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Le modificazioni dello statuto riguardanti i diritti di voto e di partecipazione quali cause legittimanti il diritto di recesso
Marco Mercuri
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Sommario:
1. Il caso - 2. La normativa di riferimento del recesso: funzione, efficacia e aspetti critici secondo gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali - 3. Segue. Art. 2437, lett. g): diritti di partecipazione e diritti di voto - 4. Segue. Modifiche dirette e indirette - 5. Il commento - NOTE
1. Il caso
La controversia su cui si è pronunciata la sentenza in commento ha ad oggetto l’azione esperita da alcuni soci di una S.p.a. al fine di far accertare la legittimità del recesso dalla società, esercitato, ex art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c., a seguito di una deliberazione con cui la società stessa aveva modificato lo statuto sociale prevedendo per l’assemblea ordinaria e straordinaria quorum conformi a quanto previsto dagli artt. 2368 e 2369 c.c. mentre era in precedenza previsto che sia in prima che in seconda convocazione l’assemblea ordinaria e straordinaria deliberassero rispettivamente con la maggioranza del capitale e con quella dei due terzi. Riformando la sentenza resa in primo grado, la Corte d’Appello di Brescia, accoglie l’impugnazione proposta dalla società avverso la sentenza del Tribunale, concludendo per la illegittimità del recesso esercitato da parte attorea, sulla base di due ragionamenti: per prima cosa la Corte sostiene che l’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c. debba essere interpretato restrittivamente, in quanto l’esercizio del diritto di recesso costituisce un’eccezione al principio generale di obbligatorietà per tutti i soci delle deliberazioni assembleari e in seconda istanza comporta un depauperamento del capitale sociale, anche a danno, dei creditori sociali. I giudici di [continua ..]
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2. La normativa di riferimento del recesso: funzione, efficacia e aspetti critici secondo gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali
Il recesso è quel negozio giuridico unilaterale e recettizio, avviato dal socio ed avente la finalità di sciogliere il singolo rapporto sociale inerente al socio stesso verso la società. Rappresenta una forma di tutela della minoranza [1] nei confronti delle decisioni più significative deliberate dalla compagine maggioritaria [2]. Lo spunto trae la circostanza dall’assunto per cui il principio maggioritario che governa le società non è assoluto bensì si connota di un duplice limite: l’interesse sociale e la parità di trattamento. Prima della riforma del diritto societario, il legislatore guardava al recesso con sfavore, ritenendolo un possibile disincentivo all’adeguamento degli assetti organizzativi societari, e lo aveva perciò confinato in un ambito di assai ristretta applicazione, quale posizione di compromesso tra le esigenze corporative e gli interessi individuali dei soci [3]. La marginalità dell’istituto era poi confermata dalla scarsa utilizzazione pratica che aveva ricevuto e dalla mancanza di un particolare interesse da parte della dottrina [4]. Riformato l’art. 2437 c.c., la ratio legislativa sembra ispirarsi ad una finalità, in un certo qual modo, contraria dimostrata dall’ampliamento delle cause di recesso, realizzata sia attraverso una maggiore previsione normativa delle stesse, sia attraverso la [continua ..]
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3. Segue. Art. 2437, lett. g): diritti di partecipazione e diritti di voto
La causa inderogabile di recesso particolare prevista dall’art. 2437, lett. g), c.c., disposizione che per la sua vaghezza ha indotto alcuni autori [30] a discorrere di rischio correlato ad una interpretazione troppo estensiva di detta norma, presenta una indubbia valenza di riferimento alle azioni speciali di categoria [31], per le quali l’autonomia statutaria è significativamente più ampia [32]. La norma è ritenuta applicabile anche alle ipotesi di modifica dei diritti spettanti ai possessori delle azioni ordinarie, sia pure nei limiti in cui gli stessi risultino disponibili. Il punto nodale della questione era e resta la corretta definizione e portata dei “diritti di partecipazione” che secondo una prospettiva [33], attesane l’opposizione letterale della congiunzione “o” al diritto di voto, riguarda, esclusivamente, i diritti patrimoniali; contrapposta tesi richiama una interpretazione estensiva [34] per la quale vengono ricompresi in termini più generali anche i diritti amministrativi. Secondo parte della dottrina, che arriva a concordare con la teoria estensiva, la scelta sulla tipologia di interpretazione da seguire dovrebbe partire da una base non discriminativa tra diritti patrimoniali e amministrativi che seguendo la teoria restrittiva sarebbe tale da escludere dalla tutela tutti i diritti amministrativi diversi da quello di voto: si pensi al diritto [continua ..]
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4. Segue. Modifiche dirette e indirette
Quanto sin qui esposto non esaurisce l’analisi relativa all’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c.: si discute altresì se la norma quando discorre di modifica dello statuto concernente i diritti di voto o partecipazioni voglia fare riferimento alle sole modifiche dirette oppure includervi anche quelle indirette o di fatto. A seguire la tesi “estensiva” qualunque modifica, anche indiretta, dei diritti amministrativi e patrimoniali spettanti ai soci dà luogo a recesso ai sensi dell’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c. [43]. Sul lato opposto merita considerazione la tesi restrittiva per la quale solo le modifiche dirette (e non anche quelle indirette e/o di fatto), che incidono sia qualitativamente che quantitativamente sui diritti amministrativi e patrimoniali spettanti ai soci, danno luogo all’applicazione del diritto di recesso [44]: si considerano modifiche indirette e pertanto non danno luogo a recesso le modifiche statutarie che innalzano i quorum assembleari richiesti per l’adozione di talune deliberazioni nonché quelle che comportano una variazione di aliquote di partecipazione per l’esercizio di alcuni diritti di “voice” (come la percentuale di capitale necessaria per la presentazione di liste di candidati per l’elezione delle cariche sociali) [45]. Per la soluzione maggiormente restrittiva, quella che si potrebbe ricavare [continua ..]
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5. Il commento
Riprendendo, a questo punto quanto anticipato nell’introduzione, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13875 del 2017 qui analizzata, confermando le conclusioni della Corte d’Appello, rigetta il ricorso, impedendo, dunque, la nascita del diritto di recesso nel caso di modifica dei quorum assembleari, ma, tuttavia, devia la portata sostanziale delle motivazioni dei giudici della Corte d’Appello. In particolare, La Suprema Corte pur interpretando restrittivamente l’art. 2437, 1° comma, lett. g), c.c., riferendosi solo alle modifiche che incidano direttamente sui diritti del socio, si discosta dalle argomentazioni esposte dai Giudici di merito e sottolinea come l’esercizio del diritto di recesso non comporti sempre un depauperamento del capitale sociale, ma solamente nell’ipotesi in cui le azioni non siano state acquistate dagli altri soci in opzione, o da terzi o dalla stessa società come azioni proprie, con l’ulteriore specificazione che solo in assenza di utili e riserve disponibili per l’acquisto delle azioni può procedersi alla riduzione del capitale o allo scioglimento della società. La Sentenza, quindi, si muove sulla questione specifica posta alla sua attenzione e, in particolare, sul significato da attribuire all’espressione “modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione” di cui all’art. 2437, 1° comma, lett. g), [continua ..]
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NOTE