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Enti religiosi, attività di impresa e procedure concorsuali
Andrea Bettetini
The study addresses the theme of possible submission to the bankruptcy law of ecclesiastical bodies. In fact, these bodies carry out essentially a cult and religion activity, but, in instrumental way, they can also carry out business activities. The jurisprudence has supported the assertion of the bankruptcy law of that business activity. The author retraces this case-law and the doctrinal constructions on the subject, proposing a possible solution to the difficult balance between safeguarding the nature and religious autonomy of the entity and replacing the enterprise's management that occurs in bankruptcy proceedings.
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Sommario:
1. Introduzione. Enti ecclesiastici e procedure concorsuali. - 2. Ente ecclesiastico e impresa. Tutela dell’identità religiosa ed esercizio di un’attività commerciale da parte di un ente religioso. - 3. Enti religiosi insolventi e procedure concorsuali. Il caso dell’ente ecclesiastico-impresa sociale. - 4. L’assoggettabilità dell’ente religioso alle procedure concorsuali nella giurisprudenza di merito. - 5. Il bilanciamento tra tutela dell’identità religiosa dell’ente e garanzia dei creditori. Il “patrimonio stabile”: normativa canonica e rilievo civilistico. - 6. L’identificazione dei beni funzionali all’esercizio dell’attività di impresa assoggettabili a procedure concorsuali: il bilancio separato. - 7. Controlli canonici e garanzia della struttura identitaria dell’istituto religioso nelle procedure concorsuali. - NOTE
1. Introduzione. Enti ecclesiastici e procedure concorsuali.
Recenti casi di dissesto economico, patrimoniale e finanziario che hanno coinvolto enti ecclesiastici, alcune decisioni giudiziarie in tema [1], e un provvedimento amministrativo di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria come previsto dal d.l. 23 dicembre 2003, n. 347 (poi convertito in legge 18 febbraio 2004, n. 39) [2], pongono il problema, non unanimemente risolto, della sottoposizione dei soggetti non personali religiosi alle procedure concorsuali (concordato preventivo, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza). Prendendo le mosse dalla natura di un ente ecclesiastico [3] quale si manifesta nella normativa e nella sua attività (anche di impresa) [4], saggeremo la compatibilità di siffatta essenza con le procedure concorsuali alla luce dei principi costituzionali in materia.
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2. Ente ecclesiastico e impresa. Tutela dell’identità religiosa ed esercizio di un’attività commerciale da parte di un ente religioso.
L’art. 7, 2° comma, legge n. 121/1985, nel suo combinato disposto con gli art. 1 e 2, 3° comma, legge n. 222/1985, stabilisce come requisito per il riconoscimento di un ente ecclesiastico della Chiesa cattolica che esso persegua in modo costitutivo ed essenziale un fine di religione o di culto, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico. Specificamente, l’art. 16, lett. a) della ora richiamata legge n. 222/1985 considera come attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana. Mentre (art. 16, lett b), legge n. 222/1985) sono considerate attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali e a scopo di lucro. Stante la garanzia dell’art. 20 Cost., e il principio generale accolto nel nostro ordinamento dell’utilità strumentale di rapporti anche estranei allo scopo per il conseguimento dello scopo medesimo [5], non si esclude che l’ente possa comunque svolgere altre attività. Dagli artt. 7, n. 3, 2° comma, legge n. 121/1985, e 15 legge n. 222/1985, si evince infatti come agli enti ecclesiastici possano essere imputate attività diverse da quelle di culto o di [continua ..]
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3. Enti religiosi insolventi e procedure concorsuali. Il caso dell’ente ecclesiastico-impresa sociale.
In tempi a noi recenti, la crisi di alcuni ospedali cattolici appartenenti a istituti di vita consacrata ha reso attuale la questione dell’applicabilità delle procedure concorsuali agli enti ecclesiastici che svolgono attività di natura imprenditoriale; soprattutto ci si chiede se il necessario rispetto della struttura canonica e della finalità di tendenza dell’ente ai sensi degli art. 7, n. 3, 2° comma, legge n. 121/1985, e 15 legge n. 222/1985, impedisca la soggezione di un ente ecclesiastico al regime delle procedure concorsuali. È indubbio che la risposta sia negativa nel caso (quantitativamente comunque raro [21] di ente ecclesiastico – impresa sociale. Il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, ha modificato la disciplina introdotta con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155 [22], attuativo della legge delega 13 giugno 2005 [23], n. 118, ed ora per impresa sociale si intende (art. 1 d.lgs. n. 112/2017) l’ente privato, ancorché costituito nelle forme di cui al Libro V del Codice civile, che, in conformità alle disposizioni del suddetto decreto, esercita in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri [continua ..]
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4. L’assoggettabilità dell’ente religioso alle procedure concorsuali nella giurisprudenza di merito.
La giurisprudenza di legittimità non è ancora giunta a pronunciarsi in materia, limitandosi a ribadire (lo abbiamo ora visto) che l’attività di impresa è comunque compatibile con la natura dell’ente ecclesiastico, purché non sia prevalente rispetto alle attività di culto e religione costitutive dell’ente stesso, e sempre che sia svolta senza fine di lucro soggettivo o, anche, che si tratti di un agire idoneo a conseguire la mera remunerazione dei fattori di produzione. La giurisprudenza di merito ha invece avuto modo di trattare, seppur in sinora poche pronunce [29], la questione della sottoposizione degli enti ecclesiastici alla disciplina delle procedure concorsuali. In particolare la giurisprudenza è costante nel ritenere assoggettabili alle procedure concorsuali gli enti ecclesiastici decotti. Il ragionamento seguito è sufficientemente logico: l’accertamento dello stato di insolvenza da parte del giudice italiano trova ostacolo nella sola specifica ipotesi di immunità dell’attività dell’ente dalla giurisdizione italiana; se pertanto l’ente, sotto questo profilo, non soggiace alla giurisdizione statale, non può essere sottoposto a procedure concorsuali. Se invece la sua attività ricade nel nostro ordinamento, essa soggiacerà in tutto alla normativa italiana, ivi comprese le norme a tutela dei creditori in caso di insolvenza. In tema [continua ..]
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5. Il bilanciamento tra tutela dell’identità religiosa dell’ente e garanzia dei creditori. Il “patrimonio stabile”: normativa canonica e rilievo civilistico.
Alla luce della prassi giudiziaria sopra esaminata, appare dunque essenziale, e coerente con i principi costituzionali in tema di libertà religiosa, salvaguardare l’autonomia dell’ordinamento canonico; ma al contempo, per giustizia e secondo diritto anche nell’ottica dell’art. 41 Cost., è altrettanto necessario tutelare i diritti dei terzi creditori. Come è stato correttamente osservato in dottrina [38], un’attività di impresa non assistita dalle tutele per i creditori offerte dalle procedure concorsuali rende indubbiamente possibili comportamenti opportunistici da parte dell’imprenditore debitore, oltre a giustificare un maggior costo del credito, in particolare di quello bancario. Non solo, in un insieme di procedure concorsuali prevalentemente orientato, con il sistema in vigore dal gennaio 2008, alla conservazione dell’impresa considerata quale bene economico da salvaguardare, la mancata applicazione della relativa disciplina comporta la perdita di un’opportunità per l’ente ecclesiastico imprenditore stesso [39], soprattutto nelle ipotesi in cui la procedura concorsuale costituisca l’unico (o il migliore) strumento per un’adeguata gestione della posizione debitoria. Si deve cioè trovare una soluzione che – contemperando le esigenze di rispetto della struttura religiosa e delle finalità proprie degli enti ecclesiastici con la tutela dei [continua ..]
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6. L’identificazione dei beni funzionali all’esercizio dell’attività di impresa assoggettabili a procedure concorsuali: il bilancio separato.
La superiore funzione dei beni rivolti alla soddisfazione delle finalità ontologiche dell’ente è così preponderante sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori. Un bilanciamento degli interessi in gioco rende però necessario uno strumento per chiaramente e realmente identificare i beni funzionali all’esercizio dell’attività di impresa, differenziandoli da quelli destinati alle finalità religiose. Non complessa appare l’identificazione di quel “minimo necessario” al perseguimento del fine essenziale dell’ente che è il patrimonio stabile. Invero, il can. 1291 CIC richiede che vi sia una legittima assegnazione di tale patrimonio alle finalità dell’ente, ossia un atto formale in virtù del quale è data a tali beni questa concreta finalità. Possono così essere ritenuti appartenenti al patrimonio stabile tutti quei beni che l’autorità legittima abbia assegnato alla titolarità dell’ente perché questo possa compiere le proprie finalità istituzionali. È pertanto onere della competente autorità ecclesiale fornire la prova di tali atti di assegnazione, affinché i beni dotati di stabilità siano sottratti alla massa fallimentare [52]. Più articolato appare l’accertamento degli altri beni mobili e immobili destinati a finalità comunque [continua ..]
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7. Controlli canonici e garanzia della struttura identitaria dell’istituto religioso nelle procedure concorsuali.
Prendendo le mosse dalla premessa che i beni destinati all’esercizio di impresa seguitano tut-tavia a far parte del patrimonio dell’unico titolare, cioè l’ente ecclesiastico, e che inoltre il vincolo di destinazione non incide in senso modificativo sul rapporto giuridico dei beni con il soggetto titolare, indubbiamente utile (e già esistente) è l’applicazione effettiva degli strumenti di controllo previsti dal diritto canonico e recepiti dal diritto concordatario. L’art. 7, n. 5 dell’Accordo del 18 febbraio 1984 stabilisce al riguardo che l’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici sia soggetta ai controlli stabiliti dal diritto canonico. Occorre precisare che i controlli canonici sugli atti di straordinaria amministrazione regolati nel Libro V del Codice di diritto canonico non riguardano tutte le persone giuridiche canoniche, ma solamente quelle pubbliche [67]. Infatti, dal combinato disposto dei can. 1256 e 1291, si deduce in modo chiaro, e secondo la tradizione giuridica ecclesiale, che solamente i beni di una persona pubblica sono da considerare ecclesiastici nel senso proprio del termine, e come tali sono sottoposti all’amministrazione e al controllo della legittima autorità della Chiesa. Questo non vuol dire che anche per i beni in dominio di un privato, o di una persona giuridica privata, o di un ente non personificato non vi sia una [continua ..]
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