Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Patti parasociali e buona fede: riflessioni su preavviso, sinallagmaticità ed abuso (di Luca Boggio)


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COUR DE CASSATION, Chambre Commerciale, 27 settembre 2017 – Mouillard Presidente – Société Tarpinian (SCP François-Henri Briard) – Société Ficandy S.a. r.l. e altri (SCP Thouin-Palat et Boucard) Società anonima – Patto parasociale – Durata indeterminata – Libertà di recedere – Divieto di abuso – Informazione ai contraenti del patto parasociale – Possibilità di esercitare i diritti parasociali (Artt. 1134, 1142 c.c.) In caso di patto parasociale a durata indeterminata, come tale sempre suscettibile di essere sciolto per recesso unilaterale, la facoltà di recedere non può essere esercitata con modalità abusive, ragion per cui il recedente deve far conoscere le sue intenzioni con sufficiente anticipo per permettere agli altri contraenti del patto parasociale di decidere se esercitare o meno i diritti previsti dal patto stesso. (1) Società anonima – Patto parasociale – Clausola di buy or sell – Obbligazioni di acquisto e di vendita – Carattere sinallagmatico (Artt. 1134, 1142, 1147, 1589 c.c.) In caso di patto parasociale che contenga promesse reciproche di acquisto e di vendita delle partecipazioni sociali, avendo il socio minoritario promesso di vendere i suoi titoli allorché il socio maggioritario lo chieda e avendo quest’ultimo promesso di acquistare i titoli del socio minoritario allorché quest’ultimo lo chieda, le obbligazioni di tali soci hanno carattere sinallagmatico in ragione della coincidenza di oggetto e di termini della stipulazione. (2)   Omissis. Attendu, selon l’arrêt attaqué (Aix-en-Pro­vence, 14 janvier 2016) que le 13 octobre 2005, la société Tarpinian, actionnaire majoritaire de la société Candy & Co a conclu un protocole avec la société Ficandy, actionnaire minoritaire, et M. Y., son gérant, prévoyant les conditions de cessation de leur association et une promesse de cession des titres de l’associé sortant dans un certain délai; que le 10 mai 2013, la société Tarpinian a informé la société Ficandy de la résiliation de ce protocole; que le 18 juillet suivant, cette dernière et M. Y. ont notifié à la société Tarpinian leur volonté de mettre fin à leur association et de céder leurs actions selon les modalités convenues; que la société Tarpinian s’est opposée à cette demande au motif de la résiliation du protocole précédemment intervenue; que soutenant avoir procédé à la levée d’option pendant le temps de validité du protocole, M. Y. et la société Ficandy ont assigné la [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso e le questioni risolte dallaCour de Cassation. - 2. Il quadro legale applicabile ai pactes d’actionnaires. - 3. Durata, buona fede e recesso. - 4. Attuazione dei patti e abuso. - 5. Il rapporto tra opzione di acquisto e opzione di vendita. - 6. Le soluzioni esposte e la riforma del diritto dei contratti. - 7. Qualche riflessione conclusiva in rapporto all’ordinamento italiano. - NOTE


1. Il caso e le questioni risolte dallaCour de Cassation.

La decisione in commento, che riguarda un patto parasociale di riacquisto della partecipazione del socio minoritario di una société anonyme, risolve una questione non regolata fino al 2016, né dal diritto dei contratti, né da quello societario francese. Infatti, solo con la riforma della disciplina civilistica del contratto [1] sono state introdotte in Francia disposizioni espressamente volte a sciogliere il dubbio in ordine alla validità degli accordi senza termine finale e, quando se ne fosse negata l’invalidità, secondo quali regole fosse possibile far venire meno i vincoli negozialmente assunti, omettendo di stabilirne la durata e le modalità di recesso. Ancor oggi, però, non è prevista una disciplina specificamente destinata a regolamentare sotto questi ultimi profili i patti parasociali. Sta di fatto che, nel solco di un iter argomentativo utilizzato non più di dieci anni prima [2], per i giudici della Haute Jurisdiction l’assenza di previsione di un termine finale giustifica la qualificazione di un patto parasociale come contratto a tempo indeterminato; non ne comporta la nullità, ma il riconoscimento di un mero diritto di provocarne con una certa libertà – si vedrà poi quanta – lo scioglimento unilaterale da parte di qualunque contraente. In sostanza, accordo sarebbe valido ma suscettibile di essere sciolto unilateralmente nel rispetto del principio di buona fede, la quale impone al recedente di tollerare il permanere del vincolo per un periodo di tempo ulteriore: un periodo congruo rispetto alla posizione giuridica degli altri contraenti, ai quali deve essere consentito di regolarsi adeguatamente in ordine all’esercizio dei diritti nascenti dal patto. Avendo fondato la soluzione sul principio di buona fede nell’attuazione del rapporto obbligatorio e, segnatamente, trattando del comportamento che gli azionisti dovrebbero tenere nel corso del periodo in cui, pur manifestata la volontà di sciogliersi dal patto parasociale, essi ne siano ancora provvisoriamente vincolati, la presa di posizione dei giudici transalpini contribuisce a chiarire quale sia il punto di equilibrio tra l’in­te­resse dei contraenti del patto in ipotesi di prossima cessazione del rapporto che li lega. La sentenza interviene, poi, su un secondo aspetto, critico nel diritto francese, relativo alla [continua ..]


2. Il quadro legale applicabile ai pactes d’actionnaires.

Anche Oltralpe non è prevista una disciplina organica dei patti parasociali, sebbene, dopo un dibattito di molti decenni, oggi ne sia perlopiù riconosciuta la validità [3] e ne siano regolati taluni aspetti di particolare rilievo nell’ambito del regime delle società quotate [4]. Dunque, la regolamentazione dei pactes d’actionnaires è in gran parte lasciata al diritto comune dei contratti [5], che – come accennato – è mutato dai primi del 2016. Più oltre si illustreranno anche i termini ed il rilievo delle modifiche sopravvenute nell’ordinamento francese, ma, per il momento, è opportuno ricostruire il quadro legale nell’ambito del quale i giudici di legittimità francesi hanno scelto le soluzioni di cui si dirà. Ciò può essere fatto riprendendo i riferimenti normativi contenuti nella sentenza in commento. Iniziando dalla questione della durata del patto parasociale e delle modalità del suo scioglimento, il testo del Code Civil vigente sino al 30 settembre 2016 prevedeva che, similmente al suo omologo italiano, “les conventions légalement formées tiennent lieu de loi à ceux qui les ont faites” [6] e che “elles ne peuvent être révoquées que de leur consentement mutuel, ou pour les causes que la loi autorise” [7] fissando il principio per cui pacta servanda sunt. Tuttavia, anche la giurisprudenza francese [8], s’era orientata ad ammettere che, pur validi gli accordi senza termine di durata, dovesse ammettersene la caducazione per volontà unilaterale. E, posto che “elles doivent être exécutées de bonne foi” [9], le convenzioni avrebbero potuto essere sciolte sì, ma con modalità tali da contemperare gli opposti interessi delle parti nella misura in cui la protezione di ciascuno di essi fosse giustificata dall’attua­zione del principio generale di buona fede [10]. Quest’impostazione, come emerge dalla sentenza, trova nel panorama interpretativo francese una fondamentale base giuridica nel principio sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, la quale recita che “la liberté consiste à pouvoir faire tout ce qui ne nuit pas à autrui: ainsi, [continua ..]


3. Durata, buona fede e recesso.

Ricordato che per la giurisprudenza di legittimità francese un pacte d’actionnaires privo di termine finale è qualificarsi come un accordo valido ma a tempo indeterminato [12], tende a prevalere l’idea che, sullo sfondo del disfavore per le obbligazioni perpetue [13], dagli accordi senza termine sia possibile sciogliersi unilateralmente in qualunque tempo [14] ma con effetti non immediati [15], in quanto il principio generale di buona fede imporre di ritardare l’effetto risolutorio fino ad un momento accettabile per gli altri contraenti, tenuto conto della funzione concreta del patto stesso e della necessità che la posizione giuridica di costoro non patisca un danno in conseguenza di una “rottura brutale” del vincolo [16]. La Chambre Commerciale, confermando sul punto la sentenza della Corte d’Appello, sancisce che un equilibrio ragionevole sia stato realizzato fissando in sei mesi il termine alla scadenza del quale la manifestazione unilaterale di volontà di sciogliersi dal patto parasociale poteva spiegare i suoi effetti liberatori. L’impostazione che si vien da descrivere come prevalente in Francia merita un’osservazione di fondo. La giurisprudenza conclude in modo netto e piuttosto aprioristico che il patto senza termine di durata sarebbe assimilabile ad un contratto a tempo indeterminato, senza, tuttavia, un’indagine in concreto relativamente alla reale intenzione delle parti [17]. Cioè, non si verifica se, per il contesto ed il testo del patto parasociale, si potesse evincere una comune intenzione delle parti volta a stipulare un patto senza termine “fisso” o con un termine “fisso” ma implicito, ad esempio, pari alla durata della società o della partecipazione del contraente del patto alla compagine sociale. Pertanto, la soluzione adottata appare rigida oltre il necessario e potenzialmente travisante l’effettiva volontà delle parti. Ciò che, ulteriormente, è interessante e che emerge da questa ed altre decisioni dei giudici francesi di ultima istanza è che, fondando il discrimine tra persistente efficacia ed sopravvenire dell’inefficacia nel parametro della buona fede in concreto, il termine di cessazione del vincolo – ossia il preavviso da riconoscersi – può risultare mobile, non solo tra diversi patti parasociali, ma [continua ..]


4. Attuazione dei patti e abuso.

Quanto esposto nel paragrafo che precede in ordine al fondamento – nel principio generale di buona fede – del potere di recesso dai patti parasociali senza indicazione del termine finale consente di svolgere qualche considerazione ancora sull’attuazione dei patti parasociali e sui limiti di soggezione dei contraenti del patto – recedenti o meno – alle scelte degli altri in ordine alla cessazione degli effetti di tali accordi. La stessa sentenza in commento sollecita a prestare attenzione al caso del patto che preveda delle opzioni di acquisto o di vendita delle partecipazioni sociali. Nel caso di specie, due parti dell’accordo parasociale invocavano la persistenza del loro diritto di opzione di vendita dopo il recesso di un contraente del patto, facendo valere il dovere di costui di pagare il prezzo stabilito nell’opzione esercitata dai primi due che erano soci minoritari. L’argomento speso dal recedente era, come già evidenziato, fondato sulla cessazione immediata degli effetti del patto, una volta ricevuta dagli altri la sua dichiarazione recesso; la Haute Jurisdiction ha, tuttavia, disconosciuto la fondatezza del rifiuto perché l’efficacia immediata del recesso – pur legittimo in un patto privo di determinazione del termine finale – contrasterebbe con il principio di buona fede. C’è da chiedersi se questa possa essere una soluzione adeguata per tutti i casi di recesso da patti senza determinazione del termine finale. La risposta non credo possa tranchante, essendo invece necessario che, di volta in volta, si accerti in concreto – alla luce della funzione del patto, delle dinamiche relazionali tra le parti, del contenuto delle obbligazioni che perderebbero effetto (immediatamente o successivamente), ecc. – se sia conforme a buona fede l’appli­ca­zione di un preavviso non indicato nel contratto parasociale e se non sia eccessivo il tempo trascorso tra la conoscenza del recesso e l’esercizio del diritto da parte di chi se lo veda opporre [24]. È chiaro che, in linea di principio, in casi di pattuizioni di put o di call potrebbe presumersi che al recesso debba seguire un periodo congruamente lungo di tempo prima dell’inefficacia per dar modo alle altre parti di valutare l’interesse alla vendita o all’acquisto delle azioni al prezzo e con le modalità stabilite [continua ..]


5. Il rapporto tra opzione di acquisto e opzione di vendita.

La Chambre Commerciale affronta, poi, una seconda questione sostanziale ovvero se, nel contesto di un patto parasociale che preveda sia una clausola put che una clausola call sui titoli dei soci minoritari, vi sia un rapporto sinallagmatico tra opzione di acquisto e opzione di vendita. I giudici di legittimità francesi rispondono in senso affermativo e, perciò, rigettano la pretesa della ricorrente di rendere inefficace l’impegno in quanto l’opzione di vendita, esercitata in concreto da quegli altri contraente che si erano visti il patto sciolto unilateralmente per effetto del recesso, avrebbe difettato del necessario requisito di sinallagmaticità intesa come esistenza di uno scambio di consensi in ordine alla vendita [28]. Infatti, nel diritto francese la promessa di vendita è vincolante, allorché (tutte e due) le parti abbiano manifestato volontà convergenti in ordine al trasferimento del diritto ed al prezzo, poiché è “sinallagmatico” o “bilaterale” il contratto “quando i contraenti si obbligano reciprocamente l’uno verso l’altro” [29]. Il ragionamento è d’immediata comprensione se il diritto oggetto di ciascuna delle due – contrapposte – promesse sia il medesimo; quindi, in sostanza, se esse convergano non solo sul prezzo, ma anche sul­l’oggetto dell’obbligazione. Più complesso sarebbe stato, invece, ammettere una simile sinallagmaticità quando l’oggetto della promessa di vendita fosse stata la partecipazione del socio minoritario, mentre l’oggetto di quella d’acquisto fosse stata la partecipazione del socio maggioritario [30] o, comunque, di un altro socio [31]; in tal caso, infatti, due beni diversi sarebbero oggetto delle reciproche promesse. La legislazione francese consentiva di sfavorire le promesse – e, quindi, vincoli – senza corrispettivo [32], ma, proprio per questo [33], in passato la Cassazione francese aveva deciso di qualificare come sinallagmatiche le promesse “incrociate” di acquisto e vendita anche nell’ipotesi da ultimo ricordata, garantendo la stabilità di impegni iscritti in un contesto più ampio ed aprendo la strada anche alla soluzione adottata nel caso in commento [34]. Sebbene la Chambre Commerciale non vi avesse fatto [continua ..]


6. Le soluzioni esposte e la riforma del diritto dei contratti.

Non è dubbio che il coté contrattuale del diritto societario soggiace alle modifiche della disciplina generale del contratto adottate per effetto della riforma scaturita dall’ordonnance del 10 febbraio 2016 [37], poi ratificata con la loi n. 2018-287 del 20 aprile 2018 [38]. Infatti, nessuno mette in dubbio l’applicabilità della disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti alle società, pur con i dovuti adattamenti e tenuto conto che il silenzio del diritto societario su determinati aspetti della vita sociale può essere il frutto di una scelta del legislatore a favore dell’autonomia privata piuttosto che una lacuna da colmare con le regole di diritto comune dei contratti [39]. Lo stesso è a dirsi dei patti parasociali [40]. Il punto è, quindi, comprendere in quale misura le modifiche introdotte con la menzionata ordonnance possano avere influito sul quadro legale che governa la durata dei patti parasociali ed il diritto di recesso dagli stessi, se un termine non sia stato fissato in modo certo [41]. Ma per far ciò è necessario, indagare, pur brevemente, se ed in quale misura il rapporto che intercorre tra diritto societario e diritto generale delle obbligazioni esca eventualmente modificato dopo la menzionata riforma. Il legislatore francese non sembra essersi fatto specificamente carico del problema, lasciando agli interpreti l’onere di stabilire in quale misura e come debbano oggi raccordarsi il diritto (generale) delle obbligazioni con il diritto (speciale) delle società [42]. È idea assai diffusa che l’intento di fondo sia di rendere il diritto dei contratti francese più idoneo a soddisfare le esigenze delle imprese – ed, in particolare, di quelle operanti in un contesto transnazionale – senza trascurare la protezione di interessi più deboli [43]. Anche recependo soluzioni applicate dalla giurisprudenza in anni recenti, il legislatore francese ha provveduto a rendere più aderenti alle esigenze del moderno commercio le regole in materia contrattuale (sia quanto agli aspetti fisiologici – di negoziazione, di conclusione e di esecuzione – che a quelli patologici – rimediali – dei contratti) [44] ed a disciplinare più dettagliatamente, soprattutto, le fasi anteriori alla conclusione dei contratti, [continua ..]


7. Qualche riflessione conclusiva in rapporto all’ordinamento italiano.

Prima di concludere, è utile valutare in quale misura il diritto giurisprudenziale transalpino possa aver tracciato una linea interpretativa trasfondibile anche nell’or­di­namento italiano. Vi sono, infatti, due fattori che suggeriscono di tenere conto delle regole francesi nel definire il senso delle norme italiane: da un lato, Francia ed Italia condividono molte matrici storiche e, perciò, tendenzialmente si pongono nello stesso alveo concettuale; dall’altro, la riforma francese – da più parti [60] – è stato sottolineato come sia volta a “modernizzare” il diritto dei contratti in conformità con l’evoluzione del diritto europeo [61] e, quindi, si può ritenere che esprima una linea di convergenza verso un diritto comune europeo. Infatti, le tradizionali comunanze concettuali e la partecipazione alla costruzione di una “disciplina uniforme” costituita da regole condivise oltre i confini nazionali in funzione del “corretto funzionamento del mercato interno” all’Unione Europea e della rimozione di “ostacoli al commercio internazionale” [62], spingono a leggere il diritto interno anche alla luce dell’evoluzione e delle acquisizioni degli ordinamenti vicini sia in termini storico-concettuali che economico-sociali, come possiamo certamente classificare quello francese. Orbene, è noto che la disciplina dei patti parasociali “tipici” [63], quanto alla durata, in Italia prevede in modo espresso – ma soltanto per taluni di essi [64] – che la mancanza di indicazione del termine finale comporti il diritto di recedervi liberamente con preavviso di sei mesi/centottanta giorni a decorrere dalla comunicazione della volontà di (futura) cessazione degli effetti del consequenziale vincolo [65]. Dunque, l’affermazione del diritto di recedere – da un lato – non riguarda tutte le tipologie di patti parasociali e – dall’altro – vede la predeterminazione ex lege della durata del preavviso. Prima dell’entrata in vigore delle attuali previsioni di legge, la giurisprudenza – in verità non molti sono i precedenti [66] – aveva già sancito il principio della libertà di recesso dal patto parasociale senza termine [67], traendo giustificazione della soluzione [continua ..]


NOTE