Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Considerazioni in tema di controllo pubblico, controllo congiunto e controllo analogo nella disciplina del TUSP (di Fabrizio Guerrera)


This paper focuses the definition and the concept of  "control" in company law in relation to State- and Local Authorities-Owned Corporations. Article 2 of the Italian Comprehensive Law on State- and Local Authorities-Owned Corporations (Legislative Decree no. 175/2016) in fact provides several special notions of "control", to which corrispond so many legal models and regulations. The paper pays particular attention to "joint control" and "in-house providing" companies, as well as to the special regulations of directors' liability.

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Controllo pubblico e partecipazione pubblica - 3. Controllo pubblico e controllo analogo - 4. Il regime organizzativo delle società a controllo pubblico - 5. Il regime organizzativo delle società in house - 6. Il controllo analogo congiunto - 7. Controllo pubblico e controllo interno nelle società miste - 8. Controllo pubblico e regime della responsabilità degli organi sociali - 9. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

La disciplina del T.U. adottato con d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (“TUSP”) ha apportato rilevanti novità sul piano sistematico e ha dato corpo un “diritto speciale” delle società a partecipazione pubblica, e in particolare delle società a controllo pubblico e in house, idoneo a eliminare quei conflitti col principio di tipicità (art. 2249 c.c.), da tempo rilevati in dottrina e giurisprudenza [1] e determinati verosimilmente dalla peculiare “colorazione” assunta dall’interesse sociale in tali società [2]. Il TUSP, infatti: (i) ribadisce e chiarisce anzitutto, all’art. 1, 3° comma, il principio secondo cui “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel Codice civile e le norme generali del diritto privato”, già espresso in altra forma dall’art. 4, 13° comma, d.l. n. 95/2012; (ii) prescrive, in generale (art. 3, 1° comma), che le amministrazioni pubbliche possono partecipare soltanto a società di capitali (s.p.a., s.r.l., cooperative), anche aventi oggetto consortile (art. 2615-ter c.c.); (iii) stabilisce all’art. 3, 2° comma, in deroga alla disciplina ordinaria (cfr. artt. 2403, 2409-bis e 2477 c.c.), da un verso, la necessità, per le società a responsabilità limitata, di nominare il collegio sindacale o un sindaco unico o un revisore legale dei conti e, dall’altro, il divieto, per le società azionarie, di prevedere l’attri­buzione al collegio sindacale della revisione legale dei conti. Numerose e stringenti sono, in particolare, le prescrizioni che riguardano: (I) le società a controllo pubblico, cioè “le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo”, secondo l’art. 2359 c.c. ovvero in forza di norme di legge o di statuto o accordi parasociali, che attribuiscono loro un’influen­za determinante sull’assunzione delle decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale [art. 2, lett. b) e m)], e (II) le società in house, cioè quelle su cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano, individualmente o congiuntamente, direttamente o [continua ..]


2. Controllo pubblico e partecipazione pubblica

Per quanto riguarda la nozione di “società a controllo pubblico”, deve rilevarsi che il legislatore del TUSP non si limita a rinviare alla disposizione civilistica dell’art. 2359 c.c., ma utilizza, nell’intento di ricomprendere nella prima tutte le figure di “controllo congiunto” (peraltro, non fatto oggetto di specifica definizione), una formula non priva di ambiguità. Configurando un controllo congiunto o condiviso allorché le norme legali o statutarie o gli accordi parasociali attribuiscano agli enti pubblici partecipanti una influenza determinante sull’assunzione delle “decisioni finanziarie e gestionali strategiche”, anche quando “sia richiesto il consenso unanime delle parti”, il legislatore del TUSP contempla, infatti, una situazione alquanto disomogenea rispetto al “controllo interno” (di diritto o di fatto) di cui all’art. 2359, 1° comma, nn. 1 e 2, c.c. Il “controllo interno” presuppone l’influenza dominante del socio sull’assem­blea ordinaria, beninteso riguardo alle materie di competenza che concernono le decisioni essenziali alla continuazione delle società ivi elencate (art. 2364, nn. 1-4, c.c.) [[4]], e annette rilievo alla sola influenza positiva, e non anche ai poteri d’inter­dizione dei soci di minoranza; qui, invece, viene in considerazione anche l’influen­za determinante (e non solo dominante) negativa, cioè il potere “di blocco” o “di veto”; e, per di più, l’una e l’altra forma d’influenza riguardano materie che ricadono, per le s.p.a., nell’alveo dei poteri di gestione (sia pure straordinaria) degli amministratori, e non nell’area delle competenze assembleari. In altri termini, il legislatore del TUSP considera come “controllo” ogni forma d’influenza determinante sull’alta amministrazione della società [[5]] ed equipara (ai propri fini) il controllo basato sulla disponibilità della maggioranza dei voti o sul­l’influenza dominante nella assemblea, al controllo (di fatto o contrattuale) “strategico” sulla gestione della società, anche se conseguito congiuntamente dagli enti soci mediante accordo parasociale o con ogni altro strumento o [continua ..]


3. Controllo pubblico e controllo analogo

Anche per quanto riguarda la nozione di “società in house”, le società a capitale pubblico esclusivo o prevalente “in cui l’amministrazione esercita un controllo ana­logo a quello esercitato dai propri servizi”, e perciò destinate a ricevere in via diretta l’affidamento di contratti pubblici dall’ente o dagli enti costituenti o partecipanti, si registrano novità di non poco momento [[15]]. La formula adottata dal TUSP definisce il “controllo analogo” con riferimento all’esercizio di una “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”. Dunque, per un verso, si ammette che l’influenza “determinante” – qui necessariamente “positiva” – dell’ente pubblico (o degli enti pubblici) controllante(i) si estrinsechi a livello della c.d. alta amministrazione della società controllata, cioè, senza annullare l’autonomia gestionale ed esecutiva del suo organo amministrativo, e tuttavia con un’ampiezza e un’incisività anche maggiori di quelle connaturate all’influenza “dominante” di cui all’art. 2359 c.c. [[16]]; per altro verso, si attribuisce rilevanza all’esercizio effettivo del potere di controllo dell’ente controllante, cioè alla “direzione” gestionale e organizzativa cui la società in house è assoggettata, in virtù di una situazione di controllo solitario (controllo interno “di diritto”) ovvero di un accordo parasociale o di una clausola statutaria (art. 2497-septies c.c.), com’è per le società pluripartecipate in cui può configurarsi un “controllo analogo congiunto” [[17]]. Ciò dovrebbe consentire di affermare che il legislatore delegato ha – almeno da un punto di vista conoscitivo – recepito l’indirizzo ermeneutico, che riconduce il “controllo analogo” alla fenomenologia societaria della “direzione unitaria” [[18]]. Manca – è vero – nel TUSP un espresso richiamo alla disciplina dell’attività di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497 e ss. c.c. (salvo che all’art. 11, 11° comma, di cui si dirà infra, e [continua ..]


4. Il regime organizzativo delle società a controllo pubblico

L’intento regolatorio “speciale” del legislatore delegato si profila chiaramente, anzitutto, per le società a controllo pubblico, che restano assoggettate a una disciplina peculiare degli organi di amministrazione e controllo, concernente la loro strutturazione e composizione. Essa prevede di regola l’affidamento della gestione a un amministratore unico, ma consente altresì all’assemblea di deliberare motivatamente (“per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi”) la nomina di un consiglio di amministrazione composto da tre a cinque membri ovvero l’adozione di uno dei sistemi alternativi (dualistico o monistico) di amministrazione e controllo (art. 11, 3° comma, come modificato dal d.lgs. “correttivo” n. 100/2017). La disciplina speciale del TUSP si estende, poi, ad altre materie “sensibili”, come quelle dei requisiti soggettivi, dei compensi, delle deleghe gestionali, ecc. (art. 11, 6°-13° comma), con l’imposizione di particolari regole e limitazioni all’auto­nomia societaria, volte ad arginare la tendenza alla proliferazione delle cariche, dei comitati consiliari e delle deleghe gestionali, nonché la moltiplicazione dei compensi e la previsione di emolumenti aggiuntivi o di indennità di fine mandato [[20]]. In una prospettiva “tipologica”, merita anche di essere segnalato in particolare – sebbene rappresenti, in realtà, un corollario e una conferma del principio di tipicità (art. 2249 c.c.) – il divieto di istituire con lo statuto “organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società” [art. 11, 9° comma, lett. b)]. Tale divieto è volto soprattutto a contrastare l’istituzione dei c.d. comitati di coordinamento nelle società soggette al controllo congiunto di un numero rilevante di enti pubblici, in specie se dotati di poteri di gestione o d’indirizzo (cioè non soltanto consultivi), e perciò costituenti organi “atipici”. Si noti che vengono in rilievo – ai fini dei requisiti degli amministratori e della possibilità di cumulo delle cariche – anche le situazioni di controllo “indiretto”; così nell’art. 11, 11° comma, TUSP, che riguarda la materia delle deleghe e [continua ..]


5. Il regime organizzativo delle società in house

Le regole dettate per le società a controllo pubblico si applicano, naturalmente, anche alle società in house, che sono una species di società controllate (direttamente o indirettamente) da una o più pubbliche amministrazioni, ma che si caratterizzano per il fatto di possedere un singolare assetto proprietario e di governance, come tale compatibile con l’affidamento diretto, senza procedura competitiva, di contratti pubblici da parte degli enti partecipanti. Queste società sono assoggettate, pertanto, a requisiti più rigorosi, che ne connotano la tipologia in un modo affatto speciale, nel senso di deroghe ancor più forti alla disciplina societaria comune [[22]]. Sul piano del governo societario, come detto, si richiede l’esercizio, individuale o congiunto, diretto o indiretto (cioè attraverso un’altra persona giuridica controllata “allo stesso modo”), di un controllo analogo a quello che una o più amministrazioni pubbliche esercitano sui propri servizi [art. 2, lett. o)], con riferimento alla “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”; e ciò comporta, al di là dell’influenza dominante potenziale, l’effettivo spostamento (in senso formale e sostanziale) del potere di direzione dell’impresa all’esterno dell’organizzazione societaria, direttamente o indirettamente, attraverso una sub-holding, in capo all’ente o agli enti controllanti. L’art. 5, 2° comma, d.lgs., n. 50/2016 di riordino della disciplina in materia di contratti pubblici precisa che “un’amministrazione aggiudicatrice … esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi …, qualora essa eserciti un’influenza determinante …; tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”. Sul piano dell’assetto proprietario, si richiede per le società in house la titolarità pubblica esclusiva del capitale o delle partecipazioni latamente intese (in modo da ricomprendere gli strumenti finanziari partecipativi: art. 2, lett. f), [continua ..]


6. Il controllo analogo congiunto

Quest’ultimo profilo è di particolare importanza per la corretta soluzione del problema del controllo analogo congiunto, che nasce dall’esigenza di consentire a una pluralità di enti pubblici committenti (spesso in numero superiore a quello massimo dei possibili loro esponenti in consiglio di amministrazione) la “condivisione” del potere di eterodirezione o, più precisamente, l’esercizio “congiunto” della “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata” [art. 2, lett. c) e d)] [[25]]. L’art. 5, 5° comma, d.lgs. n. 50/2016 di riordino della disciplina in materia di contratti pubblici precisa sul punto che “Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; b) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti” [[26]]. Il “controllo analogo congiunto” del singolo ente richiede, quindi, oltre alla partecipazione al capitale e, seppure in comune con gli altri enti partecipanti, all’or­gano amministrativo della società partecipata, la possibilità di influenzare e di condizionare in positivo; e non soltanto in negativo (attraverso cioè un mero “concorso volitivo”, com’è per il controllo congiunto, che non può assimilarsi tuttavia al “controllo sui propri uffici”), l’assunzione delle decisioni di maggiore rilevanza della società in house [[27]]. Quella di “controllo analogo congiunto” costituisce cioè, malgrado il mancato riferimento all’ipotesi del “consenso unanime di tutte le parti che [continua ..]


7. Controllo pubblico e controllo interno nelle società miste

Per le società a partecipazione miste, per vero, si è messa anche in dubbio la possibilità o l’opportunità dell’assoggettamento a controllo pubblico. In realtà, ricollegandosi a quanto prima detto sulla nozione di controllo pubblico nel TUSP (§ 2), dovrebbe ritenersi che, anche nel caso in cui il socio pubblico non detenesse il controllo “di diritto”, si troverebbe comunque nella posizione di “controllante”, perché si configurerebbe un controllo “contrattuale” (art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c.), essendo egli il committente principale, se non unico, della società mista cui viene affidato il servizio, la gestione e la costruzione dell’opera a seguito del noto procedimento “a doppia gara” di scelta del partner e del contraente [[28]]. Anzi, si configurerà generalmente una situazione di controllo “congiunto”, perché nelle società miste si ritrovano solitamente o statuti particolari o patti parasociali, che determinano una forte ingerenza del socio pubblico nella gestione. Del resto, il connotato funzionale precipuo della società a partecipazione mista consiste proprio nell’“internalizzare” il controllo del socio pubblico, facendolo partecipare, appunto, dall’interno alla gestione della società [[29]]; anche perché da committente pubblico, avrebbe già tantissimi strumenti contrattuali di tutela, di vigilanza, di intervento. Più in generale, il problema della definizione della governance della società a partecipazione mista rimanda alla scelta statutaria del modello di organizzazione dell’impresa, che può essere – in linea teorica – sia a direzione pubblica, sia a direzione privata. Da un verso è prevista, infatti, per le s.p.a., la possibilità di assoggettare l’organo amministrativo alle direttive dell’assemblea in deroga all’art. 2380-bis c.c. [art. 17, 4° comma, lett. a)]; dall’altro, si può sfruttare, nelle s.r.l., la possibilità di autonomizzare il potere gestionale degli amministratori derogando all’art. 2479, 1° comma, c.c., che prevede la devoluzione ai (o l’avocazione da parte dei) soci delle decisioni gestorie (v. ora la Massima n. 150-2016 del Consiglio Notarile di Milano). Nondimeno, per [continua ..]


8. Controllo pubblico e regime della responsabilità degli organi sociali

Infine, il profilo della partecipazione pubblica (controllo pubblico o controllo analogo) incide anche sulla disciplina della responsabilità. Il TUSP, se da un verso ribadisce, in linea di principio, l’applicabilità del regime ordinario della responsabilità degli organi sociali alle società partecipate da enti pubblici (anche se a controllo pubblico), dall’altro istituisce – o, meglio, riproduce – in aderenza all’indirizzo di Cass., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283 un diverso regime per le società in house, facendo salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori (art. 12, 1° comma, secondo periodo). Questa scelta normativa, però, sebbene possa ritenersi giustificabile alla luce dell’esperienza pratica, lascia irrisolti gravi problemi ermeneutici e applicativi, segnalati in dottrina già all’indomani del revirement della Cassazione, a causa della mancata previsione di adeguati meccanismi di coordinamento di ordine sostanziale e processuale. Invero, la responsabilità erariale degli amministratori per mala gestio, là dove volta a ristorare il danno per ciò subìto dall’ente socio, potrebbe surrogare l’azione sociale di responsabilità, ma non assorbire, in caso d’incapienza del patrimonio sociale, la loro responsabilità verso i creditori ex art. 2394 c.c., i cui diritti meritano certamente una tutela non inferiore a quella dell’ente stesso. Inoltre, a differenza della responsabilità verso la società, l’azione del procuratore contabile non è coordinata legalmente con quella verso i creditori sociali, giacché non potrebbe operare in questo caso il principio per cui la fruttuosa definizione del giudizio di responsabilità contro gli amministratori, conseguendo l’obiettivo di reintegrare il patrimonio sociale e, di riflesso, la garanzia generica che esso rappresenta per i creditori, impedisce l’azione diretta da parte di costoro contro i titolari degli organi (artt. 2393, 6° comma e 2394, 3° comma, c.c.). A ben vedere, l’erogazione – anziché a favore della società – di un risarcimento “diretto” all’ente pubblico-socio a carico dei gestori negligenti o infedeli, se pur nei limiti della sua [continua ..]


9. Conclusioni

In conclusione, può dirsi che il coordinamento attuato con il nuovo Testo unico ha dato una risposta soddisfacente a molti dei problemi “tipologici” sollevati dalla dottrina e dalla prassi, ma non ha di certo esaurito le questioni societarie che derivano dalla convivenza dell’interesse pubblico con la forma organizzativa privatistica, né ha superato l’esigenza di applicazione alle società in house delle norme sull’attività di direzione e coordinamento. Inoltre, resta intatta – per le aree non puntualmente normate dal legislatore e delegate invece all’autonomia negoziale – l’esigenza di elaborare riguardo alla controllata pubblica specifici precetti statutari, accordi parasociali o contratti di coordinamento, esercitando virtuosamente i poteri privatistici delle amministrazioni pubbliche, così da adattare la forma organizzativa societaria alle diverse discipline speciali che le molteplici nozioni di partecipazione e controllo dell’ente pubblico richiamano.


NOTE