Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Il principio generale di stabilità del sistema finanziario (nazionale e) della zona euro. La prima volta della Corte costituzionale (a proposito di trasformazione e recesso dalle banche popolari) (di Daniele U. Santosuosso)


– I –   CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, ordinanza n. 5383 del 2 dicembre 2016, Roberto Giovagnoli, Consigliere estensore   Banca, credito e risparmio – Banca popolare – Recesso dei soci – Legge 24 marzo 2015, n. 33 – Rimborso – Differimento o limitazione – Circolare della Banca d’Italia n. 285/2013 – Sospensione per questioni di legittimità costituzionale   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) riunisce gli appelli in epigrafe, e – nelle more della decisione sulla questione di legittimità costituzionalità che si solleva con separata ordinanza – accoglie interinalmente, in parte, l’i­stanza cautelare e, per l’effetto, sospende parzialmente, con le sentenze appellate, l’ef­ficacia dell’impugnata circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 – (Fascicolo “Disposizioni di Vigilanza per le banche”), 9° aggiornamento del giugno 2015, relativamente alle seguenti parti: 1) il paragrafo 2 (Regime di prima applicazione), limitatamente agli ultimi due capoversi (da “Operazioni nella specie” fino a “nella forma dell’influenza dominante”); 2) il paragrafo 3 (Modifiche statutarie delle banche popolari), quinto capoverso, prima alinea, limitatamente alle parole: “limitare o”; “e senza limiti di tempo”; “anche in deroga a disposizioni del codice civile e ad altre norme di legge e”; “e sulla misura della limitazione”; 3) la Parte III, Capitolo 4, Sezione III (“Rimborso degli strumenti di capitale”), “1. Limiti al rimborso di strumenti di capitale”, integralmente per tutto il relativo testo, ma nei limiti in cui tale Sezione III sia da applicarsi alle vicende conseguenti alle trasformazioni delle banche popolari in società per azioni in conseguenza delle suindicate norme del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito in legge 24 marzo 2015, n. 33. Rinvia per l’ulteriore trattazione della presente fase cautelare incidentale ad una camera di consiglio da fissarsi all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate con separata ordinanza. (1)     (omissis) Rilevato che con separata ordinanza, deliberata all’esito di questa stessa camera di consiglio, il Collegio solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti), convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2015, n. 33, per i seguenti profili (salvo altri): a) nella parte in cui prevede che, disposta dal­l’assemblea della banca popolare la trasformazione in società per azioni secondo quanto previsto dal nuovo testo dell’art. 29, comma 2-ter,del decreto [continua..]
SOMMARIO:

1. Il Caso. Le prime pronunzie del Consiglio di Stato - 2. La sentenza n. 99/2018 della Corte costituzionale - 3. L’ultima pronuncia del Consiglio di Stato dopo la Corte costituzionale e la sottoposizione della questione alla Corte di Giustizia UE - 4. La normativa di riferimento - 5. Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali - 6. Il commento. L’eurosistema e il (superiore) principio generale di stabilità finanziaria - NOTE


1. Il Caso. Le prime pronunzie del Consiglio di Stato

La prima ordinanza del Consiglio di Stato che qui si annota (la n. 5383/2016) decide su tre ricorsi in appello, contro altrettante sentenze del Tar del Lazio [1], proposti da parte di alcuni soci di banche popolari e associazioni di consumatori contro la Banca d’Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e finanze, per impugnare (per nullità) la Circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013, “9° aggiornamento del 9 giugno 2015”, nonché gli atti ad esso preliminari e preparatorii [2], tutti atti emessi dalla Banca d’Italia in seguito alle modificazioni apportate dall’art. 1 del d.l. n. 3/2015 (convertito nella legge 24 marzo 2015, n. 33) agli artt. 28 e 29 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” (t.u.b.). Tali atti della Banca d’Italia erano stati impugnati in quanto incidenti direttamente su prerogative relative allo status di socio di banca popolare prevedendo che le banche introducessero nello statuto clausole per le quali, una volta deliberata la trasformazione ex lege in società per azioni, il diritto al rimborso delle azioni del socio recedente può essere limitato tout court sino ad essere escluso o comunque differito senza limiti di tempo con modalità regolamentate dalla Banca di Italia “anche in deroga a norme di legge”. Il Consiglio di Stato ha riunito gli appelli e sospeso interinalmente l’efficacia del provvedimento impugnato, per alcune sue parti, rinviando la trattazione della fase cautelare incidentale ad una camera di consiglio da fissarsi all’esito della pronunzia della Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate (dispone l’ordinanza) con (seconda) separata ordinanza. Con tale (seconda) ordinanza (n. 5277/ 2016) il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della norma dell’art. 1 del d.l. n. 3/2015 per tre motivi: (i) violerebbe in primo luogo l’art. 77, 2° comma, Cost., “in relazione alla evidente carenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza legittimanti il ricorso allo strumento decretale d’urgenza (ove non ritenuta sanata, seppure soltanto ex nunc, dalla legge di conversione)”, (ii) “nella parte in cui, comunque, attribuisce [continua ..]


2. La sentenza n. 99/2018 della Corte costituzionale

Nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Consiglio di Stato con l’or­dinanza da ultimo illustrata la Corte costituzionale si è espressa con la sentenza n. 99, depositata il 15 maggio 2018. La Corte, con tale (ponderosa) sentenza, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 del d.l. n. 3/2015 sollevate dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 1, 3, 23, 41, 42, 77, 2° comma, 95, 97 e 117, 1° comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del protocollo addizionale Cedu. Per i profili qui di interesse, il Giudice delle leggi muove dalla normativa del­l’U­nione europea sui requisiti prudenziali delle banche costituita dal regolamento (UE) n. 575/2013 (che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012), nonché dal regolamento delegato (UE) n. 241/2014 (che integra il regolamento (UE) n. 575/2013), che pone al centro del sistema i “fondi propri”, tra cui il capitale, quali strumenti di assorbimento delle perdite potenziali. La Corte in particolare sottolinea che (i) se le condizioni prudenziali non sono soddisfatte, le azioni, che costituiscono i tipici “strumenti di capitale” della società stessa, non possono essere computate nel capitale primario di classe 1 ai fini del rispetto dei requisiti patrimoniali minimi; (ii) se il rifiuto di rimborso degli strumenti di capitale primario di classe 1 è proibito dalla norma nazionale applicabile, l’autorità competente può derogare a tali condizioni purché «imponga all’ente, su una base appropriata, di limitare il rimborso di tali strumenti». Dato che la disciplina del codice civile, prosegue la Corte, vieta a una banca cooperativa di rifiutare il rimborso delle azioni in caso di recesso del socio, vale la norma per cui «le disposizioni che governano gli strumenti autorizzano l’ente a limitare il rimborso». Nel dettare tali “disposizioni” tuttavia, ad avviso della Corte, il legislatore nazionale non è libero di conformare discrezionalmente i limiti del rimborso, poiché la materia è disciplinata inderogabilmente dalle norme tecniche UE. Più precisamente, l’art. 10, § 2, del regolamento delegato prevede che «la capacità dell’ente di limitare il rimborso conformemente alle disposizioni che regolano gli strumenti di [continua ..]


3. L’ultima pronuncia del Consiglio di Stato dopo la Corte costituzionale e la sottoposizione della questione alla Corte di Giustizia UE

Nuovamente sollecitato in un diverso giu­dizio proposto da alcuni soci di banche popolari, dall’Adusbef e dalla Federconsumatori, il Consiglio di Stato – nonostante il giu­dizio di piena legittimità delle norme primarie e secondarie in questione espresso dalla Corte costituzionale – ha accolto l’i­stanza degli appellanti di rimettere la decisione alla Corte di Giustizia dell’UE per pronunciarsi su una serie di quesiti pregiudiziali (ordinanza della Sezione VI, 26 ottobre 2018, n. 6129). Su alcuni quesiti, invero, il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità: in particolare, quelli riguardanti i) l’incongruità della soglia di 8 miliardi oltre la quale “scatta” l’obbligo di trasformazione in s.p.a., ii) la pretesa contrarietà di tale soglia ai principi dei Trattati europei in materia di mercato aperto e concorrenziale, perché costringe un operatore di mercato alla trasformazione giuridica e iii) la possibile violazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Con l’occasione, tuttavia, il Consiglio di Stato è tornato nuovamente sulla questione che ci occupa, muovendo da un’analisi – prevalentemente filologica – dei testi normativi. Secondo il Consiglio di Stato le proposizioni precettive teoricamente rilevanti sono: (i) l’art. 10, § 2 del Regolamento delegato (UE) n. 241/2014, il quale recita nel testo originale in inglese: «The ability of the institution to limit the redemption (…) shall encompass both the right to defer the redemption and the right to limit the amount to be redeemed. The institution shall be able to defer the redemption or limit the amount to be redeemed for an unlimited period of time pursuant to paragraph»; (ii) l’art. 28, 2°-ter comma del t.u.b., che si limita ad enunciare genericamente il principio della limitabilità del rimborso “secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia”; (iii) il 9° Aggiornamento della circolare n. 285/ 2013 della Banca d’Italia, in forza del quale in sede di trasformazione in società per azioni le banche popolari possono «introdurre in statuto la clausola che attribuisce all’organo con funzione di supervisione strategica … la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o in parte e senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni del socio uscente e [continua ..]


4. La normativa di riferimento

Come si è avuto modo di illustrare la materia di cui ai provvedimenti annotati è disciplinata da fonti normative interne e comunitarie (di rango primario e secondario). Per quanto riguarda il diritto interno rileva in primis la normativa attuativa del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, relativamente alla limitazione del diritto al rimborso delle azioni dei soci recedenti ai sensi dell’art. 28, 2°-ter comma del d.lgs. n. 385 1° settembre 1993 (t.u.b.) che dispone: «Nelle banche popolari e nelle banche di credito cooperativo il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò sia necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca. Agli stessi fini, la Banca d’Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi». Tale comma è stato inserito dall’art. 1, 1° comma, lett. a), del suddetto d.l. n. 3/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, e successivamente sostituito dall’art. 1, 15° comma, d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72. Si tratta di un disciplina speciale rispetto a quella generale contenuta nell’art. 2437 c.c., con particolare riferimento al 6° comma, che sancisce la nullità di ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l’e­sercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma dello stesso articolo [4]. A tale normativa, che è collegata a quella sull’obbligo di trasformazione delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro di cui all’art. art. 29 t.u.b. [5], ha fatto seguito quella della Banca d’Italia (nelle Disposizioni di Vigilanza per le Banche, Circolare 285/2013, Parte Terza, Capitolo 4, Sezione III: Limiti al rimborso di strumenti di capitale)”, che prevede: «Lo statuto della banca popolare e della banca di credito cooperativo attribuisce all’organo con funzione di supervisione strategica, su proposta dell’organo con funzione di gestione, sentito l’organo con funzione di controllo, la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o in parte e senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni e [continua ..]


5. Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali

Secondo una prima di giurisprudenza di merito [6] la norma di cui all’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b. non potrebbe determinare la completa soppressione dell’effettivo contenuto giuridico economico del diritto di recesso (in questo caso, del diritto al rimborso delle azioni); pertanto sarebbe nulla per violazione dell’art. 2437, 6° comma, c.c. la clausola dello statuto che attribuisca al consiglio di amministrazione di una banca popolare il potere di rinviare in tutto e senza limiti di tempo il rimborso delle azioni, oltretutto senza necessità di alcuna motivazione. Di contro una limitazione al diritto di rimborso sarebbe consentita purché per un delimitato periodo di tempo, e purché permetta al socio, al termine della sospensione disposta, di ottenere detto rimborso e dunque, di fatto, il godimento effettivo, giuridico ed economico, del suo diritto. Diversamente si attuerebbe, oltre alla violazione dei principi civilistici sul diritto di recesso, un esproprio del diritto di proprietà, in violazione dell’art. 42 Cost., oltre che una violazione dei principi consacrati nell’art. 47 Cost. in tema di tutela del risparmio attraverso l’investimento azionario. Nella stessa ottica, con specifico riguardo alla vicenda della trasformazione della Banca Popolare di Bari, il Tribunale di Bari [7] ha accolto il ricorso proposto in via cautelare da alcuni soci inibendo lo svolgimento dell’assemblea limitatamente alla parte di ordine del giorno relativa alla trasformazione della Banca in S.p.A. Il Giudice, alla luce dell’incertezza del quadro normativo attuale, ha ritenuto ne derivasse, oltre alla minaccia alla libera e consapevole determinazione del voto, «la possibile, imminente e grave lesione che scaturirebbe da una delibera di trasformazione basata su norme costituzionalmente illegittime, rispetto a quelle stesse posizioni giuridiche soggettive di rango costituzionale ed internazionale indicate dal Consiglio di Stato, le quali stanno alla base del sospetto di illegittimità costituzionale (libertà di iniziativa economica e proprietà privata – artt. 41 e 42 Cost. e art. 1 protocollo addizionale n. 1 CEDU)». Le sentenze del TAR Lazio [8] che hanno originato le pronunzie del Consiglio di Stato qui commentate hanno invece affermato la legittimità costituzionale della disciplina su recesso e rimborso, con [continua ..]


6. Il commento. L’eurosistema e il (superiore) principio generale di stabilità finanziaria

L’esigenza di fondo che tutti gli orientamenti fanno emergere è quindi quella di un’a­­de­guata patrimonializzazione della ban­ca per la sua continuità (e la stabilità del sistema finanziario), ed è tra l’altro già delineata dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3; ed in funzione di tale esigenza può leggersi il richiamato art. 28, comma 2-ter, del t.u.b. sulle finalità della limitazione del diritto al rimborso delle azioni in caso di recesso, e precisamente la finalità di assicurare la computabilità delle azioni nel capitale di qualità primaria della banca. Il sistema è in tal senso in armonia con i valori costituzionali, atteso che la libertà di iniziativa economica (art. 41) e il diritto di proprietà (art. 42) possono essere limitati, come nel nostro caso, in funzione dell’utilità e della funzione sociale. Peraltro non può parlarsi di effetto espropriativo (senza indennizzo). La limitazione del rimborso, sia come riduzione quantitativa sia come rinvio, non priverebbe il socio recedente del suo status: le azioni resterebbero nella titolarità del socio fino al momento in cui il recedente riceva il rimborso delle azioni da lui possedute, con la legittimazione a nostro avviso all’esercizio dei relativi diritti, onde consentire al socio di monitorare e tutelare “dall’interno” sia il valore economico delle proprie partecipazioni sia le possibilità di rimborso, demandate alla valutazione discrezionale (sia pure guidata da parametri certi) degli organi gestionali della banca [15]. Ritengo infatti che il momento del diritto di recesso sia da ascrivere ad uno Zweckbegriff, in relazione alla fattispecie (nella duplice variabile del tipo societario e della vicenda cui inerisce), e che nella nostra fattispecie si giustifichi la massima tutela del diritto soggettivo del socio recedente [16]. La prospettiva di stabilità della banca e del sistema finanziario nel suo complesso è infine alla base della normativa europea di cui agli artt. 28 e 29 del regolamento (UE) n. 575/2013 e art. 10 del regolamento delegato (UE) n. 241/2014): la possibilità di limitare il diritto al rimborso è legittima, ancorché circoscritta a quanto strettamente necessario per la salvaguardia della [continua ..]


NOTE