Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Controllo del socio di s.r.l. e accesso a informazioni riservate (di Carlo Limatola)


(I)   TRIBUNALE DI MILANO, Sezione specializzata in materia di impresa, 27 settembre 2017 – Perozziello – T. s.r.l. (Avv. Petrucci, Avv. Morabito) c. TRIH. s.r.l. (Avv. Jeantet)   Società – Società a responsabilità limitata – Diritto di informazione del socio – Contenuto – Diritto di accedere alla documentazione delle società controllate – Sussistenza – Presupposti   (Art. 2476, 2° comma, c.c.)   Il socio non amministratore di s.r.l. ha diritto di accedere ai documenti relativi all’amministrazione delle società partecipate (anche quando si tratti di una s.p.a., che non contempla il diritto di informazione del socio), quando si tratti di documentazione utilizzata dai gerenti della controllante per l’espletamento del loro ufficio, in forza di un principio di corrispondenza tra esercizio della funzione gestoria degli amministratori e controllo sul loro operato da parte dei soci. (1)     (II)   TRIBUNALE DI NAPOLI, Sezione specializzata in materia di impresa, 30 giugno 2015 – Macrì – C. A. (Avv. Gallo, Avv. Preziosi) c. L. B. S.r.l. di G. A. & figli (Avv. M. Sandulli)   Società – Società a responsabilità limitata – Diritto di informazione del socio – Limiti – Riservatezza dei lavoratori – Estremi   (Art. 2476, 2° comma, c.c.; art. 4, lett. d), d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196)   Il diritto di informazione del socio non amministratore di s.r.l. si estende anche ai dati sensibili dei lavoratori, inclusi quelli relativi allo stato di salute, quando non si riveli la patologia e lo stato di attualità di un’eventuale affezione patologica del lavoratore. La disciplina di settore, infatti, permette di prescindere dal consenso dell’interessato quando occorre tutelare un diritto in sede giudiziaria, ma in questo caso il socio ed i professionisti delegati sono tenuti a trattare le informazioni ottenute per il tempo e le finalità strettamente necessari all’esercizio del controllo del socio. (2)   Società – Società a responsabilità limitata – Diritto di informazione del socio – Contenuto – Dovere di buona fede – Rapporto (Artt. 1175, 1375, 2476, comma 2°, c.c.)   Il diritto di controllo riconosciuto al socio non amministratore di s.r.l. ai sensi dell’art. 2476, 2° comma, c.c. attribuisce penetranti poteri di indagine senza che la legge imponga di esplicitarne i motivi. Tuttavia, in alcune ipotesi, come quando si richiede l’accesso ad informazioni riservate, tale facoltà è subordinata ad un onere di motivazione, in applicazione del principio secondo cui il controllo sull’am­ministrazione deve essere esercitato secondo buona [continua..]
SOMMARIO:

1. I casi e la normativa di riferimento - 2. Lo stato della questione in dottrina e in giurisprudenza - 3. Il commento. L’informazione del socio tra diritto di consultazione e facoltà ispettive - 4. La riservatezza delle informazioni ed il contenuto del diritto di informazione - 5. Segue. La richiesta di «notizie» e la consultazione dei «documenti relativi all’amministrazione» - 6. L’accesso a dati riservati tra principio di buona fede ed onere di motivazione - NOTE


1. I casi e la normativa di riferimento

I provvedimenti in commento affrontano, in relazione a due fattispecie differenti tra loro, il problema del rapporto intercorrente tra il diritto di informazione del socio non amministratore di s.r.l. e la legittimazione ad accedere anche a dati di soggetti formalmente estranei alla società. Tali notizie, sebbene astrattamente necessarie a permettere al singolo di ottenere un quadro esauriente sull’andamento della società, afferiscono ad una sfera di dati riservati, che in quanto tali gli amministratori non possono divulgare, poiché vi accedono nell’esercizio delle loro funzioni. L’ordinanza del tribunale di Milano affronta la delicata questione del diritto del socio di consultare anche i documenti delle società controllate, che pone il problema della possibilità di consentire ad un soggetto formalmente estraneo di conoscere gli atti relativi all’amministrazione. La soluzione favorevole desta perplessità, soprattutto quando la s.r.l. controlli società di tipo diverso, come la s.p.a., che non contempla l’istituto del controllo individuale del socio. Il provvedimento giunge a una soluzione di compromesso: esclude l’ammissibilità in via generale di un controllo individuale del socio su società eterodirette, ma consente comunque l’accesso anche ai documenti delle medesime, quando siano già in possesso degli amministratori della società madre. L’idea di fondo è che il diritto di informazione del socio comprende tutti i documenti in concreto utilizzati dai gerenti della s.r.l. nel­l’esercizio delle loro funzioni e, quindi, include anche quelli delle società figlie, quando le medesime siano gestite in modo accentrato. Nella vicenda affrontata dal tribunale di Napoli, invece, il socio di una società a responsabilità limitata esercita il diritto di informazione ai sensi dell’art. 2476, 2° comma, c.c., richiedendo la trasmissione di notizie dettagliate riguardo la retribuzione dei lavoratori. Le comunicazioni ricevute sono ritenute inadeguate, in quanto gli amministratori si limitano a trasmettere esclusivamente il dato aggregato, omettendo la specifica indicazione delle voci di costo per ciascun dipendente. Tale situazione determina la contrapposizione tra la tesi sostenuta dalla società – che reputa doveroso precludere l’accesso ad indicazioni più analitiche, in [continua ..]


2. Lo stato della questione in dottrina e in giurisprudenza

L’interesse degli interpreti in materia di informazione del socio non amministratore di s.r.l. è stato ravvivato in seguito alle innovazioni apportate dalla riforma, che ha animato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale su diversi profili della disciplina, alcuni dei quali risultano ancora controversi. L’affinità tra gli artt. 2476, 2° comma e 2261, 1° comma, c.c. è un profilo spesso richiamato nella ricostruzione del­l’istituto, sebbene le due disposizioni siano inserite in due contesti sistematici diversi. Ciò ha condotto ad estendere alla s.r.l. alcune questioni già poste in riferimento al­l’interpre­ta­zione del diritto di controllo del socio di società di persone, come la determinazione del campo di applicazione soggettivo della disciplina, che dipende dall’in­ter­pretazione del riferimento ai «soci che non partecipano all’amministrazione» [4]. Il raffronto tra le due disposizioni ha determinato in qualche caso anche l’emer­sio­ne di talune differenze, come per l’espresso riferimento posto dalla norma sulla s.r.l., ma assente nell’art. 2261 c.c., alla possibilità di accedere alla documentazione «tramite professionisti» [5]. Tale indicazione, peraltro, ha posto nel tipo in esame il diverso problema delle modalità di accesso ai dati, essendo oscuro se la norma ammetta la mera assistenza del terzo o, diversamente, autorizzi una vera e propria delega al tecnico [6]. In altre ipotesi, invece, il silenzio della legge richiede di ricostruire la disciplina in via interpretativa, come per la possibilità di estrarre copia della documentazione consultata, rispetto alla quale – dopo alcune oscillazioni [7] – la dottrina e la giurisprudenza sono orientate in senso favorevole [8]. Del resto, tale facoltà, in quanto connessa al­l’esigenza di assicurare un controllo efficace, è riconosciuta anche all’associato in partecipazione [9], sebbene l’art. 2552, 2° e 3° commi, c.c. prescriva che è il contratto a determinare il contenuto del diritto di controllo dell’associato, essendo formalmente assicurato esclusivamente il diritto al rendiconto [10]. Più rare, invece, sono le pronunce edite in materia di rapporto intercorrente tra il diritto di informazione e [continua ..]


3. Il commento. L’informazione del socio tra diritto di consultazione e facoltà ispettive

Nella prospettiva appena dischiusa, giova soffermare l’attenzione sul dato normativo, al fine di appurare in che misura il diritto alla riservatezza di terzi costituisce un limite al controllo del socio. L’art. 2476, 2° comma, c.c., nel riconoscere due distinte facoltà, ossia di richiedere notizie e di consultare documenti, indica due diverse modalità di accesso ai dati della società: la prima è indiretta o mediata, in quanto il socio ottiene solo «notizie» da parte degli amministratori sull’andamento degli affari, sicché i gerenti continuano ad essere gli unici ad avere accesso ai documenti sulla base dei quali sono forniti i dati richiesti; la seconda, invece, comporta l’accesso diretto ai «documenti», che vengono messi nella piena disponibilità del socio. Si opera, pertanto, una distinzione presente anche in altri ordinamenti giuridici europei, come quello tedesco, nel quale gli amministratori devono fornire ai soci le informazioni riguardanti la gestione («Auskunft über die Angelegenheiten der Gesellschaft») e permettere al contempo l’ispezione di libri e documenti («die Einsicht der Bücher und Schriften») [15]. Nulla è indicato, invece, in relazione ad eventuali limiti di tale facoltà, né tanto meno se il socio sia legittimato ad accedere anche ad informazioni che rientrano nella sfera di soggetti estranei all’im­presa. Ben vero, la riservatezza di determinati dati e informazioni costituisce un tradizionale argomento addotto dagli amministratori per limitare il diritto di informazione, sebbene tale obiezione riguardi sovente preclusioni alla consultazione di atti coperti da segreto aziendale, in considerazione della necessità di tutelare l’interesse della società a non divulgare notizie riservate, mettendo a rischio il buon esito degli affari [16]. Questo profilo trova riscontro sul piano comparatistico, soprattutto in Germania, dove il diritto di informazione, regolato dal § 51a GmbHG, è esercitato dal singolo socio [17], ma è espressamente disciplinata la facoltà degli amministratori di precludere l’accesso a determinati dati, sebbene sia richiesta al riguardo una decisione [18]. Quando sono coinvolti gli interessi di terzi che entrano a vario titolo in contatto con la società, invece, viene in rilievo [continua ..]


4. La riservatezza delle informazioni ed il contenuto del diritto di informazione

Aver chiarito che il diritto di informazione non include anche la facoltà di compiere atti di ispezione materiale permette di declinare in modo più corretto il contenuto dell’istituto, anche in relazione alla facoltà di accedere a dati di terzi, su cui gli amministratori debbano mantenere il riserbo. In primo luogo, questa conclusione consente di escludere che il controllo dei soci abbia lo stesso contenuto e la medesima estensione delle funzioni esercitate dai componenti del collegio sindacale, sui quali grava il dovere di esercitare una revisione approfondita sul­l’andamento della società. Tale profilo assume un rilievo decisivo sulla questione riguardante la legittimazione del socio ad accedere ai dati riguardanti le società controllate, in relazione alla quale la dottrina si è pronunciata in modo discordante [39]. La legge, infatti, estende espressamente ai sindaci la facoltà di accedere alle informazioni riguardanti le imprese del gruppo, ai sensi dell’art. 2403-bis, 2° comma, c.c., ma l’esi­genza di tutelare la riservatezza di tali notizie e di impedirne la divulgazione oltre quanto sia strettamente necessario ad espletare la funzione di controllo richiede che tale facoltà sia riservata esclusivamente ai componenti dell’organo di vigilanza e non anche ad altri soggetti. Tale interesse trova un formale riconoscimento nel dato normativo, dato che la legge permette alle società partecipate di rifiutare l’accesso alla documentazione sociale agli ausiliari dei sindaci, ossia a soggetti non formalmente investiti della funzione di controllo, sebbene costoro espletino attività serventi alla medesima [40]. Pertanto, soltanto i componenti dell’or­gano di controllo e non anche i soci possono accedere a dati riguardanti soggetti formalmente estranei, come le società partecipate, in considerazione della loro specifica funzione di vigilare sulla corretta gestione del­l’impresa. La possibilità di accedere a dati riguardanti terzi appare prima facie ingiustificata in relazione al controllo esercitato dal socio, il quale persegue il proprio personale interesse, anche perché chi trasmette le proprie informazioni alla società fa affidamento sul fatto che le medesime siano comunicate e trattate esclusivamente nell’esercizio di una funzione, sia essa gestoria o di vigilanza. [continua ..]


5. Segue. La richiesta di «notizie» e la consultazione dei «documenti relativi all’amministrazione»

La distinzione tra il ruolo esercitato da chi è investito della funzione di governo e quello riconosciuto al socio non amministratore trova una sua declinazione nella formulazione del dato normativo ed, in particolare, nella distinzione tra la ricezione di «notizie» dagli amministratori ed il diritto di accedere ai «documenti relativi all’am­ministrazione». Non sembra, invero, che la differenza tra le due fattispecie consista nel fatto che nel primo caso i gerenti forniscono ai soci tutte le indicazioni utili, a prescindere da una loro formale richiesta, per permettere di assumere le decisioni loro spettanti in modo consapevole ed informato [44]; mentre nel secondo si fa riferimento ad ipotesi in cui è il socio ad attivarsi per ottenere dati completi e dettagliati sull’andamento del­l’attività, mediante l’accesso ai documenti sociali. Il dovere degli amministratori di dare spe­cifiche informazioni per consentire di assumere una decisione ponderata ha, invero, un autonomo fondamento, esterno al diritto di informazione, ed è regolato dall’art. 2479-bis, 1° comma, c.c. [45]. L’accesso ai dati della società, disciplinato dall’art. 2476, 2° comma, c.c., invero, prescinde dal contingente interesse di assumere una decisione sociale in modo informato, ma ha la funzione di permettere al socio il consapevole esercizio dei diritti sociali [46]. Lo scopo della norma sul controllo non può risolversi, allora, nella mera esigenza di assicurare l’ado­zione di una decisione ponderata, di valutare la possibilità di impugnare determinate delibere o di esercitare l’a­zio­ne di responsabilità nei confronti degli amministratori [47]; piuttosto, essa permette al singolo di operare una complessiva valutazione della propria posizione all’interno della società, anche nell’eventuale prospettiva del disinvestimento [48]. La contrapposizione tra i due istituti è evidente se si tiene a mente la disciplina spagnola, dato che al socio di SRL, che presenta i caratteri di una società a struttura corporativa, non è riconosciuto un vero e proprio diritto di controllo, ma una mera informazione preassembleare, se titolare di specifiche aliquote di capitale [49]. Se si condividono queste considerazioni, allora, il significato della distinzione [continua ..]


6. L’accesso a dati riservati tra principio di buona fede ed onere di motivazione

L’articolazione del diritto di informazione in controllo mediato ed accesso diretto ai dati relativi alla gestione impone di verificare i presupposti che legittimano gli amministratori a negare la consultazione della documentazione sociale e quali siano gli strumenti di tutela disposti in favore del socio, il quale sospetti che il diniego dissimuli una gestione poco avveduta. È, infatti, evidente che la selezione delle informazioni da comunicare non può essere demandata esclusivamente agli amministratori, quanto meno in assenza di forme di controllo sulla correttezza delle valutazioni operate da costoro nel censurare determinate notizie. Se, peraltro, il mero rischio di abuso nell’opposizione del segreto non giustifica di per sé l’accesso diretto ai documenti riservati, un ragionevole equilibrio dei contrapposti interessi può essere desunto dal principio secondo cui il diritto di informazione deve essere esercitato nel rispetto del canone di buona fede [57]. Invero, vi è concordia di opinioni nell’affermare che il socio, nell’esercizio del controllo sull’ammi­nistrazione, soggiace al generale obbligo di esercizio secondo correttezza [58], come del resto si afferma anche in altri ordinamenti giuridici, ad esempio in Germania, là dove si ritiene che il Rechtsmissbräuch costituisce un limite al diritto di controllo sull’am­ministrazione [59]. Tale profilo è particolarmente sentito dopo la riforma, dato che l’am­pliamento del diritto di informazione espone la società ed i terzi al compimento di atti emulativi [60]. Vero è, tuttavia, che la generica affermazione del principio di buona fede non conduce in sé a risultati appaganti, in quanto il mero riferimento al divieto di esercizio abusivo del proprio diritto è foriero di esiti troppo incerti ed in ogni caso limitati ad ipotesi di evidente abuso [61]. Costituisce, invece, un percorso più affidante la traduzione del dovere generale di correttezza in puntuali regole che disciplinino l’esercizio del diritto di informazione, che vanno oltre la mera applicazione del principio di “riduzione teleologica” dell’istituto, secondo cui occorre disapplicare una determinata disciplina in tutte le ipotesi in cui la medesima conduce in concreto ad un esito inaccettabile [62]: è quanto si afferma proprio in [continua ..]


NOTE