Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Categorie di quote, diritti di voto e governance della “nuovissima” s.r.l. (di Paolo Benazzo)


Il saggio si focalizza sulla ricostruzione della disciplina legale del modello s.r.l. a valle dei recenti interventi legislativi, segnatamente di quelli occorsi nell’anno 2017, in forza dei quali il codice organizzativo non azionario è venuto assumendo sempre più – in tema di raccolta del capitale di rischio, diritti proprietari e governance interna – i connotati propri della s.p.a. quale modello legale tipicamente disegnato nel codice civile secondo le logiche proprie di un codice vocato e aperto all’appello al pubblico risparmio e alla verosimile compresenza, nel capitale sociale, di soci-imprenditori e soci-risparmiatori. E come tale dunque, basato sulla rilevanza dell’azione e non già del socio. Un’evo­lu­zione legislativa – quella che con la legislazione speciale ha interessato la s.r.l. – alla quale non si è tuttavia accompagnata l’adattamento dello statuto generale alla nuova fisionomia del modello non azionario: di qui il tentativo di ricostruire una disciplina comune tra s.p.a. e s.r.l., che, nel rispettare l’autonomia e lo statuto legale dei due modelli societari, si rapporti alla progressiva apertura al mercato dei capitali anche del capitale di rischio delle s.r.l.-P.M.I. Ricostruzione che, sul piano dell’integrazione, delle regole della s.r.l.-P.M.I. aperta, diversamente si declina in funzione di regole di mercato, regole societarie e soft laws e, sul piano interpretativo, passa per una rilettura delle norme del codice civile che coniughi il carattere intuitus personae proprio del modello legale e la possibilità di una raccolta di equity tramite quote sostanzialmente “azionarie”.

Classes of equity-holdings, voting rights and governance of the “new” Limited Liability Companies-SMEs

The paper focuses on the issue that some recent legislative decrees, with the aim of supporting and facilitating the growth of Italian SMEs – mostly incorporated and organized as “società a responsabilità limitata” (s.r.l.-PMI) –originated, insofar such innovations allow both company’s by-laws to tailor the equity-holdings and proprietary and administrative rights thereto embodied in terms very much similar to the shares issuable by a “società per azioni” (s.p.a.), and the company itself to publicly offer such equity-holdings also (but not only) on website portal. Indeed, the common legal statute of the società a responsabilità limitata (s.r.l.) is still configured by the Italian civil common following the hallmarks of a private company, with a prospective small number of equity-holders with reciprocal fiduciary relationships and with deep and strong voice rights, whilst the s.p.a.’s statute is governed by internal corporate governance structure and administrative rights tailored for public companies. The paper suggests an integration of the s.r.l.’s common rules and provisions alternatively and differently articulated with regards to market rules, corporate rules and soft laws, as well as an interpretation of the rules of the Italian civil code in case of a s.r.l.-PMI, with equity-holdings generally offered to investors, more in line with issues and instances intrinsically endemic to s.p.a. and companies with equity represented by shares.

KEYWORDS: S.r.l. – S.r.l.-P.M.I. – Innovative S.r.l. – S.r.l.-start-up – Common By-laws of S.r.l. – Integration and interpretation of S.r.l.-PMI’s statute – Classes of equity-holdings and ownerships rights – Public Offering of equity-holdings – Financial Instruments – Market rules – Corporate rules – Soft Laws – Freedom of Contract.

SOMMARIO:

1. - 2. - 3. - 4. - 5. - 6. - 7. - 8.


1.

Nell’arco temporale di quindici lustri, quelli che corrono tra il 1942 e il 2017, l’istituto della società a responsabilità limitata è andato incontro a una profonda (e non sempre lineare) evoluzione; e, come è spesso accaduto nelle diverse aree del diritto, anche per la s.r.l., il processo ha subìto l’accelerazione più intensa, quanto convulsa, con l’avvio del terzo millennio. Sia pur con tutti i limiti inevitabilmente insiti in una semplificazione classificatoria, ecco le tappe e le mutazioni cui il “tipo” s.r.l. è andato via via incontro. La s.r.l. è infatti passata da un’anelastica sudditanza rispetto al tipo azionario che ne ha caratterizzato l’adolescenza, a una plastica flessibilità rispetto al modello organizzativo capitalistico-corporativo che ne ha accompagnato la maturità, per arrivare, nella sua terza età, a una antagonistica (e, all’interno della categoria delle società di capitali, endo-competitiva) polimorfia rispetto alla società per azioni. Idealmente l’avvio prende le mosse con il 1942, allorquando la s.r.l. si presentava quale “sorella minore” del ben più blasonato e strutturato codice organizzativo azionario: una s.r.l., dunque, per così dire assopita (in senso giuridico) sulle spalle (o sotto l’usbergo) della s.p.a., sì che – sul piano della disciplina legale (e, a bene vedere, anche di quella modellabile per mano dell’autonomia statutaria) – la s.r.l. si potesse (e dovesse) presentare (e operare) quale piccola società per azioni senza azioni. Un destino – e una collocazione nella tassonomia dei codici societari – che rimangono sostanzialmente immutati sino alla novella legislativa del 2003, allorquando, le connotazioni distintive del nuovo modello societario – fondato, per un verso, sulla rilevanza centrale del socio, delle relazioni fiduciarie interpersonali e sull’immanenza rispetto al programma societario dei singoli portatori di capitale di rischio, nonché, per un altro verso, sulla centralità del contratto quale strumento di negoziazione, di mediazione e di gestione delle dinamiche endo-societarie – portavano la s.r.l. a stagliarsi orgogliosamente in via autonoma (non tuttavia autarchica) rispetto alla s.p.a., quale [continua ..]


2.

La rottura consumatasi nel 2017 – quel cambio di paradigma cui si faceva cenno al principio – ha ripercussioni notevoli. Essa si traduce in una forte tensione a livello tipologico, a livello normativo e infine a livello funzionale. Sul piano tipologico, innanzitutto, si registra la profonda alterazione del modello s.r.l. quale codice organizzativo fondato sulla rilevanza centrale del socio. La domanda che il nuovo assetto normativo impone è infatti se persona e azione (o, si potrebbe anche dire, contratto e investimento) siano fattori necessariamente alternativi o in qualche modo coniugabili; e, in questo secondo caso, a quali condizioni possano (o debbano) trovare una sinergica composizione. Ma ricadute altrettanto consistenti si rilevano sul piano normativo. Qual è, infatti, la disciplina legale per le nuove s.r.l. aperte e, ancor più in particolare, per le s.r.l. statutariamente conformate secondo il modello azionario (che, come appresso si dirà, costituiscono un sottoinsieme delle prime)? E, in immediata successione, qual è il margine di operatività dell’autonomia statutaria in presenza di una siffatta nuova sintassi capitalistico-finanziaria del modello s.r.l.? Quante e quali categorie di quote, e quanti e quali diritti sociali particolari, sono ammissibili? Quanti e quali assetti organizzativi e regole di governance devono ritenersi imperativi, all’interno di una s.r.l.-P.M.I. aperta? Nel vecchio (e cartesiano) mondo, in vigore sino al 2017, la risposta a tutti tali interrogativi era abbastanza agevole, dacché gli assi sostanzialmente erano ordinati in modo che: (i) vi fosse un tributo in termini di autonomia privata e libertà contrattuale direttamente proporzionale al vantaggio rappresentato dalla possibilità di un accesso indistinto e generalizzato al mercato dei capitali; (ii) operasse la necessità di presidi etero-imposti (in via imperativa) a salvaguardia d investimenti affidati al­l’altrui gestione ad opera di chi – il socio-risparmiatore – è, per sua natura, apatico, disinformato e inadeguato. Non altrettanto è a dirsi nel nuovo mondo, ove: (i) le innovazioni legislative si sono affastellate quali meri eserghi, veri e propri frammenti (incidentalmente e) accidentalmente inseriti nel corpus normativo, senza declinazione [continua ..]


3.

Sembra però opportuno procedere, con ordine, a due operazioni ermeneutiche preliminari, che nelle pagine che precedono si sono date per acquisite e che invece occorre compiutamente illustrare. Da un lato, si devono dimostrare due assunti. Il primo: che la s.r.l.-P.M.I. è in quanto tale e per ciò stesso (sempre, in potenza) una società aperta. Il secondo: che la s.r.l.-P.M.I. può sempre emettere azioni. Vi si provvederà nel paragrafo presente, rispettivamente sub a) e sub b). Dall’altro lato, ma in qualche misura conseguentemente a quanto si è appena detto, occorre mettere a fuoco più puntualmente la fattispecie di s.r.l.-P.M.I. per la quale si avverte la tensione tipologica, normativa e funzionale di cui si è detto poco sopra. Tema che si affronterà nel paragrafo successivo. a) Quanto al primo assunto che si è detto, già altri hanno messo in luce come la distinzione tra società chiusa e società aperta, un tempo propria del solo modello azionario, sia oggi patrimonio comune anche alla s.r.l. Quello che, a mio avviso, va aggiunto è che oggi qualsivoglia s.r.l.-P.M.I. sia in potenza tale (e che lo sia anche nella configurazione e nella conformazione declinate nel modello di diritto comune e contenuto nel codice civile). In tal senso depongono i riferimenti normativi cui già si è fatto cenno poc’anzi, e in particolare: (i) l’art. 26, 5° comma del Decreto a mente del quale le quote di partecipazione sociale di s.r.l., come tali, possono essere oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche (e perciò non solo) attraverso portali per la raccolta di capitali; così come confermato dall’art. 100-ter, comma 1°-bis, Tuif; (ii) l’art. 93-bis Tuif, a mente del quale l’appello al pubblico risparmio si ha con l’offerta al pubblico di sottoscrizione e vendita (dunque anche con un possibile sviluppo di un mercato secondario) di «titoli di capitali» intesi come «azioni e altri strumenti negoziabili equivalenti ad azioni di società»; (iii) l’estensione della nozione di «valore mobiliare» a quelle «categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società» [continua ..]


4.

Di qui la necessità di costruire un nuovo assetto ordinamentale per la s.r.l. Di qui la necessità di misurare il grado e le condizioni dell’influenza della disciplina azionaria, quale regime strutturalmente ideato per l’accesso al mercato dei capitali. Alcune condizioni, per così dire preliminari, debbono peraltro essere osservate: (i) il rispetto dell’antagonismo competitivo (purché virtuoso) dei due modelli legali di società di capitali (ancora “esistenti” nella tassonomia dei tipi) e, dunque, salvaguardia dell’imprescindibile autonomia e autoreferenzialità della disciplina del tipo s.r.l.; (ii) il richiamo integrativo della regolamentazione della s.p.a. basato sul meccanismo dell’analogia o dell’applicazione estensiva solo in presenza di una lacuna (anche in forma di novità della normativa) nella s.r.l. Il primo terreno su cui misurare il rispetto delle due condizioni appena indicate è la più puntuale definizione della fattispecie di s.r.l. che impone (o comunque sollecita) il ripensamento della disciplina applicabile, anche in deroga a quanto (tuttora) previsto dal codice civile. È vero infatti che, come esposto nelle pagine che precedono, qualunque s.r.l.-P.M.I. è in potenza una società aperta. La società per la quale si pone un problema di integrazione e interpretazione della disciplina codicistica della s.r.l., però, è solo quella s.r.l.-P.M.I. che sia effettivamente aperta. Intendendo per tale quella s.r.l.-P.M.I. che, alternativamente, (i) abbia in concreto operato un’offerta al pubblico e dunque una sollecitazione all’investimento, nelle diverse forme e secondo le diverse modalità – offerta fuori o portali on-line – che oggi l’ordinamento prevede; (ii) abbia statutariamente configurato le quote di partecipazione sociale, avvalendosi delle deroghe consentite dall’art. 26 del Decreto, secondo il modello azionario, attrezzandosi così a una prossima e agevole collocabilità sul mercato, senza tuttavia che la sollecitazione abbia ancora avuto luogo. Da un lato, infatti, deve essere (ri)affermata, e così preservata, la distinzione tra i due codici organizzativi, s.p.a. e s.r.l.: la prima quale modello tipologicamente e per sua natura vocato all’apertura al mercato; la seconda quale modello per [continua ..]


5.

Ciò precisato, partiamo così dal piano della integrazione della disciplina. La soluzione più accattivante (e forse anche, in termini sostanzialistici, giustificabile) – ed è invero quella sulla quale qualche prima riflessione (sia pur dubitativa) ho avanzato e sulla quale anche autorevole dottrina si è di recente allineata – sarebbe quella di procedere con la enucleazione di uno statuto speciale, trans-tipico, comune al modello legale tipicamente ideato e tracciato per imprese a eguale vocazione di mercato (la s.p.a.), la cui applicazione avverrebbe in via progressivamente estensiva (e non “per salti”) di pari passo con l’apertura al mercato dei capitali del codice organizzativo e dunque in misura direttamente proporzionale alla condivisione di eguali matrici, e di coincidenti scelte, in termini di assetti interni di conformazione e di configurazione del programma sociale. Dopo tutto, in tale senso si potrebbe argomentare che è il sistema nel suo complesso a muoversi verso la s.p.a. quale modello di riferimento: si pensi alle innovazioni sul piano delle riforme del diritto della crisi d’impresa che, anche nella s.r.l., confermano (ormai de iure condito con l’intervenuta pubblicazione del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza»: cfr. gli artt. 375, 377, 378 e 379) l’operatività dell’azione dei creditori sociali, ampliano i casi di obbligatorietà del controllo di tipo organico-istituzionale, attivano il controllo esterno ad opera dell’autorità giudiziaria e affermano – in questo caso sino ad abbracciare anche le società di persone – l’obbligo di assetti organizzativi adeguati, a loro volta unitariamente costruiti sulla riserva esclusiva della gestione dell’impresa in capo all’organo amministrativo, mimando l’assetto proprio del modello azionario. Ancora, si potrebbe che è sempre il sistema medesimo a sospingere le imprese “aperte” verso il codice organizzativo azionario, là ove (per cercare di recuperare una lettura costituzionalmente orientata alla scelta di riservare le deroghe al diritto societario alle sole s.r.l.-P.M.I., negandole viceversa alle s.r.l. di grandi dimensioni) sostanzialmente indica quale linea di approdo nel processo evolutivo dell’impresa il modello [continua ..]


6.

Per venire alle regole di diritto societario, invece, poiché la s.r.l.-P.M.I. aperta pertiene al ceppo comune della s.r.l., diviene arduo sottrarsi – nell’integrazione del corpus normativo speciale – alla regola dell’autoreferenzialità del sistema di riferimento e della conseguente possibilità di innesto di norme e principi alieni solo in presenza di lacune, o almeno di manifeste, irragionevoli aporie, del sistema medesimo. Ciò non significa, beninteso, che tutto ciò che è regola di diritto societario (e non di mercato) non trovi senz’altro cittadinanza. Talvolta la lacuna si genera proprio per effetto di quelle «deroghe al diritto societario» (sottinteso “ordinario”) previste dal Decreto, ora accessibili a tutte le s.r.l.-P.M.I. Invero, nella misura in cui vengano a trovare ingresso in tali società istituti prima non conosciuti e non ammessi dalla regolamentazione di diritto comune della s.r.l., mi pare che non vi sia difficoltà a completare la relativa disciplina con il rinvio alla regolamentazione della s.p.a. E così a estendere – s’intende: sempre nella s.r.l.-P.M.I. aperta – regole e principi che al di fuori del modello azionario si possono giustificare per “contiguità sistematica” ed “equivalenza funzionale”, ossia in ragione di un’istanza di protezione di interessi generali e sovraordinati, rispetto alla posizione dei soci-imprenditori, che la disciplina codicistica della s.r.l. non è in grado in alcun modo di soddisfare. a) In questa direzione, per es., non vedrei difficoltà a estendere, in relazione al­l’acquisto di azioni proprie di cui all’art. 26, 6° comma del Decreto, la necessità che una simile operazione debba avvenire nel rispetto dei termini e delle condizioni previste nell’ipotesi di acquisto di azioni proprie ai sensi degli artt. 2357 e ss. c.c. b) Nello stesso senso riterrei legittimo, con riferimento alla creazione di categorie di quote, conciliare la disciplina delle partecipazioni aventi «diritti diversi» con quanto previsto nel tipo azionario. È ragionevole ritenere, in particolare che, in presenza di categorie di quote speciali, la tutela degli interessi di classe sia sottratta a logiche strettamente individuali e soggettivamente singolari quali il diritto di recesso [continua ..]


7.

Acclarati i termini in cui può farsi luogo, già sul piano legale, a un’integra­zione acquisitiva della disciplina azionaria, si deve prendere atto che vi sono ambiti in cui l’influenza di quest’ultima si può manifestare, prima ancora che mediante l’innesto di propri spezzoni nella regolamentazione della s.r.l.-P.M.I. aperta, nella facilitazione di una diversa interpretazione delle disposizioni normative della stessa s.r.l. (beninteso: sempre e soltanto nei casi in cui quest’ultima abbandoni l’alveo suo originario, tuttora chiaramente definito nella disciplina codicistica: v. §4). Invero, se per un verso, è possibile estendere alla s.r.l. norme e regole della s.p.a. poste a presidio del pubblico risparmio, o al più direttamente collegate a profili specifici del tipo azionario, ora accessibili anche a ogni s.r.l.-P.M.I.; per un altro verso, non pare lecito elidere o accantonare – in assenza di una precisa indicazione normativa – precetti e articoli presenti nello statuto di diritto comune della s.r.l., pena un’altrimenti arbitraria (e perciò inammissibile) selezione soggettiva. Al più, e soltanto, potranno essere ricercate una interpretazione e una lettura più orientate in coerenza con le logiche e le istanze proprie di una società a vocazione finanziaria. a) Il primo campo in cui tale fenomeno è constatabile a mio avviso è, ancora una volta, quello delle quote di partecipazione e dei relativi diritti, con specifico riferimento ai «particolari diritti» ex art. 2468, 3° comma, c.c. All’esito della riforma del 2003 è andato affermandosi l’orientamento – condivisibile – secondo il quale, seppur a elencazione non tassativa, le situazioni giuridiche singolari che possono essere riconosciute a uno o più soci, avrebbero dovuto declinarsi in termini attivi (e non già passivi). Avrebbero cioè dovuto procedere in senso accrescitivo (e non già diminutivo) dei diritti spettanti per legge uti socius. Si tratta di una lettura che, ragionevolmente, con l’irruzione anche nella s.r.l. di logiche e dinamiche di tipo eminentemente finanziario come quelle sopra richiamate e illustrate, dovrà essere ora abbandonata, quanto meno nelle s.r.l.-P.M.I. aperte. Invero, stante la possibile diversificazione delle modalità di [continua ..]


8.