Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Stato dell'arte e profili evolutivi dei poteri speciali: al crocevia del golden power (di Roberta Angelini)


The exercise of special powers – namely the power of direct intervention by the Government in relation to strategic market operations, to safeguard the state’s public interests – is becoming increasingly important. In Italy the golden power has experienced significant developments both from a regulatory point of view and in application practice and probably this evolutionary path is far from exhausted, for the complicity of an international and community context increasingly sensitive to the protection of critical infrastructures. This article moves from the analysis of the foundations of the special powers in Europe and Italy, and analyzes the aspects of connection and “interference” with neighboring institutes. It examines the evolutionary profiles of the golden power and the current governance of their exercise in our country, from the point of view of the theoretical framework but also of the practical operation. It concludes with the formulation of some considerations and proposals for an evolution of the institute in an increasingly functional way to the protection of the higher public interests to which it is preordained.

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SOMMARIO:

1. Le origini: i poteri speciali post-privatizzazioni. - 2. L’affaire Italia: ieri e oggi. - 3. Golden power e controllo delle operazioni di concentrazione. - 4. Profili evolutivi del golden power: IDE e settori ad alta intensità tecnologica. - 5. La “governance” dei poteri speciali tra teoria e prassi. - 6. Notazioni e … ipotesi conclusive. - NOTE


1. Le origini: i poteri speciali post-privatizzazioni.

Nel corso degli ultimi trent’anni, a valle o in concomitanza con i processi di privatizzazione che in diversi Paesi europei hanno interessato imprese attive in settori strategici per gli interessi nazionali, in molti ordinamenti sono stati adottati regimi per l’esercizio da parte dei governi nazionali di “poteri speciali”. La previsione di un ruolo rafforzato dello Stato nelle società privatizzate è, unitamente alla nascita di regolatori indipendenti dei mercati liberalizzati, una delle forme di intervento pubblico nell’economia concepite alla fine del secolo scorso [1]. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel 2002, con segnalazione al Parlamento e al Governo ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/1990, rilevava: «le politiche di privatizzazione possono svolgere un ruolo positivo per il funzionamento del mercato, soprattutto perché rendono più trasparenti i rapporti tra le imprese e l’amministrazione pubblica. Inoltre, le privatizzazioni possono incrementare l’efficienza delle imprese nella misura in cui la loro esposizione al rischio di acquisizione permette alle forze di mercato di esercitare un controllo sulla performance dell’impresa e sull’operato del management. I meccanismi di mercato non sono tuttavia in grado di operare pienamente se esistono vincoli che limitano la contendibilità del controllo» [2]. In linea di principio, le scelte operate dagli Stati circa l’assetto proprietario (pubblico o privato) delle società stabilite nel proprio territorio non sono sindacabili “in quanto tali”, in forza del principio comunitario di neutralità rispetto ai regimi di proprietà vigenti negli Stati membri, oggi espresso nell’art. 345 TFUE [3]. La Commissione è nondimeno legittimata a intervenire quando le misure nazionali sulla governance delle imprese vengano a ostacolare il funzionamento del mercato unico. Per questo motivo, il mantenimento in capo allo Stato, tramite prerogative societarie o strumenti di intervento pubblico diretto, della regia e dell’indirizzo dell’attività di imprese (divenute) private, è stato in più occasioni oggetto di scrutinio da parte della Commissione e della Corte di Giustizia europee, in quanto tendenzialmente si pone in rotta di collisione con le [continua ..]


2. L’affaire Italia: ieri e oggi.

Diversamente da quanto accaduto altrove, l’evo­luzione della normativa italiana in materia di poteri speciali è stata, in gran parte, frutto e conseguenza diretta di interventi comunitari [19]. La Corte fu chiamata a pronunciarsi sul sistema italiano una prima volta nel 2000 [20], a seguito del ricorso che la Commissione aveva presentato per contestare la compatibilità, con i principi comunitari, dell’art. 2 del d.l. n. 332/1994 (recante Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni), convertito dalla legge n. 474/1994, nonché dei decreti relativi ai poteri speciali riguardanti due società privatizzate operanti, rispettivamente, nel settore del gas e in quello delle telecomunicazioni [21]. L’art. 2, 1° comma del d.l. n. 332/1994 nel testo all’epoca vigente stabiliva che, con DPCM, venissero individuate le società, operanti nel settore della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia e degli altri pubblici servizi [22], nei cui statuti introdurre, prima della privatizzazione, una clausola che attribuisse all’allora Ministro del Tesoro la titolarità di uno o più poteri speciali quali: il potere di gradimento esplicito, quello di nomina di uno o più amministratori nonché di un sindaco e il diritto di veto nei confronti di talune decisioni. Pur essendosi il governo italiano impegnato ad adeguare la normativa interna ai rilievi della Commissione – rilievi che non aveva contestato nel merito –, ciò non era avvenuto nei tempi prescritti e, pertanto, la Corte concluse nel senso del contrasto delle disposizioni contestate con i principi comunitari. Nel 2007, la Corte si pronunciò [23], in sede di rinvio pregiudiziale, anche in relazione all’art. 2449, 1° comma, c.c. che, nella sua originaria formulazione, disponeva che «se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza». La norma, pur contenuta all’interno del codice civile, stabiliva una regola derogatoria rispetto al diritto societario comune valevole per gli azionisti privati. Il quesito pregiudiziale [continua ..]


3. Golden power e controllo delle operazioni di concentrazione.

La prospettiva comunitaria non si esaurisce nella vigilanza sul rispetto dei principi di libera circolazione dei capitali di cui all’art. 63, 1° comma, TFUE e di libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE. Infatti, quando uno Stato membro intenda esercitare i propri poteri speciali rispetto a operazioni che siano qualificabili (anche) come “concentrazioni” [40], si pone il tema del rispetto dei limiti, di tipo procedurale e sostanziale, derivanti dall’art. 21 del Regolamento CE n. 139/2004 (“Regolamento comunitario sulle concentrazioni”). Le concentrazioni tra imprese sono soggette a un sistema di controlli preventivi che vede coinvolte, in base alla rilevanza dimensionale dell’operazione, l’Autorità nazionale di concorrenza o, invece, la Commissione europea. Il Regolamento CE n. 139/2004 stabilisce all’art. 21, §§ 2 e 3, il sindacato esclusivo della Commissione sulle operazioni di dimensione comunitaria [41]. Lo stesso art. 21, al § 4 contiene poi la seguente prescrizione: «4. Nonostante i paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono adottare opportuni provvedimenti per tutelare interessi legittimi diversi da quelli presi in considerazione dal presente regolamento e compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario. Sono considerati interessi legittimi ai sensi del primo comma la sicurezza pubblica, la pluralità dei mezzi di informazione, le norme prudenziali. Qualsiasi altro interesse pubblico è comunicato dallo Stato membro interessato alla Commissione ed accettato dalla stessa, previo esame della sua compatibilità con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario, prima che i provvedimenti di cui sopra possano essere presi. La Commissione notifica la sua decisione allo Stato membro interessato entro 25 giorni lavorativi dalla data della suddetta comunicazione». Su questa base, quando lo Stato eserciti i propri poteri speciali [in particolare, di opposizione] in relazione a un’operazione che consista nell’acquisto del controllo di un’impresa stabilita nel suo territorio, da parte di un soggetto stabilito in altro Stato membro, la Commissione è legittimata a verificare l’eventuale interferenza di questo esercizio rispetto alle prerogative riconosciutele in via esclusiva sul controllo delle operazioni di concentrazione [continua ..]


4. Profili evolutivi del golden power: IDE e settori ad alta intensità tecnologica.

La Proposta del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea (di seguito, Proposta), già citata, assume rilevanza in termini ben più ampi dal punto di vista sostanziale in quanto, se approvata, è destinata a incidere in maniera più generale sull’esercizio dei poteri speciali a livello nazionale. Essa si propone, infatti, come obiettivo quello di istituire «un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione da parte degli Stati membri e della Commissione per motivi di sicurezza o di ordine pubblico» (art. 1). Gli investimenti esteri diretti (di seguito, anche IDE) sono «investimenti di qualsiasi tipo da parte di un investitore estero intesi a stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra l’investitore estero e l’imprenditore o l’impresa cui è messo a disposizione il capitale al fine di esercitare un’attività economica in uno Stato membro, compresi gli investimenti che consentono una partecipazione effettiva alla gestione o al controllo di una società che esercita un’attività economica» (art. 2, 1° comma, n. 1). Come si vede, si tratta di una definizione molto ampia che postula la sufficienza della creazione o del mantenimento di “legami durevoli e diretti” in forza dell’investimento [51]. La competenza comunitaria in materia di IDE origina dall’art. 207 TFUE [52] ed è stata oggetto di un recente parere della Corte di Giustizia che ne ha ribadito la sussistenza a prescindere dal fatto che essa venga esercitata con riguardo all’am­mis­sione o invece alla protezione di tali investimenti [53]. Le ragioni dell’interessamento comunitario rispetto agli IDE risultano espresse con chiarezza nella Comunicazione che accompagna la Proposta: «(…) sussiste il rischio che in singoli casi gli investitori stranieri possano cercare di acquisire il controllo o di esercitare influenza nelle imprese europee le cui attività hanno ripercussioni sulle tecnologie cruciali, sulle infrastrutture, sui fattori produttivi o sulle informazioni sensibili. Il rischio sorge anche e soprattutto quando gli investitori stranieri sono statali o controllati dallo Stato, anche mediante finanziamenti o altri mezzi. Tali acquisizioni possono consentire [continua ..]


5. La “governance” dei poteri speciali tra teoria e prassi.

Abbiamo visto come l’istruttoria funzionale all’esercizio dei poteri speciali ruoti intorno alla previsione di un Gruppo di coordinamento, insediato presso la Presidenza del Consiglio, che ha l’obiettivo di consentire un confronto, a un tavolo comune, tra le posizioni proprie delle varie “anime” dell’esecutivo preposte alla tutela degli interessi a ciascuno affidati e, in questo senso, rievoca l’istituto della conferenza di servizi [65]. Tuttavia, a differenza della conferenza di servizi, il Gruppo di coordinamento non ha in nessun caso, tecnicamente, responsabilità decisionali sue proprie avendo piuttosto funzioni di raccordo e di coordinamento istruttorio: gli aspetti più preganti del suo ruolo si concretano nel fatto che il Ministero responsabile per il singolo caso è chiamato a formulare la propria proposta «tenuto conto delle risultanze emerse nell’ambito del gruppo di coordinamento» (art. 6, 1° comma, d.P.R. n. 35/2014 e art. 6, 1° comma, d.P.R. n. 86/2014) e, in caso di sanzioni amministrative pecuniarie per inottemperanza, le stesse sono comminate con decreto del Presidente del Consiglio da adottarsi «previa istruttoria tecnica da parte del gruppo di coordinamento», su proposta del Ministro competente (art. 8, 1° comma, d.P.R. n. 35/2014 e art. 8, 1° comma, d.P.R. n. 86/2014). Nondimeno, in ragione della sua configurazione istituzionale e del contenuto altamente “tecnico” del provvedimenti di esercizio dei poteri speciali, il ruolo del Gruppo viene di fatto a essere fortemente condizionante l’esito del procedimento di esercizio dei poteri speciali. Questa circostanza pone una serie di questioni. La prima riguarda la natura degli atti tramite i quali si esprime l’esercizio dei poteri speciali. Ricordiamone brevemente la tipologia. I provvedimenti adottati in applicazione dell’art. 1 e quelli ai sensi dell’art. 2 del d.l. n. 21/2012 hanno forma di «decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri» (art. 1, 1° comma e art. 2, 3° comma). Come anticipato, i regolamenti prevedono che la «proposta di esercizio dei poteri speciali» sia formulata dal Ministero responsabile (art. 6, 1° comma, d.P.R. n. 35/2014 e art. 6, 1° comma, d.P.R. n. 86/2014). Anche i provvedimenti che comminano sanzioni per [continua ..]


6. Notazioni e … ipotesi conclusive.

Come abbiamo visto, nel configurare l’istituto dei poteri speciali, il legislatore italiano si è in larga parte conformato ai principi e ai limiti imposti dall’ordinamento comunitario. Ha così disegnato una disciplina che prevede alcuni punti fermi: la parità di trattamento tra imprese pubbliche e private, l’elencazione tassativa delle fattispecie “sindacabili” dal Governo, la tipologia dei poteri esercitabili e, soprattutto, l’in­di­cazione puntuale di presupporti e criteri valutativi. L’analiticità delle disposizioni contenute nel d.l. n. 21/2012, da un lato, previene l’arbitrio nell’esercizio dei poteri conferiti ma, dall’altro, rende fortemente vincolata l’applicazione di quella discrezionalità che è comunque componente imprescindibile (e anche auspicabile) in valutazioni che hanno per natura a che fare con gli asset strategici del Paese e con la sicurezza e difesa nazionali. A fronte di questo, sarà interessante vedere quale giurisprudenza verrà a formarsi sui provvedimenti di esercizio dei poteri speciali posto che – ad oggi – nessuna sentenza è stata ancora resa in materia. Occorrerà, infatti, verificare in concreto quale tipo di sindacato il giudice riterrà di potere esercitare, quali i suoi limiti e dove si stabilirà il punto di equilibrio tra le diverse istanze che animano l’esercizio dei poteri speciali: la dimensione comunitaria del mercato unico, da un lato, e la dimensione nazionale in cui si esprime l’esercizio della sovranità, dall’altro; la tutela degli interessi individuali delle imprese, da un lato, e l’intervento pubblico a tutela dell’interesse generale, dall’altro; la fase tecnica dell’istruttoria, da un lato, e quella più politico-strategica delle valutazioni, dall’altro. Certamente il contemperamento di tutti questi aspetti sarà tanto più agevole quanto più i procedimenti di esercizio dei poteri speciali saranno strutturati e articolati per darvi ingresso. Se, come abbiamo detto, l’alta amministrazione “esprime una potestas vincolata nel fine e soggetta al principio di legalità” e gli atti di alta amministrazione “sono una species del più ampio genus degli atti amministrativi e soggiacciono pertanto al [continua ..]


NOTE