Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Sull'inapplicabilità analogica dell'istituto della prorogatio all'ipotesi di dimissioni dei sindaci (nota a Trib. Latina, 4 ottobre 2012) (di Daniele Stanzione)


TRIBUNALE DI LATINA, Sezione I, 4 ottobre 2012, n. 779 – D’Auria Presidente –Tuccillo Relatore

Società di capitali – Collegio sindacale – Dimissioni – Applicazione analogica dell’istituto della prorogatio – Inammissibilità

(Artt. 2400 e 2401 c.c.).

Le funzioni esercitate dai sindaci hanno natura di ufficio privato con la conseguenza che gli stessi non possono essere obbligati a permanere nello svolgimento di un’attività pur in mancanza dei presupposti per la continuazione della stessa.

Il legislatore ha d’altro canto previsto espressamente la prorogatio dell’organo in caso di scadenza dal­l’incarico, causa naturale di cessazione (l’eccezionalità dell’istituto e l’esigenza di applicarlo nelle sole ipotesi previste dalla legge sono contemplate anche nel diritto amministrativo, con riferimento al funzionario di fatto) mentre non lo ha fatto per l’ipotesi della dimissione.

Pertanto, in mancanza di espressa disposizione di legge che preveda l’ipotesi in questione, deve ritenersi non operante la proroga dell’incarico con conseguente cessazione dalla carica al momento della presentazione delle dimissioni, stante la natura recettizia dell’atto unilaterale. (1)

(Omissis)

Con ricorso, i ricorrenti chiedevano ai sensi degli artt. 737 ss. c.p.c. di dichiarare illegittimo e per l’effetto annullare il provvedimento del giudice del registro di Latina di cui al n. di ruolo 1339/2012 e per l’effetto di adottare o disporre l’adozione di tutti i provvedimenti conseguenti, necessari per ottenere l’iscrizione d’ufficio nel registro delle imprese del­l’av­venuta cessazione dei ricorrenti dalla carica di sindaci della X s.r.l. Riferivano: che i ricorrenti erano stati nominati con deliberazione del 29.1.2010 sindaci della X s.r.l. e che in data 22.3.2012 avevano rassegnato le dimissioni, seguite dalle dimissioni dei sindaci supplenti; che malgrado la rituale comunicazione il competente registro delle imprese non prov­vedeva all’iscrizione della cessazione della carica; che l’uf­ficio del registro, senza alcuna comunicazione di diniego, non procedeva alla iscrizione della cessazione della carica, menzionandoli ancora come sindaci in carica; che successivamente la società non provvedeva alla nomina di nuovi sindaci nell’assemblea prevista ad hoc; che in ipotesi di dimissioni non si applicava la prorogatio prevista dall’art. 2400 c.c., ma queste avevano efficacia immediata; che la prorogatio aveva carattere eccezionale; che la cancellazione era di competenza del giudice del registro.

Con decreto è stata rifiutata la cancellazione dell’iscri­zione dei sindaci dal registro delle imprese in considerazione dell’esistenza di altri rimedi per provvedere in tal senso.

La domanda proposta deve in realtà trovare accoglimento. Sul punto si registrano orientamenti contrastanti in giurisprudenza. La tesi negativa si fonda sul presupposto che le dimissioni rassegnate dall’intero collegio sindacale per asserita impossibilità di poter svolgere la relativa funzione, non seguite dalla nomina di un nuovo organo di controllo da parte dell’assemblea, non possono dar luogo alla iscrizione di tale atto (unilaterale) nel registro delle imprese fino a quando l’assemblea della società non abbia nominato altri sindaci in luogo di quelli dimissionari; attesa l’es­senzialità della sussistenza di organo di controllo in tutti i momenti della vigenza della società per azioni (artt. 2328, n. 10), 2397, 2400, 2401 c.c.). L’orientamento positivo che si ritiene di seguire si fonda sull’esigenza di garantire il diritto dei sindaci stessi di cessare dallo svolgimento dell’in­carico agli stessi conferito, qualora sopraggiungano elementi che incidano sullo stesso (in questo senso T. Milano, sez. VIII, 2.8.2010). Deve effettivamente ritenersi che le funzioni esercitate dai sindaci abbiano natura di ufficio privato con la conseguenza che gli stessi non possono essere obbligati a permanere nello svolgimento di un’attività pur in mancanza dei presupposti per la continuazione dello svolgimento dello stesso. Il legislatore ha d’altro canto pre­visto espressamente la prorogatio dell’organo in caso di scadenza dall’incarico, causa naturale di cessazione (l’ec­cezionalità dell’istituto e l’esigenza di applicarlo nelle sole ipotesi previste è prevista anche per il diritto amministrativo con riferimento al funzionario di fatto) mentre non lo ha fatto per l’ipotesi della dimissione. In mancanza di espressa disposizione di legge che preveda espressamente l’ipotesi in questione deve infatti ritenersi non operante la proroga del­l’in­carico con conseguente cessazione dalla carica al momento della presentazione delle dimissioni, stante la natura recettizia dell’atto unilaterale. Non sembra al Collegio potersi estendere in via analogica la previsione dell’art. 2401 c.c. diretto a disciplinare, come detto, un’ipotesi di scadenza naturale del rapporto tra le parti, al fine di non incidere sul regolare svolgimento dell’attività sociale, anche sulla scorta del permanere del rapporto tra le parti. Le dimissioni, al contrario, ferma l’eventuale responsabilità dei sindaci in caso di dimissioni ingiustificate, denotano il venir meno del rapporto fiduciario tra le parti e la possibilità di svolgere l’incarico professionale, con la conseguente insussistenza dell’identità di ratio, richiesta dal­l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in gene­rale.

Le dimissioni devono pertanto ritenersi efficaci nel momento in cui giungono a conoscenza del destinatario.

Alle dimissioni del collegio sindacale segue l’onere per gli amministratori di dichiarare lo scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484 c.c., nel caso in cui non si provveda tempestivamente alla costituzione del collegio.

Pertanto con riguardo alla mancata iscrizione nel registro delle imprese delle dimissioni rassegnate dal collegio sindacale, deve essere disposta l’iscrizione nel registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Latina, delle dimissioni del collegio sindacale istante.

Si comunichi alla procura della repubblica per valutare in ordine all’esistenza dei presupposti per lo scioglimento della società.

P.Q.M.

Visti gli artt. 2190 e 2192 c.c., in riforma del decreto emesso dal giudice del registro delle imprese di Latina, ordina l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di dimissioni dalla carica di sindaci della X s.r.l. di A.P., P.C., M.B.

Manda al Conservatore per l’esecuzione del presente decreto.

Si comunichi al ricorrente ed al conservatore del registro delle imprese.

Si comunichi alla procura della repubblica.

Così deciso in Latina, nella camera di consiglio della prima sezione civile del Tribunale, il 4.10.2012.

(Omissis).

SOMMARIO:

1.  Il caso - 2.  La normativa di riferimento - 3.  Gli orientamenti della giurisprudenza, della dottrina e della prassi - 4. Il commento - 4.1. Condivisibilità della tesi dell’immediata efficacia delle dimissioni dei sindaci. L’in­ter­pretazione fedele al dato normativo post riforma del 2003. La “privatizzazione” del controllo - 4.2. Segue. Osservazioni critiche rispetto alla tesi favorevole all’applicabilità analogica della prorogatio alla fattispecie delle dimissioni e alla tesi delle dimissioni con efficacia immediata solo in presenza di una giusta causa - 5.  Conclusioni. Opportunità di una disciplina statutaria ad hoc - NOTE


1.  Il caso

Nella vicenda in esame i ricorrenti, nominati sindaci effettivi della società X s.r.l. con delibera del 29 gennaio 2010, provvedevano a rassegnare le dimissioni dall’incarico in data 22 marzo 2012. Nonostante la rituale comunicazione, le predette dimissioni (seguite da quelle dei sindaci supplenti) non venivano iscritte dal competente ufficio del registro delle imprese, senza peraltro alcun formale provvedimento di diniego. Conseguentemente, i ricorrenti, menzionati ancora come sindaci in carica, adivano il Giudice del Registro per ottenere l’ordine di iscrizione della cessazione dall’incarico di sindaci effettivi della società X s.r.l. Il Giudice del Registro si dichiarava però incompetente, “in considerazione dell’esistenza di altri rimedi per provvedere in tal senso” [1]. Per converso, il Tribunale di Latina accoglieva la domanda dei ricorrenti aderendo all’orientamento giurisprudenziale che “si fonda sull’esigenza di garantire il diritto dei sindaci stessi di cessare dallo svolgimento dell’incarico agli stessi conferito, qualora sopraggiungano elementi che incidano sullo stesso” [2] “determinando il venir meno del rapporto fiduciario tra le parti e la possibilità di svolgere l’incarico professionale” [3]: ciò in quanto, secondo i giudicanti, non può ravvisarsi identità di ratiorispetto all’ipotesi di scadenza naturale dell’incarico e conseguente prorogatio disciplinata dall’art. 2401 c.c., non applicabile analogicamente alla fattispecie delle dimissioni. Di risulta, il Tribunale di Latina, in riforma del decreto emesso dal Giudice del Registro, ordinava l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di dimissioni dei ricorrenti dall’incarico di sindaci della X s.r.l., “con conseguente cessazione dalla carica [d]al momento della presentazione delle dimissioni” [4] medesime.


2.  La normativa di riferimento

Fra le cause di cessazione dalla carica di sindaco è possibile distinguere, tradizionalmente, quella fisiologica dell’intervenuta scadenza dell’incarico da quelle eccezionali (in quanto incidono sulla durata della carica, determinandone l’interruzione anticipata) di morte, rinunzia o decadenza. È noto però che solo con la riforma organica del diritto societario [5] il legislatore ha inteso per la prima volta disciplinare in maniera espressa (così dissipando definitivamente i dubbi legati all’applicabilità analogica della previsione dettata all’art. 2385, 2° co., c.c. per gli amministratori [6]) l’istituto della prorogatio dei sindaci, confinandone – letteralmente – l’applicazione alla sola ipotesi di decorso naturale dell’incarico, come emerge dall’art. 2400, 1° comma, c.c. a mente del quale “la cessazione dei sindaci per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito”. Analoga previsione non è stata riprodotta dal legislatore della riforma a proposito delle ipotesi – che abbiamo definito eccezionali – di morte, rinunzia o decadenza, in relazione al verificarsi delle quali l’art. 2401 c.c. si limita a prevedere che “subentrano i supplenti in ordine d’età” (1° comma) e che “se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale, deve essere convocata l’assemblea perché provveda all’integrazione del collegio medesimo” (3° comma), senza fare esplicito riferimento ad una eventuale prorogatio dei sindaci dimissionari [7].


3.  Gli orientamenti della giurisprudenza, della dottrina e della prassi

L’assenza di una espressa previsione della prorogatio nell’ipotesi di dimissioni dei sindaci [8] è stata variamente interpretata tanto dalla dottrina quanto dalla giurisprudenza. Secondo un primo filone interpretativo – nel quale si inserisce a pieno titolo la sentenza in commento –, che mira a valorizzare il dato letterale emergente dagli artt. 2400, 1° comma, e 2401, 3° comma, c.c., le dimissioni produrrebbero l’immediata cessazione dei sindaci dall’ufficio [9], anche in ipotesi di contestuale rinunzia di tutti i componenti del collegio sindacale [10]. Invero, secondo tale orientamento, la mancata previsione della prorogatio dei sindaci dimissionari costituirebbe il frutto di una precisa e consapevole scelta del legislatore della riforma del 2003: scelta fondata, come precisato dallo stesso Tribunale di Latina, “sull’esigenza di garantire il diritto dei sindaci stessi di cessare dallo svolgimento dell’incarico agli stessi conferito qualora sopraggiungano elementi che incidano sullo stesso” determinando “il venir meno del rapporto fiduciario tra le parti e la possibilità di svolgere l’incarico professionale” [11], fermo il diritto al risarcimento del danno a favore della società in caso di dimissioni ingiustificate [12]. Secondo l’opposto orientamento, invece, l’ef­fi­cacia immediata delle dimissioni (che pur non viene esclusa a priori) sarebbe tuttavia necessariamente subordinata alla presenza di un numero sufficiente di sindaci supplenti [13] e decorrerebbe dal momento dell’effettiva conoscenza delle stesse dimissioni da parte dei supplenti chiamati a subentrare nell’uffi­cio [14] (ovvero dal momento dell’accettazione dei subentranti qualora il collegio non sia ricostituito con l’ingresso dei supplenti e debba pertanto procedersi ad una nuova nomina assembleare) [15]. L’indirizzo in questione ravvede nella continuità delle funzioni di controllo il valore primario da salvaguardare, e ciò in ragione della asserita essenzialità delle stesse funzioni nel corso dell’intera durata della società per azioni, come emergerebbe da una lettura sistematica di talune disposizioni normative tra cui, in particolare, gli artt. 2328, n. 10), 2397, 2400, 2401 c.c. [16]; a confutazione di tale [continua ..]


4. Il commento

4.1. Condivisibilità della tesi dell’immediata efficacia delle dimissioni dei sindaci. L’in­ter­pretazione fedele al dato normativo post riforma del 2003. La “privatizzazione” del controllo

A sostegno della posizione espressa dal Tribunale di Latina nella sentenza in commento pare deporre, preliminarmente, la corretta interpretazione del dato di diritto positivo. Non sembra infatti in primo luogo trascurabile la circostanza per cui il legislatore della riforma organica del diritto societario, come in precedenza rilevato, abbia inteso prevedere espressamente (per la prima volta) la prorogatio dei sindaci nella sola ipotesi di scadenza dell’incarico (art. 2400, 1° comma, c.c.) [20]: tanto più che, come noto, la prorogatio costituisce istituto dalla natura eccezionale (assunto confermato anche dalla Consulta [21]), non suscettibile di applicazione analogica [22], peraltro in difetto, nel nostro caso, “dell’identità di ratio” [23] rispetto all’ipo­tesi di prorogatio per scadenza dell’incarico; invero, manca nell’unica fattispecie di proroga delle funzioni sindacali contemplata dal legislatore quella manifestazione di volontà contraria rispetto alla prosecuzione dell’incarico che contraddistingue invece l’atto di dimissioni [24], sicché una forzata permanenza in carica dei dimissionari potrebbe rappresentare un’in­debita compressione del diritto dei medesimi – legalmente riconosciuto [25] – a rinunciare, seppur non arbitrariamente, all’ufficio avente natura privata [26] da essi ricoperto [27]. Né sembra – sotto altro profilo – che il diritto dei sindaci alle dimissioni debba necessariamente regredire di fronte alle “esigenze di continuità dell’organo sindacale, a tutela degli interessi dei soci e dei creditori della società, a presidio dei quali la funzione è diretta” [28], posto che: (i) come è stato condivisibilmente osservato, il controllo segue di regola scadenze predeterminate e non si concretizza in attività dalla cadenza quotidiana [29], come invece la funzione di gestione [30]; (ii) in ogni caso, la sostituzione dei sindaci dimissionari – quando non realizzabile con i supplenti – ad opera dell’assemblea richiederebbe in linea di principio pochi giorni [31] (salvo inerzia del­l’organo amministrativo, che purtuttavia è espressamente sanzionata dall’ordinamento [32] e pare iniquo [continua ..]


4.2. Segue. Osservazioni critiche rispetto alla tesi favorevole all’applicabilità analogica della prorogatio alla fattispecie delle dimissioni e alla tesi delle dimissioni con efficacia immediata solo in presenza di una giusta causa

Fermo quanto sopra osservato in ordine al­l’in­terpretazione del dato normativo e delle motivazioni che, anche da un punto di vista sistematico, si ritiene possano corroborare l’orientamento opportunamente accolto dal Tribunale di Latina, sia consentito rilevare che le posizioni contrarie sembrano mostrare – specie sotto il profilo empirico – alcune debolezze, foriere di situazioni di pericolosa incertezza e potenzialmente lesive degli interessi di tutte le parti coinvolte [41]. Invero, mentre sembra condivisibile il rilievo della giurisprudenza di legittimità per cui le dimissioni dovrebbero essere comunicate anche ai supplenti [42], decorrendone così l’efficacia dalla relativa conoscenza [43] (circostanza quest’ultima che sarebbe tuttavia opportuno disciplinare previamente in statuto [44], come si chiarirà meglio infra), l’orientamento più radicale che subordina l’efficacia (immediata) delle dimissioni alla presenza di un numero adeguato di sindaci supplenti sembra destare perplessità non irrilevanti sotto il profilo attuativo. Infatti, premesso che, come noto, il supplente subentra automaticamente all’effettivo dimessosi, avendo già accettato l’incarico (e quindi l’eventuale subentro) al momento della nomina [45], taluni dubbi operativi potrebbero manifestarsi laddove (ipotesi non peregrina [46]) tutti i sindaci effettivi dovessero dimettersi contestualmente: invero, il criterio previsto dall’art. 2401 c.c. (per cui “in caso di morte, di rinunzia o di decadenza, subentrano i supplenti in ordine di età, nel rispetto dell’art. 2397, secondo comma”) non presenta difficoltà applicative – tenendo parallelamente presente l’ordine temporale con cui vengono rassegnate le dimissioni – fin quando sia necessario sostituire uno o massimo due sindaci effettivi rinunzianti [47] (sia che le dimissioni siano scaglionate nel tempo sia che queste intervengano contestualmente); al contrario, nel caso sopra citato di dimissioni simultanee di tutti e tre i sindaci effettivi [48] potrebbero sorgere dei dubbi sull’indivi­dua­zione di quali fra i tre sindaci effettivi dimissionari debbano essere sostituiti dai supplenti, e, di risulta, su chi, fra gli stessi effettivi, sia eventualmente tenuto a proseguire le proprie funzioni [continua ..]


5.  Conclusioni. Opportunità di una disciplina statutaria ad hoc

Al fine di evitare le situazioni di incertezza sopra descritte (così come le ulteriori non contemplate che potrebbero potenzialmente verificarsi) ma anche il rischio di trattamenti differenziati in capo ai sindaci dimissionari che vedano respingersi od accogliersi la richiesta di iscrizione delle proprie dimissioni (avanzata dagli amministratori [55] a seconda dell’orien­tamento accolto dal competente registro delle imprese [56] circa l’operatività o meno della prorogatio, pare opportuno che, in via prudenziale, ciascuna società regoli statutariamente la fattispecie delle dimissioni dei sindaci [57]. Tale disciplina statutaria – che verrebbe conseguentemente accettata dai sindaci e sarebbe agevolmente consultabile dal registro delle imprese prima di procedere all’iscrizione richiesta – dovrebbe almeno riguardare: (i) le modalità con cui comunicare le dimissioni, quindi oltre al mezzo anche (e soprattutto) i destinatari a cui indirizzarle, includendovi preferibilmente – oltre ai sindaci supplenti – anche i soci, così da consentirgli una conoscenza diretta della questione, utile anche ai fini della convocazione dell’assemblea (specie in caso di omissione degli amministratori) [58]; (ii) gli effetti delle dimissioni ed i conseguenti oneri, in modo da stabilire con certezza il termine di decorrenza dell’efficacia della rinunzia, nonché le condizioni e i tempi con cui potrebbe eventualmente trovar campo la prorogatio (che, in quanto statutariamente prevista, sarebbe accettata dai sindaci con la nomina e potrebbe così essere attuata anche in assenza di una previsione normativa espressa), se ritenuta opportuna. Infine, la predisposizione in via preventiva di una disciplina statutaria ad hoc potrebbe giovare anche al fine di superare taluni dubbi interpretativi che sono stati sollevati in ragione dell’evoluzione del contesto normativo e della ritenuta potenziale applicabilità analogica di determinate disposizioni alla fattispecie delle dimissioni dei sindaci [59].


NOTE