Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Società in house: il controllo analogo tramite patti parasociali o altri accordi (di Luigia Macchiarulo)


The legislative decree no. 175/2016 introduced in Italy a complete regulation about companies whose capital belongs to public authorities: they include the “in house companies” (art. 16).

The “in house company” is a company where the public authority exercises a control similar to that it exercises over its own departments: this means that the public authority exercises a decisive influence over both strategic objectives and significant decisions of the controlled company. It is also possible a joint decisive influence, which is exercised by more than one public authority.

As required by EU Directives on public works and services contracts, once this (and others) requirement are satisfied, a public authority is exempted from public procurement rules.

The art. 16, par. 2, d.lgs. no. 175/2016 provides that the power of the public authority to exercise the “similar control” may arise from by the company’s statute or shareholders agreements.

There are many types of shareholders agreements, with different contents. So, this article tries to find the best solution to realize the “similar control” out of the company’s statute, using shareholders agreements or eventually other contracts between the company and the public authority.

In this contest, it is also examined the relationship between the “similar control” – as realized by shareholders agreements – and the special codified group law that was enacted in 2004 by artt. 2497 ss. of the Italian Civil Code,, whose core is based on the “activity of direction and co-ordination of companies” exercised by holding companies.

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SOMMARIO:

1. Le società in house nel Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016) - 2. La nozione di controllo analogo quale “influenza determinante” - 2.1. L’oggetto dell’influenza determinante e le clausole statutarie utilizzabili per il controllo analogo - 3. La realizzazione del controllo analogo tramite patti parasociali - 4. I patti parasociali in aggiunta a clausole statutarie: l’imputazione congiunta del controllo analogo tramite i sindacati di voto - 5. I patti parasociali in sostituzione di clausole statutarie: i sindacati di gestione, tra condizioni di validità e limiti operativi - 6. I contratti stipulati dalla società che abbiano per oggetto o per effetto l’eser­cizio del controllo analogo - 6.1. Attività di direzione e coordinamento e controllo analogo: rapporto tra fattispecie - 6.2. Il vincolo contrattuale che assoggetta la società all’etero-direzione quale modalità di realizzazione del controllo analogo: condizioni di validità - 6.3. Sulla natura parasociale o extrasociale del contratto che assoggetta la società all’attività di direzione e coordinamento (quale modalità di realizzazione del controllo analogo) - 6.4. I contratti di servizio stipulati tra l’ente pubblico concedente e la società concessionaria: oggetto ed effetti - 7. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Le società in house nel Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016)

Il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (di seguito TUSPP), emanato con il d.lgs. n. 175/2016 (in attuazione della legge delega n. 124/2015), definisce nell’art. 2, lett. o), le “società in house” come «le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all’articolo 16, 1° comma, e che soddisfano il requisito dell’attività prevalente di cui all’articolo 16, 3° comma» (la disposizione è la risultante della correzione apportata al testo originario dal d.lgs. n. 100/2017). Sulla base dei citati rinvii, indicazioni più pregnanti relative ai requisiti che caratterizzano le società in house si trovano nell’art. 16 TUSPP, interamente dedicato alle società stesse. Quivi, al 1° comma, si legge: «le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società». Nel successivo 3° comma, inoltre, è stabilito che «gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento di compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci». Pertanto, le condizioni necessarie perché una società di capitali possa essere qualificata in house sono le seguenti tre: i) capitale interamente pubblico, salvo deroghe legislative; ii) soggezione al controllo analogo; iii) svolgimento dell’attività imprenditoriale prevalentemente in esecuzione di compiti affidati alla società dall’ente pubblico controllante. Le società in house sono, quindi, società a partecipazione pubblica che, in ragione di caratteristiche strutturali (non strettamente dipendenti dal tipo di [continua ..]


2. La nozione di controllo analogo quale “influenza determinante”

Il requisito delle società in house di maggiore rilevanza ed interesse dal punto di vista societario consiste nella soggezione della società al “controllo analogo” di un unico socio pubblico oppure di una pluralità di soci pubblici, nel qual caso il controllo stesso è definito “congiunto”. Come anticipato, la nozione di controllo analogo è emersa in un contesto pubblicistico [[5]] e, precisamente, in relazione alla necessità che il potere della pubblica amministrazione sulla società partecipata, esercente un’attività economica (rectius, di impresa) destinata a soddisfare bisogni della stessa P.A., sia equivalente (“analogo”) al controllo che l’amministrazione esercita sui propri uffici e/o servizi: in tale modo la società può essere parificata sostanzialmente all’ammi­nistrazione e quindi suscettibile di ricevere affidamenti diretti (in house providing) di contratti pubblici, anziché essere considerata un distinto operatore economico, selezionabile esclusivamente attraverso procedure ad evidenza pubblica. Il motivo della rilevanza del controllo analogo sul piano del diritto societario dipende, allora, non dalla disciplina (di diritto pubblico) cui esso è preordinato, ma dall’incidenza che la sua realizzazione può avere sulla struttura organizzativa della società, come vedremo. Per rendere meno sfuggente la nozione di controllo identificato “per analogia” con rapporti di potere interni ad un apparato amministrativo, essa è stata definita, pri­ma dalla Corte di Giustizia e poi dalle fonti normative, come «un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata» (art. 2, lett. c), TUSPP). Il concetto di “influenza determinante” su una società, da un lato, evoca quello af­fine di “influenza dominante”, caratterizzante la nozione di controllo di cui al­l’art. 2359, 1° comma, c.c., pacificamente considerata generale [[6]] e che l’art. 2, lett. b), TUSPP estende all’ente pubblico in posizione attiva, dando luogo alla nozione di “controllo pubblico” (quantunque nessuna relazione risulti formalmente in­staurata tra le due fattispecie di controllo all’interno del [continua ..]


2.1. L’oggetto dell’influenza determinante e le clausole statutarie utilizzabili per il controllo analogo

L’oggetto dell’influenza determinante che integra gli estremi del controllo analogo è rappresentato dagli «obiettivi strategici» e dalle «decisioni significative della società» (art. 2, lett. c), TUSPP). Tale formula, pur non escludendo dal novero delle decisioni quelle attinenti a profili organizzativi, sembra concentrare l’attenzione sugli atti di indirizzo della gestione e sulle principali decisioni attinenti allo stesso ambito: quindi, il socio pubblico titolare del controllo analogo dovrebbe essere in grado di influire in misura determinante sulle scelte gestionali più importanti per la società [[10]]. L’oggetto testé descritto dell’influenza determinante vale a distinguere (ulteriormente) il controllo analogo dal controllo di cui all’art. 2359, 1° comma, n. 1 e 2, c.c., a norma del quale, invece, l’“influenza dominante” (caratterizzante espressamente il controllo “di fatto”, ma implicitamente anche quello “di diritto”) si esercita nell’assemblea ordinaria e dunque sulle materie di sua competenza, tra le quali non sono di regola comprese decisioni attinenti alla gestione [[11]]. Quando il socio pubblico detiene il controllo sulla società ai sensi dell’art. 2359, 1° comma, n. 1 o 2, c.c. e, pertanto, sostanzialmente dispone del potere (mediato dalla competenza assembleare) di nominare e revocare gli amministratori – ed altresì, per l’effetto, di condizionarli nello svolgimento delle loro funzioni – l’in­fluenza da costui esercitabile sulla gestione è pur sempre indiretta e fattuale, poiché essa necessita, affinché diventi effettiva, che gli amministratori spontaneamente aderiscano alle richieste e/o indicazioni del socio (di controllo) che li ha nominati, senza che la loro autonomia formale risulti punto compromessa o limitata. Ne consegue che, finché resti invariato il sistema delle competenze legali, l’in­fluenza dominante in assemblea non può considerarsi equipollente all’influenza determinante che abbia quale oggetto immediato gli obiettivi strategici e le decisioni significative della società. Infatti, considerando che le uniche (o comunque le più rilevanti) delibere assembleari lato sensu gestionali sono quelle di nomina e di revoca degli amministratori, [continua ..]


3. La realizzazione del controllo analogo tramite patti parasociali

L’art. 16, 2° comma, TUSPP non si limita soltanto ad indicare quale possa essere il contenuto delle clausole statutarie per il controllo analogo, ma considera un’ul­teriore modalità per la realizzazione di un assetto organizzativo adeguato, prevedendo alla lett. c) che: «in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’art. 2341-bis, primo comma, del codice civile». La disposizione ammette espressamente l’impiego dei patti parasociali per attuare il controllo analogo: il legislatore ha così superato i dubbi paventati in passato, in dottrina ed in giurisprudenza, nel senso che la fonte extrastatutaria del potere (sguarnita, in quanto tale, di efficacia “normativa” e vincolante erga omnes) non garantisse quella stabilità consustanziale al controllo analogo [[20]]. Pertanto, oggi è certo che i poteri propri del controllo analogo possano essere attribuiti non esclusivamente attraverso l’atto costitutivo della società. Peraltro, l’art. 9 TUSPP contiene prescrizioni generali in ordine ai patti parasociali stipulati nelle società a partecipazione pubblica, confermando la rilevanza e l’utilità del ricorso agli accordi tra i soci, anche pubblici, a latere dell’atto costitutivo o dello statuto di società [[21]]. In particolare, il 5° comma dell’art. 9 TUSPP fissa, mediante rinvio al precedente art. 7, 1° comma, la competenza (interna al­l’ente pubblico) a deliberare la conclusione, la modificazione e lo scioglimento dei patti medesimi. Il 6° comma dell’art. 9 TUSPP ha, poi, cura di precisare l’efficacia meramente obbligatoria degli impegni assunti coi patti parasociali, escludendo che la loro violazione possa essere, per ciò solo, causa di invalidità delle deliberazioni degli organi della società partecipata. Con specifico riferimento ai patti parasociali stipulati nelle società in house, l’art. 16, 2° comma, lett. c), TUSPP consente che il termine di durata del patto funzionale all’attuazione del controllo analogo superi il limite di cinque anni stabilito dalla disciplina contenuta nel codice civile, per essere determinato in relazione alla [continua ..]


4. I patti parasociali in aggiunta a clausole statutarie: l’imputazione congiunta del controllo analogo tramite i sindacati di voto

Come illustrato, il controllo analogo può essere predisposto per via statutaria attraverso apposite clausole che amplino le competenze deliberative dell’assemblea dei soci: in questo modo si pongono le basi per l’esercizio da parte di uno o più soci di “un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società”. In caso di società costituita da un unico socio o comunque nella quale un socio sia titolare del controllo, ai sensi dell’art. 2359, 1° comma, n. 1 o 2, c.c., il controllo analogo (solitario) sarà imputato a costui. Qualora invece la società sia costituita da più soci, essi dovranno disciplinare l’esercizio congiunto del controllo analogo e, allo scopo, potranno ricorrere alla stipula di sindacati di voto. La presenza di una pluralità di enti pubblici che compongono la compagine societaria solleva dapprima il problema di determinare il potere minimo spettante ecessario a ciascuno per la condivisione del controllo analogo; perciò, è utile soffermarsi brevemente sul controllo analogo congiunto, per poi chiarire le modalità di impiego dei sindacati di voto [[27]]. Il controllo analogo congiunto rappresenta il presupposto affinché più amministrazioni pubbliche possano procedere all’affidamento diretto di appalti o concessioni ad una sola società di cui tutte detengono partecipazioni, ai sensi dell’art. 5, 4° comma, d.lgs. n. 50/2016. L’art. 2, lett. d), TUSPP definisce il “controllo analogo congiunto” come «la situazione in cui un’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 5, 5° comma, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». L’art. 5, 5° comma, d.lgs. n. 50/2016, a sua volta, prevede che «le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o [continua ..]


5. I patti parasociali in sostituzione di clausole statutarie: i sindacati di gestione, tra condizioni di validità e limiti operativi

È tempo di indagare se i patti parasociali possano operare anche quale strumento unico per mezzo del quale assoggettare la società al controllo analogo, in assenza ed in sostituzione di clausole statutarie che ridefiniscano i rapporti tra l’as­semblea e gli amministratori estendendo la cognizione dei soci alle più importanti decisioni gestionali. In merito rilevano i cc.dd. “sindacati di gestione”, intendendosi per essi gli accordi con cui i soci si impegnano non soltanto a concordare l’esercizio del voto in assemblea, ma soprattutto a delineare un programma imprenditoriale destinato ad indirizzare l’azione dell’organo amministrativo [[43]]; tali patti dovrebbero essere compresi nella definizione di cui all’art. 2341-bis, lett. c), quali patti che «hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante» [[44]] sulla società. Nella fattispecie-base, i soci si obbligano reciprocamente a fare quanto in loro potere affinché gli amministratori designati diano séguito agli indirizzi espressi dal sindacato e/o alle decisioni assunte in seno ad esso. Tuttavia, un accordo destinato ad indirizzare l’attività gestionale degli amministratori, ma stipulato tra soli soci, non sembra idoneo ad integrare la fonte esclusiva del controllo analogo sulla società, perché, senza un vincolo formale (sociale, parasociale o extrasociale) all’autonomia degli amministratori, questi ultimi subirebbero l’influenza dei soci pubblici aderenti al sindacato in via di mero fatto, sul presupposto – ove esistente – che i soci stessi abbiano il controllo sulla società ai sensi dell’art. 2359 c.c. e, dunque, il potere di nominare e revocare gli amministratori in sede assembleare. La disponibilità della maggioranza dei voti esercitabili o comunque di un’influenza dominante in assemblea, infatti, non è sufficiente a formalizzare e precostituire il requisito del controllo analogo, se all’as­semblea non risultano attribuiti poteri deliberativi in tema di obiettivi strategici e decisioni significative della società attraverso apposite clausole [[45]]. I sindacati di gestione, quindi, per costituire lo strumento principale di attuazione del controllo analogo, dovrebbero avere quali parti dell’accordo, oltre che i soci [continua ..]


6. I contratti stipulati dalla società che abbiano per oggetto o per effetto l’eser­cizio del controllo analogo

Un’ulteriore ipotesi da considerare è quella in cui sia la società a stipulare con l’ente pubblico-socio un contratto che, in sostituzione di clausole statutarie per il controllo analogo, determini la soggezione al controllo stesso. Un impegno contrattuale assunto dalla società vincolerebbe gli amministratori alla sua osservanza e la violazione delle relative prescrizioni costituirebbe un inadempimento di costoro sanzionabile con la revoca per giusta causa. Occorre chiedersi, però, a quali condizioni un contratto col quale la società limita la propria autonomia decisionale a favore di un terzo possa essere considerato valido [[51]] e, in secondo luogo, se esso sia ancora qualificabile come patto parasociale e rientri nella previsione dell’art. 16, lett. c), TUSPP. Posto che il controllo analogo consiste in un potere di influenza, al pari delle altre fattispecie di controllo previste dall’ordinamento, si devono distinguere i contratti che abbiano specificamente ad oggetto la determinazione delle condizioni e delle modalità di esercizio dell’influenza e che realizzino esattamente lo scopo di assoggettare la società all’influenza esterna, dai contratti in cui l’influenza esercitabile si configuri piuttosto quale effetto di un rapporto contrattuale connotato da una diversa ed ulteriore causa, tale che la condizione di dipendenza della società abbia una prevalente matrice economica. I contratti del secondo tipo sono quelli tradizionalmente considerati fonte del controllo cd. esterno, ai sensi dell’art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c., quando comportino un’influenza dominante di una società su un’altra [[52]]. In proposito, rinviamo ad un momento successivo l’indagine sull’esistenza di contratti ricorrenti nella prassi negoziale delle società in house che, sul modello dell’art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c., siano produttivi dell’effetto di assoggettare la società all’influenza determinante propria del controllo analogo [[53]]. Invece, i contratti aventi ad oggetto direttamente la sottoposizione di una società all’influenza dominante di altro ente o società erano in passato, come noto, prevalentemente ritenuti inammissibili e nulli, per il contrasto che si sarebbe prodotto tra la limitazione dell’autonomia gestionale [continua ..]


6.1. Attività di direzione e coordinamento e controllo analogo: rapporto tra fattispecie

L’attività di direzione e coordinamento si manifesta generalmente sotto forma di ingerenza extra-assembleare del socio nella gestione, attraverso qualificate modalità di esercizio effettivo di un’influenza dominante, al punto che l’art. 2497-sexies c.c. fonda una presunzione solo relativa di sussistenza dell’attività di direzione e coordinamento in presenza delle fattispecie dell’art. 2359 c.c. In mancanza di una definizione legislativa di attività di direzione e coordinamento, per “direzione” si intende comunemente “l’esercizio di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie del­l’impresa, cioè sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali”; mentre per “coordinamento” si intende la realizzazione di un “sistema di sinergie tra diverse società del gruppo nel quadro di una politica strategica complessiva, estesa all’‘insieme’ di società” [[56]]. I due termini, comunque, formano un’endiadi il cui tratto caratterizzante è la direzione unitaria, potendosi accertare il coordinamento anche tra due sole società, l’una che dirige e l’altra eterodiretta. Pertanto, se l’ente pubblico è titolare di una partecipazione di controllo o totalitaria ed inoltre esercita un’attività di direzione e coordinamento sulla società controllata, è da ritenere che quest’ultima risulti assoggettata ipso facto anche al controllo analogo, consistente nell’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società [[57]]. Tale constatazione, però, non rende sicuramente vera l’affermazione inversa: non ne consegue, infatti, che il controllo analogo si identifichi necessariamente nell’attività di direzione e coordinamento né, quindi, che l’ente pubblico debba riservarsi la direzione gestionale della società in house [[58]]. Premesso che l’attività di direzione e coordinamento sulla società costituisce un fatto giuridico accertabile ex post, mentre il requisito del controllo analogo esprime una situazione di potere la cui sussistenza deve [continua ..]


6.2. Il vincolo contrattuale che assoggetta la società all’etero-direzione quale modalità di realizzazione del controllo analogo: condizioni di validità

L’indagine svolta fino a questo momento permette di ravvisare nel contratto che assoggetti una società all’attività di direzione e coordinamento di un ente pubblico (o di altra società partecipata da un ente pubblico) la possibile fonte, in alternativa allo statuto della società, di un potere corrispondente al controllo analogo (diretto o indiretto) [[71]] dell’ente pubblico sulla società [[72]]. Tuttavia, ci chiediamo se la disciplina convenzionale che regoli l’etero-dire­zio­ne dell’ente pubblico debba necessariamente osservare, per essere valida, le condizioni di legittimità stabilite per l’attività di direzione e coordinamento – configurando l’attività quale potere/dovere di gestione nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società dirette, come illustrato – oppure se essa possa prevedere anche un diverso contemperamento, rispetto a quello fissato dal­l’art. 2497, 1° comma, c.c., tra l’interesse della singola società eterodiretta e l’inte­resse esterno avuto di mira da chi dirige (interesse di natura pubblica nel caso di specie), così ponendo standard di comportamento nell’esercizio dell’at­tività differenti dai richiamati principi di corretta gestione del gruppo di imprese. In realtà, il quesito ha già trovato risposta, poiché nell’analizzare la fattispecie dell’attività di direzione e coordinamento abbiamo posto l’accento sulla circostanza che solo questa peculiare forma di etero-direzione, caratterizzata quale gestione di una “impresa di gruppo”, è stata ammessa dal legislatore, per le sue esternalità positive: pertanto, un contratto che formalizzi l’asservimento di una società alla realizzazione di un interesse extrasociale sarebbe valido soltanto alle condizioni che garantiscano un risultato economico a livello di gruppo. Qualora, invece, l’etero-direzione delle società fosse ispirata da un interesse pubblico o, più in generale, da un interesse di natura non imprenditoriale, essa non potrebbe più venire ricondotta nel modello operativo dell’attività di direzione e coordinamento, rendendo inapplicabile la disciplina degli artt. 2497 ss. c.c. [[73]]. Per escludere [continua ..]


6.3. Sulla natura parasociale o extrasociale del contratto che assoggetta la società all’attività di direzione e coordinamento (quale modalità di realizzazione del controllo analogo)

Resta da chiedersi se il contratto che regoli la sottoposizione della società in house all’attività di direzione e coordinamento – quale modalità di realizzazione del controllo analogo – del socio pubblico (o della società holding partecipata e con­trollata dall’ente pubblico) sia annoverabile tra i patti parasociali di cui all’art. 16, lett. c), TUSPP e con quali conseguenze. Come si è già accennato, i patti parasociali sono disciplinati in via generale dagli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c. L’art. 2341-bis c.c. individua le principali tipologie di accordi stipulati «al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società», senza darne una definizione precisa, ma presupponendo quella elaborata in dottrina [[75]]. Le parti stipulanti sono solitamente soci, ma non solo: si ammette, infatti, che i patti parasociali possano coinvolgere anche terzi; tuttavia, è controversa, da un lato, la necessità che parte dell’accordo sia almeno un socio [[76]] e, dall’altro, la possibilità che parte dell’accordo sia la società stessa (su cui l’accordo è destinato a riverberarsi). Secondo una dottrina, la categoria estremamente disomogenea dei patti parasociali comprenderebbe tutte le intese “il cui oggetto attiene a materie di competenza degli organi societari e tende appunto ad orientare una o più future deliberazioni di organi societari” [[77]], abbiano o meno esse quali parti i soci: cosicché potrebbero essere considerati quali patti parasociali anche gli accordi stipulati tra soci e la società, o tra soci e terzi, o anche tra la società e terzi [[78]]. Il perimetro dei patti parasociali diventerebbe, allora, assai esteso e finirebbe per comprendere anche contratti già suscettibili di diversa qualificazione, in quanto aventi causa autonoma: tra gli altri, potrebbero essere riguardati come patti parasociali i contratti previsti dall’art. 2497-septies c.c. Tale inquadramento, però, resta controverso. Infatti, l’elemento proprio dei contratti atipici identificati come patti parasociali, che in forza di un’interpretazione estensiva rischia invece di diventare secondario, è rappresentato dalla modifica sostanziale di regole statutarie (che essi [continua ..]


6.4. I contratti di servizio stipulati tra l’ente pubblico concedente e la società concessionaria: oggetto ed effetti

Le società in house hanno trovato diffusione soprattutto per la gestione dei servizi pubblici: in quest’ambito la “concessione” di cui esse beneficiano da parte dell’ente pubblico si accompagna sempre ad un “contratto di servizio” [[90]]. Il contratto di servizio è stato talvolta identificato quale fonte di un potere di condizionamento dell’ente pubblico sulla società che presenterebbe le caratteristiche proprie del controllo analogo [[91]]; per verificare se sia proprio così, si rende opportuno analizzarne contenuto ed effetti. Peraltro, se l’opinione fosse corretta, non occorrerebbe anche qualificare tale contratto come patto parasociale, al fine di considerarlo uno strumento integrativo del controllo analogo, poiché abbiamo pocanzi concluso che l’indicazione dei patti parasociali contenuta nell’art. 16, 2° comma, lett. c), TUSPP non esaurisce il novero degli accordi, stipulati al di fuori dell’atto costitutivo della società, potenzialmente idonei a realizzare il controllo analogo. Il contratto di servizio viene stipulato tra la società concessionaria, privata, mista o in house, e l’ente pubblico concedente, per regolare gli obblighi e i rapporti economici tra le parti: esso prevede, tra gli altri, i livelli del servizio da garantire ed adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli medesimi. Inoltre, il contratto contiene la “tariffa” del servizio, che costituisce il corrispettivo del servizio pubblico e che sarà poi riscossa direttamente dal gestore del servizio stesso: essa viene determinata in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’in­ve­stimento e della connessa gestione. Il contratto di servizio risponde prevalentemente all’esigenza dell’ente pubblico che le modalità di gestione del servizio, che esso “concede” ad un soggetto terzo, soddisfino l’interesse pubblico cui il servizio è preordinato ed in funzione del quale l’ente lo ha “assunto” tra i propri compiti istituzionali. Pertanto, nel contratto sono essenzialmente fissati le condizioni di svolgimento del servizio ed i poteri di controllo e di vigilanza dell’ente pubblico sul rispetto delle prime, oltre che gli impegni economico-finanziari cui le parti sono tenute. Si può affermare, [continua ..]


7. Considerazioni conclusive

Come risulta dalle considerazioni svolte in precedenza, l’utilità dei patti parasociali ai fini del controllo analogo è apprezzabile soprattutto per l’imputazione e l’e­ser­cizio congiunto del controllo stesso, qualora i patti, riconducibili alle tipologie di cui all’art. 2341-bis, lett. a) o c), c.c., operino in combinazione con clausole statutarie che attribuiscono poteri deliberativi all’assemblea in materia di gestione. Ove si voglia ipotizzare, invece, l’integrale sostituzione di clausole statutarie con pattuizioni extrastatutarie, benché tale scelta non appaia comunque molto plausibile, occorrerà fare ricorso, anziché a patti parasociali, sul modello dei sindacati di gestione stipulati con gli amministratori – non essendo questi ultimi pienamente idonei allo scopo perché improduttivi di effetti nei confronti della società –, ad accordi extrasociali, quale è il contratto con cui la società si assoggetta al­l’esercizio (esterno) del controllo analogo secondo l’unico paradigma di etero-direzione lecita, cioè quello dell’attività di direzione e coordinamento previsto dagli artt. 2497 ss. c.c. Quindi, il controllo analogo può configurarsi sia – più limitatamente – come potere di concorrere a determinare, in collaborazione con gli amministratori, gli indirizzi della gestione e le altre decisioni più importanti per la società attraverso l’e­sercizio di prerogative proprie dei soci, seppur ampliate dall’autonomia statutaria rispetto alla ripartizione legale delle competenze, sia come potere/dovere di esercitare una vera e propria attività di etero-direzione, con assunzione delle relative responsabilità. Tuttavia, non sembra verosimile ritenere che, nella seconda eventualità, l’ente pubblico si assuma l’onere di una vera e propria direzione imprenditoriale della società in house. Infatti, l’equilibrio tra l’interesse pubblico alla produzione di beni o servizi e l’interesse (altresì di rilevanza pubblica) ad investire proficuamente risorse pubbliche nell’attività produttiva si realizza per mezzo della società e del suo caratteristico modello organizzativo, che distingue il ruolo degli amministratori da quello dei soci, affidando soltanto ai primi [continua ..]


NOTE