Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Quote di s.r.l. e diritto di voto in ipotesi di assegnazione del credito garantito da pegno (di  FRANCESCO CORAZZA )


TRIBUNALE DI TRIESTE, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, 13 gennaio 2016 – A. PICCIOTTO, Estensore, C.M. c. F.M. c. I.M. S.r.l. (contumace).   Pegno su quote di s.r.l. – Pignoramento del credito pignoratizio – Assegnazione del credito – Assegnazione in custodia del bene – Diritto di voto   (Artt. 554 e 559 c.p.c., artt. 1263, 2352 e 2471-bis c.c.) In ipotesi di assegnazione di credito garantito da pegno su partecipazioni di s.r.l. cui non faccia seguito un provvedimento di affidamento (all’assegnatario o ad un terzo) da parte del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 554, 1° comma, c.p.c., il diritto di voto continua a spettare allo stesso debitore esecutato siccome nella detenzione del bene e titolare del pegno. (1)   SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   C.M. ha convenuto in giudizio dinanzi a questa sezione specializzata del Tribunale di Trieste la I.M. S.r.l. e F.M. impugnando la deliberazione dell’assemblea dei soci dell’8.7.2015 in tesi assunta con la presenza, ai fini del quorum costitutivo, del voto determinante di F.M., malgrado lo stesso non fosse più creditore pignoratizio di quote del capitale sociale (per quote nominali di Euro 60.000,00). In quel giudizio ha chiesto l’accertamento dell’invalidità delle deliberazioni assunte, e in via subordinata l’accertamento che il pegno sulle quote di par­tecipazione al capitale sociale si è trasferito a L. T. o in ogni caso non è più nella titolarità di F.M. In corso di causa ha chiesto la sospensione del­l’esecuzione della delibera, chiedendo altresì il sequestro giudiziario delle quote di partecipazione della società, nella misura di Euro 60.000,00, gravate da pegno in favore di F.M., con inibitoria exart. 700 c.p.c. allo stesso F.M. del diritto di voto e di ogni altro diritto, ed ordine ai convenuti di chiedere l’iscrizione del provvedimento presso il registro delle imprese. Nella propria comparsa di costituzione il resistente ha contestato la sussistenza dei presupposti della richiesta misura cautelare, nel mentre è rimasta contumace la società. Il giudice istruttore ha dato [atto] che la delibera impugnata – con la quale è stato liquidato un compenso all’amministratore unico ed è stato nominato il nuovo amministratore nella persona di E.D.M. – è stata assunta con il voto determinante di F.M. in qualità di creditore pignoratizio con il diritto al voto relativamente alla quota sociale del valore nominale di Euro 60.000,00 come da atto pubblico del 27.4.2010. In tale atto negoziale, a garanzia dell’onere assunto da parte di C.M. e E.M. (proprietari del 50% delle quote dell’impresa in questione con capitale sociale pari a Euro 90.000,00), di corrispondere annualmente a F.M. la somma di Euro [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento, i precedenti giurisprudenziali e la dottrina - 3. Commento - 3.1. La ricostruzione normativa operata dal Tribunale: l’estensione della disciplina del diritto di voto in ipotesi di sequestro (cui non segue la nomina del custode) - 3.2. La ritenuta doverosa distinzione tra la fase del pignoramento e quella dell’as­segnazione del credito garantito da pegno su partecipazioni societarie - 3.2.1. La spettanza del diritto di voto nella fase di sequestro e pignoramento del credito garantito da pegno su quote - 3.2.2. La spettanza del diritto di voto nella fase di assegnazione del credito garantito da pegno su quote - 4. L’attribuzione del diritto di voto al­l’assegnatario del credito garantito dal pegno anche in ragione del suo maggior interesse alla partecipazione alla società - NOTE


1. Il caso

Due soci di una s.r.l. erano titolari di una quota del capitale sociale per il 50% ciascuno ed erano entrambi debitori di un terzo. I due soci, al fine di estinguere il loro debito, avevano stipulato un accordo con il creditore con cui era stata pattuita la corresponsione annuale di Euro 2.000,00 e, a titolo di garanzia, avevano costituito a favore del terzo un diritto di pegno su una parte delle loro quote. Le parti avevano previsto che il diritto di pegno avrebbe avuto una durata pari a quella del periodo di restituzione della somma dovuta ed, in particolare, avevano specificato che il diritto di voto, di cui alle quote oggetto del diritto di pegno, sarebbe spettato al creditore pignoratizio. Il credito vantato da quest’ultimo era stato successivamente a sua volta pignorato da una sua creditrice che aveva ottenuto dal Tribunale di Udine l’assegnazione della somma ai sensi dell’art. 554 c.p.c. La creditrice assegnataria aveva quindi notificato la decisione alla s.r.l. e ne aveva depositato copia presso il registro delle imprese, con contestuale richiesta di iscrizione del diritto di pegno sulle quote (richiesta che veniva rigettata dal conservatore in quanto il trasferimento del pegno non era stato disposto dall’autorità giudiziaria). In tale contesto, si era tenuta una assemblea della s.r.l. alla quale aveva partecipato l’originario creditore pignoratizio, la cui presenza è risultata determinante ai fini del raggiungimento del quorum costitutivo. Uno dei soci ha quindi impugnato la delibera chiedendo, nel merito, che ne venisse dichiarata l’invalidità in considerazione della illegittima partecipazione all’assemblea dell’originario creditore pignoratizio; in via subordinata, che venisse accertato che il pegno sulle quote si era trasferito in capo al successivo creditore, quale assegnatario del credito, o in ogni caso, in via di accertamento negativo, che il diritto di voto conseguente alla titolarità del pegno non fosse più in capo all’originario creditore. Nelle more del procedimento l’attrice ha altresì instaurato un subprocedimento cautelare con cui ha chiesto (in particolare) che venisse disposta la sospensione dell’efficacia della delibera impugnata. Il Tribunale di Trieste nel primo grado del procedimento cautelare, preso atto che il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Udine non aveva disposto [continua ..]


2. La normativa di riferimento, i precedenti giurisprudenziali e la dottrina

La norma di riferimento in tema di s.r.l. è l’art. 2471-bis c.c. per cui la partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. La disposizione quindi ammette espressamente, diversamente dal passato, la possibilità di costituire un vincolo su quote di s.r.l. [1]. Con riferimento, invece, all’in­divi­duazione del soggetto cui spetta il diritto di voto in assemblea, la disposizione fa espresso richiamo alla disciplina delle s.p.a., rinviando all’art. 2352 c.c. Il primo tema regolato dall’art. 2352 c.c. è proprio quello della spettanza del diritto di voto in ipotesi di costituzione dei diritti di pegno, oltre che di usufrutto e di sottoposizione delle partecipazioni societarie a sequestro. In particolare sembra che nelle ipotesi in cui le parti abbiano volontariamente costituito un diritto sulla partecipazione (pegno od usufrutto), allora esse siano anche libere di individuare il soggetto cui spetta il diritto di voto. Diversamente, nel­l’ipotesi di costituzione coattiva del vincolo (sequestro), pare che il legislatore imponga che il voto sia esercitato esclusivamente dal custode. Il caso di specie riguarda però la spettanza del diritto di voto in ipotesi di assegnazione del credito garantito da pegno su quote di s.r.l., fattispecie che non viene espressamente disciplinata dal legislatore. A ben vedere, come rilevato dal Tribunale, l’ordi­na­mento presenta ulteriori lacune aventi ad oggetto la spettanza del diritto di voto in ipotesi (i) di sequestro cui non faccia seguito la nomina di un custode; e (ii) di avvenuto pignoramento della partecipazione. È in ragione di questo vuoto normativo che il Tribunale è stato costretto ad effettuare una ricostruzione sistematica della disciplina al fine di individuare in via analogica la soluzione al caso di specie ed ha stabilito, come si ricordava, che anche a seguito del­l’assegnazione del credito garantito da pegno il diritto di voto continua a spettare al debitore esecutato quale detentore della partecipazione (nonché, secondo il Tribunale, ancora titolare del diritto di pegno), qualora il giudice dell’esecuzione non abbia disposto ai sensi dell’art. 554, 1° comma, c.p.c. Il provvedimento è di grande interesse in quanto non constano precedenti giurisprudenziali ed interventi dottrinali relativi alla specifica questione della spettanza del [continua ..]


3. Commento

3.1. La ricostruzione normativa operata dal Tribunale: l’estensione della disciplina del diritto di voto in ipotesi di sequestro (cui non segue la nomina del custode)

Il Tribunale ha dovuto affrontare un tema che, sebbene non appaia infrequente nella pratica, è privo di espressa regolamentazione legislativa. Come si accennava, il giudice ha ritenuto di dover operare attraverso un’in­ferenza di carattere analogico, muovendo dalla disciplina normativa ritenuta più prossima rispetto alla fattispecie oggetto della controversia, ossia la regolamentazione della spettanza del diritto di voto nel caso di sequestro di quote e nel caso di pignoramento di crediti garantiti da pegno su quote. Ciò in considerazione del fatto che trattasi di fasi processualmente antecedenti a quella (oggetto del caso di specie) successiva all’assegnazione delle somme. Prima di affrontare la ricostruzione operata dal Tribunale, merita ricordare che giurisprudenza e dottrina (che l’ordinanza in com­mento richiama) hanno affrontato il tema della spettanza del diritto di voto con riferimento all’ipotesi di pignoramento (diretto) delle quote sociali. Il caso di specie è invece parzialmente diverso poiché attiene ad un’ipotesi di procedura esecutiva avente ad oggetto un credito garantito da pegno su partecipazioni sociali. Pare però opportuno precisare subito che le due diverse fattispecie (ossia il pignoramento di partecipazioni sociali ed il pignoramento di credito assistito da pegno su partecipazioni sociali) sono tra loro assimilabili alla luce dell’art. 544 c.p.c. Il pignoramento non si ferma infatti al solo credito, ma si estende ex lege anche alle garanzie che lo assistono [3]. Ne consegue pertanto che la disciplina relativa al pignoramento di quote risulta applicabile anche al pignoramento di credito garantito da pegno su quote. Per tale ragione quando nel prosieguo della nota viene fatto riferimento alla fase del pignoramento, viene inteso sia il pignoramento diretto di quote sociali sia il pignoramento di crediti assistiti da garanzia sulle quote sociali. In considerazione degli argomenti che verranno affrontati, risulta opportuna anche una seconda precisazione preliminare. Il pegno, per come è stato tradizionalmente strutturato dal legislatore [4], si compone di una duplice dimensione: quella giuridica relativa alla sfera della titolarità del diritto; e quella materiale legata alla mera detenzione fisica del bene, con funzione pubblicitaria e costitutiva della garanzia. La disciplina del pegno (probabilmente in ragione [continua ..]


3.2. La ritenuta doverosa distinzione tra la fase del pignoramento e quella dell’as­segnazione del credito garantito da pegno su partecipazioni societarie

La ricostruzione della disciplina operata dal Tribunale è condivisibile fino al passaggio in cui reputa che nelle fasi del sequestro e del pignoramento il diritto di voto spetti sempre al soggetto nominato custode e quindi al detentore materiale del bene, e ciò in quanto (come meglio si vedrà di seguito) il ricorso alla figura del detentore appare essere quella maggiormente idonea a garantire gli interessi delle parti nelle fasi del sequestro e del pignoramento. Diversamente, non è pienamente condivisibile la conclusione del Tribunale allorquando non opera una distinzione tra la fase del sequestro e quella del pignoramento, da un lato, e la fase successiva all’assegna­zione del credito, dall’altro lato. Come detto, sembra infatti che per il Tribunale anche nella fase successiva all’assegnazione del credito ciò che determina la spettanza del diritto di voto continui ad essere la detenzione materiale del bene oggetto di pegno (che, secondo il giudice, rimarrebbe al debitore esecutato, qualora il giudice non abbia provveduto ai sensi dell’art. 554, 1° comma, c.c.). Come ricordato, il giudice conclude infatti l’ordinanza rilevando che, anche a seguito dell’assegnazione del credito, il diritto di voto non può spettare “ad altri se non al detentore delle quote date in pegno, in mancanza di contrario provvedimento”. Per le ragioni di seguito indicate, sembra tuttavia che il momento successivo all’asse­gna­zione del credito debba essere regolato diversamente da quanto ritenuto nell’ordi­nanza che si commenta. In particolare che, a seguito dell’asse­gna­zione del credito, ciò che rileva ai fini della spettanza del diritto di voto non sia più la detenzione materiale del bene, bensì la titolarità giuridica del diritto di pegno e che la titolarità del diritto di garanzia si trasmetta automaticamente al creditore procedente per effetto dell’assegnazione. In altri termini, che a seguito dell’asse­gna­zione del credito il diritto di voto spetti al creditore assegnatario.


3.2.1. La spettanza del diritto di voto nella fase di sequestro e pignoramento del credito garantito da pegno su quote

Come anticipato, risulta corretta la conclusione del Tribunale per cui la fase del sequestro e quella del pignoramento sottostanno alla medesima disciplina con riferimento all’individuazione del soggetto cui spetta il diritto di voto, ove viene data rilevanza alla detenzione materiale del bene. La conclusione è giustificata dall’omo­geneo interesse cui la fase del sequestro e quella del pignoramento risultano finalizzate, ossia quello della mera conservazione del valore del bene oggetto del pegno [11] fino al momento della sua eventuale assegnazione al creditore procedente. In particolare emerge come il ricorso alla figura del detentore sia la scelta più efficiente per tutelare al meglio tale interesse, essendo il detentore un soggetto potenzialmente diverso dal debitore sequestrato o pignorato. In tal modo viene infatti concesso al giudice la possibilità di svincolarsi dal debitore e nominare un soggetto terzo che, sulla base di una sua valutazione, appare più idoneo a svolgere il ruolo di “garante” per il buon mantenimento delle partecipazioni societarie. Pare allora potersi dedurre che il diritto di voto: (i) in ipotesi di sequestro spetti al custode che è stato nominato oppure (ii) in caso di mancata nomina del custode, spetti al debitore sequestrato quale custode del bene costituito ex lege ai sensi dell’art. 559 c.p.c.; (iii) nella fase del pignoramento, continui a spettare al debitore esecutato; oppure (iv) ad un terzo soggetto nominato dal giudice dell’esecuzione su istanza del creditore pignorante o di un altro creditore intervenuto.


3.2.2. La spettanza del diritto di voto nella fase di assegnazione del credito garantito da pegno su quote

Il Tribunale, come si accennava, non opera però una distinzione in merito all’ele­mento determinante per individuare il soggetto cui spetta il diritto di voto tra la fase del sequestro e del pignoramento e la fase successiva all’assegnazione del credito. Secondo il Tribunale, infatti, anche a seguito dell’assegnazione del credito il diritto di voto spetterebbe sempre “al detentore delle quote date in pegno”. Pare, invece, preferibile, una volta che il credito è stato assegnato, individuare il soggetto cui spetta il diritto di voto nel titolare del diritto di pegno sulle partecipazioni e non nel mero detentore. E la distinzione non è meramente terminologica atteso che, per le ragioni che si vedranno, il titolare della garanzia ed il detentore del bene potrebbero non coincidere. Inoltre, e quale ulteriore conclusione non condivisa con il Tribunale, pare preferibile sostenere che a seguito dell’assegnazione il titolare della garanzia sia sempre il creditore procedente e ciò alla luce di un automatico trasferimento della titolarità del pegno a seguito dell’assegnazione del credito. In altri termini, sembra preferibile ritenere che a seguito dell’assegnazione il diritto di voto spetti sempre al creditore assegnatario. Questa conclusione è in primo luogo giustificata dal fatto che, una volta intervenuta l’assegnazione, l’unico interesse emergente è quello del creditore al soddisfacimento del proprio diritto, eventualmente anche attraverso l’escussione della garanzia. Per tale ragione il soggetto più idoneo ed interessato al mantenimento del valore delle partecipazioni pignorate, anche attraverso l’esercizio dei diritti da essa derivanti (come nel caso di specie, il diritto di voto), non può che essere il titolare del diritto di pegno (nonché del credito). Diversamente, infatti, l’asse­gnazione dei diritti di cui al bene oggetto del pegno al mero detentore (che, per le ragioni che si diranno, potrebbe anche non coincidere con il creditore assegnatario) potrebbe esporre la garanzia al rischio di essere gestita da un terzo disinteressato e quindi a danno del creditore assegnatario [12]. Oltre a tale primo argomento di ordine generale, l’individuazione del titolare del diritto di voto nell’assegnatario del credito è sostenuta anche da ulteriori ragioni. Come accennato pare infatti [continua ..]


4. L’attribuzione del diritto di voto al­l’assegnatario del credito garantito dal pegno anche in ragione del suo maggior interesse alla partecipazione alla società

Le conclusioni a cui si è giunti sono confermate anche da un diverso punto di vista. Pare infatti che un ulteriore criterio per individuare il titolare del diritto di voto sia quello di accertare quale sia il soggetto che, a seguito dell’assegnazione del credito, abbia il maggior interesse a partecipare alla vita societaria e ad agire a favore dell’in­teresse della società. A seguito dell’assegnazione del credito e quindi (secondo la tesi qui sostenuta) del trasferimento della titolarità del pegno sulle partecipazioni, pare che in primo piano emerga proprio l’interesse del creditore assegnatario a partecipare alle decisioni societarie. Ciò in quanto egli è direttamente interessato al buon andamento della società affinché le partecipazioni, sulle quali vanta il diritto di garanzia, mantengano un adeguato valore in ipotesi di mancato spontaneo adem­pimento da parte del debitore. Diversamente, l’effetto potrebbe essere quello di esporre il creditore pignorante alla perdita del controllo sulle partecipazioni oggetto della garanzia, ossia al rischio di assistere passivamente all’assunzione di decisioni da parte della società che potrebbero ledere il valore delle partecipazione ed, in definitiva, la sua garanzia. Tale interpretazione peraltro tutela anche il generale interesse della società e degli altri soci che viene certamente difeso da chi (il creditore assegnatario) ha tutto l’inte­res­se a che le partecipazioni, sulle quali vanta la garanzia, mantengano un adeguato valore di realizzo. Queste considerazioni appaiono ancora più decisive con riferimento alle società a responsabilità limitata (come nel caso di specie) ove, almeno potenzialmente, la capacità gestoria della società da parte dei soci è più rilevante rispetto che nelle società per azioni. Si ricorda infatti che solo per le s.r.l. l’art. 2468, 3° comma, c.c. consente «l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società»; e che l’art. 2479 c.c. prevede che «i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitali sottopongono alla loro approvazione». [continua ..]


NOTE