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Il diritto al rimborso del socio recedente di banca popolare in seguito alla riforma t.u.b.
Luca Carotenuto
The author analyses the reform of Italian mutual institutions with references to the European law, in particular the Capital Requirement Regulation, the Capital Requirements Directive IV, and Commission Delegated Regulation n. 241/2014. The article offers an alternative solution that harmonises contrasting requirements between EU law, which limits capital instrument redemptions, and Italian corporate law, which provides for investment liquidation in cases where a shareholder does not agree with modifications of the company’s articles of association.
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Sommario:
1. Il dibattito sulla riforma delle banche popolari - 2. La riforma europea delle banche popolari: la direttiva CRD IV ed il regolamento CRR - 2.1. Segue: il Regolamento Delegato, le limitazioni al rimborso riprodotte nel t.u.b. e l’impatto della normativa nell’ordinamento italiano - 3. La necessità di ulteriori interventi da parte del legislatore - 4. Il diritto di recesso del socio alla luce delle modifiche dello Statuto imposte dall’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b. - 5. I possibili rimedi al mancato diritto di recesso - NOTE
1. Il dibattito sulla riforma delle banche popolari
La riforma delle banche popolari [[1]] è stata oggetto di un acceso dibattito, che si è concentrato prevalentemente sul tema delle limitazioni all’esercizio del diritto di recesso a seguito di trasformazione di cooperativa bancaria in società per azioni [[2]]. La questione attiene in particolare all’art. 28, 2°-ter comma del Testo Unico Bancario (t.u.b.) [[3]] ed ai regolamenti attuativi emanati dalla Banca d’Italia. Al riguardo, il Consiglio di Stato, nel procedimento cautelare in cui sono stati riuniti tre differenti ricorsi, ha sospeso – con ordinanza – l’efficacia di tre parti della Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 e del 9° aggiornamento del 9 giugno 2015, rinviando al giudizio della Corte Costituzionale la valutazione dei possibili rilievi di illegittimità [[4]]. Fatta eccezione del paragrafo 2 della Circolare di Banca d’Italia, intitolato Regime di prima applicazione [[5]], le altre due parti sospese hanno per oggetto i limiti al rimborso del socio recedente [[6]] e le modalità con cui quest’ultima può essere esercitata dagli organi societari [[7]]. Come è stato poi argomentato nella separata ordinanza di rinvio al giudice delle leggi nel procedimento di merito, il d.l. 24 gennaio 2015, n. 3 avrebbe attribuito all’Istituto di vigilanza “un potere [continua ..]
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2. La riforma europea delle banche popolari: la direttiva CRD IV ed il regolamento CRR
In data 26 giugno 2013, il Parlamento ed il Consiglio Europeo emanavano il reg. Ue n° 575/2013 (Capital Requirements Regulation, c.d. CRR) e la direttiva 2013/ 36/EU (Capital requirements directive, c.d. CRD IV), riguardanti i requisiti prudenziali degli enti creditizi per dare maggiore stabilità al sistema bancario europeo in conformità alle regole di Basilea III [[12]]. Prima di analizzare questa normativa, è bene sottolineare che ha finalità ben differenti rispetto ai nuovi regolamenti e direttive afferenti alla liquidazione degli enti creditizi in crisi [[13]]. A tal riguardo, si deve rilevare che tale distinzione non è stata colta da alcune sentenze dei giudici amministrativi [[14]]. Per converso, il regolamento CRR riguarda i requisiti minimi prudenziali che tutti gli enti creditizi devono osservare per garantire la stabilità del mercato ed evitare distorsioni dello stesso dovute a regolamentazioni arbitrarie degli Stati membri [[15]]. Dall’altra parte, la direttiva CRD IV prevede la trasposizione delle “nuove norme regolamentari mondiali sull’adeguatezza patrimoniale delle banche (norme di Basilea III), ivi comprese le norme che impongono riserve di conservazione del capitale e riserve di capitale anticicliche” [[16]]. La normativa europea sulle società mutue e cooperative avrebbe portata nei confronti di qualsiasi banca di credito cooperativo e [continua ..]
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2.1. Segue: il Regolamento Delegato, le limitazioni al rimborso riprodotte nel t.u.b. e l’impatto della normativa nell’ordinamento italiano
Quasi un anno dopo il reg. CRR, è intervenuto il Regolamento Delegato della Commissione Europea n. 241/2014 (c.d. Regolamento Delegato) al fine di specificare come si possa limitare il rimborso per evitare un possibile default della banca. La normativa inerente alla limitazione al rimborso ivi prevista è stata riprodotta ed attuata in Italia dall’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b. e dalle due parti della Circolare di Banca sospese dall’ordinanza del Consiglio di Stato. Infatti, la parte intitolata “Rimborso degli strumenti di capitale” [[21]] è (quasi) una pedissequa riproduzione dell’art. 10 del Regolamento Delegato, rivolto proprio nei confronti delle società mutue e cooperative e degli enti di risparmio. Analogamente, l’altra parte della Circolare di Banca d’Italia sospesa, inerente alle Modifiche statutarie delle banche popolari [[22]], osserva quanto stabilito dall’art. 11 paragrafo 2 del Regolamento Delegato che impone all’ente di introdurre nello statuto una clausola conforme all’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b., quindi anche all’art. 10 del Regolamento Delegato. Nello specifico, l’art. 10, § 2 del Regolamento Delegato, in riferimento agli artt. 29, § 2, lett. b) e 78, § 3 del reg. CRR, prevede che l’ente può “limitare” o “rinviare” il rimborso. I [continua ..]
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3. La necessità di ulteriori interventi da parte del legislatore
Emergono, tuttavia, una serie di significative lacune sia nella normativa europea che in quella nazionale. La prima riguarda le modalità in cui la banca può reintegrare il proprio capitale primario di classe 1. A rigor di logica, i soci che abbiano subito il rinvio del rimborso dovrebbero essere liquidati quanto prima e, di conseguenza, tutti gli utili eccedenti la soglia CET1 dovrebbero essere devoluti a questi ultimi, non ancora rimborsati, fino alla loro completa soddisfazione. Tuttavia, ciò potrebbe portare ad “immobilizzare” la banca per qualunque futuro investimento in grado di supportare la reintegrazione del capitale primario. Probabilmente, questa lacuna normativa è stata voluta ancora una volta per lasciare la possibilità agli amministratori, sempre sotto il controllo della Banca d’Italia, di ricostruire il capitale primario come meglio ritengano, applicando soluzioni più efficaci a seconda delle circostanze. È stata supportata, come mero esempio, la possibilità di costituire una riserva di capitale a cui sarebbe destinata una parte degli utili, da devolvere successivamente al rimborso dei soci “rinviati”. L’unica certezza, alla luce del combinato disposto degli artt. 77 e 78 reg. CRR, è che per ogni rimborso o riacquisto dovrebbe esserci la costante autorizzazione di Banca d’Italia. La seconda lacuna riguarda la possibilità di esperire contestualmente [continua ..]
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4. Il diritto di recesso del socio alla luce delle modifiche dello Statuto imposte dall’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b.
Come si è detto, è opinabile che alcune parti della circolare dell’Autorità di Vigilanza e della normativa europea – e precisamente quelle che limitano il diritto alla liquidazione delle azioni in caso di recesso – presentino profili di illegittimità costituzionale. Al riguardo, il tema da analizzare è se il diritto al rimborso del socio recedente di una banca popolare possa essere limitato in virtù dell’interesse pubblico, volto ad evitare crisi del sistema in caso di default della banca. Secondo un orientamento [[47]], alla luce di alcune sentenze della Corte costituzionale [[48]] e delle Corti europee [[49]], gli organi societari delle banche popolari avrebbero la facoltà di sacrificare gli interessi della minoranza, laddove tale sacrificio risultasse (i) “ragionevole”, (ii) non incisivo sul “contenuto minimo” della partecipazione e (iii) assistito da idonei mezzi di reazione per il caso di esercizio abusivo del potere decisionale della società. Tuttavia, è stato obiettato che la limitazione totale del rimborso e/o il rinvio “senza limiti di tempo” finiscano per configurare una “irragionevole” violazione della libertà patrimoniale del singolo [[50]]. Alla luce di questo orientamento, relativo alla legittimità della norma, si dovrebbe prendere in considerazione un diverso [continua ..]
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5. I possibili rimedi al mancato diritto di recesso
In termini generali, il recesso è la manifestazione di un diritto potestativo, garantito da legge, attraverso il quale un soggetto attua un interesse meritevole di tutela [[84]]. Il diritto potestativo, quale recesso, si configura, quindi, in un’attribuzione di un potere giuridico di autonoma qualificazione avente uno specifico contenuto e rivolto ad un determinato soggetto in quanto parte di un rapporto giuridico [[85]]. Lo stesso principio è riprodotto nell’art. 2437 ultimo comma c.c. per cui ogni patto contrario o che rende più gravoso il recesso rispetto alle ipotesi previste dal primo comma è affetto da nullità. La norma è quindi imperativa e non può essere derogata per nessun motivo [[86]]. Di conseguenza, la mancata attribuzione del diritto di recesso da parte del consiglio di amministrazione non inficerebbe la possibilità di far valere tale diritto sia quando non è stato previsto nella convocazione dell’assemblea, avente ad oggetto una modifica dello statuto da cui scaturirebbe, sia quando tale modifica è deliberata direttamente dagli amministratori ai sensi dell’art. 2365, 2° comma, c.c. In entrambi i casi, vi è un pregiudizio per il socio recedente: la determinazione del valore delle azioni, non essendo stata prevista prima della delibera, avviene in un momento successivo [[87]]. Infatti, il socio non sarebbe a conoscenza del reale [continua ..]
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NOTE