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Il principio generale di stabilità del sistema finanziario (nazionale e) della zona euro. La prima volta della Corte costituzionale (a proposito di trasformazione e recesso dalle banche popolari)
Daniele U. Santosuosso
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Sommario:
1. Il Caso. Le prime pronunzie del Consiglio di Stato - 2. La sentenza n. 99/2018 della Corte costituzionale - 3. L’ultima pronuncia del Consiglio di Stato dopo la Corte costituzionale e la sottoposizione della questione alla Corte di Giustizia UE - 4. La normativa di riferimento - 5. Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali - 6. Il commento. L’eurosistema e il (superiore) principio generale di stabilità finanziaria - NOTE
1. Il Caso. Le prime pronunzie del Consiglio di Stato
La prima ordinanza del Consiglio di Stato che qui si annota (la n. 5383/2016) decide su tre ricorsi in appello, contro altrettante sentenze del Tar del Lazio [1], proposti da parte di alcuni soci di banche popolari e associazioni di consumatori contro la Banca d’Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e finanze, per impugnare (per nullità) la Circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013, “9° aggiornamento del 9 giugno 2015”, nonché gli atti ad esso preliminari e preparatorii [2], tutti atti emessi dalla Banca d’Italia in seguito alle modificazioni apportate dall’art. 1 del d.l. n. 3/2015 (convertito nella legge 24 marzo 2015, n. 33) agli artt. 28 e 29 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” (t.u.b.). Tali atti della Banca d’Italia erano stati impugnati in quanto incidenti direttamente su prerogative relative allo status di socio di banca popolare prevedendo che le banche introducessero nello statuto clausole per le quali, una volta deliberata la trasformazione ex lege in società per azioni, il diritto al rimborso delle azioni del socio recedente può essere limitato tout court sino ad essere escluso o comunque differito senza limiti di tempo con modalità regolamentate dalla Banca di Italia “anche in deroga a norme di [continua ..]
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2. La sentenza n. 99/2018 della Corte costituzionale
Nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Consiglio di Stato con l’ordinanza da ultimo illustrata la Corte costituzionale si è espressa con la sentenza n. 99, depositata il 15 maggio 2018. La Corte, con tale (ponderosa) sentenza, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 del d.l. n. 3/2015 sollevate dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 1, 3, 23, 41, 42, 77, 2° comma, 95, 97 e 117, 1° comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del protocollo addizionale Cedu. Per i profili qui di interesse, il Giudice delle leggi muove dalla normativa dell’Unione europea sui requisiti prudenziali delle banche costituita dal regolamento (UE) n. 575/2013 (che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012), nonché dal regolamento delegato (UE) n. 241/2014 (che integra il regolamento (UE) n. 575/2013), che pone al centro del sistema i “fondi propri”, tra cui il capitale, quali strumenti di assorbimento delle perdite potenziali. La Corte in particolare sottolinea che (i) se le condizioni prudenziali non sono soddisfatte, le azioni, che costituiscono i tipici “strumenti di capitale” della società stessa, non possono essere computate nel capitale primario di classe 1 ai fini del rispetto dei requisiti patrimoniali minimi; (ii) se il rifiuto di rimborso degli strumenti di capitale primario di classe 1 è proibito [continua ..]
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3. L’ultima pronuncia del Consiglio di Stato dopo la Corte costituzionale e la sottoposizione della questione alla Corte di Giustizia UE
Nuovamente sollecitato in un diverso giudizio proposto da alcuni soci di banche popolari, dall’Adusbef e dalla Federconsumatori, il Consiglio di Stato – nonostante il giudizio di piena legittimità delle norme primarie e secondarie in questione espresso dalla Corte costituzionale – ha accolto l’istanza degli appellanti di rimettere la decisione alla Corte di Giustizia dell’UE per pronunciarsi su una serie di quesiti pregiudiziali (ordinanza della Sezione VI, 26 ottobre 2018, n. 6129). Su alcuni quesiti, invero, il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità: in particolare, quelli riguardanti i) l’incongruità della soglia di 8 miliardi oltre la quale “scatta” l’obbligo di trasformazione in s.p.a., ii) la pretesa contrarietà di tale soglia ai principi dei Trattati europei in materia di mercato aperto e concorrenziale, perché costringe un operatore di mercato alla trasformazione giuridica e iii) la possibile violazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Con l’occasione, tuttavia, il Consiglio di Stato è tornato nuovamente sulla questione che ci occupa, muovendo da un’analisi – prevalentemente filologica – dei testi normativi. Secondo il Consiglio di Stato le proposizioni precettive teoricamente rilevanti sono: (i) l’art. 10, § 2 del Regolamento delegato (UE) n. 241/2014, il quale recita nel testo originale [continua ..]
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4. La normativa di riferimento
Come si è avuto modo di illustrare la materia di cui ai provvedimenti annotati è disciplinata da fonti normative interne e comunitarie (di rango primario e secondario). Per quanto riguarda il diritto interno rileva in primis la normativa attuativa del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, relativamente alla limitazione del diritto al rimborso delle azioni dei soci recedenti ai sensi dell’art. 28, 2°-ter comma del d.lgs. n. 385 1° settembre 1993 (t.u.b.) che dispone: «Nelle banche popolari e nelle banche di credito cooperativo il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò sia necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca. Agli stessi fini, la Banca d’Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi». Tale comma è stato inserito dall’art. 1, 1° comma, lett. a), del suddetto d.l. n. 3/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, e successivamente sostituito dall’art. 1, 15° comma, d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72. Si tratta di un disciplina speciale rispetto a quella generale contenuta nell’art. 2437 c.c., con particolare riferimento al 6° comma, [continua ..]
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5. Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali
Secondo una prima di giurisprudenza di merito [6] la norma di cui all’art. 28, 2°-ter comma, t.u.b. non potrebbe determinare la completa soppressione dell’effettivo contenuto giuridico economico del diritto di recesso (in questo caso, del diritto al rimborso delle azioni); pertanto sarebbe nulla per violazione dell’art. 2437, 6° comma, c.c. la clausola dello statuto che attribuisca al consiglio di amministrazione di una banca popolare il potere di rinviare in tutto e senza limiti di tempo il rimborso delle azioni, oltretutto senza necessità di alcuna motivazione. Di contro una limitazione al diritto di rimborso sarebbe consentita purché per un delimitato periodo di tempo, e purché permetta al socio, al termine della sospensione disposta, di ottenere detto rimborso e dunque, di fatto, il godimento effettivo, giuridico ed economico, del suo diritto. Diversamente si attuerebbe, oltre alla violazione dei principi civilistici sul diritto di recesso, un esproprio del diritto di proprietà, in violazione dell’art. 42 Cost., oltre che una violazione dei principi consacrati nell’art. 47 Cost. in tema di tutela del risparmio attraverso l’investimento azionario. Nella stessa ottica, con specifico riguardo alla vicenda della trasformazione della Banca Popolare di Bari, il Tribunale di Bari [7] ha accolto il ricorso proposto in via cautelare da alcuni soci inibendo lo svolgimento [continua ..]
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6. Il commento. L’eurosistema e il (superiore) principio generale di stabilità finanziaria
L’esigenza di fondo che tutti gli orientamenti fanno emergere è quindi quella di un’adeguata patrimonializzazione della banca per la sua continuità (e la stabilità del sistema finanziario), ed è tra l’altro già delineata dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3; ed in funzione di tale esigenza può leggersi il richiamato art. 28, comma 2-ter, del t.u.b. sulle finalità della limitazione del diritto al rimborso delle azioni in caso di recesso, e precisamente la finalità di assicurare la computabilità delle azioni nel capitale di qualità primaria della banca. Il sistema è in tal senso in armonia con i valori costituzionali, atteso che la libertà di iniziativa economica (art. 41) e il diritto di proprietà (art. 42) possono essere limitati, come nel nostro caso, in funzione dell’utilità e della funzione sociale. Peraltro non può parlarsi di effetto espropriativo (senza indennizzo). La limitazione del rimborso, sia come riduzione quantitativa sia come rinvio, non priverebbe il socio recedente del suo status: le azioni resterebbero nella titolarità del socio fino al momento in cui il recedente riceva il rimborso delle azioni da lui possedute, con la legittimazione a nostro avviso all’esercizio dei relativi diritti, onde consentire al socio di monitorare e [continua ..]
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