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1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. L’orientamento dottrinale - 4. L’orientamento giurisprudenziale - 5. Commento - NOTE
Con due pronunce in sede cautelare – la seconda a seguito di reclamo del socio soccombente – riguardanti una società a responsabilità limitata, il Tribunale di Roma affronta compiutamente il tema della convocabilità autonoma dell’assemblea da parte dei soci secondo un’interpretazione evolutiva dell’art. 2479, 1° comma, c.c. S.M.&I. S.r.l. socio della D.R. S.r.l. con quota pari al 50% del capitale sociale, invitava l’amministratore (e socio con quota di pari percentuale) a convocare l’assemblea dei soci con all’ordine del giorno le dimissioni dell’amministratore stesso. In subordine, ed in caso di mancata convocazione nel termine assegnato, provvedeva direttamente alla convocazione con il medesimo ordine del giorno. L’amministratore procedeva viceversa alla convocazione con alcuni giorni di ritardo rispetto alle richieste del socio istante, e con ordine del giorno parzialmente difforme, ma apprendeva che in precedenza l’assemblea della D.R. S.r.l. si era riunita in sua assenza e ne aveva deliberato la revoca. Conseguentemente, richiedeva dichiararsi la nullità, o pronunciarsi l’annullamento, della delibera a proprio dire illegittimamente assunta. Nella sede cautelare strumentale al giudizio di cognizione chiedeva sospendersi l’efficacia della delibera. Premessa l’astratta sospendibilità delle delibere c.d. self-executing (quale quella concernente la nomina e revoca degli amministratori) per l’idoneità dell’atto a produrre effetti giuridici ulteriori rispetto alla mera “esecuzione”, e pertanto a riverberarsi sulla vita della società, il Tribunale di Roma denegava la cautela soffermandosi esclusivamente sul c.d. fumus boni iuris. Le argomentazioni del Giudice erano fatte proprie dal Tribunale anche in sede di reclamo, egualmente respinto.
Il cuore argomentativo delle ordinanze in commento affronta con approfondita analisi ermeneutica la normativa in materia di legittimazione alla convocazione assembleare. Il Tribunale di Roma, sulla falsariga dell’evoluzione dottrinale e degli arresti giurisprudenziali, riconosce in caso di comprovata inerzia degli amministratori il diritto/potere di autonoma convocazione in favore della minoranza qualificata indicata all’art. 2479, 1° comma, c.c. – quali che siano le previsioni statutarie di cui all’art. 2479-bis c.c. e tenuto conto dell’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 2367 c.c. –, nell’ottica dell’ampliamento della discrezionalità ed autonomia riconosciute ai soci di responsabilità limitata dalla legge delega alla riforma del diritto societario (legge 3 ottobre 2001, n. 366), dalla riforma stessa (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) e secondo gli spunti offerti dalla relazione ministeriale illustrativa a quest’ultima.
In base all’art. 3 della l. n. 366/2001, il modello societario a responsabilità limitata “ha scontato una profonda revisione, per renderlo strumento caratterizzato da una significativa ed accentuata elasticità e che, imperniato fondamentalmente su una considerazione delle persone dei soci e dei loro rapporti personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti nell’ambito del settore delle piccole e medie imprese”, ossia la quasi totalità [1] delle imprese operanti sul territorio nazionale [2]. La relazione ministeriale alla legge di riforma ha reso regola di principio quella che spetta al contratto sociale determinare le materie di competenza dei soci, estremizzando la “contrattualizzazione” del modello [3]. In osservanza di quanto disposto dall’art. 2, lett. f), legge n. 366/2001 [4], il superamento della tradizionale fisionomia di piccola società per azioni si è accompagnato, con finalità di spiccata autonomia del tipo societario quale autonomo corpus normativo, al superamento della tecnica di sistematico rinvio alla disciplina delle società per azioni operato dal codice civile del 1942 [5]. Il dibattito riguardo la legittimazione autonoma del socio, o dei soci, con quorum minimo di un terzo del capitale sociale alla convocazione assembleare nasce da uno iato legislativo. Contrariamente all’art. 2366 c.c., che per le società per azioni radica nell’organo amministrativo la funzione d’impulso alla convocazione assembleare, l’art. 2479 c.c. si limita a stabilire, al primo comma, che “i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione”. Nessun aiuto è d’altro canto offerto dalla norma successiva: l’art. 2479-bis c.c., rubricato“Assemblea dei soci”, indica esclusivamente strumenti e termini di convocazione in via residuale rispetto alla potestà prioritariamente attribuita all’atto costitutivo. Nulla riguardo ai soggetti cui sia demandato l’atto della convocazione, atto d’altro canto anche semanticamente diverso dalla “sottoposizione”. Si aggiunga, rispetto [continua ..]
Anche la Giurisprudenza ha in un primo momento aderito alla tesi “conservativa” prevedente per la convocazione assembleare l’applicabilità analogica dell’art. 2367 c.c., in assenza di uno strumento “parallelo” all’interno della disciplina della società a responsabilità limitata [21]. Dopo le prime aperture giurisprudenziali in senso opposto [22], con significativa propulsione della giurisprudenza milanese [23] ci si è attestati sul crinale della decisiva centralità del socio, e della tutelabilità diretta del suo interesse alla corretta informazione anche per il tramite della convocazione assembleare, sempre che gli argomenti all’ordine del giorno non prevedano il compimento di atti o la redazione di documenti riservati agli amministratori [24] e sempre tenendo in considerazione il rapporto tra norma ed atto costitutivo. La costante Giurisprudenza aderisce da tempo alla tesi oramai dominante, secondo la quale nella società a responsabilità limitata, in caso di omissione o di inerzia dell’organo ammnistrativo, è possibile convocare l’assemblea su iniziativa dei soci, dovendosi invece escludere il ricorso, in via analogica, allo strumento previsto dall’art. 2367 c.c. dettato in materia di società per azioni [25]. Ai soggetti detentori del potere di sottoporre ai soci specifiche questioni compete difatti anche per via estensiva la facoltà di convocare direttamente l’assemblea, o di determinare la volontà dei soci negli altri modi previsti [26]. In senso ancora più aperturista, si giunge ad escludere a carico della minoranza qualificata l’onere di preventiva sollecitazione dell’organo amministrativo ai fini della convocazione, potendovi essa provvedere direttamente ed immediatamente in difetto di rimedio sostitutivo nell’inerzia dell’amministratore. A ciò conducono l’impossibilità di ricorso analogico all’art. 2367 c.c. e, per converso, il potenziamento della partecipazione diretta del socio alla vita della società [27]. Non diversamente ci si è espressi nei casi di convocazione da parte del liquidatore o di un organo terzo deputato alla gestione in sostituzione dell’organo amministrativo, quale il curatore fallimentare o [continua ..]
Entrambe le ordinanze cautelari in commento, nel solco della prevalente dottrina e giurisprudenza formatesi all’esito dell’ampio dibattito sopra ricordato, escludono nella fattispecie in esame l’applicabilità analogica dell’art. 2367 c.c., e colmano la lacuna individuata nel corpus normativo (art. 2479-bis c.c.) in tema di convocazione assembleare mediante un procedimento di autointegrazione della disciplina. Nel far ciò, in armonia con la l. n. 366/2001 e la relazione ministeriale, valorizzano il ruolo centrale assunto dai soci all’interno del tipo societario analizzato. Tale ruolo risulta suffragato sistematicamente dal richiamo agli artt. 2476 e 2479, 2° e 3° comma, c.c., quanto ai poteri di controllo e di impulso individuali riservati ai soci. I provvedimenti del tribunale di Roma, pur aderendo alla corrente interpretativa oramai tralatizia, non si mostrano tuttavia inclini a riconoscere al socio o ai soci rappresentanti il terzo del capitale sociale la piena facoltà di procedere alla convocazione assembleare, quando riguardante materie non riservate alla competenza dell’organo amministrativo, a prescindere dall’inerzia o dal boicottaggio acclarato dell’amministratore. Le pronunce paiono al contrario radicare una procedimentalizzazione dell’iter, che deve necessariamente passare per il tramite – inattivo od ostruzionistico – dell’amministratore. La disamina condotta sulle opinioni e sui casi pratici anche e solo con riferimento alla peculiare materia trattata permette di affermare che la struttura della società a responsabilità limitata, nella sua genesi e nel suo progetto derivato dalla riforma, risulta all’interprete scomponibile e ricomponibile, con il solo limite all’autonomia negoziale previsto all’art. 1322, 1° comma, c.c. [31], causa e nel contempo effetto di separazione tra nozione del tipo societario e suoi elementi essenziali [32]. Il contenuto normativo cogente è affatto ridotto anche rispetto ai criteri fissati dalla legge n. 366/2001 [33]. La fantasia (e libertà) di composizione e scomposizione lasciata dalla riforma al pratico utilizzatore del modello astratto [34] vi lascia fantasiosamente cogliere un’analogia con i giochi di costruzione, gli storici mattoncini assemblabili “Lego”, [continua ..]