soci all’assunzione delle decisioni (o addirittura la loro esclusione dal processo decisionale, soprattutto, ma non solo 7, in presenza di proposta – o, in futuro, di domanda – presentata da terzi) può condurre all’appropriazione di questo valore da parte dei creditori. Questo sarebbe ingiustificato, tenendo anche presente che, addirittura, nel concordato preventivo – quanto meno nel concordato preventivo con continuità in capo al debitore – secondo la tesi preferibile il debitore potrebbe conservare una parte dei propri beni presenti e futuri anche nel caso in cui il [continua ..]


3. Recesso ed effetti delle operazioni straordinarie nel concordato preventivo

L’inversione del rapporto fra interesse dei soci e quello dei creditori spiega anche la previsione dell’art. 6, 2° comma, lett. c.3), che esclude il recesso dei soci anche quando le operazioni 17 previste dalla proposta di concordato consentirebbero il recesso sulla base delle regole generali del diritto societario. Evidentemente la circostanza che il socio possa ottenere il rimborso della sua partecipazione a spese della società in concordato preventivo, mentre i creditori vedono i loro diritti sottoposti alla falcidia concordataria, è in contrasto con la qualità di residual claimant propria del socio. Per evitare questo risultato non è però necessario privare il socio del diritto di recesso. Infatti non è detto che il valore della partecipazione del socio (ammesso che questo valore si possa ancora considerare esistente, data la crisi in cui si trova la società debitrice) gli sia liquidato utilizzando il patrimonio della società. Potrebbe infatti accadere che questo valore sia pagato da soci o da terzi (art. 2437-quater, 1° e 4° comma, c.c.). Pertanto l’art. 6, 2° comma, lett c.3) prevede una compressione del diritto di recesso del socio che eccede quanto necessario per proteggere i creditori. A questi fini sarebbe infatti sufficiente che la riforma prevedesse che la partecipazione del socio receduto non può essere rimborsata utilizzando il patrimonio della società e che l’eventuale mancato rimborso data l’assenza di acquirenti (caso non improbabile, essendo la società in concordato preventivo) non paralizza l’ef­fi­cacia della delibera che ha giustificato l’esercizio del diritto di recesso 18. L’art. 6, 2° comma, lett. c.2) del disegno di legge delega prevede, poi, che gli effetti delle operazioni di trasformazione, fusione 19 o scissione poste in essere nel corso della procedura siano irrevocabili anche in caso di risoluzione o annullamento del concordato (salva la tutela risarcitoria). La prescrizione appare ispirata alla preoccupazione di proteggere l’affidamento sulla stabilità delle operazioni in questione. Questa esigenza, già forte quando la società è in bonis, è ancora maggiore quando essa è in concordato preventivo e queste operazioni rientrano nella proposta e nel piano di concordato. [continua ..]


4. Concordato preventivo e forme di opposizione dei creditori previste dal diritto societario

Vengo, infine, all’art. 6, 2° comma, lett. c.1) del disegno di legge delega, che, in caso di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della procedura di concordato preventivo, consente ai creditori di opporsi solo “in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda concordataria”. Al di là dell’im­proprio riferimento alla domanda di concordato (anziché alla proposta), si deve ritenere che ci si intenda riferire all’opposizione nel giudizio di omologazione. La norma raccoglie spunti interpretativi già presenti nel diritto vigente 20 e si spiega con l’esigenza di coordinare (i) la protezione dei creditori di fronte ai rischi per essi derivanti dalle operazioni in esame con (ii) la disciplina del concordato preventivo, la quale, a sua volta, è improntata alla tutela dei creditori, che però viene attuata in forme diverse e con cadenze temporali ben diverse. Basti pensare alla normale durata della fase dell’omologazione del concordato preventivo rispetto a quella del primo grado di un giudizio ordinario di opposizione a una delle operazioni in discorso ai sensi della normativa societaria. Anzitutto va rilevato che la previsione ora commentata va estesa a tutte le possibilità di opposizione dei creditori previste dal diritto societario (in particolare all’opposizione alla costituzione del patrimonio destinato di tipo A e a quella alla revoca dello stato di liquidazione, mentre l’ipotesi di una riduzione del capitale sociale ex art. 2445 c.c. non pare concretamente prospettabile nel concordato preventivo), nonché alle operazioni compiute in esecuzione del concordato preventivo omologato e non solo a quelle nel corso della procedura, espressamente prese in considerazione dal testo attuale dell’art. 6, 2° comma, lett. c.1). Inoltre l’opposizione nel giudizio di omologazione, così come attualmente disciplinata, non consente al tribunale un controllo con caratteristiche equivalenti a quello che si ha a seguito delle opposizioni dei creditori previste dal diritto societario. Infatti queste ultime investono il tribunale della valutazione se dalle operazioni derivi un pericolo di pregiudizio per i creditori e questo requisito, in qualunque modo venga inteso, consente un controllo di merito. Nel giudizio di omologazione, invece, il sindacato del tribunale è [continua ..]


NOTE