Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Rilevanza della scientia damni in capo ai soci fondatori diversi dal conferente, nella revocatoria di un conferimento in sede di costituzione di una società di capitali, e compatibilità della stessa con la ratio dell´azione revocatoria (di Piergiorgio Zettera)


TRIBUNALE DI ROMA, 13 aprile 2010 – Raganelli, Presidente – Dell’Orfano, Relatore

– CAPITALIA SERVICE J.V. S.r.l. c. MONCELSI SASSAROLI MARIA ADELAIDE – SAXA S.A.

 Società di capitali – Costituzione società – Conferimento in natura – Atto traslativo a favore della società – Titolo di partecipazione a “capitale di rischio” per il socio

(Art. 2342, 3° comma, c.c.)

 Il conferimento di un bene in una società di capitali, anche in sede di costituzione della stessa, è atto traslativo direttamente in favore della società medesima rappresentata dai soci fondatori diversi dal conferente, nel cui patrimonio il bene ceduto viene sostituito da un titolo di partecipazione a “capitale di rischio”(1)

 Società di capitali – Costituzione società – Conferimento in natura – Revocatoria – Prescrizione azione revocatoria

(Art. 2903 c.c.)

 La disposizione dell’art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi(2)

 Società di capitali – Costituzione società – Conferimento in natura – Revocatoria – Prescrizione azione revocatoria - Validità della notifica della citazione ad uno dei litisconsorti - Interruzione della prescrizione

(Art. 2901 c.c.)

In un giudizio introdotto con azione revocatoria ex art. 2901 c.c. in cui sussista un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore ed il terzo acquirente, convenuti in giudizio dal creditore,  qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso(3)

Società di capitali – Costituzione società – Conferimento in natura – Revocabilità conferimento in sede di costituzione della società – Elemento psicologico della scientia damni in capo ai soci fondatori

(Artt. 1416, 2° comma e 1417 c.c.)

 Prima dell’iscrizione la verifica in capo alla società della scientia damni passa necessariamente per il tramite dell’atteggiamento psichico dei soci fondatori(4)

Sentenza

Con atto di citazione notificato il 28.06.2006 e 12.07.2006, al quale per brevità si rinvia per la ricostruzione in fatto della vicenda, la Capitalia Service J.V. S.r.l. ha evocato in giudizio Maria Adelaide Moncelsi Sassaroli e la Saxa S.A. per sentir accogliere le seguenti conclusioni: “Ritenere e dichiarare simulato assolutamente o per interposizione fittizia di persona l’atto di conferimento da parte della convenuta Moncelsi Sassaroli nella contestualmente costituita società SAXA S.A. dell’immobile sito in Roma, Via di Grottarossa n. 1282 così descritto: Fabbricato da cielo a terra ad uso residenziale sito in Comune di Roma, Via di Grottarossa civ. n. 1282, sviluppato ai piani terreno e primo, con annessa area circostante pertinenziale adibita in parte a piazzale ed in parte a giardino, costituito da due unità immobiliari e precisamente: a) appartamento distinto con il numero interno uno, costituente parte del piano terreno nonché l’intero piano primo del fabbricato in oggetto, composto, al piano terreno, da ampio salone, cucina e portico ed al piano primo, da tre camere da letto, una delle quali con ampio bagno interno, un altro bagno, corridoi e disimpegni, una soffitta-ripostiglio ed ampio terrazzo, distinto al N.C.E.U. del Comune di Roma, unitamente al­l’area annessa al fabbricato in oggetto, al foglio 128, particella 374 subalterni 1 e 2 graffati tra loro, Via di Grottarossa n. 1282 (P.T. – 1), interno 1, zona censuaria 6, ctg. A/7, cl. 4, vani 11, 5, r.c. Lit. 3.335.000; b) appartamento distinto con il numero interno 2, costituente la residua parte del piano terreno del fabbricato in oggetto, composto di due vani, angolo cottura, bagno e portico. Distinto al N.C.E.U. del Comune di Roma al foglio 128, particella 374 sub. 3, Via di Grottarossa n. 1282 (P.T.), zona censuaria 6, ctg. A/7, cl. 4, vani 2,5, il tutto tra coperto e scoperto, di complessivi metri quadrati 2.500 (duemilacinquecento) circa, confinante con proprietà Tajani o aventi causa, proprietà Coffa, Risk e dei loro aventi causa, salvo altri. Gli immobili sono stati direttamente costruiti dalla sig.ra Moncelsi Sassaroli Maria Adelaide sul terreno all’epoca distinto in Catasto Terreni al foglio 128, particelle 374, 118, e 119; ritenere e dichiarare, in subordine, inefficace ai sensi del­l’art. 2901 c.c., l’atto di conferimento di cui sopra”.

Si costituivano le parti convenute che contestavano le pretese avversarie, delle quali chiedevano il rigetto in quanto infondate.

Acquisita documentazione, all’udienza del 18.11.2010, previa sostituzione del giudice, sulle conclusioni delle parti indicate in epigrafe, previa assegnazione di termini ridotti (58 + 20) ex art. 190 c.p.c., la causa era trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva che la decisione della causa deve essere adottata dal Tribunale in composizione collegiale in quanto la domanda proposta da parte attrice (azione di simulazione e revocatoria di conferimento in società) rientra tra quelle indicate dall’art. 1, 3° comma d.lgs. 5/2003, applicabile ratione temporis.

Va poi evidenziata, con riguardo all’azione di simulazione, esercitata in via principale, ed all’azione di revocazione, esercitata in via subordinata, proposte dalla società italiana Capitalia Service J.V. S.r.l. nei confronti di un convenuto residente in Italia (la Moncelsi Sassaroli) e di un convenuto con sede nel territorio di uno stato contraente della convenzione di Bruxelles (la Saxa S.A.), la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in applicazione dell’art. 6 n. 1 della Convenzione medesima, secondo cui in caso di pluralità di convenuti gli stessi possono essere citati davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi (cfr. Cass. S.U. nr. 370/1999).

Nel merito la domanda di simulazione dell’atto di conferimento, da parte della convenuta Moncelsi Sassaroli, “nella contestualmente costituita società SAXA S.A.” dell’im­mobile indicato in premessa è infondata.

L’attrice ha dedotto il proprio interesse all’azione di simulazione, nella veste di creditrice del venditore (la convenuta Moncelsi Sassaroli), resasi “garante fin dal 1986 nei confronti della Banca di Roma (ndr. mandante dell’odierna parte attrice, giusta procura del 28.05.2003, autenticata in pari data a rogito del notaio dott. Antonio Maria Zappone in Roma Rep. n. 74351) delle obbligazioni assunte dalla Florinda S.r.l., controllata dalla sua famiglia”, che aveva “accumulato una consistente esposizione debitoria … non sanata” (cfr. pag. 2 citazione).

L’azione va pertanto ricondotta all’art. 1416, comma 2, c.c.; essa è attribuita ai creditori che subiscano un pregiudizio ai propri diritti dall’accordo simulatorio. L’attrice è quindi svincolata dai limiti probatori, che la legge pone sol­tanto alla prova della simulazione fra le parti ex art. 1417 c.c.

Tuttavia, non sussistono elementi per ritenere l’accordo simulato.

Come è noto, l’atto di conferimento di un bene (nella specie immobile) in una società di capitali, anche se previsto in sede di costituzione di essa, e quindi prima del­l’acquisto della personalità giuridica, è atto traslativo direttamente in favore della società medesima rappresentata dai soci fondatori diversi dal conferente (cfr. Cass. nr. 2817/1995); con il suddetto atto i beni conferiti entrano dunque a far parte del patrimonio sociale, così sostituendosi, nel patrimonio del debitore, al bene ceduto un titolo di partecipazione a “capitale di rischio”.

A fronte dell’incontestata assegnazione, alla convenuta Sassaroli, delle quote pari al 99% del capitale sociale della società SAXA S.A. in conseguenza del conferimento in oggetto (cfr. atto costitutivo SAXA S.A. dell’8.6.2001, doc. 2 fasc. Capitalia), la società attrice non ha, dunque, in alcun modo provato la simulazione, ossia la mera apparenza del trasferimento dell’immobile.

Al contrario, la convenuta Moncelsi Sassaroli ha fornito elementi ulteriori (sebbene l’onere non fosse su di essa gravante, ai sensi dell’art. 2697 c.c.) che dimostrano la realtà del trasferimento operato: è stata infatti dimostrata per tabulas la successiva cessione delle quote della SAXA S.A., in data 9.8.2001, alla società Cheslyn Finance Inc. (cfr. doc. 2 fasc. Moncelsi Sassaroli), né la società attrice ha replicato alcunché sul punto nei termini concessi ex art. 183, 6° comma c.p.c.

Deve, in conclusione, ritenersi che la società attrice non abbia provato la circostanza che il conferimento dell’im­mobile sia stato soltanto fittizio e preordinato a costituire un’apparenza, mentre la proprietà del bene sarebbe tuttora in capo alla parte alienante.

La domanda va perciò respinta, per insussistenza della prova (art. 2697 c.c.).

La domanda revocatoria non può, parimenti, essere accolta.

Preliminarmente si osserva che le parti convenute hanno eccepito in comparsa di risposta che il diritto fatto valere dalla società attrice con la citazione introduttiva di questo processo sarebbe estinto per esser già maturato, al momento della notificazione di tale atto, il termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 2903 c.c. per l’e­ser­cizio dell’azione revocatoria.

L’esame di tale eccezione ha carattere preliminare rispetto alla disamina del merito dell’azione, in quanto l’e­ventuale estinzione del diritto fatto valere in conseguenza del decorso del tempo previsto dalla legge per la relativa prescrizione determina il venir meno di ogni interesse delle parti all’accertamento dell’esistenza del diritto medesimo (cfr. Cass. n. 4151/1992).

L’eccezione stessa è infondata.

La disposizione dell’art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data del­­l’atto, deve essere, infatti, interpretata (attraverso il coor­­­dinamento con la disposizione generale in tema di prescrizione, di cui all’art. 2935 c.c.) nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può essere fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo (cfr. Cass. n. 1210/2007).

Nel caso di specie la prescrizione ha iniziato dunque a decorrere non dalla stipula dell’atto di conferimento dell’immobile, oggetto di revocatoria, ma dal giorno della trascrizione nei registri immobiliari in Italia (effettuata presso la Conservatoria dei RR.II. Roma 1 in data 30.6.2001 al n. 37805 – cfr. pag. 2 citazione – circostanza incontestata) del­l’atto in questione, depositato “con verbale del 25.6.2001 per notaio Marco De Luca in Roma rep. n. 16941”.

Il termine di prescrizione risulta tuttavia interrotto a seguito della notifica dell’atto di citazione, a mezzo del servizio postale, nei confronti della convenuta Moncelsi Sassaroli, con atto consegnato all’ufficiale giudiziario in data 24.6.2006 (ricevuto dal destinatario in data 28.6.2006).

Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente della Suprema Corte (cfr. Cass. nr. 18399/2009), che il Collegio condivide, non ravvisando serie ragioni per discostarsene, si osserva, infatti, che ai fini della tempestività dell’interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, primo comma, c.c., in applicazione del principio della scissione del momento perfezionativo della notificazione per il richiedente e per il destinatario, occorre aver riguardo non già al momento in cui l’atto con il quale si inizia un giudizio viene consegnato al destinatario, bensì a quello antecedente in cui esso è stato affidato all’ufficiale giudiziario che lo ha poi notificato (nella specie a mezzo del servizio postale), posto che l’esigenza che la parte non subisca le conseguenze negative di accadimenti sottratti al proprio potere d’impulso sussiste non solo in relazione agli effetti processuali, ma anche a quelli sostanziali del­l’at­to notificato.

In ogni caso, anche a volere ritenere, in conformità con il diverso orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. nr. 13588/2009), che, in materia di prescrizione, la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale – affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale – secondo cui, quale sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affi­damento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione in quanto, perché l’atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l’ef­fetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario (cfr. Cass. nr. 13588/2009), pare opportuno evidenziare che in un giudizio introdotto con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., in cui sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore ed il terzo acquirente, convenuti in giudizio dal creditore, qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso (cfr. Cass. nr. 11005/2002).

Alla data della notifica della consegna dell’atto di citazione alla convenuta Moncelsi Sassaroli (28.6.2006) non era, quindi, in ogni caso ancora prescritta l’azione revocatoria ordinaria proposta dal creditore, il che determina il rigetto dell’eccezione sollevata dalle convenute.

Così risolta tale questione preliminare, pacifica la revocabilità dell’atto di conferimento di beni immobili in società, anche se previsto in sede di costituzione della società (cfr. Cass. nr. 10359/1996, 2817/1995), occorre premettere che i presupposti dell’azione revocatoria e dell’azione di simulazione sono fra di loro diversi ed – in parte – contraddittori, presupponendo la prima proprio l’esistenza di una atto valido ed efficace, che invece la seconda mira a confutare. Tuttavia, è ammissibile la proposizione di entrambe secondo un nesso di subordinazione, rimesso alla scelta dell’attore, fermo restando che egli deve farsi carico della congiunta allegazione di fatti, in parte fra di essi incompatibili.

Orbene, dei requisiti dell’azione dell’art. 2901 c.c. – il credito, l’atto dispositivo, la consapevolezza o la dolosa preordinazione dell’atto a sottrarre il bene alla garanzia dei creditori – è rimasto indimostrato l’elemento psicologico.

Il requisito psicologico, come è noto, è posto a tutela del destinatario degli effetti dell’atto impugnato, onde evitare che con la revoca sia leso il suo affidamento incolpevole.

Vi è, in altri termini, uno stretto collegamento tra l’essere consapevole del pregiudizio ed il dover subire gli effetti negativi della revoca dell’atto; chi subisce gli effetti dannosi della revoca coincide con colui che è consapevole del pregiudizio.

È tuttavia indubbio (cfr. Cass. nr. 2817/1995, 10359/1996) che stati soggettivi di buona o mala fede, di scienza o di ignoranza di determinate circostanze non possono essere riferiti alla persona giuridica come tale (nel caso di specie la SAXA S.A. è una Société Anonyme-SA, dotata di personalità giuridica, di diritto lussemburghese, applicabile alla fattispecie, quanto alla costituzione ed all’organizzazione della predetta società, in virtù dell’art. 25 della legge nr. 218/1995), poiché presuppongono atteggiamenti psichici ipotizzabili solo rispetto agli esseri umani.

Appunto per questo si ritiene che, quando l’acquisto è riconducibile all’attività dei soggetti che costituiscono il necessario tramite dell’azione della persona giuridica (i c.d. organi), assumono rilevanza gli stati soggettivi di colui che ha posto in essere l’atto, giusta un principio che, enunciato espressamente dal legislatore in tema di rappresentanza (art. 1391 c.c.), va ritenuto applicabile anche in relazione all’attività delle persone giuridiche.

Prima dell’iscrizione (nel caso di specie, la registrazione nel Registro del Commercio lussemburghese) la verifica in capo ad essa della scientia damni (trattandosi, come è pacifico, di atto posteriore al sorgere del credito mediante rilascio della fideiussione in favore del creditore; cfr. Cass. nr. 8680/2009) passa allora necessariamente per il tramite dell’atteggiamento psichico dei soci fondatori; trattasi, invero, della medesima soluzione innanzi descritta, accolta con riferimento alla diversa ipotesi di revocatoria dei conferimenti effettuati in società già iscritta, non sorgendo dubbi in tal caso che l’elemento soggettivo debba verificarsi in capo alla società, ma che, trattandosi di elementi psichici ipotizzabili solo in persone fisiche, la relativa valutazione vada condotta in riferimento agli elementi psicologici dei legali rappresentanti della società che, appunto, costituiscono il necessario tramite dell’azione della persona giuridica (cfr. Corte di Appello Milano 15.11.1993).

Appare, dunque, parimenti indubbio che sebbene l’ac­cer­tamento della scientia damni debba essere effettuato con riferimento agli altri soci fondatori in caso di conferimento in sede di costituzione della società, i suddetti soci siano del tutto indifferenti rispetto agli effetti dannosi dell’azione revocatoria, poiché tali effetti sono subiti unicamente dal debitore, il quale, in conseguenza della revoca del conferimento da lui fatto, vedrà annullarsi o ridursi la sua partecipazione nella società.

Nel caso in cui la revoca del conferimento in natura minacci l’esistenza stessa della società, gli altri soci potranno, peraltro, indubbiamente subire – ma indifferentemente – gli effetti negativi della revoca dell’atto impugnato; trattasi, tuttavia, di un effetto unicamente riflesso, estraneo all’og­getto del processo, dovendo porsi nel debito rilievo il fatto che, come è noto, la sentenza di revoca viene emessa nei confronti del debitore e del terzo acquirente, che, nel caso della revoca del conferimento, coincide con la società, non con i singoli soci.

L’ipotesi in esame, escluso quindi che possa costituire un caso di litisconsorzio necessario con riferimento ai soci fondatori, può al più far insorgere l’opportunità di una chiamata in causa degli stessi iussu iudicis ex art. 107 c.p.c., oltre alla legittimazione dell’intervento adesivo; se tali soggetti non siano stati chiamati in giudizio e neppure intervenuti autonomamente (come nel presente caso), il processo risulta comunque valido ed efficace inter partes.

Ciò premesso, l’indagine sull’elemento psicologico, nel caso di specie, non poteva allora che essere diretta sullo stato soggettivo dell’unico altro socio fondatore della SAXA S.A., oltre la convenuta, la società di diritto inglese AQUALEGION LTD, ovvero della persona fisica (Luisella Moreschi) che, come amministratore della predetta società AQUALEGION LTD, in nome di questa, partecipò all’atto costitutivo della SAXA S.A.

Tale prova è, tuttavia mancata del tutto; è d’uopo, anzi, evidenziare che parte attrice ha espressamente affermato, quanto all’atteggiamento soggettivo del terzo, che esso dovesse ritenersi “certamente irrilevante, trattandosi di atto a titolo gratuito, in quanto alla formale dismissione del bene non è conseguita una qualsiasi controprestazione” (cfr. pag. 12 comparsa conclusionale Capitalia).

È noto, però, che l’atto di conferimento di beni in società ha certamente caratteristiche di onerosità in quanto idoneo a modificare il patrimonio del soggetto debitore (in ragione dei beni conferiti) in relazione al patrimonio di altro soggetto (società conferitaria) nell’ambito di un sinallagma garantito dall’attribuzione in favore del primo di beni (nella specie quote) del secondo a titolo di corrispettività e commisurandosi, dunque, sulla base di esso la partecipazione sociale del socio conferente, e, quindi, i suoi diritti (cfr. in tal senso Cass. n. 14581/2001, 6270/1980).

È rimasta allora del tutto sfornita di supporto probatorio la tesi della società attrice secondo cui il conferimento dell’immobile in questione sarebbe stato posto in essere a fini fraudolenti e non per la naturale intenzione di costituire una società di capitali mediante conferimento del predetto bene.

In conclusione, sulla base di tutte le considerazioni innanzi illustrate le domande attoree non possono che essere integralmente disattese.

Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza, e, pertanto, parte attrice deve essere condannata alla rifusione delle spese sostenute dalle parti convenute, che si liquidano d’ufficio, in difetto di notula, come da dispositivo, in base al valore della controversia (€ 1.391.213, 10), compreso il rimborso forfetario delle spese generali di cui alla tariffa professionale, credito che, secondo l’orienta­mento prevalente della giurisprudenza di legittimità, consegue (e la cui misura è determinata) per legge, sicché spet­ta automaticamente al professionista, anche in assenza di allegazione specifica e di domanda, dovendosi, que­st’ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali (cfr. Cass. n. 8238/2007, 146/2006, 20321/2005, 603/2003).

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, 3° sezione civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nel procedimento nr. 45480/2006, in contraddittorio tra le parti, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– rigetta le domande proposte da Capitalia Service J.V. S.r.l. nei confronti di Maria Adelaide Moncelsi Sassaroli e Saxa S.A., in persona del legale rappresentante p.t.;

– condanna parte attrice al pagamento delle spese di lite sostenute da Maria Adelaide Moncelsi Sassaroli e dalla Saxa S.A., che si liquidano, in favore di ciascuna difesa, in €3.200,00 per diritto ed € 9.000,00 per onorari, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della III sezione civile del Tribunale, il giorno 13.04.2010.

SOMMARIO:

1.  Il caso - 2.  La normativa di riferimento - 3.  Precedenti giurisprudenziali e posizioni dottrinali - 4.  Il commento - NOTE


1.  Il caso

Il caso in esame ha visto coinvolto un primario istituto di credito, che aveva promosso un’azione nei confronti di un soggetto, il quale, essendosi reso in precedenza garante delle obbligazioni assunte da una società di famiglia dello stesso verso il suddetto istituto ed essendo l’esposizione debitoria di tale società giunta ad un livello consistente e non sanata, aveva costituito insieme ad un altro socio (un società di diritto inglese) una società di diritto lussemburghese, conferendo all’interno della stessa un immobile di sua proprietà. Più precisamente, l’azione esercitata dall’istituto di credito è stata diretta a far dichiarare la simulazione o, in subordine, l’inefficacia per revoca ex art. 2901 c.c., dell’atto di conferimento suddetto, in quanto finalizzato a sottrarre dal proprio patrimonio un cespite da parte del convenuto, così diminuendo la garanzia patrimoniale a favore dell’istituto di credito stesso. Entrambe le domande sono state rigettate da parte del Tribunale, la prima per mancanza di prova della simulazione, la seconda per mancanza di prova dell’elemento psicologico della fraudolenta costituzione della società da parte del socio del convenuto in accordo con quest’ultimo. Unitamente alla vicenda in esame ed affrontando problematiche simili a quelle trattate in essa, il Tribunale di Roma si è pronunciato in data 7 gennaio 2014, su un caso di revocatoria ordinaria esercitata da un fallimento ed avente ad oggetto un atto di conferimento in natura compiuto dalla società fallita, quando si trovava in bonis ma già fortemente indebitata, ossia il conferimento in una società di un proprio immobile insieme ad un ramo di azienda, a seguito della sottoscrizione di quote ad essa offerte in un’operazione di aumento di capitale deliberato dalla suddetta società, nonché la successiva e ravvicinata cessione delle quote così sottoscritte ad un’altra società costituita ad hoc poco tempo prima. In tal caso, il Tribunale ha accolto la domanda di revoca degli atti suindicati, ravvisando gli elementi oggettivi e soggettivi di un progetto teso a depauperare il patrimonio della società attrice, quando era ancora in bonis, tenendo anche conto del fatto per cui gli organi sociali della società, al tempo dei fatti, erano [continua ..]


2.  La normativa di riferimento

Nell’esaminare le domande promosse innanzi ad esso, le principali problematiche affrontate dal Tribunale per la motivazione della sentenza qui annotata, hanno riguardato la revoca del conferimento effettuato in sede di costituzione di una società di capitali nonché le caratteristiche dell’elemento psicologico quale presupposto per la revocabilità dello stesso ex art. 2901 c.c. Pertanto, occorre preliminarmente far riferimento ad una serie di disposizioni del Codice Civile in materia di conferimenti, sia per le società di persone che per le società di capitali. Con riferimento alle società di persone, l’art. 2253, 1° comma, c.c. stabilisce che: »Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale». Inoltre, l’art. 2254, 1° comma, c.c. recita testualmente: «Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalla norme sulla vendita». Passando alle società per azioni ed in accomandita per azioni, l’art. 2342, 3° comma, c.c., in relazione ai conferimenti di beni in natura (ipotesi riconducibile al caso in esame in questo scritto), prevede che: «Per i conferimenti di beni in natura (…) si osservano le disposizioni (…) (dell’art.) 2254 (…). Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione». Infine, per le società a responsabilità limitata, l’art. 2464, 5° comma, c.c. stabilisce che: «Per i conferimenti di beni in natura (…) si osservano le disposizioni (…) (dell’art.) 2254 (…). Le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione». Rivolgendo poi l’attenzione all’azione revocatoria ordinaria, l’art. 2901, 1° comma, c.c., con riferimento alle condizioni per l’esercizio della stessa, prevede che: «Il creditore (…) può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (…); 2) che, inoltre, trattandosi di [continua ..]


3.  Precedenti giurisprudenziali e posizioni dottrinali

Diverse sono state negli anni le pronunce giurisprudenziali in materia di revocabilità dei conferimenti in società; tuttavia, appare utile menzionare gli orientamenti espressi in quelle che si ritengono maggiormente significative. Innanzitutto, in tema di ammissibilità dell’azione revocatoria di conferimento immobiliare in società, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata affermando che il conferimento immobiliare è soggetto all’azione revocatoria dei creditori dei soci, qualora risulti provato che tale atto sia stato compiuto al solo scopo di sottrarre la garanzia patrimoniale ai creditori stessi [1]. Inoltre, la Corte, trattando della natura e degli effetti economici del conferimento di un bene immobile in una società di capitali, anche se effettuato in sede di costituzione di essa (e quindi prima dell’ac­quisto della personalità giuridica), ritiene che esso sia atto traslativo direttamente in favore della società medesima rappresentata dai soci fondatori diversi dal conferente e sia idoneo a pregiudicare le ragioni del creditore di detto conferente, dato che sostituisce nel suo patrimonio al bene ceduto un titolo di partecipazione a “capitale di rischio”, con la conseguenza che nel concorso del requisito soggettivo di cui all’art. 2901 c.c. (da riscontrarsi in capo ai menzionati altri soci fondatori), è impugnabile con azione revocatoria; la Corte precisa comunque che l’azione revocatoria non interferisce sulla validità del contratto costitutivo della società (e quindi non trova ostacolo nelle disposizioni dell’art. 2332 c.c.), né si riverbera in danno dei creditori sociali, i quali sono tutelati dal comma ultimo del citato art. 2901 c.c., sulla salvezza dei diritti acquistati dai terzi in buona fede [2]. In tema di presupposti per l’esperibilità della revocatoria ed in primis con riferimento al pregiudizio subito dalla propria garanzia patrimoniale sul patrimonio del debitore, che legittima il creditore ad agire, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa pun­tualizzando che a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può [continua ..]


4.  Il commento

Nella sentenza in esame, il Tribunale ha rigettato la domanda volta a far dichiarare la revocatoria del conferimento di un bene immobile in una società da parte del debitore, per mancanza di prova sull’ele­mento psicologico della fraudolenta costituzione della società da parte del socio del convenuto/debitore in accordo con quest’ultimo, al fine di sottrarre alla possibile escussione da parte dell’attore il cespite conferito nella neo costituita società. Nel motivare in tal senso, il Tribunale evidenzia che parte attrice non ha posto rilievo sul suddetto elemento psicologico durante il processo, sottraendo lo stesso alla prova della sua sussistenza. Peraltro, assunto che non possano prevedersi altre “sanzioni” di inefficacia relativa o assoluta del contratto sociale, diverse da quelle previste dall’art. 2332 c.c., nel percorso logico che ha condotto il giudice di primo grado alla suddetta conclusione, que­st’ultimo si esprime evidenziando che, seppur l’ac­cer­tamento della scientia damni debba essere effettuato con riferimento agli altri soci fondatori (visto che il conferimento è stato effettuato in una società di nuova costituzione e quindi ancora priva della personalità giuridica, caso, quest’ultimo, in cui tale accertamento avrebbe dovuto essere effettuato in capo al componente/persona fisica dell’organo sociale che agiva), gli stessi resterebbero del tutto indifferenti rispetto agli effetti di un eventuale esito positivo dell’azione revocatoria del conferimento, visto che l’unico soggetto che verrebbe danneggiato è il debitore/socio/convenuto, il quale si vede annullare la sua partecipazione sociale. Inoltre, continua il Tribunale, i suddetti effetti dan­nosi verrebbero a colpire soltanto di riflesso ed indifferentemente gli altri soci fondatori, in quanto: “(…) la sentenza di revoca viene emessa nei confronti del debitore e del terzo acquirente, che, nel caso della re­voca del conferimento, coincide con la società, non con i singoli soci”. Orbene, nella motivazione alla propria decisione, il Tribunale da un lato afferma la necessità di porre l’accertamento dell’elemento psicologico costituente presupposto di esperibilità dell’azione revocatoria in capo agli altri soci fondatori, nel caso in cui l’azione abbia ad oggetto un [continua ..]


NOTE