Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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(1-2) Attività di direzione e coordinamento di società e denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. (di Amedeo Valzer  )


TRIBUNALE MILANO (decr.) – 25 luglio 2008 – Ferraris, Presidente – Fiecconi, Giudice relatore ed estensore – Cavallini Sergio e Schiavi Cesare (avv.ti ***) c. Schiavi Antonio, Attanasio Antonio, Zambelli Paolo Maria, Cocchetti Giulia Giovanna Elena, Cappucciati Guido, Pretti Giorgio, Conti Daniela, Meregalli Daniela (avv. ***) e nei confronti di Finanziaria Farnese s.p.a. (avv. ***)

 

Società per azioni – Denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. – Condizioni di ammissibilità

(Art. 2409 c.c.)

 

I fatti suscettibili di denuncia ex art. 2409 c.c. possono essere soltanto le gravi irregolarità compiute dagli amministratori e sindaci e non censure di merito che investano, dal punto di vista dei risultati di gestione raggiunti, l’opportunità o la convenienza delle operazioni effettuate dal­l’or­gano amministrativo. Il Tribunale adito può conoscere della legittimità sostanziale delle condotte denunziate, vagliando la loro conformità alle norme di legge e di statuto, che regolano l’attività propria degli amministratori, e non limitarsi ad un mero controllo di legittimità formale dei comportamenti denunciati. Nell’ottica delle finalità preventive dei provvedimenti che il Tribunale può assumere nei confronti di amministratori e sindaci, i comportamenti integranti gravi irregolarità sono rilevanti solo se attuali, non essendo consentita l’adozione di provvedimenti in relazione a fatti e comportamenti che abbiano oramai esaurito i loro effetti (1).

 

Società per azioni – Gruppi di società – Denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. per gravi irregolarità compiute dagli amministratori della capogruppo nello svolgimento dell’attività di direzione e coordinamento – Ammissibilità – Legittimazione dei soci della società controllante e delle società controllate – Sussistenza

(Artt. 2409, 2497 ss. c.c.)

 

Per quanto l’art. 2497 c.c. non ponga l’accertamento di una responsabilità propria degli amministratori della controllante quale condizione necessaria per l’affermazione della responsabilità diretta dell’ente nei confronti dei soci e creditori delle controllate, non è escluso che nella sfera di responsabilità propria della controllante possano essere attratti, in via discendente e riflessa, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, anche i suoi amministratori e sindaci. Ciò è confermato, del resto, dal fatto che nell’ambito della disciplina dettata in materia di attività di direzione e coordinamento di società, il legislatore abbia disegnato un nuovo profilo di responsabilità (contrattuale) non solo della società controllante, ma anche direttamente dei suoi amministratori (e, eventualmente, dei sindaci), per la violazione degli obblighi di pubblicità e di motivazione in ordine alle attività compiute nell’ambito della direzione del controllo del gruppo (artt. 2497 bis e ter c.c.). Pertanto, poiché la novellata disposizione di cui all’art. 2409 c.c. deve essere coordinata con le nuove disposizioni in tema di responsabilità della controllante, essa deve intendersi riferita, più ampiamente, anche ad una condotta sostanzialmente irregolare degli amministratori e dei sindaci, esplicatasi nell’ambito della direzione del gruppo. Ne deriva, così, la sussistenza della legittimazione sia dei soci della società controllante che dei soci delle società controllate a provocare il controllo del Tribunale ex art. 2409 c.c. sulla legittimità sostanziale dell’attività di coordinamento e controllo operata dagli amministratori e dai sindaci della società controllante, nel caso che, in violazione dei rispettivi doveri, essi abbiano compiuto gravi irregolarità in grado di arrecare danno – anche solo potenziale – alla stessa società controllante o alle società da quest’ultima controllate (2).

 

 

 

 

(Omissis...) *

 

DECRETO

 

Prima di procedere al vaglio dei fatti denunciati dai soci di minoranza della società Finanziaria Farnese S.p.A., risulta preliminare richiamare in diritto le situazioni che possono essere oggetto della denuncia di cui all’art. 2409 c.c. In­nanzitutto, i fatti denunciati possono essere soltanto le gravi irregolarità compiute dagli amministratori e dai sindaci, non cesure di merito che riguardino l’opportunità o la convenienza delle operazioni degli amministratori dal punto di vista dei risultati di gestione raggiunti. Deve, poi, trattarsi di cesure sulla legittimità sostanziale delle condotte as­sunte, concernenti il rispetto delle norme di legge e di statuto che regolano l’attività propria degli amministratori, non potendosi il tribunale limitare ad un controllo di formale legittimità del comportamento assunto. I comportamenti integran­ti gravi irregolarità, inoltre, possono avere rilevanza al fine delle finalità preventive dei provvedimenti che il tri­bunale può assumere nei confronti di amministratori e sindaci solo se siano attuali, non essendo consentita l’adozione di prov­vedimenti in relazione a fatti e comportamenti che abbiano ormai esaurito i loro effetti (cfr. Corte d’App. Milano 27 febbraio 1992, Società 2002, 1078).

I ricorrenti denunciano al tribunale diverse irregolarità nella gestione di alcune società partecipate dalla società Finanziaria Farnese S.p.A., e nel far ciò individuano nella condotta sia degli amministratori che dei sindaci di que­st’ultima comportamenti od omissioni rilevanti e potenzial­mente dannosi non solo per le società controllate ma anche per la società controllante; nella denuncia si fa espresso riferimento al disposto di cui all’art. 2497 codice civile di nuovo conio, nel quale viene sancita la diretta responsabilità della società controllante verso i soci e creditori delle società controllate che ricevono un danno dall’attività di direzione e controllo. Nel far questo deducono che la denuncia al tribunale di cui all’articolo 2409 c.c. – nella novellata edizione – considera anche l’attività di direzione e controllo esercitata dagli amministratori e sindaci della con­trollante nel caso che, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione in grado di arrecare danno – anche solo potenziale – alla società controllante o alle società controllate. I fatti in esame risalgono tutti ad operazioni di acquisto di pacchetti azionari da parte della controllante o delle controllate effettuati nel corso degli esercizi 2003/2004, in occasione della rottura di un rapporto di “joint venture” con il gruppo nipponico Amada. I ricorrenti assumono che nel contesto dell’operazione di scissione del rapporto di collaborazione tra i due gruppi so­no state intraprese dagli amministratori della controllante diverse iniziative con finalità extrasociali e in conflitto d’in­teressi, a tutto vantaggio dell’azionista di maggioranza rappresentato dalla “famiglia Vito Schiavi”, che detiene il 68,85 % del capitale della società. Le operazioni avrebbero generato un generale depauperamento del gruppo che si sta manifestando ancor oggi, posto che la società finanziaria, a fronte di una sostanziale posizione di equilibrio tra costi e ricavi nei vari esercizi, per effetto di acquisizioni di pacchetti azionari e rami di azienda a prezzi onerosi o di acquisti di

 

 

 
   

 

 

* Il testo integrale del decreto è reperibile nell’apposita sezione del sito internet della Rivista.      
cespiti immobiliari a prezzi maggiorati, si trova in una situazione di perdita di capitale oltre il terzo ex art. 2446 c.c., per la quale i soci nel corrente anno sono chiamati a intervenire. Denunciano altresì la posizione di incompatibilità in cui si trovano i sindaci della società, quali soci di studio di alcuni amministratori, i quali si avvalgono di prestazioni pro­fessionali di soci di studio per la tenuta della contabilità, in contrasto con quanto disposto dall’art. 2399 c.c.

Per tale motivo chiedono in principalità che si proceda a nominare un ispettore al fine di verificare le irregolarità ge­storie denunciate o, in subordine, che venga disposta la re­voca giudiziale di amministratori e sindaci.

I resistenti in generale deducono la carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti in quanto parti (soci) non legittimate a far valere direttamente l’azione di cui all’art. 2497 c.c., risultando essi solamente a soci della società controllante, dalla responsabilità della quale farebbero derivare quella dei suoi organi per l’attività di direzione e controllo delle controllate; nel merito respingono la sussistenza di un’attività dannosa per la società controllante e le controllate riferibile al tempo della scissione dal gruppo Amada.

L’assunto dei resistenti è concettualmente infondato per­ché, secondo il nuovo profilo di responsabilità diretta della società controllante, previsto dall’art. 2497 c.c., in relazione all’attività di direzione e controllo che danneggi le società controllate e dunque i soci e i creditori di queste ulti­me, la condotta degli amministratori e sindaci nella gestione delle controllate potrebbe rilevare anche per i soci della società controllante qualora detta attività sia frutto di gravi irregolarità nell’attività di coordinamento integranti un danno per la società controllante o per la controllata, pur valutando le ope­razioni in un’ottica di vantaggi compensativi.

Il legislatore, innanzitutto, ha costruito la responsabilità della controllante all’interno del fenomeno di gruppo come una responsabilità diretta dell’ente o società che certamente prescinde da un accertamento di responsabilità personale degli organi che la conducono; ciò nondimeno, gli amministratori della società che esercita il controllo potrebbero ugualmente essere attratti nel campo di responsabilità che riguarda direttamente la società controllante, qualora l’attività di direzione e controllo si riveli dannosa per le società controllate o, più in generale, per il gruppo cui appartengono, e sia riferibile a con­dotte gestorie illecite o irregolari: in proposito, assume rilievo quanto disposto dall’art. 2497, co. 2, c.c., nella parte in cui prevede la responsabilità solidale di “chi” (idem est, persona fisica o giuridica) comunque abbia preso parte al fatto lesivo e “chi”, nei limiti del vantaggio conseguito, ne abbia consapevolmente tratto beneficio.

Se, in ipotesi, l’attività di gestione e controllo non corrispondesse a un interesse della controllata, e fosse fonte di danno per quest’ultima, nella prospettiva dei vantaggi com­pensativi che la norma di cui all’art. 2497 c.c. impone comunque di considerare ai fini della valutazione di un effettivo danno, essa sarebbe certamente fonte di responsabilità primaria per la controllante nei confronti dei soci e creditori della controllata; inoltre, poiché la disposizione in esame non pone l’accertamento di una responsabilità propria degli amministratori della controllante o della controllata quale condizione necessaria per l’affermazione della responsa­bilità diretta dell’ente, non è tuttavia escluso che nella sfera di responsabilità propria della controllante non possano es­sere attratti, in via discendente e riflessa, anche i suoi amministratori, qualora l’attività dannosa consegua a condotte contrarie ai principi di corretta gestione societaria e impren­ditoriale delle società medesime. Malgrado la concisa formulazione della norma di cui all’art. 2409 c.c., nella parte in cui coinvolge anche l’attività di direzione e controllo nel campo di osservazione del tribunale in caso di denuncia di irregolarità gestorie, deve ritenersi che l’ampia disposizione di cui all’art. 2497 c.c. – che coinvolge in questo ambito di responsabilità sia la società controllante sia chi per essa agisce – permette di poter estender l’indagine del tribunale su eventuali irregolarità gestorie riferibili a comportamenti degli amministratori della controllante, qualora essi abbiano generato un danno – attuale o potenziale – per la controllante, per la controllata, o più in generale per il gruppo societario nel suo insieme.

La novellata disposizione di cui all’art. 2409 c.c., dovendosi dunque coordinare con le nuove disposizioni in tema di responsabilità della controllante, si riferisce più ampiamente a una condotta sostanzialmente irregolare degli amministratori (ed eventualmente dei sindaci) esplicatasi nell’ambito della direzione del gruppo, attività per la quale il legislatore ha designato un nuovo profilo di responsabilità (contrattuale) non solo della società controllante verso i soci e i creditori delle società controllate, ma anche eventualmente dei suoi amministratori (e di conseguenza dei sindaci), tenuti per tal motivo ad una serie di obblighi di pubblicità e di motivazione in ordine alle attività compiute nell’ambito della direzione e del controllo del gruppo (artt. 2497 bis e ter c.c.): la de­nuncia al tribunale ex art. 2409 c.c., pertanto, in questi casi dovrebbe indurre il tribunale a valutare la correttezza dell’at­tività di direzione e controllo svolta dagli organi preposti i quali, in forza di quanto disposto dall’art. 2497, secondo co., c.c. non potrebbero in ipotesi andare esenti da una propria responsabilità personale, anche nei confronti della società con­trollante o dei suoi soci o creditori, nel caso in cui l’attività di direzione e controllo sia stata condotta in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, e abbia comportato un danno nella sfera del gruppo, alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento.

Così ragionando si deve affermare che sia i soci della controllante, che i soci della controllata, sono sostanzialmente legittimati a provocare il controllo del tribunale – ex art. 2409 c.c. – sulla legittimità sostanziale dell’attività di coordinamento e controllo cui hanno preso parte gli amministratori della società controllante, come è avvenuto nel caso in esame.

Alla luce della premessa di cui sopra, occorre vagliare la fondatezza degli argomenti esposti a motivo della richiesta d’ispe­zione, attività d’indagine giudiziale che presuppone pur sempre la sussistenza di un fondato sospetto della commissione di gravi irregolarità di gestione a danno della società controllante o di una o più società controllate, valutando quest’ultimo nel­l’ottica di gruppo sopra considerata.

I fatti portati all’esame del tribunale sono i seguenti:

1) Omissis

2) Omissis

3) Omissis

4) Omissis

5) LA SITUAZIONE DI INCOMPATIBILITÀ IN CUI VERSANO I SINDACI DELLA CONTROLLANTE.

Si denuncia infine che tutti i sindaci sono soci dello studio professionale di cui fanno parte anche due membri del CDA (Zambelli e Attanasio) in violazione di quanto disposto dall’art. 2399 c.c. e che gli studi professionali svolgerebbero attività continua di consulenza a favore della società che rende incompatibili i sindaci.

I resistenti replicano in proposito, sostenendo che l’attività professionale svolta a favore della società da parte di alcuni sindaci non è provata e che la nomina è autonoma espressione di una delibera assembleare allo stato mai impugnata e dunque non è imputabile ad attività propria degli amministratori.

L’assunto di fondo è che i professionisti che assistono la società o le controllate in ragione di un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita non possono essere nominati quali componenti del collegio sindacale e se nominati, decadono di diritto. Tuttavia, questa considerazione, tratta dalla norma richiamata, non è in  grado di determinare da sola una responsabilità in capo all’intero consiglio di amministrazione perché sino ad oggi non risulta essere mai stata rilevata da alcun socio o amministratore della società. Pertanto, la constatazione – espressa per la prima volta nel ricorso – di una causa di decadenza che opererebbe di diritto, non potrebbe di per sé valere a fondare autonomamente un giudizio negativo sulla condotta degli amministratori e sindaci che non l’abbiano in ipotesi rilevata sino ad oggi.

 

CONCLUSIONI

 

Non sono risultati sufficienti gli indizi prospettati dai ricorrenti per disporre l’ispezione, perché i risultati negativi nel lungo arco di periodo considerato, rispetto a ricavi pressoché identici della società Finanziaria Farnese cui appartengono i soci, denotano solamente che le predette ope­razioni hanno intaccato il patrimonio di un gruppo che ha dovuto affrontare una necessaria – e non contestata – operazione di scissione da un altro gruppo, divenuto suo maggiore concorrente. Non si è inoltre evidenziato un diretto rapporto causale tra le condotte riferibili al 2003/2004 e le perdite registrate nell’ul­timo bilancio approvato, né vi sono indizi per poter ritenere che i valori della perdita attuale sarebbero addirittura maggiori rispetto a quelli esposti, perché le partecipate non sarebbero state correttamente valutate.

Atteso l’esito del procedimento, in cui i ricorrenti risultano soccombenti, le spese vengono poste a loro carico in favore delle parti resistenti e della società intervenuta in persona del curatore speciale

 

PTM

 

1) respinge il ricorso;

2) condanna i ricorrenti a rifondere le spese del procedimento alla società e ai resistenti, liquidate in € 8.000,00, di cui € 1.113,00 per diritti e di cui € 170,00, oltre spese forfetarie, IVA e CPA, per ciascuna parte;

si comunichi.

 

Milano, 11 luglio 2008

 

Depositato in cancelleria il 25 luglio 2008

SOMMARIO:

1. Il caso, le norme di riferimento e la struttura del provvedimento - 2. La denunzia di gravi irregolaritą. Profili sostanziali - 3. (Segue). Legittimazione e interessi - 4. L'esercizio dell'attivitą di direzione e co­ordinamento come oggetto di un possibile esame ex art. 2409 c.c. Dalla responsabilitą dell'ente alla responsabilitą dei suoi gestori: profili critici - 5. Le gravi irregolaritą perpetrate dagli amministratori della controllante a dan­no delle controllate e la responsabilitą della capogruppo ex art. 2497 c.c. - NOTE


1. Il caso, le norme di riferimento e la struttura del provvedimento

Il decreto reso dal Tribunale di Milano [1] si lascia apprezzare e merita attenzione non solo per le questioni trattate e per i temi di diritto all’uopo affrontati, ma anche per alcuni – non meno importati – problemi, ora semplicemente menzionati, ora, invece, effettivamente schiusi e prospettati nella sua parte motiva. L’iter logico argomentativo sotteso al provvedimento può riassumersi nei termini seguenti. Alcuni soci di minoranza di una società capogruppo ricorrono al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c., denunciando diverse irregolarità nella gestione di alcune società del gruppo. Essi censurano comportamenti e omissioni, sia degli amministratori che dei sindaci della holding, potenzialmente dannosi per la stessa società controllante e per le società controllate, al riguardo richiamando anche l’ipotesi di una possibile responsabilità ex art. 2497 c.c. della prima nei confronti delle seconde. I fatti allegati si riferiscono ad operazioni di acquisto di pacchetti azionari da parte della holding o delle società eterodirette, effettuate nel corso dell’esercizio 2004, in occasione dello scio­glimento di un rapporto di joint venture con un altro gruppo di imprese; operazioni che – sempre nella prospettazione dei ricorrenti – avrebbero avuto finalità extrasociali, a vantaggio del socio di maggioranza, e che avrebbero condotto ad un generale depauperamento del gruppo, come dimostrato dal fatto che la società capogruppo versi in una situazione di perdita del capitale sociale rilevante ai sensi dell’art. 2446 c.c. Gli amministratori e i sindaci resistenti, dal canto loro, contestano, proprio invocando l’art. 2497 c.c., la legittimazione attiva dei ricorrenti e, nel merito, negano che le operazioni censurate dai soci presentino profili di illegittimità o irregolarità. Il Tribunale, prima di procedere al vaglio dei fatti allegati dai ricorrenti, prospetta e spiega la premessa maggiore, in punto di diritto, della decisione adottata, articolandola sostanzialmente in tre punti. Anzitutto esso illustra in generale i presupposti della denunzia per gravi irregolarità, nonché l’am­bi­to della cognizione e dei correlati poteri in tal caso propri dell’Autorità Giudiziaria. Quindi, nella specie, [continua ..]


2. La denunzia di gravi irregolaritą. Profili sostanziali

Nella prima parte del decreto, il Tribunale espone e fa propria l’opinione assolutamente condivisa in dottrina e in giurisprudenza circa i presupposti oggettivi della denunzia ex art. 2409 c.c., il tipo di cognizione alla quale il giudice è chiamato e i fini cui il controllo in tal modo provocato mira. Restano così ulteriormente ribaditi nel diritto vivente gli assunti secondo i quali: (i) l’intervento dell’autorità giudiziaria possa essere sollecitato dal fondato sospetto che gli amministratori si siano resi protagonisti di gravi irregolarità gestorie, capaci di arrecar danno alla società o alle sue controllate; (ii) deve trattarsi di irregolarità attuali e non di vicende che abbiano oramai esaurito i loro effetti, consumando magari danni a carico del patrimonio sociale, giacché in questo secondo caso la prospettiva che si schiude è quella, propriamente, della responsabilità risarcitoria degli amministratori ed, eventualmente, dei sindaci; (iii) l’intervento giudiziale provocato dalla denunzia di gravi irregolarità è finalizzato al ripristino della legalità e, più ampiamente, della regolarità [3]nella e della gestione sociale: ciò invoca ed implica un sindacato – appunto – di legittimità sull’ammini­stra­zio­ne e non – per converso – di merito [4], «ancorché l’esa­me della regolarità del comportamento degli amministratori passi per un’indagine sulle scelte gestionali» [5]. In questa parte del decreto in commento non emergono profili di particolare rilievo che vadano oltre i tre momenti ora segnalati. Ciò consente di prendere le mosse dell’analisi da questi ultimi, senza peraltro indugiare su altri aspetti – che, di per sé stessi, non sarebbero certo meno degni di nota – non toc­cati dal provvedimento. Per vero, quanto ai punti sub ii) e iii) non si registrano significative differenze rispetto allo stato del dibattito giurisprudenziale e dottrinale maturato sotto il previgente ordinamento societario: sicché può essere sufficiente rinviare agli studi già all’uopo con­dotti [6]. Più articolato è, invece, il discorso relativo al profilo, senz’altro centrale, prima ricordato sub [continua ..]


3. (Segue). Legittimazione e interessi

Il decreto in commento, concretandosi in un rigetto delle istanze avanzate dai ricorrenti, non offre particolari spunti quanto all’analisi dei profili più strettamente procedimentali dell’istituto. E se le esigenze di corrispondenza con il tenore contenutistico del provvedimento non consentono di addentrarsi nell’analisi di tutti quei profili dell’art. 2409 c.c., che sarebbero stati toccati laddove il Tribunale avesse ritenuto sussistenti le gravi irregolarità [22], appare senz’altro possibile spendere qualche riflessione su alcune delle problematiche che vengono ad evidenza – per così dire – prima: nel momento, cioè, di accesso all’istituto riguardato. Più precisamente, sembra opportuno indugiare – seppure rispettando la necessaria economia di trattazione – sui profili di legittimazione attiva ad azionare il controllo giudiziario, nonché sulle conseguenze ricollegabili alla previsione, innovativa rispetto al previgente ordinamento, che il ricorso sia notificato anche alla società. Cominciando da quest’ultimo aspetto, nei commenti alla disciplina viene sottolineata in maniera unanime la novità introdotta dall’art. 2409 c.c., nella parte in cui esso prevede che il ricorso debba essere notificato anche alla società [23]. In tal modo l’ente, oltre che oggetto d’indagine da parte del tribunale, diventa anche soggetto del procedimento: parte, dunque [24]. E tanto si dimostra coerente con la sussistenza di una vasta gamma di effetti che il procedimento è idoneo a spiegare nei confronti della società: dalla revoca dei preposti alle funzioni di amministrazione e controllo, all’addebito delle spese per l’ispezione, alla nomina di un amministratore giudiziario [25]. Ciò fermo, viene, altresì, diffusamente osservato che, poiché la denunzia di gravi irregolarità di gestione investe gli amministratori [26] (ed eventualmente i sindaci), che devono, dunque, resistervi in proprio, gli stessi non potrebbero comparire anche quali legali rappresentanti della società, già vittima della crisi di legalità, agli effetti patrimoniali dannosi della quale essa è esposta. Il conflitto di interessi, in cui gli amministratori verserebbero, sarebbe in re ipsa e, in pratica, auto-evidente: imponendosi, allora, la [continua ..]


4. L'esercizio dell'attivitą di direzione e co­ordinamento come oggetto di un possibile esame ex art. 2409 c.c. Dalla responsabilitą dell'ente alla responsabilitą dei suoi gestori: profili critici

Il secondo momento dell’iter logico giuridico della decisione in commento – come sopra anticipato – si articola in una serie di passaggi e di spunti problematici concernenti i rapporti tra la responsabilità da direzione e coordinamento e la responsabilità degli organi di amministrazione e controllo della società capogruppo. Il tema della (anzi: delle) responsabilità da direzione unitaria è affrontato dal Tribunale, in quanto sostanzialmente indotto dalle allegazioni delle parti (in un caso effettivamente pertinenti, nel­l’altro errate in punto di diritto); la sua trattazione, tuttavia, non appare necessaria né quale momento dell’ordo quaestionum, né ai fini della giustificazione della decisione in punto di diritto. Anzi, nella specie, l’eccessivo indugio sul regime della responsabilità da direzione unitaria sembra aver indotto, nella sua interpolazione con la disciplina di cui al­l’art. 2409 c.c., ad esiti non sempre condivisibili [42]. Ad ogni modo, nel fare riferimento alla disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, il Tribunale prende posizione, seppure incidentalmente, sia (i) sulla natura della responsabilità di cui al­l’art. 2497 c.c., sia (ii) sul tema dell’estensione della responsabilità nei confronti anche degli organi di amministrazione e controllo della società capogruppo. Il discorso investe, così, il primo e il secondo comma dell’art. 2497 c.c. (i) Quanto al primo aspetto, il Giudice riconosce alla responsabilità da direzione unitaria natura contrattuale. E sebbene nella motivazione del provvedimento non vi sia indugio nell’illustrazione del­l’assunto, questo sembra effettivamente da condividersi, trovando apprezzabile fondamento nelle argomentazioni spese dalla dottrina espressasi in talsenso [43]. La responsabilità da direzione unitaria, infatti, sor­ge a tutela di un rischio specifico [44], generato un rap­porto preesistente; rapporto il quale, come argomentabile ex art. 2497-quater c.c., ha già sue precise coordinate di rilevanza giuridica quanto ai momenti e del suo venire in essere e della sua cessazione [45]; e che, pertanto, non può che essere governato dalle re­gole del rapporto obbligatorio: tra queste, anzitutto quel­la della [continua ..]


5. Le gravi irregolaritą perpetrate dagli amministratori della controllante a dan­no delle controllate e la responsabilitą della capogruppo ex art. 2497 c.c.

E veniamo all’ultimo dei passaggi in cui è articolata la premessa maggiore della decisione resa nel decreto in commento. Il Tribunale, affermando che la norma di cui al­l’art. 2409 c.c. debba essere coordinata con le disposizioni in tema responsabilità della controllante [56], deduce: (i) che la predetta norma possa essere invocata anche per azionare il controllo giudiziario sulla legittimità sostanziale dell’attività di coordinamento e controllo operata dagli amministratori e dai sindaci della società controllante, nel caso che, in violazione dei rispettivi doveri, essi abbiano compiuto gravi irregolarità in grado di arrecare danno – anche solo potenziale – alla stessa società controllante o alle socie­tà eterodirette; e (ii) che tale controllo esterno sul grup­po possa essere provocato sia dai soci della società controllante che dai soci delle società controllate. (i) Quanto alla prima conclusione, essa è sen­z’al­tro corretta. Tuttavia, per giungere a questa affermazione – si ripete: condivisibilmente avanzata dal Giudice – non appare affatto necessario leggere l’art. 2409 c.c. in una prospettiva di dipendenza funzionale dalla normativa dettata in tema di direzione e coordinamento di società (come invece si evince dal­l’iter argomentativo percorso dal Tribunale): la stessa conclusione è, piuttosto, il punto di approdo di un’in­terpretazione che, più linearmente, muove dalla disciplina del controllo giudiziario e si volge nella direzione del suo coordinamento con l’art. 2497 c.c.; non viceversa. Come è stato segnalato in dottrina sin dai primi commenti a margine di quest’ultima norma, infatti, la disposizione di cui all’art. 2409 c.c., per quanto di per sé riferita (anche) all’ipotesi di abusi nell’ambito del rapporto di controllo (in tal senso deponendo l’idoneità lesiva delle irregolarità nei confronti delle controllate), qualora letta nel (diverso [57] contesto di riferimento della direzione e coordinamento di società), concorre – insieme ad altre norme sparse nel­l’articolato codicistico – alla costruzione di un vero e proprio diritto dei gruppi di società [58]. Nella specie, in quest’ambito, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2011