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Corporate governance e comunicazione di informazioni privilegiate
Carmine Di Noia, Matteo Gargantini
Sommario:
1. Introduzione. - 2. La (teorica) eccezionalità dell’informazione privilegiata: rilevanza dell’indagine. - 2.1. Il rischio di conformità nella gestione dell’informazione privilegiata. - 2.1.1. Individuazione dell’informazione privilegiata. - 2.1.2. Il ritardo della pubblicazione. - 2.2. Conclusioni preliminari sulla rilevanza dell’informazione privilegiata. - 3. Perché limitare la circolazione dell’informazione privilegiata? - 4. Circolazione dell’informazione privilegiata e rapporti partecipativi. - 4.1. Emittenti quotati e loro società controllate. - 4.2. La società quotata e i suoi soci. - 4.2.1. La società quotata eterodiretta. - 4.2.2. Soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole - 4.2.3. Investitori istituzionali. - 5. La governance esterna. - 5.1. Gatekeepers: agenzie di rating, analisti finanziari e disclosure selettiva. - 5.2. Trasferimenti e consolidamenti del controllo: informazioni privilegiate e disciplina delle offerte pubbliche di acquisto. - 5.2.1. (segue): comunicazione di informazioni privilegiate e aggregazioni. - 5.2.2. (segue): offerte pubbliche di acquisto e insider di se stesso. - 6. Conclusioni. - NOTE
1. Introduzione.
La gestione dell’informazione rappresenta uno degli aspetti più complessi dal punto di vista regolamentare e, al contempo, più densi di implicazioni teoriche tra quelli che riguardano il vasto tema della corporate governance. L’importanza della materia è evidente: essa deriva dal fatto che i meccanismi di governo e di controllo dell’impresa, siano essi interni o esterni alla società, si basano su – e a loro volta producono – flussi di informazioni. Ciascuno di tali meccanismi, in altri termini, funziona se ed in quanto esso sia in grado di ricevere informazioni e, una volta rielaborati i dati così acquisiti, di comunicare ad altri soggetti le istruzioni o le valutazioni relative. Queste informazioni possono pertanto riguardare accertamenti dei fatti più vari, ivi incluse le determinazioni di volontà degli organi sociali, e assumere diverse qualificazioni giuridiche. Tra le informazioni che costituiscono i flussi rammentati, quelle qualificabili come privilegiate ai sensi della disciplina sugli abusi di mercato (art. 7 Reg. (UE) N. 596/2014 – MAR) meritano un’indagine particolare in virtù dei limiti che la disciplina applicabile, di fonte prevalentemente europea, pone alla loro circolazione. Tali limiti incidono infatti inevitabilmente sulle modalità con cui operano i meccanismi di governance che sulle informazioni, anche di natura privilegiata, si [continua ..]
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2. La (teorica) eccezionalità dell’informazione privilegiata: rilevanza dell’indagine.
A prima vista, un problema di gestione della circolazione dell’informazione privilegiata sembra potersi porre solo in casi normativamente e statisticamente residuali. Dal punto di vista della disciplina applicabile, infatti, può parlarsi di comunicazione selettiva dell’informazione privilegiata da parte dell’emittente unicamente in presenza di notizie non ancora rese pubbliche [1] che soddisfino, al contempo, gli altri requisiti stabiliti per la loro sottoposizione al regime di circolazione ristretta stabilito dall’art. 7 MAR. In particolare, è necessario che l’informazione non ancora pubblicata riguardi direttamente [2]l’emittente o i suoi strumenti finanziari e rivesta un carattere preciso, oltre ad avere contenuto tale da poter determinare, se pubblicata, un effetto significativo sui prezzi dei medesimi strumenti finanziari o di strumenti finanziari derivati collegati (price sensitivity). Quanto a quest’ultimo aspetto, il parametro da prendere a riferimento è quello dell’investitore ragionevole [3]: l’informazione è price sensitive se questo investitore-modello la utilizzerebbe probabilmente “come uno degli elementi su cui basare le proprie decisioni di investimento” (art. 7(4) MAR). Nel sistema dell’art. 7 MAR, il requisito della precisione si articola invece a propria volta in due aspetti, l’uno riferito allo stadio di sviluppo [continua ..]
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2.1. Il rischio di conformità nella gestione dell’informazione privilegiata.
Come evidente dalla pur sommaria sintesi che precede, i requisiti che definiscono l’informazione privilegiata, da un lato, e il ritardo della sua pubblicazione, dall’altro, non sono sempre agevoli da ricostruire: ciò anche a causa dell’inevitabilmente scarsa prevedibilità dell’interpretazione che emittenti, autorità di vigilanza e giudici sono chiamati a dare con riguardo alle clausole generali o, peggio, ai concetti indeterminati che le norme europee adottano. Tutto ciò ha un ruolo decisivo nell’accrescere le difficoltà nella gestione delle informazioni privilegiate, a dispetto del numero non necessariamente elevato di queste ultime. Per chiarezza di analisi, si procederà a una rapida disamina dei profili di maggiore indeterminatezza attinenti alla nozione di informazione privilegiata (§ 2.1.1), per poi passare agli analoghi aspetti concernenti il ritardo (§ 2.1.2). Infine, si evidenzieranno i principali problemi che derivano da tali incertezze (§ 2.1.3).
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2.1.1. Individuazione dell’informazione privilegiata.
La definizione dell’informazione privilegiata rilevante ai fini degli obblighi di divulgazione si differenzia rispetto a quella rilevante ai fini dell’insider dealing prevalentemente [7] in quanto all’emittente è richiesto di rendere nota al pubblico la sola informazione che lo riguardi “direttamente”. Non devono quindi essere oggetto di pubblicazione le notizie di carattere macroeconomico o che riguardino l’evoluzione generale del mercato (c.d. market information). Il confine tra queste informazioni e quelle (c.d. corporate information) che sono invece soggette a pubblicazione non è tuttavia sempre facile da identificare. In primo luogo, anche notizie riconducili alle market information possono avere ripercussioni particolari su taluni emittenti, ripercussioni che per tale ragione possono non essere comprensibili dall’esterno sulla base delle sole informazioni pubblicamente disponibili. In questo caso, particolari effetti che le notizie, pur di pubblico dominio, hanno sul singolo emittente possono costituire oggetto di un obbligo di pubblicazione. Si pensi, ad esempio, al caso di un divieto normativo che sia idoneo a incidere in termini particolarmente negativi su un’area di sviluppo in cui l’emittente aveva progressivamente investito in anni recenti. In secondo luogo, non sempre è agevole identificare le notizie che riguardino l’emittente in [continua ..]
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2.1.2. Il ritardo della pubblicazione.
L’interpretazione dei requisiti del ritardo nella pubblicazione di informazioni privilegiate comporta incertezze anche più serie di quelle appena ricordate. Basti pensare all’individuazione del potenziale effetto fuorviante della dilazione, al pregiudizio ai “legittimi interessi” dell’emittente che la dilazione stessa può mirare ad evitare o, infine, al livello di probabilità richiesto per ciascuna delle due valutazioni (art. 17(4) MAR). Data la vaghezza di tali previsioni, i benefici in termini di certezza del diritto derivati dai chiarimenti forniti dall’ESMA nei propri Orientamenti [23] sono inevitabilmente limitati, per almeno due ordini di ragioni. Il primo è che, trattandosi appunto di Orientamenti, rimane dubbia la loro efficacia in sede di giudizio, anche penale, alla luce di alcuni precedenti in altri Paesi dell’Unione [24]. In secondo luogo, la formulazione delle linee guida è tale per cui queste definiscono, solo in positivo, alcuni casi in cui può ritenersi vi sia il rischio di ingannare il pubblico ma non invece, in negativo, i casi in cui il medesimo rischio possa considerarsi escluso: esse non definiscono, pertanto, alcun safe harbour. Quanto alla probabilità che il pubblico sia fuorviato, il problema maggiore che gli Orientamenti hanno dovuto fronteggiare deriva dal fatto che è la definizione stessa di informazione privilegiata a renderne la [continua ..]
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2.2. Conclusioni preliminari sulla rilevanza dell’informazione privilegiata.
Pur se allo stato ineluttabile, l’unificazione delle due nozioni di informazione privilegiata – quella valida ai fini di prevenzione degli abusi e quella valida ai fini della trasparenza – è una scelta normativa senz’altro criticabile e, in effetti, da tempo criticata da parte chi scrive [28]: essa infatti non garantisce sufficienti margini di tutela all’interesse alla riservatezza proprio di qualunque emittente, in tal modo disincentivando la quotazione e, addirittura, l’ammissione a negoziazione su MTF (ivi inclusi i mercati di crescita per le PMI: art. 33 direttiva 2014/65/UE – MiFID II) delle società operanti nei settori più innovativi. Inoltre, pur quando siano invocati i correttivi in materia di ritardo nella pubblicazione delle informazioni, gli emittenti rischiano di incorrere in oneri procedurali e di compliance i cui costi sono elevati a causa del pericolo di conseguenze sanzionatorie: tra i fattori che contribuiscono ad aggravare il rischio rientrano sia l’elevata possibilità di commettere una violazione (soprattutto a titolo colposo, data l’incertezza del quadro normativo) sia l’entità delle sanzioni applicabili in caso di accertamento. Proprio l’intensità delle misure repressive di carattere amministrativo e penale imposte dall’ordinamento europeo avrebbe reso preferibili una maggiore precisione nella definizione dei requisiti del [continua ..]
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3. Perché limitare la circolazione dell’informazione privilegiata?
Da un punto di vista teorico, le limitazioni alla circolazione selettiva delle informazioni privilegiate possono trovare diverse giustificazioni, tra loro non necessariamente alternative. Senza pretesa di esaustività, la più evidente discende dalle ragioni stesse del divieto di insider dealing, rispetto al quale le restrizioni alla comunicazione delle informazioni privilegiate si pongono come una misura preventiva [37]. Contenere le possibilità di un accesso incontrollato a queste notizie riduce il novero dei soggetti che potrebbero abusarne, in tal modo limitando il rischio che il possesso di informazioni privilegiate possa tradursi in atti abusivi quali negoziazioni aventi ad oggetto gli strumenti finanziari rilevanti [38]. Un secondo tipo di giustificazione fa discendere i limiti alla comunicazione selettiva dagli effetti deleteri che questa potrebbe avere sull’efficienza e l’integrità del mercato indipendentemente dalla possibilità che alla comunicazione faccia seguito un’attività di insider dealing. Il caso classico è quello in cui la comunicazione selettiva avvenga in favore di analisti finanziari. In linea generale, l’opportunità, per questi soggetti, di accedere a informazioni privilegiate potrebbe migliorare la capacità dei prezzi di rappresentare, tramite i meccanismi di price discovery, un insieme più vasto di informazioni disponibili veicolate [continua ..]
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4. Circolazione dell’informazione privilegiata e rapporti partecipativi.
La circolazione dell’informazione privilegiata subisce restrizioni, nell’impianto MAR, con riferimento a comunicazioni che avvengano tanto all’interno dell’emittente quanto all’esterno di esso. Sotto il primo profilo, che non sarà oggetto di analisi approfondita in questa sede, la gestione dell’informazione privilegiata assume una valenza organizzativa, dato che essa incide sulla predisposizione di sistemi di circolazione dell’informazione privilegiata che ne impediscano la diffusione incontrollata [49]. Alcuni tra tali presidi sono peraltro previsti già a livello normativo: basti pensare ai registri degli insider o alla presunzione del mancato uso dell’informazione privilegiata in presenza di muraglie cinesi (Articoli 9(1) e 18 MAR) [50]. Assumendo quale punto di riferimento l’emittente di strumenti finanziari ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato o un MTF [51], la comunicazione selettiva dell’informazione privilegiata può avvenire in diverse direzioni, a seconda del rapporto che, definendo il contesto della comunicazione stessa, ne può giustificare l’occorrenza alla luce del criterio di normalità stabilito dall’art. 10 MAR. Per semplicità di analisi, i paragrafi che seguono analizzeranno alcune connessioni tra comunicazione selettiva dell’informazione e rapporti partecipativi iniziando dai flussi [continua ..]
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4.1. Emittenti quotati e loro società controllate.
Le informazioni privilegiate possono naturalmente formarsi non solo all’interno dell’emittente quotato ma anche presso le società che questi controlla. Nel caso delle holding quotate [52] ciò avverrà anzi in via prevalente, dato che è lecito attendersi, soprattutto in caso di gestione statica delle partecipazioni [53], che l’andamento delle imprese controllate sia la principale determinate dei risultati della controllante. Sembra pertanto indubbio che le informazioni così prodottesi riguardino “direttamente” l’emittente e debbano essere oggetto di pubblicazione ai sensi dell’art. 17 MAR. Se poi queste stesse informazioni debbano conseguentemente essere oggetto di un flusso informativo ad hoc tra controllata e controllante è questione che può essere dibattuta e che potrebbe trovare risposte differenti in ordinamenti diversi, a dispetto dell’armonizzazione massima su cui MAR si basa. Quest’ultimo Regolamento, infatti, non prevede alcun flusso informativo in favore della controllante quotata avente ad oggetto informazioni privilegiate originatesi presso la controllata: mancando un dovere in tal senso, la possibilità che ciò avvenga rimane inevitabilmente soggetta all’incerto test di normalità sopra indicato. Resta quindi da domandarsi, in attesa degli adeguamenti normativi di rango legislativo che si renderanno [continua ..]
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4.2. La società quotata e i suoi soci.
Naturalmente diversi i problemi che si pongono con riguardo alla circolazione delle informazioni dalla società con strumenti finanziari negoziati su una sede di negoziazione a soggetti ad essa esterni. Pure tale comunicazione sarà soggetta al vaglio di legittimità degli artt. 10 e 17(8) MAR, vaglio che assume caratteri particolarmente complessi allorché a giustificazione della comunicazione selettiva sia invocato un rapporto partecipativo: di questa fattispecie si applica il presente paragrafo [64]. In termini generali, è evidente – ma non del tutto scontato, considerando la relativa frequenza con cui nella pratica esso è invocato a scriminante – che il mero rapporto partecipativo non rappresenta, di per sé, elemento idoneo a fondare un giudizio di legittimità della comunicazione selettiva di informazioni privilegiate. Hanno contribuito a ingenerare incertezze in tale ambito alcune norme, passate e future, che è opportuno richiamare brevemente prima di procedere nell’analisi. Ad esempio, si è in passato fatto leva, per allargare le maglie del giudizio di legittimità delle comunicazione selettiva ai soci di controllo, il fatto che il t.u.f. prevedesse, all’epoca, obblighi in materia di comunicazione al pubblico e di tenuta degli elenchi delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate anche in capo a coloro che controllassero una società quotata (v. art. [continua ..]
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4.2.1. La società quotata eterodiretta.
Tra i partecipanti al capitale della società quotata, una considerazione a parte merita, naturalmente, il socio che esercita attività di direzione e coordinamento. È evidente, infatti, che l’esistenza di flussi informativi, in entrambe le direzioni, tra quest’ultimo socio (per brevità, di seguito, anche solo “entità”) e l’emittente eterodiretto è, per così dire, consustanziale all’attività stessa di direzione e coordinamento, giacché questa non potrebbe esistere senza quelli. L’ammissione a quotazione dell’emittente su un mercato regolamentare – ma non, ad ogni modo, su un MTF – determina, a dire il vero, l’applicazione di una disciplina ad hoc che, per certi versi, sembra attenuare la “presa” che l’entità può esercitare. La disciplina in materia di società quotate eterodirette [dettata in attuazione dell’art. 62, 3°-bis comma, lett. b), t.u.f.] stabilisce infatti, tra l’altro, che non possono essere ammesse a quotazione le società eterodirette che non abbiano una “autonoma capacità negoziale” nei rapporti con clientela e fornitori. Poiché riesce difficile immaginare che una società per azioni possa essere carente dell’idoneità a porre in essere atti negoziali vincolanti (elemento a cui più [continua ..]
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4.2.2. Soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole
Più limitata in astratto, se paragonata con la condizione dell’ente che eserciti direzione e coordinamento, la possibilità per il socio di controllo di ricevere informazioni privilegiate su base sistematica. In tal caso, infatti, non valgono le considerazioni sopra svolte con riguardo agli indici derivanti dagli artt. 2497 e ss. c.c.: una regolare condivisione di informazioni privilegiate al di fuori di una attività direzione e coordinamento a cui l’emittente abbia dichiarato la propria soggezione sarà quindi illegittima, vuoi perché condotta in violazione dell’art. 10 MAR, vuoi perché rappresentativa di una situazione di fatto non dichiarata ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. e quindi incompatibile con la conservazione dello status di emittente quotato ai sensi dell’art. 62, 3°-bis comma, lett. b), t.u.f. [v. art. 16, 1° comma, lett. a), Reg. mercati Consob]. In linea generale, il controllo in quanto tale non sembra giustificare neppure una condivisione estemporanea di informazioni privilegiate, in assenza di specifiche cause giustificative: depone in tal senso la giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha ritenuto di dover interpretare restrittivamente l’esenzione, basata sul criterio della normalità, al generale divieto di circolazione dell’informazione privilegiata e, pertanto, di richiedere un nesso di stretta necessità tra comunicazione [continua ..]
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4.2.3. Investitori istituzionali.
La presentazione di un lista di candidati al consiglio di amministrazione (così come al collegio sindacale) e il suo sostegno mediante il voto assembleare non rappresenta una base giuridica sufficiente a giustificare una comunicazione selettiva di informazioni privilegiate: questo tipo di comunicazione non rientra infatti nel “normale esercizio” di alcuna delle attività contemplate dall’art. 10 MAR. Il voto di lista non determina infatti un rapporto privilegiato tra coloro che abbiano predisposto la lista e i componenti di quest’ultima. Ciò vale, come indicato, a escludere che il socio di controllo possa per ciò solo accedere all’informazione privilegiata, ma vale anche a determinare analoga conclusione con riguardo a coloro che abbiano presentato la lista da cui siano stati eletti gli amministratori di minoranza in base al meccanismo dell’art. 147-ter t.u.f.. Come noto, i benefici che questi amministratori determinano per la corporate governance derivano infatti dalla loro minore probabilità di cattura da parte del socio di controllo, dato che la possibilità di vedere rinnovata la loro carica non dipende da quest’ultimo. Altro è, tuttavia, la minore cattura da parte del controllante, altro una inammissibile maggiore cattura da parte delle minoranze. L’impossibilità di trasferire informazioni privilegiate rappresenta il limite esterno del dialogo [continua ..]
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5. La governance esterna.
L’ultima parte di questa analisi è dedicata agli effetti della disciplina in materia di circolazione dell’informazione privilegiata sui meccanismi di governo societario che si collocano, genericamente e a meri fini descrittivi, all’esterno dell’emittente. Includiamo per semplicità in quest’ambito in primo luogo i c.d. gatekeepers, intermediari reputazionali che, acquisendo e rielaborando informazioni, possono svolgere una funzione essenziale nell’assicurare, facendo leva sui meccanismi del prezzo sui mercati azionari e obbligazionari, una buona governance [86]. A tali fini, prenderemo in considerazione alcuni aspetti della disciplina che possono interessare gli analisti finanziari e le agenzie di rating. Svolgeremo poi, in secondo luogo, alcune considerazioni più estese sugli effetti che la disciplina in materia di informazioni privilegiate può avere sul mercato del controllo societario, altro meccanismo di disciplina dei manager che inevitabilmente risente di quei profili normativi.
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5.1. Gatekeepers: agenzie di rating, analisti finanziari e disclosure selettiva.
La gestione dell’informazione privilegiata può talora risultare particolarmente complessa a causa del fatto che non sempre questa si riferisce a un evento singolo (per quanto futuro o generato per tappe progressive) caratterizzato da un nucleo ben definito di dati, quale ad esempio, la scoperta di un nuovo giacimento petrolifero in una zona di sfruttamento esclusivo su cui sussista una concessione estrattiva o le dimissioni di un esponente aziendale di rilievo. Basti pensare, ad esempio, a un’invenzione complessa caratterizzata da più elementi la cui combinazione, più che l’individualità di ciascuno di essi singolarmente considerato, dà luogo al potenziale innovativo. Un altro caso classico affine a quest’ultimo scenario è quello delle informazioni contabili. Fino a quale punto alcuni singoli elementi di informazioni privilegiate possano a loro volta rappresentare un’autonoma forma di informazione privilegiata dipende naturalmente dall’applicazione dei test di rilevanza stabiliti dall’art. 7 MAR (in particolare in termini di price sensitivity e reasonable investor test). In imprese complesse, le informazioni contabili si formano per aggregazioni di elementi relativi a rami d’azienda distinti, fino a generare situazioni contabili più definite e destinate a confluire nelle relazioni finanziarie o in altri documento da pubblicare. In quest’ambito, peraltro, le [continua ..]
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5.2. Trasferimenti e consolidamenti del controllo: informazioni privilegiate e disciplina delle offerte pubbliche di acquisto.
La capacità del mercato del controllo societario di disciplinare la condotta dei manager allineandone gli interessi a quelli degli azionisti è nota da tempo e merita di essere solo richiamata in questa sede [92]. Quel che qui rileva è, piuttosto, il ruolo che l’informazione può svolgere nel contesto delle operazioni di acquisizione e, pertanto, i caratteri e le conseguenze dei limiti alla sua circolazione o al su utilizzo in questo specifico contesto. L’indagine inizierà dai vincoli relativi alla condivisione di dati relativi all’emittente oggetto di possibile acquisizione, tema che per ovvie ragioni riguarda con maggiore frequenza le offerte pubbliche di acquisto amichevoli [93]. La riduzione delle asimmetrie informative tra acquirente ed emittente contribuisce infatti a diminuire il costo delle acquisizioni, contenendo i problemi di azzardo morale e di selezione avversa che tendono ad affliggere i mercati in condizioni di limitata circolazione dell’informazione.
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5.2.1. (segue): comunicazione di informazioni privilegiate e aggregazioni.
Tipicamente, l’accesso ai dati utili per le potenziali aggregazioni avviene mediante due diligence, talora con l’ausilio di data room che, prima del lancio di un’offerta, consentano a più potenziali acquirenti l’accesso a dati non diffusi tra il pubblico. Queste forme di condivisione delle informazioni possono contribuire a rendere il mercato del controllo societario più efficiente, ma possono anche determinare il passaggio di informazioni privilegiate [94]: ciò può accadere, come detto, nei casi del ritardo nella pubblicazione o in forza dell’aggregazione di più informazioni che, sommate tra loro, possono assumere i requisiti della price sensitivity (c.d. mosaic theory). La disciplina MAR facilita in qualche misura la circolazione di informazioni tra la società target e i suoi potenziali acquirenti, come detto tendenzialmente amichevoli. In particolare, essa esclude che vi sia un (ab)uso di informazioni privilegiate allorché una persona, pur possedendole, “abbia ottenuto tali informazioni privilegiate nel corso di un’offerta pubblica di acquisto o di una fusione” (art. 9(4) MAR). A dire il vero, un’interpretazione letterale della previsione porterebbe ad attribuirle una portata applicativa di rilievo limitatissimo, per il semplice fatto che le informazioni impiegate nell’offerta sono acquisite, inevitabilmente, prima [continua ..]
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5.2.2. (segue): offerte pubbliche di acquisto e insider di se stesso.
È però sotto altro profilo, se possibile ancor più problematico, che le offerte pubbliche di acquisto promosse dal socio di controllo sono state oggetto di contenzioso attinente all’abuso di informazioni privilegiate. Ci si riferisce all’uso, da parte dell’offerente, dell’informazione relativa al lancio dell’offerta medesima, uso che non presuppone la preventiva circolazione dell’informazione tra soggetti diversi, dato che l’intenzione ben può essere maturata sulla base di una valutazione autonoma svolta internamente alla persona fisica o giuridica (si tratta del noto problema del c.d. “insider di se stesso”). L’art. 9(4) MAR non sembrerebbe rilevante in tale contesto. In primo luogo, infatti, la scriminante prevista da quella norma è confinata ai casi in cui il partecipante al mercato abbia “ottenuto” informazioni privilegiate nel corso di un’offerta pubblica di acquisto o di una fusione, cosicché la norma sembra riferirsi all’impiego di notizie ricevute da terzi. In secondo luogo – e, verosimilmente, proprio per tale ragione – l’art. 9(4) non si applica, per previsione espressa, alla costituzione di una partecipazione e, quindi, all’accrescimento della quota di possesso azionario che precede l’annuncio dell’offerta (c.d. “stake-building”: art. 3(1)(31) MAR). La limitazione, pensata [continua ..]
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6. Conclusioni.
Questo intervento ha preso in esame una selezione dei problemi attinenti alla circolazione delle informazioni, in particolare privilegiate, che coinvolge gli emittenti quotati. La trasmissione di queste informazioni può avvenire in direzioni diverse e in contesti diversi, tutti però soggetti allo speciale regime stabilito dall’art. 10 MAR. L’emittente quotato può essere destinatario ovvero fonte dei dati sottoposti a tale regime, mentre i flussi informativi possono coinvolgere soggetti variamente caratterizzati: soci che esercitano attività di direzione e coordinamento, soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole, investitori di lungo e di breve periodo. L’analisi che precede ha mostrato come ciascuno degli esempi considerati sollevi ampie incertezze interpretative e, pertanto, determini un rischio legale significativo per gli emittenti quotati e per le loro controparti. I costi che ne derivano vanno a sommarsi a quelli, già di per sé considerevoli, che la quotazione comporta in termini di gestione e pubblicazione dell’informazione privilegiata. Se questi ultimi si giustificano in un’ottica di tutela dell’integrità del mercato e, in ultima analisi, di riduzione del costo del capitale, i primi derivano da un quadro regolamentare subottimale, dato che una migliore definizione delle disposizioni vigenti permetterebbe di avvicinarsi all’ottimo paretiano. La [continua ..]
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NOTE