Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La nomina dei liquidatori di s.r.l. e l´intervento del notaio (di Jacopo Sodi)


SOMMARIO:

1. Individuazione del problema - 2. Inesistenza di norme che impongano la verbalizzazione notarile - 3. Ulteriori argomenti a favore della tesi più liberale e disciplina della deliberazione - 4. Le decisioni in forma scritta e la nomina/revoca/sostituzione dei liquidatori - NOTE


1. Individuazione del problema

Le riflessioni che seguono sono volte a verificare se l’assemblea di una società a responsabilità limitata che nomina – o sostituisce – i liquidatori debba necessariamente essere verbalizzata dal notaio al fine della sua iscrizione nel registro delle imprese e traggono spunto dal provvedimento di rifiuto prot. 66628/2006, opposto dal Conservatore del Registro delle Imprese di Firenze ad un verbale assembleare non notarile. Nessuna norma impedisce ad una società, in tale delicato frangente, di chiedere l’intervento del notaio, che potrà procedere alla verbalizzazione e conseguentemente chiedere l’iscrizione della delibera nel registro delle imprese: al contrario si dovrà indagare se tale richiesta, nella s.r.l., possa considerarsi facoltativa, e quindi rimessa alla discrezionalità degli amministratori, piuttosto che obbligatoria, come sembra ritenere il Registro delle Imprese di Firenze. Indipendentemente dalla soluzione condivisa, comunque, anche coloro i quali ritengono necessario l’intervento notarile non dubitano della circostanza che esso, nel caso della deliberazione assembleare di nomina, revoca e sostituzione dei liquidatori, sia privo di uno dei suoi più tipici caratteri, ovvero del giudizio omologatorio. Questa posizione trova conferma nella pressoché unanime dottrina e giurisprudenza e tiene conto sia della particolarità relativa ai quorum richiesti per queste deliberazioni, sia della diversità dei richiami legislativi nella s.r.l. e nella s.p.a., nei testi anteriori e posteriori alla riforma [1]. La soluzione è invece opposta ove l’assemblea non si limiti a nominare/sostituire i liquidatori, ma operi in deroga ai criteri di legge o statutari vigenti per quella determinata società. In tal caso, infatti, la legittimità della deliberazione di nomina dipende dal preventivo intervento sullo statuto sociale e dalla modifica dei criteri legali/statutari sino a quel momento operanti; quindi, vertendosi in materia di modifiche statutarie, non solo sarà necessario l’intervento del notaio tanto nella s.p.a. quanto nella s.r.l., ma scatterà sempre e comunque anche il suo controllo omologatorio, finalizzato alla richiesta di iscrizione nel registro delle imprese della delibera [2]. Un’ultima precisazione merita di essere svolta in relazione al fatto che il testo depositato, che ha [continua ..]


2. Inesistenza di norme che impongano la verbalizzazione notarile

Un primo approccio all’analisi del problema può muovere dalla verifica delle norme richiamate nel provvedimento di rifiuto in commento e dal loro «combinato disposto». L’art. 2365 prevede espressamente che sia l’assemblea straordinaria della s.p.a. a deliberare, tra l’altro, «sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori», con ciò risolvendo ogni questione per questo tipo societario. Esso, infatti, integra in modo inequivoco la norma generale – l’art. 2487, 1° comma, riferibile a tutte le società di capitali – in materia di liquidazione, che si limita ad individuare una competenza dell’assemblea precisando che la stessa deve deliberare «con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto»: non solo quindi, nella s.p.a., dovranno applicarsi i quorum più elevati, ma anche tutte le modalità procedurali – ivi compreso l’intervento del notaio – previste per le assemblee straordinarie [4]. Permane, però, una chiara distinzione con le modifiche statutarie, che esclude ogni esigenza di controllo omologatorio del notaio, come ribadiscono gli artt. 2365 e 2487. Il primo, enucleando tra le competenze dell’assemblea straordinaria anche «le modificazioni dello statuto», oltre a quelle in materia di liquidazione, conferma che queste ultime non appartengono al più ampio genus delle prime, non ravvisandosi altrimenti alcuna utilità in tale elencazione; il secondo rafforza la conclusione, poiché non avrebbe alcun senso uno specifico riferimento al solo quorum per le modificazioni statutarie ove la materia della liquidazione appartenesse a tale genus, dovendosi in tal caso applicare l’intera disciplina prevista dalla legge. L’art. 2365 non è però risolutivo nel caso della s.r.l., poiché vi è un diffuso consenso sul fatto che – nella ricostruzione della disciplina della s.r.l. – l’analogia non possa più essere un’opzione interpretativa tanto estesa quanto lo era anteriormente alla riforma: oggi la s.r.l. rappresenta un tipo sociale autonomo, dotato di un corpus di norme tendenzialmente autosufficiente, ed in mancanza di un espresso richiamo alla disciplina delle s.p.a., è da verificare la possibilità di un’operazione interpretativa che [continua ..]


3. Ulteriori argomenti a favore della tesi più liberale e disciplina della deliberazione

Tutti i commentatori della riforma concordano sul fatto che l’assemblea della s.r.l. che nomina/sostituisce i liquidatori non necessiti di alcuna verbalizzazione notarile [7], e il dato non deriva unicamente dalla debolezza dei richiami normativi sopra citati, dall’impossibilità del ricorso all’analogia e dal generale principio di libertà delle forme in mancanza di previsioni espresse [8]. L’argomentazione principale, infatti, consiste nell’inesistenza di una norma analoga all’art. 2365: il cenno alle maggioranze necessarie per le modificazioni dell’atto costitutivo – e non all’intera loro disciplina – non appare sufficiente a sostenere l’indispensabilità dell’intervento del notaio, mancando ogni riferimento ulteriore all’art. 2436, richiamato invece da tutte le disposizioni che presuppongono tali modifiche statutarie [9]. A queste considerazioni se ne può forse aggiungere una ulteriore. L’individuazione della ratio della previsione del quorum qualificato per la nomina dei liquidatori è questione che ha da sempre affannato la dottrina, che non ha individuato spiegazioni sufficientemente convincenti, se non un generico riferimento alla delicatezza della fase societaria ed alla necessità di coagulare un ampio consenso sul punto [10]. Sviluppando simili considerazioni, è facile convenire sul fatto che sotto tale profilo la verbalizzazione notarile non molto aggiunge o migliora, salvo il piano della documentazione dell’evento, non essendo questa materia soggetta ad alcun controllo di iscrivibilità. Ma si può ancora ricavare un’ulteriore argomentazione a favore dell’insussistenza di tale formalità laddove manchi un espresso riferimento normativo. La soluzione legislativa crea indubbiamente una disparità ed uno scalino normativo tra s.p.a. e s.r.l., ma le ragioni in precedenza ricordate, che escludono la possibilità di una ricorrente interpretazione analogica, conducono a ritenere accettabile tale discrasia, coerente con il carattere più ristretto e personalistico della s.r.l.. In tale contesto [11] sembra eccessivo imporre alla società un passaggio più formale e solenne, rappresentato da una vera e propria assemblea «straordinaria», con l’obbligatoria presenza e conseguente verbalizzazione del notaio; sembra [continua ..]


4. Le decisioni in forma scritta e la nomina/revoca/sostituzione dei liquidatori

Per verificare la possibilità di ricorso alle decisioni in forma scritta per la nomina-revoca-sosti­tuzione dei liquidatori [12] occorre necessariamente confrontarsi ancora con il tenore letterale dell’art. 2487, che si limita a richiamare l’assemblea. L’analisi letterale sembra non lasciare dubbi in proposito e ciò fa esprimere una posizione di chiusura ad una parte della dottrina [13]; secondo ulteriori canoni interpretativi si potrebbe ritenere che il richiamo ad un determinato metodo decisionale, quello assembleare, appunto, sia dettato in considerazione della particolare delicatezza della fase liquidativa [14] in genere, e del suo inizio in particolare, che impone la nomina dei liquidatori. Ma su questo piano si potrebbero svolgere considerazioni analoghe a quelle sviluppate dalla dottrina tradizionale ante riforma, allorquando si è trovata in difficoltà nel giustificare la necessità di un ricorso – addirittura – all’assemblea straordinaria [15]. Potrebbero poi emergere le «classiche» motivazioni legate al maggior grado di tutela che il metodo assembleare offrirebbe alle minoranze; motivazioni che possono essere smentite su di un piano più generale, rinviando alle trattazioni specifiche della materia [16]. Né, secondo l’impostazione tradizionale, si assisterebbe ad un adeguato bilanciamento delle minori tutele offerte al singolo socio attraverso un innalzamento dei quorum: quello ordinario per le decisioni in forma scritta – cfr. art. 2479, ultimo comma – è più alto di quello previsto per l’assemblea, ma in questo caso opera anche per quest’ultima, in virtù dei richiami degli artt. 2487, 1° comma, e 2479-bis, 3° comma [17]. Al contrario la tesi più liberale può fare leva su varie argomentazioni. Sul piano sistematico si potrebbe ritenere che l’art. 2487 è norma generale ed in quanto tale non può soffermarsi, nell’ampiezza delle sue prescrizioni, su tutti gli aspetti che distinguono i vari tipi societari: il riferimento all’assemblea andrebbe così interpretato come un generico richiamo alle decisioni affidate alla competenza dei soci. Secondo questo approccio, taluno ha riflettuto sul rapporto da genus a species tra l’art. 2487, 1° comma, e l’art. 2479, 4° comma, concludendo che [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2007