Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Osservazioni in tema di gruppo transnazionale insolvente (di Alberto Mazzoni)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Impresa transnazionale in forma di gruppo e regolazione giuridica della stessa: i tentativi di internazionalizzare la disciplina e il ritorno alle tecniche internazionalprivatistiche - 3. (Segue). I diversi esiti dell’approccio internazionalprivatistico a seconda che si tratti di regolare situazioni di operatività ordinaria ovvero situazioni di crisi o di insolvenza - 4. Gruppi transnazionali e regole internazionalprivatistiche sulla giurisdizione: considerazioni generali - 5. Insolvenza transfrontaliera e regole uniformi contenute nella Legge Modello UNCITRAL e nel Regolamento (CE) n. 1346/2000 - 6. Insolvenza transfrontaliera, gruppo transnazionale e giurisdizione: il contributo della giurisprudenza straniera, comunitaria e italiana - 7. Le iniziative UNCITRAL per la promozione di regole uniformi applicabili all’insol­venza di imprese transnazionali in forme di gruppo - NOTE


1. Premessa

L’impresa multinazionale o transnazionale è oggi solitamente una realtà di gruppo. Mentre sul pia­no economico-aziendale e anche sociologicamente l’impresa transnazionale che opera come gruppo si presenta come un fatto unitario – in quanto è soggetta ad una direzione unitaria, persegue risultati economici in una logica d’insieme riferibile all’intero gruppo ed è sovente portatrice di una propria unitaria identità culturale e reputazionale, simboleggiata da un marchio o da un qualche altro segno fortemente evocativo che la contraddistingue nel suo complesso – sul piano del diritto la scelta della forma organizzativa di gruppo implica invece per definizione l’accettazione di una struttura articolata e pluralista. Giuridicamente, cioè, l’impresa di gruppo è aggregazione di una pluralità di soggetti giuridici distinti che, ancorché variamente collegati e coordinati, non perdono la loro individualità in ragione della loro appartenenza al gruppo. L’antinomia unità economica-pluralismo giuridico è notoriamente un tratto qualificante di tutti i gruppi: tanto di quelli interamente domestici quanto di quelli transnazionali. Per questi ultimi, tuttavia, una considerazione aggiuntiva si impone: nel gruppo transnazionale, le diverse società che ne fanno parte, oltre ad essere persone giuridiche tra loro distinte, sono anche enti assoggettati il più delle volte a legislazioni nazionali diverse. Tipicamente, infatti, l’impresa-gruppo transnazionale opera in più Stati, servendosi in ciascuno di una o più società rette dalla legge locale; sicché il pluralismo giuridico del gruppo transnazionale non è, come nel caso del gruppo interamente domestico, una fattispecie interna ad un solo ordinamento: esso è, piuttosto, un pluralismo multiordinamentale, in larghissima parte voluto come consapevole scelta di autonomia privata ma in qualche misura necessitato anche da norme imperative degli Stati toccati dall’operatività del gruppo collettivamente inteso o di singole sue componenti. Il risultato finale è, per i gruppi transnazionali, un aggravamento considerevole della complessità dei problemi indotti dall’antinomia tra unità economica e pluralismo giuridico. Diversamente, infatti, da quanto avviene nel caso di gruppo interamente [continua ..]


2. Impresa transnazionale in forma di gruppo e regolazione giuridica della stessa: i tentativi di internazionalizzare la disciplina e il ritorno alle tecniche internazionalprivatistiche

In astratto, per le imprese operanti come gruppo transnazionale sarebbero ipotizzabili l’elaborazione e l’adozione di una disciplina internazionalmente uniforme, vincolante per effetto di convenzione multilaterale adottata dalla generalità degli Stati o risultante dallo spontaneo convergere di molti sistemi nazionali verso l’adozione di norme sostanzialmente identiche enunciate in una legge modello. Tale disciplina dovrebbe quanto meno comprendere norme materiali comuni sugli aspetti più salienti e sui nodi critici del diritto dei gruppi, quali ormai messi in luce vuoi dalla pluriennale esperienza dei diritti nazionali, vuoi anche da alcune vicende internazionali che hanno avuto universale risonanza; nonché alcune norme uniformi di conflitto, miranti a delimitare gli ambiti di rispettiva applicazione delle norme materiali di fonte internazionale e di quelle strettamente nazionali (locali). Realisticamente, tuttavia, si deve prendere atto della impraticabilità, allo stato, di ogni tentativo di promuovere una internazionalizzazione «spinta» della disciplina dei gruppi multinazionali. È appena il caso di ricordare che è fallito – sembrerebbe in modo definitivo – il tentativo dispiegato alcuni decenni or sono di enucleare un regime speciale per queste imprese grazie al loro assoggettamento in via diretta al diritto internazionale generale [[1]]. Come ragione prima del fallimento del tentativo è stata addotta ufficialmente la non condivisibilità della premessa sistematica che sarebbe stato necessario accogliere (implicitamente o esplicitamente) per poter percorrere questa strada. Si è detto, cioè, che la comunità internazionale non poteva accettare di attribuire alle (grandi) imprese transnazionali la soggettività giuridica internazionale e con essa, accanto alla capacità «tecnica» di essere destinatarie dirette di norme internazionali, anche la dignità «politica» di porsi come co-prota­goniste dell’ordinamento internazionale, sostanzialmente alla stessa stregua degli Stati e delle organizzazioni internazionali in senso stretto. A mio sommesso avviso, questa asserita e insormontabile contrarietà della comunità internazionale coglie solo un frammento della verità ed è comunque spiegazione non del tutto persuasiva, così come non sono mai [continua ..]


3. (Segue). I diversi esiti dell’approccio internazionalprivatistico a seconda che si tratti di regolare situazioni di operatività ordinaria ovvero situazioni di crisi o di insolvenza

Assegnata alle tecniche internazionalprivatistiche in assenza di alternative, la regolazione giuridica dell’impresa transnazionale operante come gruppo si scontra con problemi di diversa natura e di crescente complessità, a seconda che il contesto reale di riferimento sia l’operatività ordinaria del gruppo ovvero il suo trovarsi già – o il minacciare imminentemente di precipitare – in una situazione di crisi o di insolvenza. In queste brevi note, come già si è annunciato, l’attenzione sarà volta precipuamente alla seconda prospettiva, cioè alla considerazione delle problematiche indotte da situazioni di crisi o di insolvenza. Tuttavia, ai fini di una migliore percezione complessiva delle difficoltà in cui è immersa tutta quanta la materia, non è inutile spendere qualche parola per mettere in luce la peculiarità dei rispettivi esiti cui conduce l’approccio internazionalprivatistico nell’uno e, rispettivamente, nell’altro contesto. Nel contesto dell’operatività ordinaria, cioè del funzionamento fisiologico del gruppo, la problematica giuridica dominante è quella della individuazione della legge applicabile. Più specificamente, la questione centrale è quella della regola di conflitto che sarà (o sarebbe ipoteticamente) applicata dai tribunali dello Stato nel quale si voglia far valere (o si voglia impedire che siano fatti valere) gli effetti di atti (o omissioni) posti in essere nel contesto di un rapporto intragruppo. Sarà, infatti, la norma sostanziale dell’ordinamento designato da tale regola di conflitto a determinare se l’atto può o non può avere in concreto l’effetto a cui era preordinato, posto che solo la sua compatibilità con tale norma ne consentirà il riconoscimento di legittimità e la conseguente tutelabilità giuridica nello Stato dell’effetto. Il dilemma metodologico è allora se l’esistenza del gruppo come fatto economico unitario e di cui si assume la rilevanza come tale per il diritto possa costituire autonomo criterio di collegamento (quanto meno a titolo sussidiario) ai fini della designazione come legge applicabile di una legge rispettosa della logica di conduzione unitaria del gruppo; o se invece, ai fini della designazione della legge applicabile, il fatto gruppo non rilevi e la [continua ..]


4. Gruppi transnazionali e regole internazionalprivatistiche sulla giurisdizione: considerazioni generali

Il rilievo da cui partire è che la libertà internazionalmente riconosciuta a ciascuno Stato di autodeterminare l’ambito della propria giurisdizione (in assenza, ovviamente, di vincoli derivanti da convenzioni internazionali o da altri strumenti sovranazionali di uniformazione, quali, ad esempio, nel caso della UE, il Regolamento n. 44/2001 [[6]] sostitutivo della Convenzione di Bruxelles del 1968) [[7]] genera, con riferimento specifico a fattispecie che coinvolgano un gruppo transnazionale, la possibilità di due principali tipologie di conflitti: quelli che si possono definire conflitti immediati tra titoli e quelli che mi azzardo a definire come conflitti mediati da imputazione. I conflitti immediati tra titoli si hanno tutte le volte in cui più Stati rivendicano giurisdizione per la stessa vicenda in ragione ciascuno di uno o più titoli diversi, ognuno dei quali di per sé sufficiente, secondo il proprio sistema conflittuale di appartenenza, a giustificare l’esercizio del potere. Si tratta dell’ipotesi classica e di base, su cui in sede di considerazioni generali non è necessario soffermarsi per il solo fatto che essa è suscettibile di prodursi con particolare frequenza in un contesto di gruppo transnazionale. Come esempio tipico basterà ricordare che una qualunque società appartenente al gruppo, che abbia sede legale e operi in uno Stato ma che svolga anche un’attività stabile in un altro, ben potrà essere giustiziabile nel primo Stato in base a un titolo di giurisdizione quale quello della sede legale e/o dello svolgimento dell’attività principale; ma potrà al contempo essere giustiziabile anche nel secondo Stato, in forza del titolo costituito dallo svolgimento in questo secondo Stato di una attività stabile, ancorché, in ipotesi, non principale. Più interessanti, ai nostri fini, sono invece quei conflitti che sopra sono stati definiti come conflitti mediati da imputazione. Anch’essi si risolvono, in ultima analisi, in conflitti tra titoli di giurisdizione di Stati diversi; ma la peculiarità, in questi casi, è data dalla circostanza che la sussistenza di un titolo fatto valere in uno Stato in conflitto con quello o quelli fatto/i valere in un altro Stato dipende interamente o preminentemente dal modo in cui è risolto in via preliminare un problema di [continua ..]


5. Insolvenza transfrontaliera e regole uniformi contenute nella Legge Modello UNCITRAL e nel Regolamento (CE) n. 1346/2000

Già si è accennato che se il problema reale di fondo è l’insolvenza di un’impresa transnazionale in forma di gruppo, il problema internazionalprivatistico centrale, per ogni Stato «toccato» in modo significativo da quell’insolvenza, è quello di accertare se sussista o meno un titolo per esercitare la propria giurisdizione (e/o se sussistano le condizioni per riconoscere l’altrui esercizio di giurisdizione), anziché quello della individuazione della legge applicabile. Conviene soffermarsi su questa affermazione ed illustrarne il fondamento, al fine di meglio comprendere ragioni ed obiettivi delle esperienze di uniformazione già realizzate, limiti delle stesse e nuove proposte per superare questi ultimi o temperarne gli inconvenienti. Nella generalità degli ordinamenti la risposta giuridica tipica al manifestarsi dell’insolvenza di un’impresa è l’apertura di una procedura concorsuale, di natura giudiziaria o amministrativa o mista, mirante alternativamente alla liquidazione o alla riorganizzazione dell’impresa con modalità garantite da norme imperative o di ordine pubblico a tutela della pluralità di interessi generali coinvolti (di cui quello dei creditori è sempre presente, ma in molti Stati ormai non è più il solo giuridicamente rilevante o preminente). Il carattere collettivo e (più o meno intensamente) pubblicistico di ogni procedura nazionale di insolvenza fa sì che, ogni qual volta sussistano in uno Stato gli estremi per l’apertura di una procedura siffatta ed essa sia effettivamente aperta, la stessa debba essere necessariamente retta dalla lex concursus di quello Stato in quanto lex fori processuale, senza che alla preminenza di tale legge possano ritenersi validamente opponibili le ragioni che potrebbero sorreggere l’applicazione di altre leggi, quali le varie leges causae di singoli rapporti facenti capo all’impresa insolvente o un’altra lex concursus regolatrice di una procedura parallela già aperta in un altro Stato. È in questo senso che, in assenza di armonizzazione internazionale delle relative regole conflittuali, l’insolvenza across the borders di una stessa impresa realizza il risultato esattamente opposto a quello invocato dalla teoria dell’universalità del [continua ..]


6. Insolvenza transfrontaliera, gruppo transnazionale e giurisdizione: il contributo della giurisprudenza straniera, comunitaria e italiana

Come già sottolineato, peraltro, alla domanda se il Regolamento si applichi ai gruppi è ormai chia­ro che si deve dare risposta negativa. Tuttavia, questo è un risultato cui è pervenuta la Corte di Giustizia in sede di interpretazione del Regolamento, non già in forza di una norma espressa dello stesso che ne sancisca l’inapplicabilità. Non solo, ma sono ancora aperti alcuni dubbi e possibili alcuni distinguo. Le principali questioni interpretative ruotano attorno all’interpretazione del concetto di COMI e al contenuto da assegnare alla nozione di «dipendenza» (establishment). Conviene iniziare dall’esame di quest’ultima. Ai sensi dell’art. 3, par. 2 del Regolamento, quando è stata aperta in uno Stato membro una procedura principale nei confronti di un debitore – il che presuppone che si ritenga localizzato in tale Stato il COMI del debitore medesimo – è possibile l’apertura di una procedura secondaria in un altro Stato membro solo quando in questo secondo Stato vi sia una «dipendenza» del debitore medesimo. La nozione di «dipendenza» ai fini del Regolamento è definita nell’art. 2, lett. 4, ai sensi del quale è tale «qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore, esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni» (una definizione non dissimile è rinvenibile anche nella Legge Modello) [[14]]. Il nodo cruciale è se la nozione di «dipendenza» ai fini del Regolamento sia compatibile o incompatibile con quella di svolgimento di attività per il tramite di una società controllata; più precisamente, se rimanga aperta in relazione alle circostanze, o se invece sia a priori esclusa, la possibilità di imputare alla controllante, già assoggettata nello Stato A ad una procedura ivi qualificata come principale, l’attività svolta nello Stato B nel nome di una controllata, che peraltro sia stata direttamente gestita dalla controllante in modo non dissimile da come sarebbe stata gestita una dipendenza non personificata. È appena il caso di precisare che l’imputazione alla controllante dell’attività svolta nel nome e per il tramite della controllata consentirebbe di ravvisare nella controllata medesima una [continua ..]


7. Le iniziative UNCITRAL per la promozione di regole uniformi applicabili all’insol­venza di imprese transnazionali in forme di gruppo

La Guida Legislativa UNCITRAL del 2005 sull’insolvenza (Legislative Guide on Insolvency Law) [[32]], che rappresenta un risultato compiuto di enorme interesse a livello internazionale ai fini dell’uniformazione della materia ed uno strumento di sussidio per i paesi in via di sviluppo che ancora non hanno normative sul fallimento o le stanno fortemente modernizzando per aprirsi agli investimenti stranieri, è composta da un insieme di raccomandazioni in tema di insolvenza accompagnate da note esplicative che ne indicano la ratio e le possibili vie di applicazione. Essa, quindi, è idealmente rivolta a tutti i legislatori che intendano introdurre o rielaborare risposte nazionali a situazioni di crisi e di insolvenza di impresa, tenendo conto dell’evoluzione e dell’elaborazione maturate in sede internazionale. Ancorché la Guida si sforzi di affrontare nell’insieme tutte le questioni generali relative alle procedure di insolvenza, essa, tuttavia, tocca solo brevemente la questione dell’insolvenza transfrontaliera. In concreto, essa si limita a indicare la necessità che ciascun ordinamento si doti di una normativa che definisca chiaramente i criteri di giurisdizione, richiamandosi in ciò integralmente alla Legge Modello ed al Regolamento CE sopra descritti. Ancor più marginalmente, poi, essa sfiora il tema dell’insolvenza dei gruppi, cui dedica solo alcuni brevi paragrafi relativi alle maggiori problematiche emergenti, senza offrire alcuna raccomandazione in proposito e senza al riguardo distinguere tra struttura «domestica» o «transnazionale» del gruppo. Molto di recente, è stato tuttavia formato in sede UNCITRAL un Gruppo di Lavoro (Working Group) al fine di considerare la possibile estensione ai gruppi, se non delle raccomandazioni, almeno dei principi della Guida [[33]]. L’intento del Gruppo di Lavoro è dunque di giungere eventualmente all’elaborazione di un allegato alla Guida Legislativa (benché la troppo recente costituzione impedisca qualsiasi seria affermazione riguardo a quali saranno le scelte effettivamente operate), che affronti organicamente la questione dell’insolvenza del gruppo, sia domestico che transnazionale. A questo stadio, si sta in realtà cercando di identificare più da vicino le problematiche specifiche in caso di gruppo transfrontaliero, che [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2007