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La disponibilità della riserva da sovrapprezzo nelle società per azioni (nota a Cass. civ., I Sezione, 20 gennaio 2011, n. 1361)

Claudio D’Alonzo

CASSAZIONE CIVILE, I Sezione, 20 gennaio 2011, n. 1361 – Carnevale Presidente – Rordorf Relatore – Carestia P.M. (conf.) – Banca Popolare di Todi s.p.a. (avv. Segoloni) c. Tordo Aldo (avv. Tordo Caprioli)

Conferma App. Perugia, 18 ottobre 2004

Società – Società cooperativa – Società di capitali – Trasformazione – Società per azioni – Acquisto di azioni proprie – Delibera di autorizzazione – Limiti – Riserve – Sovrapprezzo

(Artt. 2357, 2430, 2431, 2528 c.c.)

 In caso di trasformazione da società cooperativa in società per azioni e successivo acquisto di azioni proprie, ai fini del calcolo dei limiti di cui all’art. 2357 c.c. va considerata anche la riserva da sovrapprezzo azioni, in quanto disponibile a seguito della trasformazione (1).

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COMMENTO

Sommario:

1.  Il caso - 2.  La normativa di riferimento e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Il sovrapprezzo nelle s.p.a. e nelle coo­perative - 3.  (Segue). L’acquisto di azioni proprie - 4.  Il commento - NOTE


1.  Il caso

La sentenza in esame riguarda l’impugnazione di una delibera assembleare di una banca. La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi in particolare sul tema della disponibilità della riserva da sovrapprezzo. L’istituto bancario rivestiva in un primo momento la forma di società cooperativa e successivamente si trasformava in società per azioni. Nell’ultimo bilancio approvato prima della trasformazione risultava iscritta una riserva denominata “fondo sovrapprezzo di emissione”. Successivamente alla trasformazione, l’as­semblea autorizzava l’acquisto di azioni proprie della società e ai fini del calcolo dei limiti imposti dalla legge si teneva conto anche della summenzionata riserva. Per tale motivo un socio citava in giudizio la banca affinché la delibera fosse annullata o dichiarata nulla, deducendo che l’operazione di acquisto era avvenuta oltre il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili. Infatti, il socio sosteneva che la riserva non fosse disponibile, in quanto l’acquisto di azioni proprie è consentito solo nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dal­l’ul­timo bilancio regolarmente approvato e nel caso di specie l’ultimo bilancio era stato approvato quando la società era ancora una cooperativa. La domanda veniva rigettata dal Tribunale di Perugia prima e dalla Corte [continua ..]

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2.  La normativa di riferimento e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Il sovrapprezzo nelle s.p.a. e nelle coo­perative

Il sovrapprezzo è la differenza tra quanto versato da chi sottoscrive le nuove azioni emesse dalla società ed il loro valore nominale [1] e trova la sua collocazione più naturale in sede di esclusione o limitazione del diritto di opzione [2]. La funzione del sovrapprezzo è quella di collocare le azioni sul mercato ad un prezzo che corrisponda al loro valore effettivo. Attraverso tale strumento si persegue il duplice scopo di proteggere il valore reale delle azioni [3] e di attribuire alla società mezzi finanziari ulteriori per il raggiungimento dell’oggetto sociale [4]. Tale interpretazione ha trovato avallo anche nella giurisprudenza, la quale ha precisato che il sovrapprezzo deve essere determinato nel momento in cui avviene l’emissione delle azioni [5]. Il sovrapprezzo viene accantonato in una specifica riserva del patrimonio netto, disciplinata dall’art. 2431 c.c. [6], ed è stato definito come il prototipo di tutti gli apporti non imputati a capitale sociale [7]; tale riserva è unica e viene alimentata dalle somme versate alla società in occasione dei vari aumenti di capitale [8]. Peraltro, nonostante il legislatore parli espressamente di riserva da sovrapprezzo azioni, ciò non significa che essa non trovi spazio all’interno delle s.r.l., ove la voce di bilancio prende il nome di riserva da sovrapprezzo quote [9]. La [continua ..]

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3.  (Segue). L’acquisto di azioni proprie

L’acquisto di azioni proprie era disciplinato già dall’art. 144 c. comm. del 1882; la norma, riproposta nel codice del 1942, è stata lasciata sostanzialmente immutata dal legislatore della riforma. Tale operazione è potenzialmente lesiva per la stessa società acquirente; infatti, da questo acquisto può derivare una lesione dell’integrità del capitale sociale mediante la violazione dell’obbligo di conferimento o la restituzione anticipata ai soci dei conferimenti eseguiti, cui segue inevitabilmente una riduzione del patrimonio netto, ovvero il rafforzamento dei gruppi di controllo attraverso mezzi finanziari della società [25]. L’acquisto può avvenire solo nel rispetto dei limiti fissati dall’art. 2357, 1° comma, c.c., il cui scopo è quello di tutelare l’integrità del capitale sociale nei confronti dei soci e dei terzi. A tal fine la norma fa riferimento agli utili ed alle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato [26]. La nozione di utili distribuibili viene generalmente intesa come quella parte di utile netto risultante da un bilancio regolarmente approvato e che non è soggetta ad alcun vincolo; in questo modo per utili distribuibili devono essere intesi tutti quegli utili che non sono soggetti a vincoli di destinazione e che la società è libera di distribuire ad eccezione di quelli [continua ..]

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4.  Il commento

Posto il problema in questi termini è necessario domandarsi quali siano le fonti di finanziamento utilizzabili per l’acquisto di azioni proprie. Il problema sorge dalla circostanza per cui l’art. 2357 c.c. nel­l’in­dicare i mezzi economici cui la società deve far ricorso per effettuare un’operazione di acquisto di proprie partecipazioni sociali, fa riferimento agli utili distribuibili ed alle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Tuttavia, tale disposizione se da un lato elimina ogni dubbio circa il fatto che a tal fine è necessaria una delibera assembleare valida che autorizzi l’ope­ra­zione gestoria eche deve trattarsi dell’ultimo bilancio e non di uno precedente [34], non risolve la diversa questione se nell’acquisto di azioni proprie la società debba fare riferimento unicamente alla situazione patrimoniale risultante dal bilancio approvato o se possa invece prendere come riferimento anche gli eventuali cambiamenti in positivo o in negativo della consistenza patrimoniale; in particolare, la nor­ma non precisa se per effettuare l’acquisto di pro­prie partecipazioni sociali, la società possa fare ricorso alle riserve indisponibili secondo l’ultimo bilancio approvato, ma divenute disponibili in epoca successiva. Peraltro, la semplice lettura della norma potrebbe indurre a ritenere che il legislatore abbia [continua ..]

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NOTE

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