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Vuoto gestorio per dissidi non insanabili e nomina giudiziaria di un amministratore provvisorio. Spunti dall'esperienza francese
Linda Miotto
COUR DE CASSATION, CHAMBRE COMMERCIALE,
Audience publique du 8 février 2017 ˗ N° de pourvoi: 15-19897 – ECLI:FR:CCASS:2017:CO00188 – Mme Mouillard (président), président – SCP Ghestin, SCP Marlange et de La Burgade, avocat(s)
Décision attaquée: Cour d’appel de Metz, du 10 février 2015
Société – administrateur provisoire – mesure exceptionnelle – art. 809 code de procédure civile – l’art. 700 code de procédure civile
La désignation d’un administrateur provisoire d’une société est une mesure exceptionnelle qui suppose rapportée la preuve de circonstances rendant impossible le fonctionnement régulier de la société et menaçant celle-ci d’un péril imminent.
[La nomina di un amministratore provvisorio di una società è una misura eccezionale che presuppone la prova delle circostanze che rendono impossibile il regolare funzionamento della società e la minaccia di un pericolo imminente.]
REPUBLIQUE FRANCAISE
AU NOM DU [continua ..]
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Sommario:
1. Il quadro problematico. - 2. Vuoto gestorio e mala gestio: autonomia dei problemi e dei rimedi. - 3. Le aporie del principio consensualistico e il giudice supplente. - 4. Il principio di conservazione e la necessità di una guida amministrativa: rilevanza interpretativa. - 5. La designazione giudiziaria e i poteri attribuibili in rapporto alla funzione conservativa. - 6. (segue). I vincoli discendenti dalla tutela cautelare atipica. - 7. Le condizioni di compatibilità con i tipi personalistici. - NOTE
1. Il quadro problematico.
Per ambedue le sentenze che si annotano la nomina giudiziaria di un amministratore provvisorio è legittima, benché eccezionale e subordinata alla duplice prova dell’impossibilità di un regolare funzionamento della società e della minaccia di un pericolo imminente per la medesima. In coerenza con tale assunto, la prima pronuncia ravvisa integrate le condizioni per l’emissione del provvedimento avendo riscontrato come nel caso di specie la contabilità non fosse stata regolarmente tenuta per più di un esercizio e gli utili non fossero stati distribuiti. Il secondo arresto riforma invece il provvedimento di nomina emesso in sede di appello, ma ribadisce che l’assenza di gestori può giustificare la designazione giudiziale quando paralizzi la società e la esponga a un pericolo di danno. Il vizio pertanto riscontrato è nell’omessa indagine preventiva alla nomina in ordine alla sussistenza di un’effettiva stasi dell’impresa, che per la Corte può essere scongiurata anche dall’esistenza di un amministratore di fatto. L’orientamento sembra possa essere – seppure solo in parte – acquisito anche nel nostro ordinamento, nel quale peraltro il riconoscimento di un potere di nomina idoneo a risolvere le situazioni prospettate richiede un percorso argomentativo articolato, dovendosi superare alcuni indici testuali e sistematici apparentemente di segno [continua ..]
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2. Vuoto gestorio e mala gestio: autonomia dei problemi e dei rimedi.
Come anticipato, sono due i dati normativi che con più frequenza, sebbene con pari e giusto insuccesso, sono stati invocati nello sforzo di legittimare la nomina di un amministratore giudiziario: l’art. 1105, 4° comma, e l’art. 2409 c.c. La prima disposizione, richiamata in particolare per risolvere il problema nelle società di persone, considera fattispecie apparentemente assimilabili a quelle in esame, in quanto come noto stabilisce che se non si adottano i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria che, provvedendo in camera di consiglio, può anche nominare un amministratore. L’applicazione analogica è peraltro già stata da tempo efficacemente e condivisibilmente contestata per l’assorbente ragione riassumibile nelle note differenze fra società e comunione, determinanti al fine di escludere l’eadem ratio [13]. Il tentativo di sostenere l’applicabilità dell’art. 2409 c.c. ha trovato maggiore spazio negli scritti e nelle aule giudiziarie, confluendo nel più ampio e noto dibattito sulla proiezione sistematica di tale norma. Anche per questo l’analisi sembra debba essere impostata in termini differenti a seconda anzitutto del tipo societario, nonché delle [continua ..]
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3. Le aporie del principio consensualistico e il giudice supplente.
Un principio è qui fuori discussione: è inammissibile un provvedimento giudiziario di nomina finché la maggioranza provveda alla sostituzione dell’amministratore revocato. Ne abbiamo conferma dallo stesso art. 2409 c.c., secondo il quale l’intervento esterno è sospeso per l’avvicendamento di nuovi amministratori designati dall’assemblea. Sennonché le antitesi sulle quali ci si interroga, proprio in quanto intercorrono fra coalizioni di eguale forza, meritano considerazioni distinte rispetto a quelle che riguardano maggioranza e minoranza. Non si pone in dubbio infatti che una scelta giudiziaria degli amministratori, la quale si sostituisca a quella assembleare, sia da reputare incompatibile con il sistema qualora finisca con l’accordare alla minoranza una tutela che sacrifichi la prerogativa di dirigere gli affari sociali riconosciuta alla maggioranza col potere di nomina. La salvaguardia della parte debole entrerebbe in contraddizione con il principio maggioritario sul quale si regge il funzionamento degli enti societari [24]. Qualora però ci siano due componenti capaci di neutralizzare reciprocamente il rispettivo potere di voto e di determinare l’impossibilità di sostituire o nominare l’organo gestionale, si fuoriesce dalla logica di tale contrapposizione e l’intervento dell’autorità giudiziaria assume connotati peculiari sotto più [continua ..]
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4. Il principio di conservazione e la necessità di una guida amministrativa: rilevanza interpretativa.
È opinione consolidata in giurisprudenza che il dissidio tra i soci, benché non annoverato dall’art. 2272 c.c. tra le cause di scioglimento, possa risolversi nella più generale impossibilità di conseguire l’oggetto sociale contemplata dal n. 2 della medesima norma [35]. Parimenti pacifico è che tale situazione ricorra quando manchi chi amministri la società o, più in generale, quando per un qualsiasi ostacolo non sia dato assumere decisioni indispensabili per proseguire l’attività [36]. Quindi la paralisi da dissenso, sia che concerna le decisioni dei soci, sia che si traduca nella carenza di gestori o di gestione, si pone in correlazione causa-effetto con lo scioglimento. Sennonché, sarebbe fallace proseguire il ragionamento fino ad affermare che lo scioglimento della società sia la risposta data dall’ordinamento al dissenso tra i soci, e che dunque non vada ricercata una diversa soluzione, specie se giudiziaria, alla paralisi operativa della società. Così ritenendo si entrerebbe in contraddizione con le linee interpretative che proprio in materia di scioglimento sono offerte dal legislatore e dalla giurisprudenza. Quest’ultima si è fatta fautrice convinta di una “vocazione conservatrice” che si può dire abbia in qualche modo precorso lo spirito che nel 2003 ha guidato nella riscrittura delle disposizioni su scioglimento [continua ..]
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5. La designazione giudiziaria e i poteri attribuibili in rapporto alla funzione conservativa.
Il vincolo di strumentalità con la conservazione del valore d’impresa e dell’ente consente di precisare altresì l’estensione del provvedimento sotto il profilo contenutistico-sostanziale. La funzione di esso è evitare che nelle more del giudizio, all’esito del quale dovrebbero essere rimosse le cause dell’impasse, vengano meno i presupposti o comunque l’interesse alla prosecuzione dell’impresa, determinandosi l’ineluttabilità dello scioglimento dell’ente. Questa medesima funzione delimita allora non solo le fattispecie per le quali è possibile la nomina giudiziaria in esame, ma anche i poteri attribuibili alla figura così designata, l’enucleazione dei quali supporta a sua volta – come diremo – il giudizio di legittimità del relativo provvedimento. La comparazione con l’esperienza francese offre indicazioni utili a identificare tali prerogative. La giurisprudenza di tale ordinamento distingue preliminarmente fra designazione di un mandatario ad hoc e di un amministratore, assumendo quale elemento differenziale il quantum dei poteri conferiti [56]. Quando il giudice si limiti ad assegnare il compito di porre in essere determinati atti o categorie di atti si parla di mandataire ad hoc, e si afferma che gli eventuali organi sociali rimangono in carica [57]. L’espressione administrateur [continua ..]
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6. (segue). I vincoli discendenti dalla tutela cautelare atipica.
L’ammissibilità della misura di urgenza innominata di cui all’art. 700 c.p.c. trova fondamento nell’inesistenza di uno strumento cautelare tipico atto a rimuovere la situazione di pregiudizio imminente e irreparabile a cui è esposta la società in impasse e perciò idoneo a realizzare un interesse (alla conservazione del valore dell’impresa e dell’ente che la esercita) che per quanto detto è invece sotto più profili giuridicamente apprezzabile e meritevole di salvaguardia [81]. Nondimeno l’applicabilità ai casi in esame richiede alcune puntualizzazioni a fronte dell’assunto contrario per il quale non sono adottabili in sede cautelare provvedimenti dei quali non sarebbe possibile la pronuncia all’esito di un giudizio cognitivo di merito [82]. È stato affermato in particolare che l’art. 700 c.p.c. non può essere invocato quale fondamento normativo per la nomina giudiziaria di un amministratore, non potendosi conseguire con ricorso d’urgenza effetti giuridici preclusi al giudizio di merito, rispetto al quale può emettersi un provvedimento meramente anticipatorio [83]. Sennonché sembra che tali obiezioni possano essere superate nelle fattispecie in esame considerando le caratteristiche della figura la cui designazione andrebbe chiesta nella fase cautelare, e più precisamente considerando [continua ..]
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7. Le condizioni di compatibilità con i tipi personalistici.
Le direttrici indicate consentono, sembra, di superare alcuni problemi interpretativi che si pongono specificamente per le società di persone, in connessione con la responsabilità illimitata dei relativi soci e con la conseguente tradizionale ritrosia ad ammettere per esse la figura del c.d. amministratore estraneo. Quanto al primo profilo, l’attribuzione del potere a un amministratore provvisorio non pare determinare un rischio per i patrimoni individuali incoerente con il sistema, dal momento che le prerogative decisionali di tale soggetto sono ristrette alla mera conservazione, attuata principalmente mediante l’adempimento di obbligazioni preesistenti. Tale attività non implica infatti l’assunzione di scelte gestionali in senso proprio, né espone la società e i suoi soci a ulteriori rischi, perché anzi salvaguarda dal pericolo al quale sarebbero esposti se perdurasse lo stallo. Le medesime considerazioni consentono di superare un problema ulteriore che si pone specificamente per le società in accomandita semplice a margine dell’art. 2323 c.c., ove all’ultimo comma stabilisce che, venuti a mancare tutti gli accomandatari, per il semestre concesso per la ricostituzione della duplice categoria di soci gli accomandanti nominino un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. La norma di per sé è catalogabile quale espressione del principio di [continua ..]
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NOTE